Atto finale della Rivoluzione Filippina, fu una battaglia che ebbe come centro nevralgico una piccola chiesa fortificata.
Contesto storico
Dominio spagnolo e nazionalismo filippino, i due concetti attorno ai quali ruota lo scenario del grande arcipelago che fu colonna portante dell’impero iberico nella parabola discendente del 19° secolo, soprattutto fra il 1896 e il 1899. Le isole Filippine furono scoperte, da parte degli occidentali, da Ferdinando Magellano (1480-1521), che giunse a Samar il 16 marzo 1521, ma la presenza umana risale ad almeno 30mila anni fa, con nuclei di raccoglitori e cacciatori. I primi gruppi organizzati ebbero origine con i Negritos, considerati gli antenati delle etnie Ati e Aeta, poi seguirono tribù di indonesiani provenienti dalla Cina meridionale, polinesiano, e dalle coste filippine ebbe inizio la migrazione verso il Madagascar. I primi europei iniziarono un massiccio processo di colonizzazione commerciale, con relazioni commerciali sia con Cina, Giappone, e forti legami con l’India, attraverso le coste di Malaysia e Indonesia, dal 9° al 12° secolo, dalle quali giunse anche la religione islamica intorno al 1565, che entrò naturalmente in competizione con il Cristianesimo. Anche se con influenze da Buddismo, Animismo e Induismo, oggi l’Islam rimane molto diffuso nelle Filippine, ed è uno dei pilastri delle ramificazioni che fanno capo all’estremismo propagandato dallo Stato Islamico, Isis o Daesh che dir si voglia.
I primi sintomi della rivolta anti-colonialista si ebbero nel 1896, quando il movimento Katipunan guidato da Andres Bonifacio (1863-1897) uscì allo scoperto, contro i soprusi delle autorità spagnole, proclamando la lotta armata per l’indipendenza in un convegno clandestino a Caloocan, da dove ebbe inizio una marcia su Manila, che fallì ma fu il segnale per la sommossa da parte delle province della regione, specialmente da parte dei ribelli di Cavite comandati da Emilio Aguinaldo (1869-1964), il quale prevalse anche nelle lotte interne per il potere, fece uccidere Bonifacio e prese il comando della rivolta e nel 1898 proclamò la Repubblica Indipendente, grazie al sostegno degli Stati Uniti impegnati nella guerra ispano-americana, combattuta dall’aprile al dicembre dello stesso anno. Gli storici sono ancora oggi divisi sull’attribuzione del titolo di primo presidente fra Bonifacio e Aguinado, e per il fatto che né la Spagna né gli USA riconobbero ufficialmente l’indipendenza, sancita dal Trattato di Parigi (1898) secondo cui Filippine, Guam e Porto Rico passavano all’amministrazione americana. Di fatto, gli indipendentisti filippini combatteranno anche contro i nuovi dominatori fino al 1916.
Il movimento Katipunan
Il nucleo del nazionalismo filippino è all’origine del cosiddetto Katipunan, società segreta votata all’ottenimento dell’indipendenza dalla Spagna. La sua fondazione si deve a Andres Bonifacio, Ladislai Lava e Teodoro Plata, insieme a pochi altri, nella notte del 7 luglio 1892, e il movimento uscì dalla clandestinità nel 1896, quando era ormai chiaro che le autorità coloniali ne erano a conoscenza. Il momento in cui i patrioti filippini decisero di dare vita al movimento rivoluzionario, coincide con l’arresto e l’esilio dello scrittore e poeta José Rizal a Dapitan, figura di riferimento nel nazionalismo locale.
Katipunan (“Associazione”) è l’abbreviazione di Kagalang-galangang Katipunan Bayan (“Venerabile Associazione dei Figli della Nazione”), nasce quindi nella clandestinità assoluta, con un rito di iniziazione per entrare a farne parte, inizialmente accoglieva solo uomini, e in un secondo tempo aprì anche alle donne, e aveva anche un organo d’informazione chiamato Kalayaan (Libertà), stampata per poche settimane nel 1896, quando il movimento chiese segretamente supporto all’imperatore del Giappone e venne poi scoperto dagli spagnoli, pare perché uno dei membri, tale Teodoro Patinho, parlò al sacerdote spagnolo Mariano Gil di una misteriosa associazione patriottica nazionalista determinata a ottenere l’indipendenza. Molte le rivalità interne che causarono diversi problemi, fra cui quello fra lo stesso Patinho e un altro membro di spicco del gruppo, Apolonio de la Cruz, che tradì e confermò tutto allo stesso sacerdote per vendetta personale.
Dopo la scoperta del tradimento, Andres Bonifacio chiamò a riunione gli altri leader del Katipunan: Ladislao Diwa, Teodoro Plata, Darilyo Valino, Rulfo Guia, Dano Belica, Tiburcio Liamson, e Gabrino Manzanero, che si riunirono nei pressi di Caloocan per dare inizio alla rivolta nazionale, in nome degli ideali della Liga Filipina e del primo nucleo di nazionalisti che si erano riuniti nel luglio 1892 in una isolata casa di Dapitan, a Mindanao. (Andes Bonifacio, Ladislao Diwa e Deodato Arellano). Anche in Spagna gli ideali nazionalisti filippini erano diffusi, specie per opera di Marcelo de Pilar, che gli storici credono abbia avuto anche un ruolo di primo piano nella formazione del gruppo, in collegamento con la massoneria filippina. Molti dei fondatori del Katipunan erano infatti massoni, e le cerimonie di iniziazione testimoniano il filo che univa i due movimenti. Alcuni membri del Katipunan catturati, rivelarono poi alle autorità spagnole che all’interno il gruppo era molto diviso da rivalità personali e sulla scelta di utilizzare o meno la lotta armata per i tre principali obiettivi: unire il popolo filippino in un fronte unico; lotta armata per l’indipendenza; fondazione di una repubblica comunista. Bonifacio è quindi considerato principale fondatore e leader del Katipunan, eroe nazionale, e secondo molti il primo vero presidente delle Filippine, anche se il titolo ufficiale fu riconosciuto a Emilio Aguinaldo. Nel 1896 il Katipunan si diffuse in gran parte dell’arcipelago e aumento il numero dei membri da poche centinaia a decine di migliaia, destando l’attenzione delle autorità coloniali, già a conoscenza di società segrete. I sospettati furono messi sotto sorveglianza e quindi arrestati.
Soldati spagnoli della piccola guarnigione di Baler.
La rivolta nazionale
Alla fine dell’agosto 1896 le autorità coloniali spagnole diedero segno di avere localizzato i membri della Katipunan e iniziarono una ondata di arresti che portò in carcere centinaia di filippini. I responsabili dei nazionalisti per altro continuavano l’attività, come José Rizal, che si stava recando a Cuba per svolgere servizio come medico militare in cambio della liberazione dall’esilio di Dapitan, per poi finire in stato di arresto, processato e giustiziato. Fu il segnale della rivolta armata: a metà agosto i guerriglieri della kAtipunan attaccarono in forze la capitale, Manila, e Bonifacio fondò il governo rivoluzionario di cui divenne generale e presidente, senza rinunciare alla militanza armata, come in occasione dell’attacco alla guarigione spagnola di San Juan del Monte, e dove però fu sconfitto.
Pagkubkob sa Baler
Dal 1° luglio 1898 al 2 giugno 1899, i guerriglieri nazionalisti assaltarono la chiesa fortificata di Baler, all’interno della quale si trovavano alcuni reparti regolari spagnoli, tagliati fuori da ogni collegamento soprattutto dopo che si diffuse la notizia del Trattato di Parigi (10 dicembre 1898) con cui la spagna rinunciava ad ogni pretesa commerciale sulle Filippine. La zona di Baler, sulla costa orientale di Luzon, infatti, era notevolmente decentrata rispetto alla capitale Manila, da cui distava oltre 250 chilometri, ed era raggiungibile solo via mare o attraversando sentieri quasi impraticabili nella giungla. Il presidio spagnolo era formato da una cinquantina di soldati comandati dal tenente José Mota, appartenenti al 2° Battaglione Cacciatori della Guardia Civil del capitano Enrique de las Morenas, governatore del distretto, con l’ordine di impedire che i ribelli di Emilio Aguinaldo ricevessero armi e rifornimenti.
All’inizio di giugno, il capitano Morenas ordinò di costruire un pozzo per l’acqua e alcuni magazzini per i rifornimenti, da comprendere in quello che doveva essere il campo fortificato intorno alla chiesa di San Luis de Tolosa, unico edificio in pietra della zona. Presto fu evidente che i guerriglieri stessero preparando qualche mossa, poiché venne registrato un non consueto esodo di cittadini di Baler e dei villaggi circostanti e infatti, nella notte del 30 giugno 1898, la città era completamente circondata dai guerriglieri di Aguinado, con un 800 uomini comandato da Teodorico Novicio Luna, espressamente destinato ad attaccare la chiesa, dove la guarnigione si era ritirata, con il parroco don Candido Gomez Carreno, che cercava di mediare fra le necessità degli spagnoli e le richieste dei filippini che tentavano di ottenere la resa nemica. L’8 luglio, il comandante nazionalista della provincia, Cirilio Gomez Ortiz, aveva infatti offerto una resa onorevole agli spagnoli, garantendo una tregua, e successivamente la stessa proposta fu portata da Calisto Villacorta, altro comandante dei guerriglieri, ma entrambe le proposte furono respinte.
L’assedio
I guerriglieri attaccarono la notte del 4 ottobre 1898, il tenente Mota fu ucciso con altri sei uomini e si impadronirono di una trentina di fucili. La guarnigione spagnola si ritirò all’interno della chiesa di Baler, con scorte e dotazioni che diminuivano giorno dopo giorno, e l’incubo delle malattie che non tardarono a manifestarsi, come febbre e dissenteria. Il primo spagnolo a morire fu Gómez Carrenho, poi morì uno degli ufficiali, il tenente Alonso, quindi il capitano Las Morenas morto per il beri-beri. Il comando degli assediati passò al tenente Saturnino Martín Cerezo, il quale seppe anche organizzare una resistenza attiva, con sortite notturne per distruggere le abitazioni circostanti e provare il nemico di ripari e punti di osservazioni ravvicinati. Da parte loro, i guerriglieri tentarono diverse volte di appiccare il fuoco alla chiesa, ma furono sempre respinti. L’attacco dei filippini fu rapido, ma gli spagnoli ebbero comunque il tempo di raccogliere provviste e scorte di diverso genere per resistere a lungo. Fra carne e prodotti in scatola, farina, riso, acqua e altro, mancavano però di sale, elemento essenziale per la conservazione del cibo.
La chiesa ‘fortezza’ di Baler.
Alla metà di novembre, non essendo riuscito a vincere sugli spagnoli, il comandante guerrigliero Villacorta, lasciò sui gradini della chiesa alcuni giornali che raccontavano della prevista partenza della Spagna, e che la guerra ispano-americana era finita. Il tenente Martín Cerezo credette fosse un trucco e rifiutò di arrendersi, al che Villacorta fece arrivare alcuni civili spagnoli e un ufficiale militare lasciato indietro per concludere gli affari spagnoli sull’isola, che facessero opera di convincimento, ma Villacorta restò fermo nella decisione di non cedere. Il 22 novembre, dopo 145 giorni di assedio, una quindicina di spagnoli erano morti a causa delle malattie. Dopo altre settimane di sofferenza, gli assediati erano rimasti in 40, ma solo poco più della metà era in grado di combattere. DI contro, anche i nazionalisti filippini manifestarono diversi problemi e avevano subito diverse perdite, principalmente a causa del fuoco dei tiratori scelti spagnoli, che sparavano da posizioni ben protette all’interno del perimetro sotto assedio. Le cronache del tempo parlano di Gómez Ortiz come uno dei più letali. Fra alterne vicende, tentativi di irruzione, sortite degli spagnoli e colpi di mano, nel gennaio 1899 i nazionalisti provarono ancora a dissuadere gli spagnoli, ma il tenente Cerezo appariva sempre più determinato a resistere, nonostante fosse anche stata diffusa la notizia della forma del Trattato di Parigi, che poneva fine al conflitto ispano-americano.
Furono quindi gli americani a intervenire, in quanto nuovi amministratori della colonia, quando il comandante della cannoniera USS-Yorktown, capitano Charles Stillman-Sperry tentò una operazione di salvataggio degli assediati spagnoli ma senza esito. Nel frattempo, i nazionalisti filippini avevano aperto le ostilità anche contro i neo-padroni statunitensi, con scontri armati che causarono la morte di cinque soldati americani in pattuglia di ricognizione e la cattura di altri nove. Fra stenti di ogni tipo, quando gli assediati terminarono le scorte di cibo, si scatenò la caccia a gatti e cani randagi, rettili e volatili.
L’8 maggio 1899, i cannoni filippini colpirono la cella dove si trovavano tre disertori spagnoli. I muri vennero demoliti, due morirono e il sopravvissuto, tale Alcaide Bayona, riuscì a salvarsi e si unì ai nazionalisti, fornendo loro importanti informazioni sulle difese. Alla fine di maggio i cannoni degli attaccanti ripresero il fuoco contro la chiesa, mentre il tenente Cerezo rifiutò una nuova offerta di resa portata da uno spagnolo prigioniero, il colonnello Cristóbal Aguilar y Castaneda. Ciò che fu determinante nella decisione del comandante spagnolo di porre fine all’assedio, fu una notizia riportata da uno dei giornali portati dal colonnello Castaneda, relativa a un articolo della rubrica sociale riguardante l’imminente matrimonio di un collega ufficiale che conosceva a Malaga, incluso il nome della sposa e dei genitori con i quali aveva familiarità, Martin Cerezo si rese conto che il documento che aveva in mano era autentico e che in effetti la Spagna aveva perso la guerra. Il tenente Cerezo si convinse che i giornali erano quindi autentici, e che effettivamente la Spagna aveva perso la guerra contro gli Stati Uniti e il 2 giugno 1899 si arrese. Il comandante del movimento rivoluzionario, Aguinaldo, decise di risparmiare la vita ai sopravvissuti spagnoli, riconoscendo loro l’onore delle armi per il coraggio dimostrato. Tre mesi dopo, il 1° settembre 1899, il tenente Martín Cerezo e i sopravvissuti di Baler giunsero a Barcellona, accolti come eroi nazionali.
Il comandante spagnolo Martin Cerezo.
Un’analisi a posteriori
Martín Cerezo, promosso maggiore, pubblicò le memorie, “El Sitio de Baler”, in cui espone le ragioni della sua resistenza: diffidenza, ostinazione, una certa auto-suggestione per l’entusiasmo nazionale, senza dubbio influenzati dall’attraente illusione della gloria e a causa della sofferenza, del sacrificio e dell’eroismo. Raggiunse il grado di generale di brigata, e morì nel 1945. I due sacerdoti francescani, Félix Minaya e Juan López, il marinaio di Yorktown George Arthur Venville, furono tenuti prigionieri dai guerriglieri nazionalisti finché i sacerdoti non furono salvati dalle forze americane il 3 giugno 1900, dopo aver nuovamente presidiato Baler. Successivamente Venville fu ucciso prima dell’arrivo degli americani. Dei 50 uomini che entrarono nella chiesa, circa 30 sopravvissero all’assedio durato 11 mesi. Quattordici uomini morirono di malattia.
In ogni caso, furono più le condizioni estreme e le malattie a vincere gli spagnoli assediati nella chiesa di Baler per 340 giorni circa, oltre al totale isolamento che non permise loro di venire a conoscenza dell’esito del conflitto ispano-americano. I difensori di Baler non erano consapevoli che la guerra era effettivamente finita il 10 dicembre 1898 e continuarono una inutile difesa contro le forze filippine. Ancora oggi, la città di Baler, sulla costa orientale di Luzon, è piuttosto isolata dalla capitale Manila. Non deve quindi meravigliare che il capitano Enrique de Las Morenas y Fossí, comandante di un distaccamento spagnolo dei 57 uomini del 2° Battaglione Fucilieri del Corpo di Spedizione Spagnolo, non sapessero nulla della sconfitta della flotta a Cavite, per opera del commodoro americano George Dewey, il 1° maggio 1898. Inoltre non sapevano che i combattimenti si erano conclusi con un armistizio il 13 agosto 1898. Il capitano Las Morenas era pienamente consapevole della minaccia degli insorti filippini nel nord di Luzon e non a caso aveva disposto che fossero svolti lavori di rafforzamento dell’avamposto.
Va poi detto che i cannoni utilizzati dai guerriglieri filippini erano i cosiddetti “Lantaca”, ovvero una specie di bombarda ricavata da tronchi di palma scavati e rinforzati con fasce di ferro. I proiettili erano in genere pietre arrotondate a mano, che in effetti non causarono danni preoccupanti, ma solo rumori assordanti colpendo il tetto metallico della chiesa. Fra i vari avvenimenti dell’assedio, va poi ricordato il tentativo del sacerdote don Candido Gomez Carerro, che portava un messaggio di uno dei comandanti filippini, colonnello Calixto Villacorte, che annunciava una forza di circa 800 uomini, come tentativo di convincere alla resa gli spagnoli. Fu la prima di molte offerte negli undici mesi successivi, tutte rifiutate dagli spagnoli.
Le cronache raccontano poi di un particolare tentativo degli assediati: sotto un intenso fuoco di copertura mandò i soldati Chamiso e Alcaide a uscire dalla chiesa ed entrare in una casa vicina e le diede fuoco. Questo incendio si è diffuso rapidamente alle case adiacenti utilizzate dalle truppe filippine, costringendole ad allontanarsi dalla chiesa. L’incendio ha bruciato anche un gruppo di alberi che ha privato i filippini della copertura tanto necessaria. Nella confusione, gli spagnoli recuperarono anche una notevole quantità di cibo lasciato dagli insorti e di semi di ortaggi. Alcuni aspetti dell’assedio di Baler sono stati svelati recentemente, in seguito a più approfonditi studi e ricerche di storici locali. Nelle Filippine difficilmente si può trovare un luogo più solitario e inaccessibile della cittadina di Baler, a oltre 200 km a nord-est di Manila. Nel 1898 Baler aveva circa 2000 abitanti, su una costa priva di approdi sull’Oceano Pacifico. Alle spalle, una catena montuosa coperta di fitta vegetazione, che rende estremamente difficile l’accesso via terra, mentre in alcuni periodi dell’anno la comunicazione via mare è quasi impossibile.
Questo teatro fu lo scenario dell’assedio che durò dal 27 giugno 1898 al 2 giugno 1899. All’inizio quattro ufficiali e 50 uomini entrarono in chiesa, alla fine ne uscirono due ufficiali e 31 uomini. Inoltre, è poco chiaro il fallimento dell’iniziativa americana con la cannoniera Yorktown, e fu sulla spiaggia di Baler che il tenente Gillmore e 14 uomini incontrarono i ribelli molto superiori di numero. Nello scontro che seguì, due marinai furono uccisi, due feriti a morte e gli altri catturati. Il trattato del dicembre 1897, che esiliava Emilio Aguinaldo, aveva apparentemente posto fine all’ultima rivolta filippina contro il dominio spagnolo. Dei 23mila soldati che la Spagna aveva impiegato per reprimere questa rivolta, circa 5.000 furono rimandati a casa dopo la firma del trattato e altri 18mila rimasero nei pressi di Manila e lì si trovavano quando giunse il commodoro americano George Dewey. La piccola guarnigione di questa città, lontana dal mondo esterno, non seppe per quasi un anno che la flotta dell’ammiraglio Cervera era stata distrutta, e che la Spagna non possedeva più le Filippine.
Bibliografia
“Harpers History of the War in the Philippines”, Gyan Quirino Carlos (1978).
“Filipino Heritage: The Period of Armed Struggle 1896-1900”.Wilcox, Marrion,
“Under the Red and Gold: Being Notes e Recollections of the Siege of Baler Cerezo, Saturnino Martín; Dodds, Frank Loring , 2012.
“Homenaje a los últimos de Filipinos”. Ramón, Alberto Ortín, 2005.
“Los últimos de Filipinos. La heroica defensa de Baler”. Guillermo Calleja Leal.
“The Siege Of Baler: Versions And Contradictions”. Jose Maria A. Carino, 2008.
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