Guerre che si combatterono tra gli Arabi e gli Israeliani tra il 1948 e il 1973. La prima trovò la sua maggiore premessa nel rifiuto da parte araba di accettare la spartizione della Palestina decisa dalle Nazioni Unite con la risoluzione del 29 novembre 1947. Il giorno successivo la proclamazione d’indipendenza d’Israele (15 maggio 1948) gli eserciti di Egitto, Siria, Transgiordania, Iraq e Libano invasero il territorio dello Stato ebraico. Malgrado le ancora deboli strutture del proprio esercito, Israele respinse le forze nemiche e invase la penisola del Sinai. Si pose fine alle ostilità con la tregua del luglio 1948, che permise a Israele di incorporare nei propri confini la Galilea orientale, il Negev e una striscia di territorio fino a Gerusalemme, di cui occupò la metà. Seguì (1949) una serie di trattati di armistizio separati fra lo Stato ebraico e l’Egitto, il Libano, la Giordania e la Siria.
Il secondo conflitto scoppiò a seguito della nazionalizzazione del Canale di Suez (26 luglio 1956) attuata dal presidente egiziano Nasser. L’esercito d’Israele approfittò della difficile posizione internazionale in cui venne a trovarsi l’Egitto per realizzare una fulminea avanzata nel Sinai fino al Canale di Suez (29 ottobre – 5 novembre). La situazione fu complicata dall’intervento militare di Francia e Gran Bretagna (30 ottobre), i cui interessi erano stati colpiti dalla nazionalizzazione del canale. Tale intervento fu duramente condannato dall’ONU (in particolare dagli USA e dall’URSS) che, finite le ostilità (9 novembre), inviò in Egitto un corpo di spedizione, costringendo al ritiro le forze anglo-francesi e d’Israele. Allo Stato ebraico si riconosceva tuttavia il diritto di accedere, per i suoi traffici, al porto di Elat sul Golfo di Aqabah.
La situazione tornò critica nel maggio 1967, quando Nasser chiese il ritiro dei caschi blu dislocati lungo la frontiera del Sinai e decise di bloccare gli stretti di Tiran, bloccando il traffico navale nel Golfo di Aqabah e quindi anche il porto israeliano di Elat. Il 5 giugno 1967 Israele aprì le ostilità, protrattesi fino al 10 giugno successivo ( guerra dei Sei giorni), con un potente attacco aereo che distrusse quasi per intero l’aviazione egiziana. Le forze israeliane occuparono Gaza e il Sinai a danno dell’Egitto, la Cisgiordania e la parte araba di Gerusalemme a danno della Giordania, gli altipiani del Golan a danno della Siria. La guerra dei Sei giorni fu seguita dall’importante risoluzione 242 (22 novembre 1967) del Consiglio di sicurezza dell’ONU, cui avrebbero fatto riferimento tutte le successive iniziative di pace nella regione.
Nel tentativo di riconquistare i territori perduti, il 6 ottobre 1973 Egitto e Siria sferrarono un attacco coordinato contro Israele, dando inizio alla quarta guerra arabo-israeliana (detta anche guerra del Kippur, dal nome della festività ebraica celebrata nel giorno in cui ebbe inizio). All’offensiva araba seguì la controffensiva israeliana; poi, con la risoluzione 338 (22 ottobre 1973), il Consiglio di sicurezza ottenne la cessazione dei combattimenti, seguita nel 1974-75 dagli accordi di disimpegno fra Israele, Egitto e Siria, che consentirono, fra l’altro, la riapertura del Canale di Suez (giugno 1975), rimasto chiuso dopo la guerra dei Sei giorni. La pace separata fra Egitto e Israele (1979) e l’invasione israeliana del Libano (1982-85) modificarono sostanzialmente il conflitto arabo-israeliano che entrò in una nuova fase, focalizzandosi sul fronte siro-libanese e nei territori palestinesi occupati da Israele nel 1967, senza più registrare momenti di scontro generalizzato.
Fonte: arabo-israeliane, guerre nell’Enciclopedia Treccani
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