Il primo manifesto del Futurismo cantava l’amore del pericolo, glorificando la lotta e la ribellione, il militarismo, il patriottismo e la guerra sola igiene del mondo. Apologia della guerra e violenza come dinamica di progresso, in grado di condurre gli uomini agli estremi limiti delle loro possibilità attraverso cui l’avanguardia artistica di Marinetti – secondo il mito della palingenesi rivoluzionaria che caratterizzò l’Europa dei primi del Novecento – intendeva sviluppare quel radicale cambiamento antropologico capace di forgiare l’uomo nuovo della modernità. Il “grande evento” catartico della guerra, la sua crudele disciplina avrebbero sviluppato nell’uomo, secondo le idee dei futuristi, la potenza assoluta della propria volontà.
Allo scoppio della prima guerra mondiale nell’agosto del 1914 il governo italiano di Antonio Salandra decide per la neutralità. Ma a favore della scesa sui campi di battaglia accanto a Francia, Gran Bretagna e Russia, si mobilitano le piazze di tutta Italia. I futuristi sono tra i più accaniti sostenitori dell’intervento per riconquistare Trento, Trieste, Gorizia e le altre terre irredente. Non furono semplici parole. Alla teoria gli artisti fecero seguire la pratica, arruolandosi volontari per combattere al fronte contro l’esercito austriaco. L’occasione “per marciare e non marcire nelle biblioteche e nelle sale di lettura” si presenta con i Volontari Ciclisti Automobilisti, una formazione paramilitare pronta ad affiancarsi all’esercito regolare ideata nel 1897 dal tenente dei bersaglieri Luigi Camillo Natali. Allo scoppio della guerra nell’ambito dei VCA viene istituito il Battaglione Lombardo. Il gruppo più numeroso dei futuristi entra a far parte dell’ottavo plotone III Compagnia: Umberto Boccioni, Ugo Piatti, Anselmo Bucci, Antonio Sant’Elia, Carlo Erba, Mario Sironi, Achille Funi e Filippo Tommaso Marinetti che, dichiarato inabile alla visita medica per un’ernia, si sottopone a una frettolosa operazione pur di essere arruolato. Luigi Russolo viene inquadrato nel secondo plotone della I Compagnia, Auro d’Alba e Jannelli prendono i gradi di ufficiale dei bersaglieri e d’artiglieria. Settimelli, soldato di cavalleria; Luciano Folgore, nell’artiglieria; Cinti, segretario del movimento futurista, in fanteria; Balla e Depero, negli alpini. Il gotha del movimento artistico si ritrova così proiettato in quella guerra che avevano sempre auspicato e spasmodicamente desiderato. Il Battaglione Lombardo viene impiegato nella zona montana del Garda, in prossimità delle truppe austriache trincerate nelle vicinanze di un costone chiamato Dosso Tre Alberi. Il reparto con i futuristi rimane in attesa dell’ordine di avanzare. All’alba del 22 ottobre si prepara finalmente la battaglia. I soldati escono dai reticolati. Subito incomincia il bombardamento; le granate italiane da 149 scoppiano nel buio, l’artiglieria austriaca risponde, tutte le vallate rimbombano di esplosioni. Gli italiani si posizionano in località Tre Alberi: l’obiettivo è conquistare il Dosso Casina. Sotto un nugolo di shrapnels lanciati dalle posizioni nemiche, il 24 ottobre il Battaglione Lombardo, gli alpini e i soldati del genio stringono tra due fuochi le truppe austriache che saltano fuori dalle trincee per darsi precipitosamente alla fuga. Il giorno successivo, le truppe italiane rafforzano le posizioni occupate costruendo trinceramenti a difesa delle granate austriache. In una lettera a Cangiulo, Marinetti scriverà “Finalmente Futurismo assoluto – 8 giorni sotto il fuoco Vita gloriosamente futurista torturata da freddo passatista”. L’altro nemico, come anche Boccioni ricorda, è proprio il ghiacciato vento notturno: “I piedi gelati non lasciano dormire. Sironi verso mezzanotte viene da me e stretti con le gambe intrecciate cerchiamo di dormire. Niente”. Tra gli ultimi episodi d’arme a Dosso Casina, Marinetti rievoca la notte in cui insieme a Boccioni, al pittore Funi e altri due soldati venne inviato in vedetta avanzata a soli 100 metri dalle nuove postazioni austriache: “Fu quella la notte più bella della mia vita!” scriverà in un articolo il leader del Futurismo.
Durante la permanenza del Battaglione Lombardo nella zona del Garda, tra turni di guardia e scavi di trincee, solitudine, noia e momenti di goliardia, il gruppo di futuristi si dedica all’arte parolibera e al disegno di scene e impressioni belliche su taccuini o fogli di carta volanti. Francesco Cangiulo crea la lettera e la cartolina futuriste “Tipo Cangiulo” utilizzate per divulgare le idee dell’avanguardia artistica.
La sorte del Battaglione Lombardo sta però volgendo al termine. La zona d’operazione viene lasciata nelle mani degli alpini e, nei primi di dicembre, gli arruolati nelle milizie volontarie vengono posti in congedo. “Cosa farò? – si domanda Boccioni in una lettera a Emilio Cecchi – A Milano, senza zona di guerra potrò vivere?”. Ma di abbandonare il moschetto per tornare alle muse i futuristi non ne vogliono sapere. Dopo l’esperienza volontaria si decidono ad arruolarsi nell’esercito regolare, concetto ribadito nel manifesto “L’orgoglio italiano” dell’11 dicembre 1915 nel quale si dà contro l’Italia obsoleta fatta di “mediocri antimilitaristi”, “professori pacifisti” e “di archeologi, di eruditi, di poeti nostalgici, di conservatori di musei, di albergatori, di topi di biblioteche e di città morte, tutti neutralisti e vigliacchi”. Allo stesso tempo Balilla Pratella pubblica “Il Futurismo e la Guerra”, cronaca sintetica dei momenti patriottici e interventisti dal 1908 fino ai combattimenti di Dosso Casina. Marinetti finì in un reparto di autoblindo dove scrisse “Nell’alcova d’acciaio” e dove portò con sé la cagnetta Zazà, che partorirà all’interno del suo mezzo. Molti altri non tornarono. Boccioni morì per una tragica caduta da cavallo; tre colpi di mitragliatrice colsero in fronte Sant’Elia a capo di un’incursione contro gli austriaci; Carlo Erba morì poco più che trentenne sul monte Ortigara. In tutto il plotone dei futuristi lasciò sul terreno 12 morti e 41 feriti.
La battaglia di Dosso Casina fu per i marinettiani fonte di riflessione e ispirazione. Lo spaventoso macello di corpi e di menti che fu la cifra della prima guerra mondiale era qualcosa di talmente nuovo ed indicibile da eludere le possibilità espressive dell’arte figurativa. La realtà della guerra moderna, con i suoi boati e i suoi rumori, i tinnii e i ruggiti, i diavolii, i fremiti, gli shrapnels, l’artiglieria, i mitragliatori, le urla e le grida di dolore, poteva essere espressa liricamente solo attraverso l’enarmonia rumoristica delle parole in libertà o dalle compenetrazioni dinamiche della pittura futurista. Una meravigliosa e tragica sinfonia di guerra che Marinetti, ancora prima del battesimo del fuoco dei futuristi a Dosso Casina, condensò nel suo componimento Zang Tumb Tumb.
Paolo Sidoni
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