Ci sono storie che, non si sa bene per quale motivo, rimangono nascoste nelle pieghe della storia: a volte perché, in qualche modo, marginali rispetto a temi più vasti, a volte perché mal documentate, più spesso perché scomode o divergenti dalla vulgata. Alberto Rosselli ha fatto del recupero e della narrazione di queste storie il suo stigma e, in un certo senso, la sua missione: è come se lo storico genovese s’impuntasse di fronte a certe ingiustizie storiografiche e decidesse di mettere una pezza allo sdrucio che queste rappresentano nel tessuto della memoria storica. Negli scenari meno popolari e conosciuti della storia del Novecento, Rosselli va a indagare il particolare, la pagina dimenticata: un po’ come il poeta del Porto Sepolto, scende negli abissi della storia e, tornando a galla, libera le sue parole, perché arrivino a chi devono arrivare. Gli Armeni, i Greci, i Cinesi, l’Impero Ottomano, sono stati oggetto di queste sue ricostruzioni svelte, scorrevoli, piacevolmente divulgative: oggi, con questo libriccino denso di notizie, tocca ai marinai dimenticati, ai forzatori di blocco, autentici eroi sconosciuti della seconda guerra mondiale, a metà strada tra militari e civili, tra pirati e gentiluomini di mare. Si tratta di una storia davvero poco nota: di una guerra asimmetrica e particolare, tra Betasom e Massaua, Kobe e Singapore, che ha interessato mercantili e sommergibili, sulle rotte del Pacifico e dell’Atlantico, in un’epopea d’altri tempi. Protagonisti di questa saga dimenticata furono gli equipaggi dei battelli italiani rimasti lontani dalla Madrepatria allo scoppio della guerra e che ritornarono fortunosamente ai loro porti di partenza oppure vennero impiegati, insieme al naviglio cui appartenevano, in imprese difficili e pericolose, quasi sempre con l’obbiettivo di portare in Italia materiali rari e preziosi, utili allo sforzo bellico. Purtroppo, all’inizio delle ostilità, gli Italiani persero un numero considerevole di naviglio mercantile, che sarebbe stato determinante ai fini della nostra condotta bellica: tuttavia, con quel che rimaneva delle oltre duecento navi rimaste lontane dall’Italia, si cercò di organizzare un piano di recupero che, quasi subito, si trasformò in un più audace progetto: il collegamento transoceanico tra la base di Bordeaux, in coabitazione italo-tedesca, e il Giappone, utilizzando alcune navi accuratamente selezionate per caratteristiche di carico, velocità e profilo, che già si trovavano in porti controllati dai Giapponesi. Le avventure di queste motonavi, lungo rotte anomale, scelte per evitare i punti di pattugliamento alleato, soprattutto dopo Pearl Harbour, rappresentano il nucleo più corposo di questo libro: la Cortellazzo fu la prima di queste navi violatrici del blocco, che raggiunse Bordeaux da Kobe, dopo aver percorso più di 21.000 miglia, fra il novembre 1940 e il gennaio 1941. Colpisce, nella narrazione di Rosselli, la ricchezza di dettagli su questo viaggio rocambolesco: il camouflage cui venne sottoposta la Cortellazzo a più riprese, ad esempio, che la fece assomigliare via via a un cargo nipponico e a un mercantile svedese, oppure i riconoscimenti all’equipaggio, da parte dell’alleato germanico, cui era destinata buona parte del carico, le unità di scorta che l’accompagnarono, il suo cambio di personale a Bordeaux e, infine, il suo secondo sfortunato viaggio, che terminò con l’autoaffondamento, poco lontano dalle coste francesi. Perché va detto che i marinai della Cortellazzo, così come quelli delle altre motonavi utilizzate come violatrici di blocco, ovvero l’Himalaya, l’Orseolo e la Fusijama, avevano ben chiaro il proprio destino, qualora fossero incappati in qualche pattugliatore alleato: per questo, su ogni battello era stata collocata una carica esplosiva, predisposta per affondare la nave ed impedire che il prezioso carico finisse in mani avversarie. Insomma, una storia affascinante, ma anche drammatica e piena di quel silenzioso coraggio che fu comune a tanti marinai italiani, impegnati con mezzi inadeguati in una guerra terribile e complicata. Se possibile ancor più bizzarra fu la sorte della motonave Himalaya, che si trovava a Massaua, da cui dovette partire in fretta e furia, dopo il disastro militare di Sidi el Barrani, per recarsi prima in Brasile e di lì, dopo essere stata camuffata da mercantile britannico e con la stiva piena di materiali preziosi, giungere a Bordeaux, nel solito tripudio del personale della base. Qui la Himalaya venne trasformata dai tecnici della marina in un vero e proprio violatore armato di blocco e tentò due volte, inutilmente, di superare il velo creato dalla flotta britannica intorno all’estuario della Gironda, finchè non venne requisita dai Tedeschi, dopo l’armistizio di Cassibile, fino a venirne affondata per bloccare l’accesso alleato all’estuario, nell’agosto 1944. Storie di camuffamenti, di riconversioni, di vere e proprie nuove vite per navi ed equipaggi, come si vede: anche l’Orseolo dovette affrontare una vera e propria odissea, tra mitragliamenti, cambi di livrea, incontri a distanza col naviglio nemico: anche questa terza motonave, dopo un lunghissimo viaggio iniziato a Kobe la viglia di Natale del 1941, approdò ai moli di Bordeaux il 23 aprile, dove l’intero equipaggio venne decorato. L’Orseolo replicò il proprio viaggio, andando e tornando da Kobe, e concludendo la propria carriera in mano germanica, sotto le cui insegne fu affondata nel dicembre 1943. Questo libro avrebbe anche potuto finire qui: le disavventure di questi mercantili, infatti, furono così peculiari e straordinarie da bastare alla stesura di un libro sui forzatori di blocco. Rosselli, però, ha deciso, nel suo nuovo progetto, di affrontare a tutto tondo il tema dei mercantili corsari italiani, raccontando anche la storia delle navi Monginevro, che avrebbero dovuto essere trasformate in incrociatori ausiliari, a imitazione di quanto già fatto dai Tedeschi: si trattava di moderne motonavi, con caratteristiche costruttive tali da renderle adatte ad imbarcare un pesante armamento, in grado di contrastare la capacità di fuoco degli incrociatori leggeri britannici. Insomma, questi mercantili, debitamente modificati, avrebbero potuto trasformarsi in ottime navi da guerra, con artiglierie e tubi lanciasiluri in grado di impensierire la marina alleata in caso di scontro. Va da sé che l’obbiettivo di questi battelli ibridi non era quello di manovrare come una nave da guerra, ma di intercettare e affondare o catturare il naviglio mercantile avversario, pur essendo in grado di ingaggiare veri e propri scontri con eventuali navi scorta o altri battelli nemici. Il progetto, comunque, rimase lettera morta, per mancanza di mezzi da parte di Supermarina, che abbandonò la trasformazione quando era ancora sulla carta. Altra pagina poco conosciuta di questa avventura marinaresca fu quella dei sommergibili, impiegati dall’Italia con lo scopo preciso di permettere un trasporto relativamente sicuro dei soliti materiali preziosi tra il Giappone e l’Europa e, prima ancora, di rifornire le truppe in Africa Settentrionale, attraverso il Mediterraneo. Tre di questi battelli modificati riuscirono a raggiungere l’Indonesia da Betasom e qui furono catturati dai Giapponesi, dopo l’8 settembre. Diversa ancora è la storia di due grandi unità, il Romolo e il Remo, concepite appositamente per il trasporto sottomarino di materiali dall’estremo oriente: entrambi i sommergibili ebbero una breve e sfortunata vita operativa, venendo affondati dal nemico nel luglio 1943. Insomma, il libro di Rosselli racconta tante storie: storie di coraggio, di buona e cattiva sorte, che riguardarono imprese poco note dei nostri marinai. Noi siamo abituati a ricordare i grandi episodi storici della guerra navale italiana, quasi tutti avvenuti nel Mediterraneo orientale, da capo Matapan al forzamento di Alessandria: Rosselli ci spalanca davanti uno scenario pressoché sconosciuto, che è quello del nostro naviglio sparso per i mari del mondo, tra rotte invisibili, piene di insidie. Navi mercantili, ma anche navi da guerra, sommergibili e navi corsare. E, al centro di questo tourbillon di camuffamenti, cortine fumogene, fughe ed inseguimenti, successi e tragedie del mare ci sono gli uomini. I nostri marinai, tanto civili che militari, che svolsero il loro difficile compito (e, in questi casi, perfino più difficile), obbedendo al loro istintivo amor patrio, ma anche affidandosi alla loro millenaria esperienza marittima. Crediamo che la memoria storica della nostra Marina, durante il suo ciclo operativo 1940/1943, sia troppo influenzata da alcuni episodi negativi, che fanno dimenticare ingiustamente il sacrificio e le capacità operative di migliaia di bravi marinai. E ricordiamoci che la maggior parte dei protagonisti delle memorabili imprese descritte in questo breve e bel libro erano civili: non si trattava di personale addestrato e pronto a combattere, ma di marinai mercantili, che si comportarono valorosamente, divenuti una sorta di figura borderline, tra il civile e il militare. Insomma, moltissimi sono gli spunti di riflessione che quest’opera di Rosselli ci sottopone: essa non rappresenta, dunque, soltanto la disamina di una pagina dimenticata della nostra storia, ma ci offre la possibilità di avere una visione più ampia e meno stereotipata del conflitto navale, aprendoci gli occhi sulla visione di oceani brulicanti di attività e pulsanti di infinite vite, legate al filo sottile della perizia o, spesso, della sorte. E, infine, va detto che questa visione ci viene offerta da Rosselli con il suo solito stile, piano, chiaro, sintetico, senza fronzoli né filosofie: con il suo disarmante understatement, che fa sembrare chiare e semplici anche le cose più oscure e complesse. E che rende questo succinto libretto un’opera preziosa, da scorrere e conservare.
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