Forse non tutti sono a conoscenza del fatto che, nel Regio Esercito, militarono diversi ufficiali e sottufficiali di colore. Gli italiani si sono sempre definiti un popolo non razzista, e di certo non è sempre stato vero, soprattutto nell’Italia coloniale pre-fascista.
Una storia non molto conosciuta, quella di Wolde Selassie, più noto come “il generale nero” Pietro Mondelli, che fu il primo africano al mondo a diventare ufficiale pilota, fino al grado, appunto, di generale.
Nato ad Asmara, nella colonia italiana d’Eritrea, il 30 giugno 1886, Wolde era figlio naturale dell’allora tenente Attilio Mondelli, in servizio nella colonia italiana, e di una donna eritrea. All’età di 11 anni si trasferì con il padre a Parma e gli venne dato il nome di Domenico. Nell’autunno del 1900 cominciò a frequentare il Collegio Militare di Roma. In seguito si spostò alla Regia Accademia Militare di Modena uscendone sottotenente nel 1905. Grazie allo status di militare, nel 1907 ottenne la cittadinanza.
La carriera militare fu notevole: dapprima assegnato Bersaglieri, partì volontario per la Libia, poi tornò n Italia nel 1913, a Torino, dove frequentò la Scuola Piloti della Regia Aeronautica Militare Italiana. Conseguì il brevetto il 20 febbraio 1914, e fu il primo pilota di colore al mondo.
Alla vigilia della Grande Guerra, l’aeronautica italiana contava appena una sessantina di aerei, circa la metà del nemico austro-ungarico. Il 24 maggio del 1915, promosso capitano, Domenico Wolde Mondelli entrò il servizio operativo con un Nieuport 80G, con cui effettuò serie di ricognizioni sul fronte dell’Isonzo. Con queste azioni nei territori del Triveneto, guadagnò la prima medaglia di bronzo al Valor Militare, nel giugno 1916, per avere dimostrato sprezzo del pericolo e dato prova di calma e coraggio con voli a bassa quota. Nel gennaio 1916 venne nominato comandate della 7a squadriglia da bombardamento, con sede ad Aviano, sui Caproni Ca33, unità da poco costituita e inquadrata nel Corpo Aeronautico Militare. In seguito formò il 4° Gruppo a disposizione del Comando Supremo, per bombardare la Slovenia e la Venezia Giulia austriache.
Nell’aprile 1917 prese il comando della 1a Squadriglia Caproni poi, nel 1917 fu al comando dell’11° Gruppo, con le squadriglie 2a, 3a, 4a, 6a e 15a.
Successivamente, lasciò l’aeronautica e passò al comando del 67° Battaglione/18° Reggimento Bersaglieri. Il 1º maggio 1918, con il grado di tenente colonnello assunse il comando del 1° Battaglione/242º Reggimento fanteria della Brigata “Teramo” con cui prese parte alla battaglia del Solstizio rimanendo ferito, e sostituito dal parigrado Umberto Albano.
Passò quindi al comando del 23° Reparto d’Assalto “Fiamme Cremisi”, unità speciale del Corpo degli Arditi e, al termine del conflitto, aveva collezionato due medaglie d’argento e due di bronzo, oltre al titolo di Cavaliere dell’Ordine della Corona.
Nel 1920 partì ancora, una volta volontario, per l’Albania al comando del 9° Reparto d’Assalto, guadagnando un’altra medaglia di bronzo e la promozione al grado di maggiore. Tre anni dopo è colonnello, ma a questo punto la sua carriera si arena, perché nel 1925 decide di lasciare l’esercito, per entrare nella MVSN, Milizia Volontaria della Sicurezza Nazionale, a causa dell’affermarsi degli orientamenti razziali sempre più manifesti, nell’ambiente militare, per l’affermarsi del fascismo, per i quali gli venne sospeso l’accesso al grado di colonnello comandante di reggimento. Deciso a fare valere i propri diritti, citò tre volte in giudizio niente meno che il ministero della Guerra, ottenendo infine il riconoscimento da parte del Consiglio di Stato, ma la carriera militare ebbe comunque fine.
Solo nel secondo dopoguerra, alla fine del 1959, fu promosso al ruolo d’onore di generale di brigata, nel ’63 a generale di divisione e, nel ’58, di corpo d’armata. Poco prima della morte, nel 1970, fu insignito del titolo di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, dall’allora presidente Giuseppe Saragat (1898-1988). Morì all’Ospedale militare del Celio, a Roma, il 13 dicembre 1974.
Leggi razziali, massoneria e riabilitazione
Posto che il colonialismo italiano fu caratterizzato anche da eccessi ben poco nobili, come fu per tutti i Paesi dominanti dell’epoca, sicuramente fu strumentalizzato dalla politica dominante. Eppure ci furono vicende come quella di Wolde Domenico Mondelli, a testimonianza del fatto che molti giudizi negativi, a distanza di oltre un secolo, sono in effetti totalmente infondati, poiché imposto da giudizi storici e considerazioni morali senza senso, specie nel caso in cui si parla di storia. Proprio per questo motivo, la vicenda di Wolde Selassie Domenico Mondelli merita di essere riscoperta e rivalutata, non fosse altro perché dedicò la vita al Paese che lo aveva inizialmente accolto, dimostrando indubbia fedeltà, singolare coraggio e patriottismo.
Nel 1891, quando il padre lo portò in Italia, a seguito della ritirata e della bruciante sconfitta di Adua, Wolde Mondelli, ribattezzato Domenico, fu legalmente adottato.
L’atto legale di adozione fu redatto da un tale dottor Napoleone Maschi, Pretore e Consigliere della Reale Prefettura di Parma, a sua volta veterano dell’Eritrea col grado di capitano. Il dottor Maschi fu inoltre il primo a dichiarare ufficialmente la presenza del giovane eritreo a Parma e fu sempre presente ai vari consigli di famiglia in seguito all’adozione. La reale paternità, attribuita sia al colonnello Mondelli che al dottor Maschi, non fu mai accertata.
Con l’approvazione della Legge 2029 del 26/11/1925 sulla Regolarizzazione delle Associazioni, che rendeva incompatibile l’impiego pubblico con l’appartenenza alla massoneria, Mondelli fu costretto a lasciare il Regio Esercito nel 1925 ma, nella Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, raggiunse comunque il grado di Console Generale, equivalente a generale di brigata.
La carriera militare riprese, nel ruolo della riserva, con la proclamazione della Repubblica Italiana, e promosso di grado.
Sorprende comunque che, nel 1912, Mondelli sia stato ammesso a far parte dell’Ordine Massonico della Loggia della Stretta Osservanza di Palermo, e nel 1919 ottenne il titolo di Maestro Libero Muratore.
Fu sempre a causa delle leggi razziali promulgate dal regime fascista, che dovette lasciare anche la massoneria, per essere poi riammesso nel 1944, alla caduta di Mussolini, questa volta a Roma, nella Loggia Spartaco del Grande Oriente d’Italia, e diventando Gran Maestro Sovrano e Grande Ispettore Generale di Grado 33° nel 1956, secondo il rito scozzese antico ed accettato.
Rimane il fatto che l’eroismo e la fedeltà all’Italia da parte di Wolde Selassie Mondelli è fuori discussione, nonostante la risposta che ha avuto dalle istituzioni non hanno corrisposto alle aspettative. Non solo perché parlare di eroismo nell’era del livellamento globale, è un atto d’educazione, ma anche perché Mondelli, adottato da un ufficiale italiano che così gli aveva salvato la vita, era nero. E’ altrettanto assodato che, contestualizzando il periodo storico, l’amor di patria è un valore assoluto in sé, a prescindere dal colore della pelle o di tutte le varianti e sfumature che si possono prendere in considerazione.
Wolde Selassie è stato un cavaliere dell’aria, che volava su trabiccoli pericolosi, sfidando elementi naturali e reazione nemica. All’epoca, un onore riservato a pochi.
E’ inoltre un dato di fatto che, costretto a lasciare l’esercito, Mondelli sia entrato a far parte della MVSN, nella quale per arruolarsi si doveva giurare fedeltà a Mussolini. Insomma un discriminato dal fascismo che si iscrive in un corpo giurando fedeltà al fascismo. In tempi miseri come quelli attuali, è comunque un esempio da tenere presente.
Di sicuro, Wolde Domenico Mondelli non è stato l’unico ufficiale italiano nero o meticcio ad essere discriminato dopo aver combattuto nella Grande Guerra ma, a differenza di altri, è stato l’unico a provare ad opporsi alle misure razziali adottate dal fascismo. Solo dopo la seconda guerra mondiale, nella nuova Italia repubblicana, è riuscito a riprendere quella carriera che il fascismo aveva bloccato, arrivando al grado di generale di corpo d’armata in ruolo d’onore, riprendendo anche l’attività massonica iniziata poco prima della Grande Guerra e interrotta durante la dittatura, a causa del regime antidemocratico.
Bibliografia
“La prima organizzazione dell’Aeronautica Militare in Italia 1884-1925” – Alessandro Fraschetti;
“Gli aviatori italiani del bombardamento nella guerra 1915-1918” – Domenico Ludovico;
“Il generale nero. Domenico Mondelli, bersagliere, aviatore e ardito” – Mauro Valeri.
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