Un pessimo giorno per tutto il Mediterraneo. Il presidente turco esulta e annuncia che Santa Sofia è affidata all’ente che gestisce le moschee turche. Ma la decisione del Consiglio di Stato turco fissa un altro dato di fatto: lo Stato turco esiste, non la sua democrazia. Come può un Consiglio di Stato abrogare nel 2020 un decreto presidenziale del 1934? Era molto più “legale” quanto proposto dal relatore e non accolto dalla corte: il decreto del 1934 che fa di Santa Sofia un museo è valido, ma può sempre essere sostituito da un decreto presidenziale di segno opposto. Già averne fatto un museo dimostrava una chiara idea del cristianesimo turco e della convivialità: mantengo buoni rapporti con le cancellerie “cristiane”, ma non conosco loro, i cristiani di qui. Una nazione, una fede, un leader, no? Ora ci si aggrappa ai simboli in mancanza di altre idee per dare un futuro e non un passato al proprio popolo. Erdogan potrà festeggiare l’imminente anniversario del tentato golpe contro di lui nello storico compound della “Moschea” intestata tanti secoli fa alla Santa Sapienza, come pare voglia fare. Tempestivi i magistrati turchi, mancano pochi giorni al fatidico giorno. E magari quel giorno potrà, il presidente, annunciare la sua vera intenzione su come utilizzare il simbolo più importante della Turchia, che appare ancora oggi come era stata edificata nel 537, voluta dall’imperatore Giustiniano e dalla moglie Teodora per essere la più grande chiesa del mondo. Ma proprio questo fa balzare agli occhi un’evidenza: rispetto ai tempi della conquista di Costantinopoli, lí sull’enorme spianata di Istanbul, una moschea stupenda e spaziosissima c’è già: è la moschea blu. E nei dintorni i veri sultani ne hanno costruite altre, tantissime, tutte stupende! A chi serve un’altra moschea? Forse serve a un presidente nazionalista che intende usare la fame di simboli per soddisfare il suo appetito elettorale, che non sa più saziare dando e creando lavoro e buon vicinato. Forse in questo Erdogan è meno solo di quanto oggi si vuol far pensare. Il passato anche recente e gli errori europei lo avranno spinto “a oriente”, a guardare verso altri contesti e altre simbologie, ma le scelte di oggi sono le sue e pensare di farsi Califfo con Santa Sofia moschea è un uso dell’Islam e dei dolori odierni di tanti musulmani a scopi nazionalisti. Se poi Erdogan pensasse di compensare l’attacco alla storia riaprendo il vecchio seminario teologico ortodosso, sappia che quel seminario era tale già quando c’erano i veri sultani: non ci sono merci di scambio. La megalomania di cui Erdogan sembra essersi intriso da quando è fallita la sua apertura all’Europa incarna il peggior “orientalismo da orientalisti” a cui neanche Eduard Said avrebbe saputo pensare. Riempire stomaci affamati con pietre che hanno secoli di storia. Dunque almeno l’Unesco gli ha risposto in modo adeguato: “Chiediamo alle autorità turche di impegnarsi nel dialogo prima di prendere qualsiasi decisione che potrebbe avere ripercussioni sul valore universale del sito”, si legge in una nota. “Qualsiasi modifica” relativa a un sito Patrimonio mondiale dell’umanità “richiede una notifica all’Unesco da parte dello Stato coinvolto e poi, se necessario, un esame del Comitato del Patrimonio mondiale”. Ma questo Erdogan lo sa: terrorizza pensare che abbia già annunciato di porre sotto il controllo del ministero per gli affari religiosi Santa Sofia. Non per le pietre, che sopportano tutto, ma per gli uomini, per il peso delle loro storie e dell’uso che si può fare dei loro atti. Ma alcuni sussurrano ancora che la sua vera intenzione potrebbe essere quella di ottenere consenso popolare e suppliche internazionali, per poi annunciare che a Santa Sofia si tornerà a pregare, ma una volta al mese. Può essere, ma se, come si ipotizza in queste ore, si ricorresse ai tendaggi per coprire i mosaici (tutelandoli, si scrive a Istanbul) sarebbe un insulto alla storia, alla cultura e al senso stesso di quel che è stato lo spirito, l’essenza del Levante. Chissà. In tempi del genere tutto può essere, tranne purtroppo che qualche leader si impegni per ridurre e non aumentare i contrasti in un mondo che ha urgentemente bisogno di sinergie e di incontri.
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