Le straordinarie avventure dell’incrociatore leggero tedesco Königsberg in Oceano Indiano (1914-1915). Di Alberto Rosselli.

L'incrociatore leggero tedesco Konigsberg.

Premessa.

Le colonie africane tedesche e la Prima Guerra Mondiale.

Quando ebbe inizio il Primo Conflitto Mondiale, la posizione geografica dei possedimenti africani tedeschi (Togo, Camerun, l’Africa del Sud-Ovest e Tanganika), direttamente confinanti con colonie anglo-francesi e belghe, avrebbe potuto consentire ai vertici militari di Berlino di scatenare attacchi ai danni della Nigeria, dell’Africa Equatoriale francese, del Congo belga, del Sudafrica o del Kenya, posto, naturalmente, che l’apparato militare coloniale germanico si fosse rivelato sufficientemente forte da assolvere questo compito. Tuttavia, i piccoli contingenti presenti nei territori tedeschi  – ad eccezione di quelli del Tanganika – non poterono svolgere un ruolo determinante in ambito strategico, limitandosi a difendere le aree ad essi affidati, ma a costringere (nel caso del Tanganika) comunque l’Inghilterra, la Francia, il Belgio e, in seguito, anche il Portogallo – nazioni intenzionate ad eliminare una volta per tutte la presenza tedesca in Africa – a mettere in campo un enorme quantitativo di uomini e mezzi.

Fino dall’agosto del 1914, le truppe dell’Intesa dislocate in Nigeria, in Africa Equatoriale, in Kenya, in Rhodesia, in Sudafrica e in Congo presero l’iniziativa attaccando in più punti il frammentato sistema coloniale tedesco in Africa. Le prime operazioni coinvolsero il più piccolo territorio germanico, cioè il Togo, che in poche settimane venne conquistato da un contingente misto anglo-francese. La capitale Lomé, difesa da scarni reparti tedeschi, cadde nel mese di agosto. Ben più tenace si rivelò invece la resistenza del Camerun.. Qui, le forze del kaiser, composte da 8.000 uomini, 6.500 dei quali appartenenti alle Schutztruppen (unità coloniali create nel 1895) e da appena 1.500 europei (più elementi della locale Polizeitruppe, creata nel 1891) agli ordini del maggiore Zimmermann respinsero per mesi gli assalti di oltre 65.000 soldati inglesi, francesi e belgi, arrendendosi soltanto dopo avere inferto al nemico sensibili perdite. L’ultimo caposaldo tedesco a cedere fu quello di Mora, nel nord del paese, difeso fino al 18 febbraio del ‘16 dai reparti agli ordini del capitano  von Raben. Medesima sorte toccò anche alla colonia dell’Africa del Sud-Ovest. Dopo avere sedato, nell’estate del 1914 una sommossa da parte di circa 11.000 afrikaner ribelli, schieratisi a fianco dei tedeschi, nell’inverno 1914/1915, le armate fedeli al governo legittimo di Città del Capo, forti di circa 50/60.000 uomini e supportate da unità della Royal Navy, penetrarono da più parti  in Africa del Sud-Ovest, difesa da guarnigione tedesca composta da 140 ufficiali e 3.000 tra graduati e soldati (affiancati da altri 5/6.000 volontari civili e indigeni) agli ordini del colonnello Viktor Francke, riuscendo ad avere la meglio sul nemico soltanto dopo lunghi ed aspri combattimenti, il 9 luglio del 1915, con la resa degli ultimi reparti tedeschi ad Otawi.

Kreuzer Königsberg.

Ma come si è accennato, la più grande e significativa prova di resistenza venne dalla guarnigione del Tanganika che, pur essendo completamente isolata dalla madrepatria, riuscirà a tenere testa per ben quattro anni ad un esercito di quasi 400.000 soldati dell’Intesa, causando agli avversari perdite spaventose. Il merito di tutto ciò andrà al leggendario colonnello Paul Lettow-Vorbeck che con i suoi 15.000 uomini (12.000 dei quali indigeni delle Schutztruppen) obbligherà Gran Bretagna, Belgio e Portogallo a tenere bloccati in Africa Orientale ingenti quantitativi di uomini e mezzi dell’esercito, della marina e dell’aviazione che avrebbero potuto essere impiegati con profitto su altri fronti. E’ proprio sotto questo aspetto che la tenace resistenza del Tanganika tedesco va interpretata, in quanto questo possedimento fu l’ultima colonia tedesca a cedere le armi, ritardando – seppure in maniera indiretta – la resa della Germania. Costretti a combattere in condizioni di netto svantaggio, tra il 1914 e il 1918, i reparti ascari e tedeschi di Vorbeck metteranno in pratica, con grande profitto, tutte le tecniche legate alla guerriglia, costringendo il nemico, di gran lunga meglio armato ed equipaggiato, ad un difficile confronto, reso ancora più logorante dalla natura del territorio e dal clima africano equatoriale. Proprio per queste ragioni, a distanza di quasi un secolo, la campagna del Tanganika 1914-1918 viene ancora oggi ricordata dai più insigni esperti di storia militare come il primo e più significativo esempio di guerra guerreggiata attuata in era contemporanea da una compagine europea in territorio africano.

Inizia l’avventura del Königsberg

Nell’aprile 1914, il Konigsberg, al comando del capitano di fregata Max Looff, venne inviato nell’Africa Orientale Tedesca, giungendo a Dar-es-Salaam il 6 giugno seguente. Il 31 giugno 1914, ricevette l’ordine di prepararsi a dare la caccia al traffico mercantile britannico in Africa. Salpato da Dar es-Salaam poco dopo l’annuncio dello stato di guerra, l’incrociatore tedesco aveva intrapreso una guerra di ‘corsa’, attaccando diverse unità mercantili nemiche, tra cui il City of Winchester, nel Golfo di Aden ed affondando, il 19 settembre, nelle acque di Zanzibar il piccolo incrociatore inglese Pegasus, (unità da 2.135 tonnellate, armata con otto pezzi da 100 mm.), causando la morte di 38 marinai e il ferimento di altri 55.

Pur non vantando eccessive dimensioni, il Königsberg era un’unità rispettabile. Progettato tra il 1903 e il 1904, questo incrociatore, che faceva classe a sé, era stato impostato il 12 gennaio 1905 nell’arsenale imperiale di Kiel ed era sceso in mare il 12 dicembre del medesimo anno, venendo ultimato il 5 aprile 1907. L’unità tedesca  aveva un dislocamento normale di 3.390 tonnellate e di 3.814 a pieno carico. Era lungo 115,3 metri e largo 13,2 e lo scafo pescava 5,29 metri. L’unità era dotata di un apparato motore composto da due macchine verticali da 3 cilindri a triplice espansione alimentate da 11 caldaie a carbone e 2 eliche. La potenza al progetto era di 12.000 cavalli a 23 nodi di velocità; e quella massima di 13.918 cavalli a 24 nodi. L’incrociatore aveva un’autonomia di circa 4.700 miglia (a 12 nodi) ed era armato con 10 pezzi da 105/40, più 10 cannoni revolver da 37 mm. e 2 tubi lanciasiluri da 450 mm.. Il suo ponte era protetto da una corazzatura che variava dai 20 agli 80 mm.; mentre quella del ponte di comando raggiungeva i 100. L’equipaggio del Königsberg era formato da: 14 ufficiali e 308 tra sottufficiali, graduati e marinai.

Nel novembre del 1914, nell’ambito dell’affannosa caccia avviata dalla Royal Navy per eliminare dalle acque dell’Oceano Indiano occidentale l’incrociatore leggero Konigsberg, il contrammiraglio Herbert King-Hall, che comandava la squadra britannica dell’Indiano, di base a Città del Capo (composta dai vecchi incrociatori Astraea, Pegasus e Hyacinth) decise non soltanto di rendere inoffensivo il piccolo, ma moderno cruiser germanico, ma anche tutte le altre unità mercantili nemiche (tra cui i già citati Tabora, König e il Feldmarschall, bloccate nello scalo di Dar es-Salaam), onde evitare che queste potessero tentare una fuga verso un porto neutrale o amico. A questo scopo, l’Ammiragliato fece spostare da Città del Capo al canale di Mozambico le sue navi, alle quali si affiancarono gli incrociatori Fox, Chatham  (5.400 tonnellate), l’anziana nave da battaglia Goliath, più alcune unità ausiliarie, tra cui il rimorchiatore Helmuth e l’ex- nave posacavi Duplex.

Il 27 settembre, il Chatham, al comando del capitano Sidney R. Drury-Lowe, giunse a Mombasa e dopo poche ore di sosta riprese  il mare puntando su Zanzibar, isola nei pressi della quale era stato avvistato il Königsberg. Il comandante Drury-Lowe era perfettamente al corrente del pericolo – segnalatogli dalle autorità britanniche – che parecchi elementi delle comunità arabo-indiane di Mombasa e di Zanzibar aiutassero i tedeschi fornendo ad essi informazioni sugli spostamenti della flotta inglese lungo le coste del Tanganika. D’altra parte, l’eliminazione del Pegasus nelle acque di Zanzibar, induceva gli inglesi a ragionare in questo senso. Dopo avere colato a picco l’incrociatore nemico, il comandante Looff si era allontanato rapidamente dall’isola, rinunciando a tagliare i cavi radiotelegrafici che la collegavano a Mombasa, Aden, alle isole Seychelles e a Lourenço Marques, capitale della colonia portoghese del Mozambico. Dimenticanza, questa, che consentì ai britannici, presenti sull’isola, di diffondere la notizia dell’affondamento del Pegasus.

Dal canto suo, Drury-Lowe, seppur deciso a scovare al più presto il Königsberg e a punirlo per tutti i guai che aveva combinato, preferì comunque aspettare l’arrivo di altri due incrociatori, il Dartmouth e il Weymouth (unità della medesima ‘classe’ da circa 5.800 tonnellate a pieno carico) ai quali si sarebbe aggiunto in seguito anche il Fox. Nell’attesa, comandante inglese effettuò una lunga crociera, perlustrando non soltanto le acque antistanti Zanzibar, ma anche un ampio tratto di Oceano Indiano. Il 22 settembre, il Chatham intercettò alcune comunicazioni in codice emesse dalla nave nemica, non riuscendo però a decifrarle. Va detto, a questo riguardo, che in precedenza il comandante del Pegasus  J. A Ingles, aveva captato stralci di messaggi  lanciati dal Königsberg, ricavando, tuttavia, solo parziali indicazioni circa la posizione del cruiser germanico. Rientrato a Zanzibar, Drury-Lowe riorganizzò la difesa dell’isola, ripescando anche i cannoni del Pegasus che giaceva sui bassi fondali del piccolo approdo locale. Coadiuvato da J. A. Ingles, egli arruolò anche parecchi indigeni e pescatori arabi del luogo, utilizzandoli come vedette lungo le spiagge dell’isola e lungo quelle della non distante terraferma. Non appena vennero trasferiti sul suolo della colonia tedesca, molti nativi tuttavia sparirono nel nulla; mentre altri, dopo alcune settimane, fecero ritorno a Zanzibar fornendo ai britannici una vera messe di informazioni, in verità piuttosto contraddittorie e confuse. Un paio di essi riferirono che il Königsberg si era rifugiato nel fiume Rufiji, risalendolo per alcuni chilometri, fino al villaggio di Salalo, e che i tedeschi avevano approntato lungo la costa un perfetto sistema di vedette appiedate e a cavallo che tramite segnalazioni fumogene, bandiere e specchi, erano in grado di avvertire tempestivamente l’incrociatore circa le mosse delle navi inglesi. Altri riportarono invece che il Königsberg aveva abbandonato la costa del Tanganika, trovando riparo in una delle isole dell’arcipelago francese delle Comore, situato nel canale di Mozambico. Ed altri ancora giurarono che l’unità germanica aveva fatto rotta verso nord, per raggiungere Hodeida o Gedda (avamposti ottomani sul Mar Rosso), dove l’incrociatore tedesco avrebbe dovuto rifornirsi di carbone dall’alleato turco. Insomma, di voci sulla nave tedesca ne correvano parecchie, sicuramente troppe, e a Drury-Lowe non rimaneva che esaminarle e verificarle una per una, andando per esclusione e sulla base di ragionamenti logici.

Pezzo da 105 mm. del Konigsberg montato sul battello lacustre Von Goetzen.

Dopo avere ultimato le difese dell’isola, il 29 settembre 1914, il Chatham salpò dal porto di Zanzibar per andare ad esplorare il lungo litorale della colonia tedesca. E navigando sottocosta, Drury-Lowe poté constatare la veridicità di alcuni resoconti. Il comandante rilevò infatti, sia di giorno che di notte, la presenza a riva di frequenti vedette tedesche nell’atto di segnalare con bandiere bianche e fuochi accesi il passaggio della nave. Il 30 settembre, sulla piccola isola di Komo, situata al largo della foce del Rufiji, venne individuato un soldato tedesco che, assieme ad un gruppo di indigeni, era intento a maneggiare una grossa bandiera bianca. Drury-Lowe fece aprire il fuoco contro l’assembramento e poi spedì a terra una lancia. Gli inglesi non ebbero difficoltà a catturare il militare bianco e i neri che erano con lui. Portato a bordo, l’europeo disse di essere un mercante che, in qualità di ex-ufficiale dell’esercito tedesco, era stato richiamato nelle file dell’esercito di Vorbeck. Il tedesco confessò poi di essere stato incaricato di sorvegliare quel tratto di costa, dando indicazione ai reparti di Vorbeck circa la presenza di eventuali navi da guerra britanniche. Nel rifugio del militare, i marinai inglesi trovarono numerose casse di viveri e un codice per le segnalazioni con drappi bianchi e rossi e per mezzo di falò. In una borsa fu anche scovato il diario di un altro ufficiale tedesco che aveva soggiornato sull’isola fino a poco tempo prima. Drury-Lowe lesse attentamente il quaderno ed individuò, seppure a fatica a causa della pessima grafia dell’autore, la presunta località nei pressi della quale si aggirava il Königsberg. Si trattava del villaggio di Falalo, precedentemente menzionato da uno dei suoi informatori interrogati a Zanzibar. Pur prendendo con le molle l’indicazione (il nome della località poteva essere stato storpiato per errore o di proposito dal proprietario del diario), il comandante inglese ebbe comunque la sensazione di trovarsi sulla buona strada. Forse, l’incrociatore tedesco si era effettivamente rifugiato lungo il relativamente angusto letto del fiume Rufiji, a ridosso della lussureggiante foresta che ne delimitava le rive.

Dal giorno dell’affondamento del Pegasus, la nave germanica non aveva fatto più vittime e sia a Drury-Lowe che ai vertici dell’Ammiragliato risultava ormai evidente che l’incrociatore di Max Looff non operava affatto in coppia (come in un primo momento alcuni avevano ipotizzato) con l’Emden  (incrociatore leggero da 3.360 tonnellate) del comandante Karl von Müller, anche perché pochi giorni prima quest’ultimo era stato avvistato nei pressi della penisola indiana. Dopo avere affondato a Penang l’incrociatore russo Yemtschuk e successivamente il caccia francese Mousquet., l’Emden aveva bombardato i depositi e le raffinerie di petrolio di Madras, proprio mentre nelle acque di Zanzibar il Königsberg metteva fine alla carriera del Pegasus. Comunque sia, gli inglesi intuirono che, in ogni caso, la base segreta dalla quale la nave tedesca partiva per le sue rapide missioni di caccia non doveva essere molto lontana. Drury-Lowe sapeva che per operare in mare aperto il Königsberg abbisognava comunque dell’appoggio di una o più navi ausiliare per il rifornimento di carbone e munizioni. E d’altra parte, proprio all’inizio della sua caccia, il comandante inglese aveva intuito, tramite la parziale intercettazione dei già citati messaggi in codice lanciati dal Königsberg, che l’unità si preparasse ad incontrare una delle unità che poco prima dello scoppio della guerra si trovavano a Dar es-Salaam, e cioè l’Adjutant, il Leutnant, il Somali, il Praesident, il König e il Tabora. Sulla scorta degli indizi raccolti, a Drury-Lowe non rimase quindi che continuare ad ispezionare non soltanto l’intera costa del Tanganika, ma anche un tratto di quella del Mozambico portoghese. Incarico che, ovviamente, il solo Chatham non era in grado di assolvere. Ragione per cui l’Ammiragliato predispose che il Dartmouth, il Weymouth e il Fox, giunti il 6 ottobre a Mombasa, affiancassero al più presto l’incrociatore.

I mezzi a disposizione di Drury-Lowe – che nel frattempo era stato nominato dall’Ammiragliato comandante in capo dell’operazione – sembravano ora sufficienti per sorvegliare le circa 1.700 miglia di costa. Tuttavia, a causa di un improvviso guasto, il Chatham dovette però trattenersi a Mombasa, assieme al Fox, costringendo Drury-Lowe  ad accontentarsi del Weymouth e del Dartmouth che fecero subito rotta verso sud. L’8 ottobre, il Weymouth venne avvertito della presenza lungo la costa meridionale del possedimento germanico del rimorchiatore tedesco Adjutant che, dopo essersi rifugiato nei porti lusitani di Beira e Mozambico, aveva ripreso il mare raggiungendo lo scalo di Lindi, all’estuario del Lukuledi, dove stazionava anche il piroscafo Praesident, una delle presunte navi appoggio del Königsberg. Il 10 ottobre, il Weymouth riuscì a catturare la facile preda e due giorni più tardi la nave inglese ricevette un’altra importante notizia riguardante questa volta l’incrociatore tedesco. Alcuni indigeni riferirono, infatti, che il Königsberg si trovava alla fonda nei pressi dell’isola Hurd, distante circa 150 miglia da Mozambico. Ma giunto sul posto il Weymouth non trovò però traccia dell’unità nemica. Messo al corrente del fatto, Drury-Lowe ordinò quindi al Weymouth di continuare le sue ricerche. Il comandante inglese era infatti convinto che  prima o poi l’incrociatore nemico avrebbe fatto rotta su Lindi dove, in precedenza, erano stati segnalati sia l’Adjutant che il Praesident..

Un testo per approfondire.

Nel frattempo, terminate le riparazioni, anche il Chatham  aveva ripreso il mare, raggiungendo il giorno 15, Kilwa Kivindje e successivamente a Kilwa Kissiwani, per poi spingersi ancora più a sud, fino a Capo Delgado. Dal canto suo, il Chatham, non avendo trovato nulla, volse nuovamente la prua a nord e il 19 giunse nella baia di Lindi dove, dopo avere intimato al locale governatore di consegnare il naviglio presente nell’estuario del Lukuledi (l’ultimatum, stilato da Drury-Lowe, venne consegnato dal capitano Raymond Fitzmaurice), venne a sapere che il Praesident, completamente scarico, stava rintanato al riparo della fitta vegetazione a tre miglia e mezzo dal mare, lungo l’ultimo tratto del fiume. Non credendo minimamente alle notizie fornite dal residente tedesco di Lindi – il quale giurò che il Praesident era stato nel frattempo trasformato in nave ospedale – Drury-Lowe inviò alcuni suoi marinai a perquisire il piroscafo e a condurlo in mare aperto. Giunti a bordo del Praesident gli inglesi ebbero la certezza di non trovarsi a bordo di una nave ‘bianca’. Sul diario di bordo era infatti scritto che il 15 settembre (cioè cinque giorni dopo l’affondamento del Pegasus) il Praesident aveva rifornito di carbone l’incrociatore tedesco a Salalo, nel delta del fiume Rufiji. Quindi, dopo avere danneggiato in maniera irreparabile la macchine del Praesident, il Chatham  fece ritorno a Zanzibar dove alcuni indigeni riferirono che il Königsberg era stato questa volta segnalato a Dar-es-Salaam dove era intento a sbarcare i suoi pezzi d’artiglieria. Immediatamente, il Chatham levò le ancore e il giorno 21 arrivò in vista della capitale della Ost-Afrika dove però non trovò traccia dell’incrociatore. Ragione per cui, Lowe decise di fare rotta a sud per andare a  perlustrare l’intricato e quasi sconosciuto delta del fiume Rufiji.

A quei tempi il Rufiji era considerato uno dei corsi d’acqua più infidi dell’intera Africa Orientale, soprattutto per la presenza di frequenti banchi di sabbia. Senza considerare che il delta di questo fiume era soggetto al moto di notevoli maree. Il Rufiji sbocca nell’Oceano Indiano, praticamente a metà della costa dell’attuale Tanzania, davanti all’isola di Mafia, formando un delta ampio circa 30 miglia. La vegetazione è folta di mangrovie e di piante lacustri e, nel 1914, nei molti larghi bracci (di cui otto di acqua dolce e due di acqua salmastra) si aggiravano coccodrilli e ippopotami. A quel tempo, l’intero delta era considerato dai coloni tedeschi una delle zone più insalubri del possedimento, anche per la presenza di insetti velenosi e di zanzare anofele. Delle otto bocche attraverso le quali il Rifiji sfocia in mare, quelle di Kikunja e di Simba Uranga, sono di gran lunga le più importanti. La bocca di Kikunja, divisa da un isola, è ampia circa un miglio, mentre quella di Simba Uranga biforca nel tratto finale in due bracci secondari: il Simba Uranga a nord e il Suninga a sud. Date le caratteristiche di questo delta, il Comando della Royal Navy  riteneva improbabile che una nave, seppur leggera come il Königsberg, potesse avventurarsi in quel dedalo di canali senza rimanere incagliata nei suoi bassi fondali. Opinione, questa, che non trovava però d’accordo Drury-Lowe. Rientrato a Zanzibar e deciso a vederci chiaro, il caparbio comandante inglese radunò decine di pescatori del luogo, gli unici ad avere un’esatta conoscenza delle caratteristiche di quel fetido labirinto, per ottenere maggiori e più dettagliate informazioni sul delta. E tra questi Drury-Lowe pescò un marinaio arabo, tale Ali ben-Said, che, oltre ad avere per molto tempo soggiornato nel basso Rufiji, conosceva anche molto bene il capo di un villaggio situato nei pressi della penisola di Kiomboni, situata a sud della foce.

Lasciata Zanzibar, il Chatham si diresse a meridione e nella notte tra il 29 e il 30 settembre penetrò a fari spenti nel canale di Mafia, arrivando a circa cinque miglia dalla penisola di Kiomboni. All’alba, una lancia portò a terra Ali ben-Said scortato da alcuni marinai armati. La pattuglia raggiunse il villaggio di Kiomboni dove catturò con facilità il capo tribù Ben Turemi e un paio di altri indigeni. Poi, con i prigionieri, essa fece ritorno al Chatham. Interrogato, Ben Turemi diede informazioni non soltanto sul Königsberg, ma anche su un’altra nave ausiliaria tedesca, il Somali, riferendo che entrambe si trovavano ancorate nel Rufiji lungo le cui sponde i tedeschi avevano approntato diverse postazioni dotate di cannoni leggeri da 37 mm., moderne mitragliatrici Maxim e vecchie Gatling a canne rotanti. Se le notizie di Ben Turemi fossero corrisposte al vero, il Chatham si sarebbe trovato ad appena una diecina di miglia dal suo obiettivo. Cosa che gli inglesi poterono verificare poco più tardi allorquando ad una vedetta di guardia sull’albero della nave parve di individuare la sagoma di un piroscafo nascosto tra la vegetazione. A quel punto, a Drury-Lowe non rimaneva che verificare se si fosse trattato del temuto Königsberg o di un’altra nave ausiliaria tedesca, magari il Somali. Il Chatham si avvicinò alla costa per giungere a tiro di cannone, ma la manovra risultò estremamente difficoltosa in quanto i fondali dinnanzi alla bocca di Simba Uranga erano molto bassi e melmosi. Per non correre inutili pericoli, Drury-Lowe preferì quindi fermarsi e comunicare via radio agli incrociatori Weymouth e Dartmouth e al Comando di Mombasa il presunto agganciamento di una sospetta unità nemica. Il capitano comprese subito che anche il rapido sopraggiungere degli altri due cruiser non avrebbe però risolto la situazione. Il pescaggio di queste unità era infatti eccessivo. Sarebbe occorso invece l’intervento di uno o più scafi più leggeri, ma comunque dotati di pezzi d’artiglieria la cui gittata fosse sufficiente a raggiungere l’obiettivo da una posizione di sicurezza. Di conseguenza Drury-Lowe comunicò subito all’Ammiragliato la richiesta di un paio di monitori. Dopodiché, inviò alcune lance ad esplorare i fondali del ramo del fiume. Le scialuppe raggiunsero un punto situato a circa quattro miglia dalla biforcazione e a 13 dal presunto piroscafo nascosto tra la vegetazione. Drury-Lowe fece spostare a lento moto e per qualche miglio in direzione della costa, anche il Chatham. Giunta al limite dei bassi fondali, l’unità tirò in direzione dell’obiettivo un paio di salve che, tuttavia, data l’eccessiva distanza, caddero molto distante da esso, mettendo comunque in allarme i tedeschi. Dopodiché il Chatham volse i suoi pezzi contro alcune postazioni nemiche situate sull’isola di Mafia, senza però arrecare loro alcun danno. Quindi, l’unità riprese il largo.

Il generale Paul Lettow Vorbeck (foto del 1919).

Il 2 novembre, nella zona del delta giunsero il Weymouth e il Dartmouth. E fortuna volle che, prima della partenza, il comandante del secondo incrociatore avesse provveduto a fare svuotare parzialmente le proprie stive, diminuendo notevolmente il pescaggio della nave. Approfittando dell’alta marea, il Dartmouth venne quindi inviato in esplorazione verso la bocca del fiume, giungendo ad appena sei miglia da essa, ma non riuscendo ad inquadrare a dovere le due unità nemiche troppo coperte dall’alta vegetazione. Ciononostante, tutti e tre i cruiser britannici aprirono un violento, ma mal diretto, fuoco d’artiglieria contro i presunti bersagli, mentre due lance vennero fatte avvicinare ulteriormente all’imboccatura del ramo del fiume. Manovra quest’ultima decisamente azzardata in quanto sia la bocca che il tratto di costa antistante erano disseminate di pezzi tedeschi a tiro rapido in grado di colare a picco le sottili imbarcazioni inglesi. Il comandante Drury-Lowe fece quindi rientrare le scialuppe, non prima di avere fatto sbarcare a terra un informatore del posto per acquisire notizie circa l’esatta posizione del Königsberg. L’indigeno condusse con successo la sua missione, accertando finalmente l’esatta ubicazione di un’unica nave tedesca presente nel fiume. Quindi fece rientro al Chatham a bordo di una piroga. Era il 3 novembre 1914 e il Königsberg era stato alla fine individuato. Galvanizzato dalla notizia, Drury-Lowe fece accostare nuovamente la sua nave, fino ad appena due miglia dalla costa, dopodiché aprì il fuoco contro il punto segnalato, senza però riuscire a centrare il bersaglio. Poi, con il sopraggiungere della bassa marea, l’unità britannica fu costretta a riprendere il mare aperto.

A controbilanciare la buona notizia sul ritrovamento del Königsberg provvide il Comando di Mombasa, comunicando a Drury-Lowe che, in seguito al disastro di Tanga, esso non avrebbe potuto inviare (come avrebbero auspicato sia il comandante che l’Ammiragliato) un corpo di spedizione nel sud per sloggiare i tedeschi dal delta del Rufiji e per consentire alla flotta di penetrare in sicurezza lungo il fiume per andare a neutralizzare il Königsberg. Svanito l’apporto dell’esercito, Drury-Lowe chiese allora all’Ammiragliato l’inoltro di un vecchio cargo da affondare all’imboccatura del Simba Uranga in modo da imbottigliare l’incrociatore tedesco. Dopo avere fatto riparare alla meglio il Newbridge (uno vecchio vapore da 3.800 tonnellate che si trovava in disarmo a Mombasa), questo venne affidato ad un equipaggio ridotto che lo avrebbe dovuto trasferire prima a Zanzibar e successivamente alla foce del Rufiji. Il Newbridge venne scortato dal Dartmouth – che nel frattempo aveva fatto scalo a Mombasa per carbonare – e dal Duplex con al traino una lancia a motore appartenente al Goliath al momento in riparazione, più alcune torpedini da utilizzare all’occorrenza contro l’incrociatore tedesco. Il 7 novembre, la squadra di Drury Lowe, ad esclusione del Newbridge ancora fermo a Zanzibar e del Dartmouth, iniziò ad addentrarsi nelle infide acque della bocca del Simba Franga venendo però investita da un violento fuoco di armi automatiche e pezzi d’artiglieria leggera. Nonostante la pioggia di proiettili e diversi danni (un colpo da 37 colpì di striscio la lancia del Goliath e fece sganciare dal suo supporto una delle torpedini che miracolosamente non esplose) i britannici proseguirono con in testa il Duplex.

L’8 novembre, il Newbridge –  le cui stive erano state riempite di massi e pietrisco e di cariche esplosive – venne trasferito dal suo equipaggio, composto dal comandante, capitano Fitzmaurice, dai tenenti Johnson e Lavington, da quattro macchinisti e sette marinai – fino alla bocca del Simba Franga. Il 10 novembre, il Newbridge, seguito dal Goliath, imboccò il canale di Suninga dove venne subito investito dal fuoco tedesco proveniente da entrambe le rive. Nonostante i colpi ricevuti ed alcuni feriti a bordo, il vecchio piroscafo continuò lentamente a risalire il fiume, raggiungendo infine il punto previsto per l’autoaffondamento. Dopo una serie di difficoltose manovre effettuate sotto un grandinare di proiettili, l’equipaggio riuscì a mettere l’unità per il traverso (con un’angolazione di circa 50 gradi) e a colarla a picco, bloccando così il canale. Dopodiché, i marinai abbandonarono la nave trasferendosi su una scialuppa del Goliath che, per sicurezza, lanciò contro il Newbridge una torpedine che tuttavia andò ad incagliarsi sul fondo melmoso.Quindi l’unità inglese ridiscese il fiume, riguadagnando – nonostante il continuo fuoco tedesco – il mare aperto. L’audace operazione era durata in tutto appena un’ora. Verso sera, anche la lancia del Dartmouth, che aveva risalito un altro ramo del Rufiji (quello di Simba Uranga) per verificare se il Königsberg avesse potuto utilizzare questo canale per sgusciare in Oceano, rientrò dalla sua missione, riferendo a Drury-Lowe che le basse acque del Simba Uranga non avrebbero consentito all’incrociatore alcuna possibilità di fuga.

Dopo avere bloccato il Königsberg nel Rufiji, Drury-Lowe ritenne opportuno chiedere ai suoi superiori il supporto di un paio di incrociatori pesanti, gli unici dotati di pezzi atti a colpire, anche da distanza elevata, l’unità tedesca, e di alcuni aerei da ricognizione da utilizzare per dirigere il fuoco delle navi. Tuttavia, non soltanto l’Ammiragliato fu costretto a cassare la richiesta (la Royal Navy era ancora impegnata in Atlantico meridionale contro la squadra tedesca dell’ammiraglio von Spee), ma il contrammiraglio Herbert King-Hall comunicò a Drury-Lowe che lo avrebbe anche privato del Dartmouth e del Weymouth. E fu così che a sorvegliare il delta del Rufiji rimase soltanto il Chatham in compagnia del Duplex e di due piroscafi tedeschi catturati nel frattempo, l’Adjutant e l’Helmuth, che a Zanzibar gli inglesi avevano provveduto ad armare con qualche pezzo d’artiglieria. Per nulla tranquillo, Drury-Lowe insistette allora per ottenere almeno un paio dei già citati monitori. Richiesta che questa volta venne accolta dall’Ammiragliato.

Poche settimane più tardi, giunse da Durban presso l’isola di Diororo (dove gli inglesi avevano approntato una rudimentale base operativa) la nave da carico Kinfauns Castle, con a bordo due fragili idrovolanti monomotore Curtiss S, dotati di un modesto motore da 90 cavalli. E il primo volo di prova venne effettuato, il 14 novembre, da H. Dennis Cutler, un giovane e coraggioso pilota civile sudafricano che fino a poco tempo prima si era dilettato in voli acrobatici. A Drury-Lowe il ragazzo piacque subito, tanto da promuoverlo, dopo neanche un giorno di servizio, tenente di marina. Le missioni esplorative di Cutler sopra gli intricati dedali fluviali del Rufiji alla ricerca del Königsberg si rivelarono subito estremamente difficili e rischiose, soprattutto a causa della sostanziale inaffidabilità dei Curtiss. Il 19 novembre, Cutler decollò da Niogoro e dopo avere raggiunto una quota di neanche 500 metri attraversò lo stretto braccio di mare che separa l’isola dal delta. Quindi proseguì sulla foresta, seguito dagli sguardi di Drury-Lowe e dei marinai del Chatham che il comandante aveva fatto ancorare in prossimità  della bocca di Simba Uranga per fornire al traballante velivolo un minimo di appoggio. Trascorsi 60 minuti, cioè il tempo corrispondente alla massima autonomia del velivolo, di Cutler si perse però ogni traccia, e sia il Chatham che il Kinfauns si misero quindi alla ricerca dell’aereo che in seguito venne ritrovato, con il suo pilota, sulla spiaggia di Okusa, un’isoletta situata a circa 35 miglia da Niogoro e a 18 dalla punta meridionale dell’isola di Mafia. Persosi tra le nuvole durante il rientro, Cutler aveva smarrito la rotta effettuando un atterraggio di fortuna sulla prima terraferma incontrata.

Il 22 novembre, il pilota decollò nuovamente e questa volta la sua missione venne coronata da parziale successo. Dopo essersi addentrato per due miglia lungo il Suninga, egli riuscì infatti a localizzare la nuova posizione del Königsberg, ma al rientro, in fase di atterraggio, Cutler danneggiò in maniera irreparabile la carlinga del velivolo. Ragione per cui, Lowe inviò subito a Durban il Kinfauns per recuperarne una nuova, più alcuni pezzi di ricambio e qualche dozzina di bombe da 10 chilogrammi. Il 7 dicembre, Cutler intraprese una nuova missione, seguita, l’8 e il 9, da altre due. Il giorno 10, però, il motore del Curtiss andò in avaria, costringendo il pilota ad ammarare a nord della bocca di Kikunja, non molto distante dalle posizioni tedesche. Ma anche questa volta l’aereo venne recuperato da una lancia a motore della Helmuth che, sfidando il fuoco di fucileria degli ascari tedeschi appostati lungo le rive del canale, trainò il rottame fino al mare aperto. Cutler, che i marinai credettero morto, ricomparve dopo alcuni giorni, dopo essere sfuggito alla caccia dei tedeschi e ai morsi dei coccodrilli. Perso l’aereo e privato, seppure momentaneamente, del Chatham (salpato alla volta di Mombasa per andare a carbonare), Drury-Lowe era rimasto con il solo Fox e dovette interrompere suo malgrado le operazioni. Contrariamente all’opinione di certi alti ufficiali della Marina e dell’Esercito, egli era convinto che il Königsberg, anche se imbottigliato nel Rufiji, fosse da considerare ancora una reale minaccia. Ed oltre a ciò egli sospettava che la carcassa del Newbridge fatta affondare nel ramo di Suninga non rappresentasse un ostacolo insuperabile, anche perché il relitto non sbarrava completamente il canale. Tra la prora e la poppa sommerse del Newbridge e le due sponde lo spazio era infatti ancora sufficiente per fare sì che l’incrociatore potesse tentare di sfilare, dirigendosi poi verso il delta. Senza contare che, in base delle ricognizioni effettuate, se gli inglesi potevano dirsi certi dell’impraticabilità totale del ramo di Simba (caratterizzato da fondali molto bassi), non così potevano dire di quello del Kikunja. Non a caso, proprio negli ultimi giorni, sia Cutler sia diversi indigeni avevano riferito di alcuni sospetti movimenti dell’unità tedesca all’interno di quei dedali. Che il comandante Looff stesse tentando di aprirsi un nuovo varco verso l’Oceano Indiano? Questo era il dilemma che faceva passare le notti in bianco a Drury-Lowe. Per scongiurare una simile eventualità, il comandante inglese telegrafò a Zanzibar per fare approntare una seconda nave “blocco” (il vecchio vapore Assouan) da affondare alla bocca del Kikunja. Gli inglesi depositarono poi nello sfogo a mare di quest’ultimo ramo e in quello di Simba Uranga una cinquantina di mine galleggianti a percussione. Non soddisfatto, Drury-Lowe fece inoltre occupare l’isola di Komo e scandagliare tutti i fondali del delta.

Nella seconda metà di dicembre del 1914, la situazione parve piegare a favore dei britannici. In seguito alla distruzione della squadra dell’ammiraglio von Spee da parte dei britannici, avvenuta l’8 dello stesso mese presso le isole Falkland, l’Ammiragliato riassegnò all’ufficiale l’incrociatore Weymouth, mentre il Chatham venne trasferito ad Aden per prevenire un attacco contro la piazzaforte da parte delle forze turche stanziate nello Yemen. A conti fatti, il 1° gennaio 1915, la squadra navale posta a guardia del Königsberg era composta dal Weymouth, da un paio di piroscafi armati e da cinque piccole unità di scarso pescaggio (cioè adatte ad inoltrarsi nel delta del Rufiji) dotate di cannoni e fatte giungere nel frattempo da Mombasa: il Fly, il Pickle, il Childers, il Salamander e l’Echo. A completare la flottiglia mancavano soltanto i due monitori richiesti da Drury-Lowe e un nuovo, più consistente nucleo aereo, già in fase di approntamento.

Il 10 gennaio, gli inglesi sbarcarono un contingente dell’esercito sull’isola di Mafia – dove si trovavano alcuni piccoli distaccamenti tedeschi – e dopo qualche breve scaramuccia la occuparono, permettendo ai soldati del genio di predisporre una pista di atterraggio e alcuni baraccamenti e depositi per i piloti e gli aerei prossimi a giungere in Tanganika. Per tutta la seconda metà del mese di gennaio 1915, le unità britanniche misero a segno una serie di colpi di mano contro le postazioni tedesche costiere e del delta, lamentando una sola perdita di rilievo, la Adjutant. Spintasi nella bocca di Simba Uranga, l’unità venne inquadrata da una batteria di pezzi da 37 mm. che la crivellarono di colpi costringendola ad arenarsi. Quasi tutto l’equipaggio venne poi catturato. Pochi giorni più tardi, i tedeschi riuscirono a riparare la Adjutant che in seguito verrà da questi adoperata per sbarrare l’accesso del Simba Uranga. Il 20 febbraio, Drury-Lowe ricevette finalmente i tanto attesi aeroplani. Nonostante la pomposa denominazione di RNAS Expeditionary Squadron, il raggruppamento contava appena due idrovolanti Sopwith 807s   – dotati di un motore da 100 cavalli e in grado di trasportare, oltre al pilota e ad un osservatore, due bombe da 50 libbre o quattro da 16 – più alcuni meccanici agli ordini del tenente John Tullock Cull. In seguito, il RNAS sarebbe stato rinforzato da altri tre decrepiti idrovolanti Short Folder in grado soltanto di effettuare missioni di ricognizione. Drury-Lowe ottenne, infine, dall’Ammiragliato la tanto attesa nave pesante, e cioè la corazzata Goliath: unità da 14.300 tonnellate di dislocamento a pieno carico, armata con quattro pezzi da 304 millimetri, dodici da 152, dieci da 76, dieci da 47 a tiro rapido e due tubi lanciasiluri.

La fine del Konigsberg.

Il 20 aprile 1915, l’incrociatore Chatham lasciò Aden per raggiungere nuovamente le acque del Tanganika,  in attesa dell’arrivo dei nuovi monitori – il Severn e il Mersey – ancora in fase di allestimento in Inghilterra. Il 25 aprile, il tenente Cull e il suo osservatore Boggis (equipaggiato con una normale macchina fotografica) effettuarono una missione a bordo di uno dei due nuovi Henry Farman F 27s terrestri che assieme ad un altro paio francesi Caudron G IIIs, erano giunti nel frattempo dal Sudafrica con la nave Laurentic.

Ad una quota di circa 400 metri, l’apparecchio di Cull sorvolò la bocca più meridionale del delta, cioè quella di Msala, venendo bersagliato da un nutrito fuoco di fucileria. Dopo avere volteggiato sul Kiomboni, l’aereo scorse, ancorato nel medesimo tratto del fiume dove era stato segnalato fino dal mese di dicembre, la sagoma del Königsberg,. Sfidando il fuoco nemico, Cull si abbassò fino a 200 metri, individuando nelle acque limacciose del Suninga sia lo scafo distrutto del Somali che quello del Newbridge. Quindi il pilota ritornò sopra la verticale dell’incrociatore per permettere a Boggis di scattare alcune fotografie che in seguito si sarebbero rivelate preziose. Poco dopo, però, il motore del Farman, colpito da alcuni colpi di fucile, iniziò a tossire e Cull dovette fare del suo meglio per guadagnare il mare aperto e cimentarsi in uno dei suoi soliti rocamboleschi ammaraggi di fortuna. Nei giorni seguenti, Drury-Lowe suggerì ai suoi aviatori, a scopo precauzionale, di limitarsi ad effettuare osservazioni ad almeno un paio di miglia di distanza dall’incrociatore. Ciononostante, una settimana più tardi l’aereo pilotato dal tenente H. E. Watkins, intento a sorvolare la bocca del Simba Uranga, venne colpito dal fuoco tedesco e costretto ad ammarare tre miglia al largo del delta. Volare sopra il corso del Rufiji, anche se a debita distanza dal Königsberg, era diventato uno sport molto pericoloso. Watkins, che venne sbalzato dalla carlinga del suo aereo in una tratto di mare brulicante di pescicani, fu ripescato in extremis dall’idrovolante del tenente Cull e da alcune lance sopraggiunte sul luogo. Essendosi rivelato impossibile non soltanto colpire dall’alto il Königsberg con le bombe, ma addirittura avvicinarsi ad esso senza la certezza o quasi di essere centrati da qualche proiettile, Drury-Lowe decise, seppure a malincuore, di sospendere tutte le operazioni di volo.

Il relitto del Konigsberg.

Tra la fine di aprile e i primi di maggio alcuni ufficiali inglesi proposero al comandante di armare una lancia con un paio di torpedini, farla risalire lungo il fiume e andare a silurare l’incrociatore: piano che Drury-Lowe respinse, considerandolo troppo rischioso e dagli esiti molto incerti. Anche se, proprio in quel periodo, il comandante del Königsberg Looff si mise a ragionare su un piano per molti versi analogo. Il comandante dell’incrociatore tedesco fece infatti costruire una zattera di tronchi di palma, sistemandovi ai lati due siluri della nave. L’idea era quella di approfittare del buio per fare scivolare lungo la corrente questa specie di torpediniera artigianale, andando a colpire le navi inglesi all’ancora in prossimità del canale. Si trattava, ovviamente, di un’impresa rischiosa, ma Looff confidava (e sperava) molto nell’effetto sorpresa. Prima di muoversi, i marinai del Königsberg sperimentarono il loro curioso mezzo-silurante contro una sponda del fiume, ma una volta innescate le torpedini, l’imbarcazione prese a volteggiare pericolosamente e senza alcun controllo, rischiando di provocare un disastro. Questa infelice prova convinse Looff a desistere da altri tentativi.

Il 2 giugno 1915, trainati da unità della Royal Navy giunsero presso l’isola di Mafia il Mersey e il Severn, i due lenti ma robusti monitori che Drury-Lowe attendeva con tanta impazienza. Costruite tra il 1913 e il 1914, queste imbarcazioni corazzate erano lunghe 90 metri, pescavano appena 4 piedi, dislocavano 1.260 tonnellate ed erano in grado di raggiungere una velocità massima di 12 nodi. Il loro armamento era composto da un pezzo prodiero da 152 mm. e da uno poppiero da 127, più una mezza dozzina di mitragliatrici Maxim. Progettati per conto della marina brasiliana, allo scoppio della guerra i due monitori erano stati requisiti dalla Royal Navy che li aveva utilizzati per bombardare le difese costiere tedesche della costa belga. Il loro trasferimento dall’Inghilterra al Tanganika era stato lungo e non poco difficoltoso. Trainati da quattro rimorchiatori a Malta e successivamente a Suez, le due unità avevano poi percorso il Mar Rosso e l’Oceano Indiano, fino a Zanzibar, dove erano giunte in compagnia del piroscafo Trent sul quale avevano preso posto gli equipaggi e un notevole quantitativo di pezzi di ricambio, munizionamento e combustibile. Per non dare nell’occhio, durante il tragitto lungo il Mar Rosso e lo stretto di Bab-el-Mandeb (sulla sponda yemenita della strozzatura vi erano alcuni capisaldi ottomani), i due monitori erano stati “mimetizzati” con fittizie coperture di legno e tela in modo da renderli simili a semplici chiatte.

Il Konigsberg, ripetutamente colpito dai monitori inglesi.

 L’attacco risolutivo al Königsberg venne fissato per il 6 luglio, dopo che gli artiglieri del Severn e del Mersey, al comando dei capitani J. A. Fullerton e R. A. Wilson, ebbero effettuato di concerto agli aerei alcune esercitazioni di tiro indiretto. Il 5 luglio, i due monitori mollarono gli ormeggi che li tenevano agganciati alla nave appoggio Trent (trasformata nel frattempo in nave ospedale), andando ad ancorarsi non lontano dal delta. In concomitanza con questa prima manovra di avvicinamento all’obiettivo, il Laurentic fece rotta su Dar es-Salaam per compiere alcuni cannoneggiamenti diversivi. Il contrammiraglio King-Hall, che aveva assunto il comando delle operazioni, e che si trovava a bordo dell’incrociatore Weymouth, accostò invece verso il delta per proteggere con i pezzi dell’unità le successive mosse dei monitori. Prima di potere raggiungere il Königsberg, il Mersey e il Severn avrebbero, infatti, dovuto superare uno sbarramento formato da circa 16 pezzi da campagna tedeschi da 37 e 77 mm. e da altrettante mitragliatrici ubicati tra la folta vegetazione ai margini dei principali canali di accesso del Rufiji.

All’alba del 6 luglio, il Mersey e il Severn risalirono il ramo di Kikunja e, come da copione, le artiglierie tedesche iniziarono a bersagliare le due unità che tuttavia, grazie ai loro spessi gusci, seppero assorbire egregiamente i colpi ricevuti. Verso le 6.30, dopo avere raggiunto l’estremità orientale dell’isola di Gengeni, situata a circa 10 chilometri di distanza dal Königsberg, i due scafi buttarono le ancore e, facendosi scudo dell’isolotto, spararono la loro salva inaugurale in direzione dell’incrociatore. Per la cronaca, spettò al Severn l’onore di scagliare il primo proiettile da 152 contro la nave nemica che, tuttavia, non tardò a rispondere. Coadiuvati dalle segnalazioni fornite da un gruppo di ascari bene appostati su una piattaforma installata su un alto albero situato a mezzo miglio dai due battelli, anche gli artiglieri del Königsberg fecero tuonare i loro cannoni da 105 mm., piazzando un paio di proiettili a poca distanza dalle fiancate del Mersey. Proprio in quel mentre comparve in cielo il Farman del tenente Cull, incaricato di dirigere il tiro dei monitori britannici. Cull non fece però a tempo a dare le prime coordinate che due proiettili da 105 centrarono quasi simultaneamente il Mersey, distruggendo il suo pezzo da 6 pollici, lacerando lo scafo, mandando in pezzi una barca a motore attraccata alla fiancata e causando la morte e il ferimento di 10 marinai. Per evitare una seconda salva, il capitano Wilson fece spostare l’unità di un centinaio di metri: manovra provvidenziale in quanto pochi minuti più tardi un’altra coppia di proiettili da 105 esplosero in acqua, inondandolo di fango il Severn, ma non arrecandogli alcun danno. Per nulla intimorito, il comandante Fullerton ordinò di proseguire il fuoco e, verso le 8.00, grazie forse alle segnalazioni di Cull, il cannone da 152 del Severn riuscì finalmente a piazzare nella zona prodiera del Königsberg un primo colpo, seguito di lì a breve da altri sei che sconquassarono il ponte dell’incrociatore, provocando la distruzione di un pezzo da 105, la morte di due marinai e il ferimento di altri quattro membri dell’equipaggio, tra cui il comandante Looff. Nel frattempo, il Mersey, che si era nuovamente avvicinato al compagno, riprese a sparare, ma con scarso successo, anche perché l’aereo di Cull, essendo stato colpito al serbatoio da una raffica di mitragliatrice, aveva dovuto abbandonare il campo.

Un’ora più tardi, un Caudron decollato dall’isola di Mafia diede il cambio al Farman di Cull che nel frattempo era riuscito a rientrare alla base. Il Severn, inquadrato dai pezzi del Königsberg, stava intanto spostando il suo ancoraggio più ad est, sempre a ridosso dell’isoletta di Gengeni. E fu proprio durante questa manovra che un marinaio inglese avvistò casualmente l’osservatorio tedesco dal quale gli artiglieri del Königsberg ricevevano le coordinate per il tiro. Postazione, che, subito dopo, venne polverizzata da pezzo prodiero dell’unità inglese. Alle 9.45, il Severn affiancò nuovamente il Mersey e da una distanza di circa 10 chilometri e mezzo le due unità ripresero a fare fuoco coadiuvate, a partire da mezzogiorno, dalle indicazioni fornite da Cull che, dopo avere fatto riparare il suo apparecchio, era ritornato a volteggiare sull’intricata palude. Verso le 16.00, dopo avere sparato ben 635 proiettili, i due monitori si ritirarono verso il mare aperto, oltrepassando la bocca di Kikunja dove un paio di pezzi tedeschi da 77, mimetizzati tra la vegetazione della sponda nord, li presero d’infilata, causando alcuni danni alle sovrastrutture di entrambe le unità. Quarantacinque minuti più tardi il Severn e il Mersey erano però già fuori dalla portata del tiro nemico e in procinto di raggiungere l’isola di Komo, nei pressi della quale stazionavano le altre navi della squadra del contrammiraglio King-Hall.

La successiva missione venne pianificata per l’11 luglio. Ai britannici occorrevano infatti alcuni giorni per effettuare le riparazioni più urgenti a bordo degli scafi danneggiati e per sostituire i marinai e gli artiglieri feriti o caduti in battaglia. Alle 8.30 dell’11 luglio 1915, il Mersey e il Severn vennero presi a rimorchio da due unità: la Blackcock e il Revenger che li trainarono fino all’imboccatura del canale di Kikunja da dove, verso la metà della mattinata, essi proseguirono autonomamente la loro navigazione, fatti subito segno dal solito intenso, ma poco efficace fuoco di sbarramento tedesco proveniente dalle due rive. Poco dopo mezzogiorno, una salva indiretta del Königsberg cadde a poche decine di metri dal Mersey e neanche cinque minuti più tardi altri due colpi mancarono il Severn per un soffio. Era chiaro che i tedeschi avevano approntato un nuovo avamposto per la direzione del tiro, anche perché i due monitori, distanti 10 chilometri e nascosti da un’autentica muraglia di alti alberi, non erano certo visibili dal Königsberg. Alle 12.30, il Severn – supportato dal tenente Cull e dall’osservatore, tenente F. S. Arnold – aprì nuovamente il fuoco, mentre fuori dalla bocca del Kikunja, a scopo preventivo, i “fratelli maggiori” Weymouth e Pryamus inondavano di proiettili di grosso calibro tutte le postazioni tedesche lungo i canali. Neanche un quarto d’ora più tardi (alle 12.42) Cull segnalò ai monitori che i loro cannoni stavano demolendo l’incrociatore. Dopo avere perso il primo dei 5 pezzi da 105 di tribordo il giorno 6, il Königsberg aveva infatti dovuto rinunciare al suo secondo cannone e, nell’arco dei successivi 11 minuti, anche al terzo e al quarto, divelti da una precisa salva inglese. Data la sua posizione (il Königsberg era attraccato alla riva sinistra del canale con la prora rivolta verso il mare) l’unità poteva ora fare conto solo su un solo 105 prodiero, in quanto quelli ancora intatti si trovavano a poppavia. Inutile si sarebbe rivelato poi l’utilizzo degli altri cannoni minori (10 canne da 37), i cui proiettili non sarebbero riusciti neanche a scalfire la corazza dei monitori britannici che, in ogni caso, erano ancora di gran lunga fuori dalla loro modesta gittata di circa 4 chilometri.

Verso l’una, l’aereo del tenente Cull, che stava volteggiando sull’incrociatore per verificare l’entità dei danni subiti, venne colpito dalle schegge di uno shrapnel e dovette fare rotta verso il basso corso del Kikunja per tentare un ammaraggio. Mentre stava compiendo questa manovra, il pilota lanciò un’ultima occhiata al Königsberg, proprio nel preciso istante un cui esso venne centrato dall’ennesima, risolutiva granata britannica. La nave ebbe come un tremito e dalla parte centrale del ponte si sollevò, altissima, una vampata di fiamme e fumo nero e oleoso. Poi, con uno stridente rumore di ferraglia, l’incrociatore iniziò a piegarsi su un fianco nell’acqua melmosa. Successivamente, Cull riuscì a fare toccare l’acqua al suo velivolo che, data però l’eccessiva velocità, si disintegrò sullo specchio giallastro del Rufiji. Fu soltanto per un puro miracolo che il pilota e il suo osservatore la scamparono, venendo in seguito raccolto dal Mersey.

Un’ora più tardi, grazie all’appoggio di un secondo aereo, pilotato dal tenente Watkins affiancato dall’osservatore Bishop, i due monitori iniziarono ad ridurre la distanza che li separava dall’incrociatore, e giunti a circa 7.000 metri scaricarono sul Königsberg altre 28 salve che andavano a sommarsi ai precedenti 42 centri. Alle 13.30, l’ultimo pezzo da 105 tedesco sparò ancora una granata per poi tacere definitivamente alle 2.10, quando una seconda, ancora più violenta deflagrazione squarciò il ponte e la murata di dritta della nave. Pochi minuti più tardi, il comandante Max Looff ordinava ai suoi uomini di abbandonare l’unità ormai in preda alle fiamme.

Per i tedeschi la lunga battaglia si era rivelata estremamente sanguinosa. Trentadue tra ufficiali e marinai giacevano esanimi ai loro posti di combattimento, mentre altri 125, tra cui lo stesso Looff, erano stati feriti in maniera più o meno grave. Dietro insistenze dei suoi ufficiali, il comandante acconsentì a farsi portare a terra da una scialuppa, non prima però di avere ordinato al suo secondo di fare saltare la nave innescando le testate di due siluri bordo. Looff dispose anche di non fare ammainare dall’albero la bandiera di combattimento. Il Königsberg doveva affondare invitto. Dopo avere allontanato tutti gli uomini, l’ufficiale in seconda fece brillare le cariche e un boato scosse la carcassa dell’incrociatore che di lì a poco sprofondò, seppure parzialmente, nella melma del Rufiji. Per mettere definitivamente fuori causa il coriaceo incrociatore tedesco erano occorsi ben 84 colpi da 152 e 28 da 127. Persa la loro nave, per il valoroso equipaggio del Königsberg la guerra però non ebbe fine. Al contrario, per quei ragazzi stava per incominciare un nuovo, avventuroso capitolo che li avrebbe visti protagonisti di ulteriori e non meno drammatiche vicende belliche.

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