Le opinioni eretiche di Michele Rallo. Ventotene e dintorni.

Altiero Spinelli.

Non vale certo la pena di pestare l’acqua nel mortaio: il “manifesto” di Ventotene, la sua ben precisa connotazione comunista, l’azzardo (nella migliore delle ipotesi) di considerarlo quasi una carta programmatica di questa pur scadentissima Unione Europea. E ancora: la mancanza di fantasia di una sinistra incolta che fino all’altro giorno – nell’amletica piazza “europea” pagata dal Comune di Roma – lo agitava a mo’ di bandiera, senza naturalmente averlo letto; e lo scandalo del j’accuse della Meloni, che invece l’ha letto e che – colmo dei colmi – si è permessa di manifestare il suo dissenso. Alla base di tutto v’è, ancora una volta, il tentativo di far passare una lettura assolutamente falsa della nostra storia più recente, di dipingere il fascismo come una bieca dittatura, corresponsabile di tutti i crimini della Germania, dalla persecuzione degli ebrei fino allo scatenamento della seconda guerra mondiale; e di dipingere – parallelamente – tutti gli antifascisti come eroi positivi, alfieri della libertà e della democrazia. Perché dico che questa lettura della storia è completamente sbagliata? Cominciamo dalla fine: vi fu certamente una fetta di antifascismo che si batté per la libertà e per la democrazia. Ma vi fu, al contempo, una parte consistente dell’antifascismo che si batté per sostituire alla (blanda) dittatura fascista un’altra dittatura, assai più dura e asfissiante: quella comunista, peraltro nella sua versione più sanguinaria, la stalinista.

Lo affermo senza alcuna animosità, “sine ira et studio” per dirla con i nostri padri, come semplice costatazione dei fatti. D’altronde chi mi conosce sa che il mio giudizio storico del fenomeno comunista non è totalmente, aprioristicamente negativo. A mio modo di vedere il comunismo, anche e forse soprattutto nella sua espressione più drastica, ebbe il merito indiscusso di avere industrializzato la Russia, facendone una grande potenza economica e militare, e dandole forza e solidità. Questo, naturalmente, senza dimenticare né la feroce dittatura, né il crudele sistema poliziesco, né i terribili crimini di guerra (e di pace). Lasciamo da parte tutto questo, e veniamo all’aspetto più interessante della polemica su Ventotene. Dunque – dicono i responsabili della santificazione del manifesto, eredi del cattocomunismo in primis – è sbagliato evidenziare i tratti comunisti e antidemocratici di quel documento, perché esso va storicizzato, contestualizzato nella sua epoca, visto con gli occhi degli avversari di un regime che li aveva mandati al confino negli anni ’40.

Ed hanno certamente ragione: il manifesto di Ventotene va contestualizzato nella sua epoca. Ma – mi permetto di aggiungere – non solo il manifesto di Ventotene, bensì tutti i fatti, gli eventi, i fenomeni politici del passato. Tutti, ma proprio tutti. Compreso, naturalmente, il caso di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e degli altri antifascisti che il regime aveva mandato al confino. È giusto – ripeto – storicizzare quei fatti. A cominciare proprio dal “confino” stesso, che consisteva in una sorta di domicilio obbligato, ma in stato di libertà, senza carcerazione. Il confinato aveva solamente l’obbligo di risiedere in una località isolata e da cui non aveva la possibilità di interagire con altri ipotetici “sovversivi”. Certo, non era un atto di liberalità nei confronti degli avversari del regime italiano. Ma non va dimenticato che, negli stessi anni, in altri paesi europei gli avversari dei rispettivi regimi erano mandati non al confino, ma nei lager o nei gulag.

Altiero Spinelli.

Già, perché in Europa quella era l’epoca delle dittature, in tutta l’Europa, tranne poche, pochissime eccezioni, da ovest a est e da nord a sud. Vogliamo provare a farne un breve inventario? Bene, procediamo da ovest a est: Spagna (la dittatura franchista, e prima quella del generale Miguel Primo de Rivera); Portogallo (l’Estado Novo di Salazar, dopo varie “dittature tecniche”); Germania (basta la parola); Austria (lo Stato Corporativo Cristiano di Dollfuss); Ungheria (la Reggenza dell’ammiraglio Horthy); Jugoslavia (la dittatura regia di Alessandro Karadjordjevic); Albania (la repubblica e poi il regno di Zog); Bulgaria (il cosiddetto “monarcofascismo” di Boris III; Romania (il dispotismo “carlista” di Carol II e poi la dittatura del Conducator Antonescu); Polonia (il regime “dei colonnelli” del maresciallo Pilsudski e poi del colonnello Beck); Lituania (dittatura di Antanas Smetona); Lettonia (dittatura di Karlis Ulmanis); Estonia (dittatura di Konstantin Päts). E si potrebbe continuare con la Francia di Vichy e con gli Stati successori di Cecoslovacchia e Jugoslavia, per tacere del regime kemalista in Turchia. E infine la Russia comunista: anche qui – come per la Germania nazionalsocialista – basta la parola.

Una donna anziana mostra “Il manifesto di Ventotene” alla manifestazione ”Una piazza per l’Europa” a Piazza del Popolo, Roma, 15 Marzo 2025. ANSA/GIUSEPPE LAMI.

Ecco, questa era l’Europa degli anni ’30 e ’40. Come meravigliarsi che anche in Italia vi fosse una dittatura? E una dittatura, peraltro,  “all’italiana”, senza rastrellamenti, senza esecuzioni sommarie, senza gli eccessi di altri paesi. Una dittatura – mi ripeto – che mandava gli avversari al confino, non nei lager o nei gulag. Decisamente – e lo dico senza ironia – hanno pienamente ragione le sinistre: bisogna contestualizzare i fatti. Ma, mi raccomando, senza colpevoli dimenticanze.

Lascia il primo commento

Lascia un commento