Le Isole Canarie all’orizzonte del mondo medievale: dopo “Malocello”, l’enigma “Nicoloso”. Di Alfonso Licata.*

Genova. Archivio di Stato.

Una bandiera con croce sul suolo di un’isola dell’arcipelago Canario. Il planisfero di Angelino Dulcert parla chiaro: croce rossa su fondo bianco. Ma cosa rappresenta? Il primo pensiero va a Genova perché genovesi erano i navigatori esperti, i cosiddetti sabedores de mar; senza contare che la bandiera della Superba sventolava proprio questi colori e tale simbolo.

Lanzerotto Maloncello.

Ci si domanda, però, perché negli Annali di Genova non risulta menzionata la scoperta delle Canarie? Perché non se ne fa menzione sui documenti ufficiali di Genova? Altra riflessione: Giovanni Boccaccio, del quale nel 2025  ci apprestiamo a celebrare il 650 anniversario della scomparsa,  cita Nicoloso da Recco e ci mostra, in fondo, la sua carta d’identità. Fino ad allora, fino alla finezza d’uno scrittore del valore del Boccaccio, Nicoloso da Recco non era disceso qui tra noi. Dunque non faceva parte del mondo: non era esistito. Riassunto: le Canarie non citate come scoperta in atti o documenti ufficiali coevi alla scoperta stessa; Nicoloso da Recco come notizia seconda, donataci dal Boccaccio. Ma allo scrittore di Certaldo chi svelò quella esistenza? Sappiamo che era in amicizia con la nobile famiglia dei Bardi, banchieri fiorentini, e dunque furono quest’ultimi a parlargli del secondo scopritore delle Canarie.Ancora una volta l’assenza di una icona costituisce un fatto a noi sfavorevole.

La lapide che ricorda Maloncello.

Nicoloso da Recco, ovvero il secondo scopritore delle Canarie. Se, come si suppone, nacque al principio del XIV secolo, lo facciamo accomodare, come ritratto, tra quella corporazione d’uomini, metà nobili e metà di spirito avventuroso, che si muovevano da un Palazzo di città fino alla zona del porto. Nacque presumibilmente all’inizio del XIV secolo, da una famiglia proveniente dalla località di Recco, sulla costa a levante di Genova, probabilmente inurbatasi già nel corso del XIII secolo.Sulla vita di Nicoloso sono disponibili dati assai scarsi, in quanto, come nel caso del suo contemporaneo Lanzarotto Malocello, la documentazione ufficiale genovese tace completamente su di lui, mentre le notizie derivate da altre fonti non sempre risultano attendibili, o di univoca interpretazione.

Il nome di Nicoloso era del tutto ignoto alla storiografia fino al momento della scoperta all’interno del cosiddetto Zibaldone Magliabechiano (conservato in Firenze, presso Biblioteca Nazionale Centrale) di un’opera minore di Boccaccio, il De Canaria et insulis reliquis ultra Hispaniam in Oceano noviter repertis (1342), identificata da Sebastiano Ciampi, che la diede alle stampe una prima volta nella Antologia del Vieusseux nel 1826 e quindi in un volume nel 1827. In essa veniva riportata la notizia che nel 1341 Nicoloso aveva guidato, insieme al fiorentino Angiolino del Tegghia di Corbizi, una spedizione navale organizzata da re Alfonso IV del Portogallo, nel corso della quale era stato esplorato l’arcipelago delle Canarie, già raggiunto, alcuni anni prima dalla precedente spedizione guidata da Lanzarotto Malocello, che aveva scoperto l’isola di Lanzarote.

Dopo la pubblicazione del De Canaria, il nome di Nicoloso fu ampiamente e costantemente citato in gran parte delle opere di storia della geografia e delle esplorazioni, anche se le notizie sulla sua persona rimasero assolutamente vaghe. Il confronto con fonti documentarie consente tuttavia un migliore inquadramento del personaggio e della sua impresa nel contesto dell’epoca.L’ipotesi che Nicoloso fosse nato intorno ai primi anni del secolo si basa sull’unica data  assolutamente certa di cui si dispone, il 1341. Atti notarili genovesi hanno poi consentito di identificare con sicurezza alcuni parenti di Nicoloso, come il fratello Enrico, di professione speciarius, la cognata Raffetta di Niccolò Vinciguerra de Castroe un Giovanni, priore del convento genovese dei Carmelitani nel 1339.

Lo stretto legame esistente con la chiesa di Nostra Signora del Carmine di Genova, nei pressi della quale dovevano probabilmente abitare Nicoloso e i suoi congiunti, è confermato dal testo di una perduta lapide, datata 20 dicembre 1364, riportato da un erudito settecentesco (D. Piaggio, Epitaphia, sepulcra et inscriptiones cum stemmatibus, marmorea et lapidea, existentibus in ecclesiis genuensibus, 1720: Genova, Civica Biblioteca Berio, mr. V, 4, 1, c. 255): «DOM MCCCLXIIII die XX decembris. Frater Magister Petrus de Albertis papiensis cum eius conventu Ordinis Fratrum Sancte Marie de Monte Carmeli eo obligante imperpetuum celebrari unam messam pro anima Nicolosii de Recco et heredum suorum pro beneficio magno recepto ab eo et recepturo».

L’anno di morte di Nicoloso ricavabile dalla lapide non coincide con i dati provenienti da una fonte erudita del XVI secolo (Origine delle famiglie di Genova, Archivio di Stato di Genova, ms. 170, cc. 743r, 744r), la cui attendibilità non è pienamente accertata, secondo la quale Nicoloso sarebbe stato membro del Consiglio degli Anziani del Comune nel 1352, 1356, 1371, 1376 e 1387. Tali date non escludono una nascita all’inizio del secolo, tuttavia le ultime tre date potrebbero riferirsi a un personaggio omonimo (la fonte in questione non è esente da simili confusioni), mentre le altre due appaiono molto più probabili e compatibili con una morte nel 1364. Il rango nobiliare generalmente attribuito a Nicoloso nella storiografia non appare del tutto certo; sicuramente era assai ben inserito nei circoli del potere economico e politico di Genova, come dimostrano il matrimonio di suo fratello con una de Castro e il suo stesso matrimonio con la figlia di un altro nobile, Guglielmo Cattaneo, dalla quale ebbe il figlio Michele, che compare in un atto notarile del 1352 in qualità di testimone.

Il complesso di questi dati consente di tracciare un ritratto di Nicoloso coincidente con quello di altri facoltosi uomini d’affari della Genova del tempo: impegnati nel commercio e nell’amministrazione cittadina in posizioni di responsabilità, in rapporto con il nuovo potere popolare, ma legati alle famiglie della vecchia aristocrazia che fino al 1339 avevano dominato la città. In effetti, la sua impresa di navigatore evidenzia proprio questo aspetto, dato che è assai probabile che si trovasse in Portogallo al seguito dell’Almirante Mor, il nobile genovese Emanuele Pessagno, il quale, nel siglare il contratto che aveva legato ereditariamente lui e i suoi discendenti alla Corona portoghese ai tempi di re Dionigi I, padre di Alfonso, si era espressamente impegnato a tenere costantemente a disposizione della flotta reale un gruppo di venti «homens sabedores de mar» di origine genovese, che dovevano formare i “quadri superiori” degli ufficiali della marina portoghese. Da parte di qualche studioso si ipotizza che tanto Malocello quanto Nicoloso fossero parte di questo gruppo di tecnici raccolto intorno all’ammiraglio e ai suoi figli e che pertanto abbiano guidato le missioni di esplorazione nell’Atlantico in qualità di ufficiali regi.

Entrambe le imprese si inseriscono nel programma di esplorazione dell’Atlantico meridionale lungo le coste africane iniziato con la spedizione organizzata nel 1291, con il finanziamento di Tedisio Doria, dai genovesi Ugolino e Vadino Vivaldi, di cui non si era avuta più notizia dopo un’ultimo avvistamento al largo delle coste marocchine. Quest’impresa, descritta con inusitata ampiezza negli Annali redatti da Jacopo Doria, doveva essere ben presente al Pessagno che probabilmente suggerì al sovrano portoghese di riprendere l’iniziativa e allo scopo mise all’opera alcuni dei suoi collaboratori. Il fatto che tutto avvenisse, sia pure a opera di genovesi, con l’organizzazione e sotto l’egida del re di Portogallo può contribuire a spiegare il silenzio delle fonti genovesi in proposito, un silenzio rafforzato dalla segretezza di cui già allora i portoghesi tendevano a nascondere le loro operazioni di esplorazione oceanica (anche se nella carta nautica di Angelino Dulcert del 1339 compaiono per la prima volta alcune delle Canarie, tra cui l’isola Lanzaroti Maroxelli), come dimostra lo stesso passo dell’opera di Giovanni Boccaccio nel quale viene rimarcato che Nicoloso si rifiutò di dare ulteriori particolari sulla sua impresa ai mercanti fiorentini Bardi con i quali aveva comunicato a Siviglia.

Anche le date delle due spedizioni e dell’incontro di Nicoloso con i suoi interlocutori a Siviglia sono assai significative: fino al 1336 la guerra in corso con la Castiglia aveva di fatto impedito l’organizzazione di qualunque spedizione che andasse al di là di un semplice sondaggio, come quella di Malocello, ma non appena il riavvicinamento castigliano-portoghese in funzione antimarocchina ne offrì le condizioni, i portoghesi si affrettarono a intraprendere la spedizione più poderosa, organizzata e guidata da Nicoloso, che ebbe luogo poco tempo dopo che le flotte congiunte portoghese e castigliana, guidate entrambe da ammiragli genovesi, ebbero sbaragliato quella marocchina nella battaglia del Rio Salado, nel 1340. L’attenta ricognizione testimoniata dal racconto tramandato dal manoscritto fiorentino, nel corso della quale presumibilmente vennero toccate per la prima volta anche le Azzorre e Madera, indica chiaramente che i portoghesi erano all’epoca più interessati a trovare basi di appoggio per la loro navigazione, o eventuali ricchezze, che non a colonizzare le isole, ma è soprattutto notevole per l’attenzione “antropologica” nei confronti degli indigeni, i guanci, che anticipa le caratteristiche di molte delle cartas de descubrimento indirizzate nei secoli successivi dai navigatori lusitani alla Corte di Lisbona.

Forse anche per sviare l’eccessivo interesse suscitato nei suoi interlocutori, Nicoloso sostenne che nelle isole non vi era niente che presentasse un reale interesse commerciale e che pertanto si era deciso di non proseguire nell’impresa. In realtà, probabilmente, il rinvio di ulteriori esplorazioni era legato anche all’esigenza di concentrare le forze navali nella campagna intrapresa da Alfonso XI di Castiglia con l’appoggio portoghese per sottrarre definitivamente alle forze islamiche il controllo dello Stretto di Gibilterra e che non a caso aveva suscitato interesse e simpatie negli ambienti del governo genovese. Nicoloso doveva quindi presumibilmente trovarsi a Siviglia con la squadra navale portoghese ed è possibile che sia rientrato a Genova nel 1344, dopo che la presa di Algeciras ebbe messo fine alla campagna. alcuni. Perché compagni di viaggio? Si può, a ragione, ritenere l’esistenza d’un forte legame tra le due facoltose famiglie e questo in base ad atti rinvenuti negli archivi genovesi. La riflessione a questo punto si amplia fino ad giungere a formulare ulteriori ipotesi (peraltro d’un certo fondamento) che vorrebbero il viaggio alle Canarie del 1341 compiuto da Nicoloso da Recco e Angiolino del Tegghia di Corbizi sotto la guida “esperta” di Lanzarotto Malocello che ben poteva essere il comandante della terza nave di quella spedizione da Lisbona alle Canarie. Ciò giustificherebbe ampiamente il poco tempo impiegato (soltanto cinque giorni) per giungere a Lanzarote, considerato che il Malocello aveva già conoscenza diretta di quella rotta. Viaggio, dunque, come consolidamento d’una amicizia già forte. Di questa amicizia familiare, continuando nel nostro lavoro di scavo, abbiamo riscontro in un testamento redatto alla presenza del Notaio Giacomo Casanova, risalente all’anno 1350, precisamente il 21 dicembre, di tale Despina Bestagno quondam Guglielmo, sposa di Nicolino Malocello.

Il documento tratta di alcune somme di danaro destinate alla sua sepoltura nella chiesa di San Francesco di Genova e dallo stesso apprendiamo l’esistenza di legami matrimoniali. La citata Despina, vedova di un Fieschi, si sposa con un Malocello (Nicolino) e, poco dopo, anche la di lei figlia, Francolina, convolerà a nozze con un altro Malocello, di nome Giacomino, figlio del suo secondo marito Nicolino. Al termine dell’atto troviamo tra i testimoni Nicoloso da Recco, a confermare i legami esistenti tra la famiglia di Nicoloso e quelle dei Fieschi e dei Malocello. Tuttavia, intrecci e misteri persistono e aleggiano, ancora oggi, sui due personaggi ai quali le attuali Isole Canarie devono, senza dubbio, riconoscenza per l’ingresso nella storia moderna.

Presidente della Società Dante Alighieri – Comitato delle Isole Canarie

Presidente del Comitato Internazionale del VII Centenario della riscoperta delle Canarie da parte del navigatore italiano Lanzarotto Malocello (1312-2012)

Canarias en el horizonte del mundo medieval: tras “Malocello”, el enigma de “Nicoloso”.

Una bandera con una cruz en el suelo de una isla del archipiélago canario. El mapamundi de Angelino Dulcert lo dice claramente: cruz roja sobre fondo blanco. ¿Qué representa? El primer pensamiento se dirige a Génova porque los genoveses eran los expertos navegantes, los llamados sabedores de mar; además, la bandera genovesa tenía precisamente estos colores y este símbolo.

Pero ¿por qué no se menciona el descubrimiento de las Islas Canarias en los Anales de Génova? ¿Por qué no se menciona en los documentos oficiales de Génova? Otra reflexión: Giovanni Boccaccio, cuyo 650 aniversario de su muerte nos disponemos a celebrar en 2025, menciona a Nicoloso da Recco y nos muestra, al final, su documento de identidad. Hasta entonces, hasta el refinamiento de un escritor del calibre de Boccaccio, Nicoloso da Recco no había descendido aquí entre nosotros. Por tanto no era parte del mundo: no había existido. Resumen: las Islas Canarias no citadas como descubrimiento en escrituras oficiales o documentos contemporáneos al propio descubrimiento; Nicoloso da Recco como segunda noticia, que nos da Boccaccio. ¿Pero quién le reveló esa existencia al escritor de Certaldo? Sabemos que era amigo de la noble familia Bardi, banqueros florentinos, por lo que fueron estos últimos quienes le hablaron del segundo descubridor de las Islas Canarias. Una vez más la ausencia de un icono es un hecho desfavorable para nosotros.

Nicoloso da Recco, el segundo descubridor de las Islas Canarias. Si, como se supone, nació a principios del siglo XIV, lo situamos, a modo de retrato, entre esa corporación de hombres, mitad nobles y mitad de espíritu aventurero, que se trasladaron desde un palacio de la ciudad a la zona portuaria. . Nació presumiblemente a principios del siglo XIV, en el seno de una familia procedente de la localidad de Recco, en la costa oriental de Génova, que probablemente ya se había instalado en la ciudad durante el siglo XIII.

Se dispone de muy pocos datos sobre la vida de Nicoloso, ya que, como en el caso de su contemporáneo Lanzarotto Malocello, la documentación oficial genovesa guarda completo silencio sobre él, mientras que la información derivada de otras fuentes no siempre es fiable o de interpretación inequívoca.

El nombre de Nicoloso era completamente desconocido para la historiografía hasta el momento de su descubrimiento dentro del llamado Zibaldone Magliabechiano (conservado en Florencia, en la Biblioteca Nacional Central) de una obra menor de Boccaccio, el De Canaria et insulis reliquis ultra Hispaniam in Oceano noviter repertis (1342), identificado por Sebastiano Ciampi, quien lo publicó por primera vez en la Antología del Vieusseux en 1826 y luego en un volumen en 1827. Daba la noticia de que en 1341 Nicoloso había encabezado, junto con el florentino Angiolino del Tegghia di Corbizi, una expedición naval organizada por el rey Alfonso IV de Portugal, durante la cual se había explorado el archipiélago canario, al que ya había llegado unos años antes la expedición anterior dirigida por Lanzarotto Malocello, quien había descubierto la isla de Lanzarote.

Después de la publicación de De Canaria, el nombre de Nicoloso fue citado amplia y constantemente en la mayoría de las obras sobre historia de la geografía y la exploración, aunque la información sobre su persona permaneció absolutamente vaga. Sin embargo, la comparación con fuentes documentales permite una mejor comprensión del personaje y su emprendimiento en el contexto de la época. La hipótesis de que Nicoloso nació alrededor de los primeros años del siglo se basa en la única fecha disponible absolutamente segura, 1341. Las escrituras notariales genovesas permitieron identificar con seguridad a algunos de los familiares de Nicoloso, como su hermano Enrico, de profesión speciarius, la cuñada Raffetta de Niccolò Vinciguerra de Castro y un Giovanni, prior del convento genovés de las Carmelitas en 1339.

El estrecho vínculo existente con la iglesia de Nostra Signora del Carmine en Génova, cerca de la cual probablemente vivían Nicoloso y sus familiares, está confirmado por el texto de una lápida perdida, fechada el 20 de diciembre de 1364, relatada por un estudioso del siglo XVIII (D. Piaggio). , Epitaphia, sepulcra et inscriptiones cum stemmatibus, marmorea et lapidea, existenciabus in ecclesiis genuensibus, 1720: Génova, Biblioteca Cívica Berio, mr V, 4, 1, c. 255): «DOM MCCCLXIIII die XX decembris. Frater Magister Petrus de Albertis papiensis cum eius conventu Ordinis Fratrum Sancte Marie de Monte Carmeli eo obligante imperpetuum celebrari unam messam pro anima Nicolosii de Recco et heredum suorum pro beneficio magno recepto ab eo et recepturo». El año de muerte de Nicoloso que se puede obtener de la lápida no coincide con los datos procedentes de una fuente erudita del siglo XVI (Origine delle family di Genova, Archivio di Stato di Genova, ms. 170, cc. 743r, 744r ), cuya confiabilidad no está totalmente establecida, según la cual Nicoloso habría sido miembro del Consejo de Ancianos del Municipio en 1352, 1356, 1371, 1376 y 1387. Estas fechas no excluyen un nacimiento a principios de siglo, sin embargo las tres últimas fechas podrían referirse a un personaje del mismo nombre (la fuente en cuestión no está exenta de confusiones similares), mientras que las otras dos aparecen mucho más probable y compatible con una muerte en 1364.

El rango nobiliario generalmente atribuido a Nicoloso en la historiografía no parece del todo seguro; Ciertamente estaba muy bien insertado en los círculos del poder económico y político de Génova, como lo demuestra el matrimonio de su hermano con un de Castro y su propio matrimonio con la hija de otro noble, Guglielmo Cattaneo, con quien tuvo su hijo Michele, quien aparece en un acta notarial de 1352 como testigo. La combinación de estos datos permite trazar un retrato de Nicoloso coincidente con el de otros ricos empresarios de Génova de la época: dedicados al comercio y a la administración de la ciudad en puestos de responsabilidad, en relación con el nuevo poder popular, pero vinculados a las familias. de la antigua aristocracia que había dominado la ciudad hasta 1339. De hecho, su hazaña como navegante pone de relieve precisamente este aspecto, ya que es muy probable que estuviera en Portugal siguiendo a Almirante Mor, el noble genovés Emanuele Pessagno, quien, al firmar el contrato que lo unía hereditariamente a él y a sus descendientes de los La Corona portuguesa en tiempos del rey Dionisio I, padre de Alfonso, se había comprometido expresamente a mantener constantemente a disposición de la flota real un grupo de veinte «homens sabedores de mar» de Genoveses, que formarían los “cuadros superiores” de los oficiales de la marina portuguesa. Algunos estudiosos plantean la hipótesis de que tanto Malocello como Nicoloso formaban parte de este grupo de técnicos reunidos en torno al almirante y sus hijos y que, por tanto, lideraban las misiones de exploración en el Atlántico como oficiales reales.

Ambas empresas se enmarcan en el programa de exploración del Atlántico Sur a lo largo de las costas africanas que se inició con la expedición organizada en 1291, con la financiación de Tedisio Doria, por los genoveses Ugolino y Vadino Vivaldi, de la que no se tuvo más noticia tras una última Avistamiento frente a las costas marroquíes. Esta empresa, descrita con inusual extensión en los Anales escritos por Jacopo Doria, debió ser bien conocida por Pessagno, quien probablemente sugirió al soberano portugués retomar la iniciativa y poner a algunos de sus colaboradores a trabajar para este fin. El hecho de que todo haya ocurrido, aunque haya sido obra de los genoveses, con la organización y bajo la égida del rey de Portugal puede ayudar a explicar el silencio de las fuentes genovesas al respecto, silencio reforzado por el secretismo que Los portugueses ya tendían en aquella época a ocultar sus operaciones de exploración oceánica (aunque algunas Islas Canarias aparecen por primera vez en la carta náutica de Angelino Dulcert de 1339, incluida la isla de Lanzaroti Maroxelli), como lo demuestra el mismo pasaje de la obra de Giovanni Boccaccio en el que se señala que Nicoloso se negó a dar más detalles sobre su empresa a los comerciantes florentinos Bardi con quienes se había comunicado en Sevilla. También son muy significativas las fechas de las dos expediciones y del encuentro de Nicoloso con sus interlocutores en Sevilla: hasta 1336 la guerra en curso con Castilla había impedido efectivamente la organización de cualquier expedición que fuera más allá de un simple reconocimiento, como la de Malocello, pero tan pronto Como el acercamiento castellano-luso con una función antimarroquí ofrecía las condiciones, los portugueses se apresuraron a emprender la más poderosa y organizada expedición. y dirigida por Nicoloso, que tuvo lugar poco después de que las flotas conjuntas portuguesa y castellana, ambas dirigidas por almirantes genoveses, derrotaran a la marroquí en la batalla del Río Salado, en 1340.

El cuidadoso reconocimiento atestiguado por la historia transmitida por el manuscrito florentino, durante el cual presumiblemente también fueron tocadas por primera vez las Azores y Madeira, indica claramente que los portugueses estaban en ese momento más interesados ​​en encontrar bases de apoyo para su navegación, o cualquier riquezas, que no coloniza las islas, pero que destaca sobre todo por la atención “antropológica” hacia los indígenas, los guanches, que anticipa las características de muchas de las cartas de descubrimiento abordadas a lo largo de los siglos. más tarde por los navegantes lusitanos en la Corte de Lisboa. Quizás también para desviar el excesivo interés suscitado en sus interlocutores, Nicoloso sostuvo que no había nada en las islas de verdadero interés comercial y que por tanto se había decidido no continuar con el emprendimiento. En realidad, probablemente, el aplazamiento de nuevas exploraciones también estuvo relacionado con la necesidad de concentrar fuerzas navales; en la campaña emprendida por Alfonso el caso había despertado interés y simpatía en los círculos del gobierno genovés. Por tanto, Nicoloso se encontraba presumiblemente en Sevilla con la flota naval portuguesa y es posible que regresara a Génova en 1344, después de que la captura de Algeciras pusiera fin a la campaña. alguno. ¿Por qué compañeros de viaje? Podemos suponer con razón la existencia de un fuerte vínculo entre las dos familias ricas, basándose en documentos encontrados en los archivos genoveses. La reflexión en este punto se amplía hasta el punto de formular nuevas hipótesis (que tienen cierto fundamento) que sugerirían el viaje a las Islas Canarias en 1341 emprendido por Nicoloso da Recco y Angiolino del Tegghia di Corbizi bajo la dirección “experta” de Lanzarotto. Malocello que bien pudo ser el comandante del tercer barco de aquella expedición de Lisboa a Canarias. Esto justificaría sobradamente el poco tiempo que tardó (sólo cinco días) en llegar a Lanzarote, teniendo en cuenta que Malocello ya tenía conocimiento directo de esa ruta. Un viaje, por tanto, como consolidación de una amistad ya fuerte. Mientras continuamos nuestros trabajos de excavación, tenemos la confirmación de esta amistad familiar en un testamento redactado en presencia del notario Giacomo Casanova, que data del año 1350, precisamente el 21 de diciembre, de una tal Despina Bestagno quondam Guglielmo, esposa de Nicolino Malocello.

El documento trata de algunas sumas de dinero destinadas a su entierro en la iglesia de San Francisco de Génova y de él se desprende la existencia de vínculos matrimoniales. La mencionada Despina, viuda de un Fieschi, se casa con un Malocello (Nicolino) y, poco después, su hija, Francolina, se casa también con otro Malocello, llamado Giacomino, hijo de su segundo marido Nicolino. Al final del acto encontramos a Nicoloso da Recco entre los testigos, confirmando los vínculos existentes entre la familia de Nicoloso y la de los Fieschi y Malocello.

Sin embargo, tramas y misterios persisten y se ciernen, aún hoy, sobre los dos personajes a los que sin duda las Canarias actuales deben agradecer su entrada en la historia moderna.

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