Martin Lutero: Un Riformatore che guardava al Medio Evo. Di Giuseppe Moscatt.

Martin Lutero illustra le 95 tesi.

1. Lutero, 1523: l’anno della svolta autoritaria.

Il 1523, nella cronologia proposta da Delio Cantimori – massimo studioso del Protestantesimo italiano – nelle 10 edizioni fin dal 1918 del suo Lutero – viene considerato un anno segnato da eventi secondari, un momento di transizione della vita del primo eretico, pur sempre pieno di svolte nondimeno rilevanti per il cammino del suo pensiero, aspetti che la storiografia tedesca attuale – Heinz Schelling nella sua ottima biografia del 2012 e Volker Reinhardt, nel fascicolo n. 23/2023 dello Spiegelgeschichte – confermano ampiamente. Addirittura, il nostro Adriano Prosperi – nell’ultima fondamentale biografia del 2017, Lutero, gli anni della fede e della libertà – salta quell’anno, preferendo esaminare il 1522, quando il grande Riformatore dà alle stampe la sua versione tedesca della Bibbia, dopo il ritiro al castello di Wartburg per evitare spiacevoli incidenti di percorso. Il fuoco su di lui come già per Hus, Savonarola e Giordano Bruno pendeva pericolosamente, attizzato da Leone X Medici, a Adriano VI, fino a Clemente VII, tutti Papi che lo vedevano fin dal 1517 come un diavolo in tonaca vivente. Del resto, nel 1524 Lutero risponderà allo scritto di Erasmo De Libero Arbitrio, con un pamphlet premonitore, De Servo Arbitrio, dove appare in modo significativo il senso politico del nuovo cristiano, l’obbedienza al Sovrano, parallela alla libertà del cristiano che aveva pubblicato nel 1520. Intanto, proprio nel ’23 era morto il debole Adriano VI, Papa ex monaco dii Utrecht, che eletto nel ’22 aveva attuato le direttive dell’imperatore Carlo V – suo antico precettore – che tentava a suo mezzo un ultima mediazione teologica e politica con Lutero ed i Principi tedeschi che seguivano il monaco ribelle. La speranza di un utile componimento della questione faceva leva sulla modestia personale, ma non teologica, del nuovo Papa, ben diversa dalla presuntuosa protervia dal precedente Papa, Leone X, un rampollo prepotente di casa Medici.

Martin Lutero in età giovanile.

Lutero aveva ora un secondo obiettivo, quello di riformare l’amministrazione romana. Mentre Erasmo e la maggior parte degli intellettuali erano preoccupati per la piega negativa degli avvenimenti testimoniata da un significativo silenzio del primo; un nuovo pericolo si prospettava nei 18 mesi di pontificato di Adriano, la costituzione del movimento dei cadetti tedeschi, die Ritter, guidati dal nobile Franz von Sickingen e dal borghese von Hutten. Sarà l’arcivescovo di Treviri, capo dell’esercito imperiale di Carlo, chiamato a reprimere la rivolta filo repubblicana di quei cavalieri, a batterli in battaglia a Landsthul, ponendo fine ad un grosso rischio politico di indipendenza delle province tedesche già verificatosi nelle Fiandre ed in Olanda. L’assedio di Ufenau, isola del lago di Zurigo, a carico di von Hutten, durò qualche mese fino alla sua morte, chiudendo ogni speranza di autonomia delle province tedesche dall’Impero asburgico. L’ultimo atto di Papa Adriano, sottomesso al Sacro Romano Impero, fu quello di allearsi a questo contro una Francia espansiva in Italia e nel Mare del Nord contro l’Inghilterra. Ed ebbe altresì l’idea – proclamata alla dieta di Norimberga – di rivedere i poteri della Curia Romana, proponendo ai Cardinali dubbiosi la limitazione del Principio di infallibilità del Papa dal lato politico, pur dichiarando qualche apertura filo luterana dal lato della dottrina, a patto che Lutero o cessasse di opporsi a Roma, oppure ad essere finalmente condannato per eresia. Pochi cardinali gli si misero di fianco, tanti non accettarono tale mediazione e così Adriano morì senza alcuna effettiva attenuazione del timore di uno Scisma. Il suo sostituto, Giulio dei Medici – al soglio Clemente VII – fu naturalmente prosecutore della politica di grandezza dello zio Leone X. Infatti, dopo la crisi della successione dal Magnifico Lorenzo e  l’effimera repubblica democratica di Pier Capponi e di  Savonarola, sarà il Cardinale di Cortona, Silvio Passerini ed i giovani Medici Ippolito ed Alessandro, a governare di fatto Firenze e buona parte della Toscana, all’ombra del nuovo Papa di stoffa ben più attivo del precedente. Ma Lutero restava per nulla intimorito e manteneva ancora l’idea di un regime politico autoritario in mano ai Principi tedeschi a lui fedeli nel rito e nella politica. Sembrava una riforma politica molto lontana quella che si preannunziava dal lato religioso.

Il portale della chiesa del castello di Wittenberg.

2. Il fenomeno Thomas Müntzer.

All’inizio del 1525, l’Italia era campo di battaglia fra Carlo V di Spagna ed Asburgo e Francesco I di Francia. I deboli principati dello stivale per il resto del secolo sedicesimo appoggeranno a macchia di Leopardo l’una o l’altra egemonia straniera spesso ad alleanze invertite. I soldati ed il popolino cantavano Franza o Spagna purché se magna, espressione equivocabile di trasformismo politico da cui il nostro Paese non riesce ancora a liberarsi. Eppure, le campagne della Germania non cessavano di esprimere una volontà popolare, guidata da un vivace pastore allievo di Lutero, Thomas Müntzer. Predicatore ad Allstedt, ricco borgo della Sassonia. Thomas anticipava una notevole riforma liturgica nelle comunità locali. Fin dal 1517 iniziò un lungo viaggio itinerante dietro il Maestro dal Reno all’Elba, risvegliando nel popolo contadino un’ansia di un Dio misericordioso, visitando gli immigrati nelle città ed i braccianti nelle campagne, sollevandoli contro le imposte dei Principi, le decime ecclesiali e perfino instillando dubbi sulla legittimità del potere Imperiale. Dopo tappe significative a Halle, Weimar e Praga, inaugurò una Messa evangelica in lingua tedesca – già prima di Lutero stesso – nello spirito nella sostanza prettamente diversa dal Messale romano. La sua regola era semplicemente l’integrale esecuzione della Sola scriptura in onore del suo per ora amato Maestro. Del quale ribadiva la morale liberale sposando Ottilie von Gersen, una novizia del monastero di Widerstedt, collega di Katherina von Bora moglie del Maestro fin dal 13 giugno del 1525 in spregio al divieto di matrimonio notoriamente avversato da secoli ma non sempre perseguito nel Nord dell’Europa occidentale.

Thomas Müntzer

Da quel momento Müntzer organizzerà squadre di eletti, il braccio armato delle Assemblee Popolari, che saranno chiamati Anabattisti, la cui caratteristica rimarrà quella di negare la validità del Battesimo dei bambini infanti e lo ammetterà solo per gli adulti. Dunque un Cristianesimo adulto popolare e liberale, che cominciava a preoccupare la nobiltà ed i Principi favorevoli a Lutero, per esempio quel Federico III di Sassonia che salvò Lutero dall’inquisizione romana nel 1521, rapendolo e chiudendolo al riparo di rappresaglie fra le mura del Castello di Wartburg. Invero, di fronte alla violenta distruzione della cappella cattolica di Mörlenbach un borgo vicino Augsburg, operata dalla furia iconoclasta delle squadracce anabattiste, ferocemente contrarie ad ogni forma di rappresentazione artistica ed altrettanto risolute a forme di egualitarismo sociale derivate dalla interpretazione diretta della Bibbia; il Principe Federico convinse Lutero ad intervenire risolutamente, sia in senso teologico, ma anche politico, per soffocare i tumulti che dopo l’ordine religioso, inevitabilmente si riflettevano sull’ordine sociale. E Lutero ruppe ai riguardo la sua neutralità! Nel saggio Weltlicher Obrigkeit, differenziò la libertà spirituale del Cristiano da quella politica, difendendo la necessità del Potere di usare costrizioni e violenze per ragioni di convivenza civile. Era giunto il momento del problema politico, inteso ormai come del tutto dipendente dall’Ordine Costituito Feudale, inesorabilmente legato alla tradizionale formula tomista dei due Regni che regolavano per diritto divino  i governi civili. Fin dal 1520 nel primo saggio significativo al riguardo, La libertà del Cristiano, Lutero non usciva da una antinomia già rilevata marginalmente dalla Scolastica del secolo quattordicesimo, con Marsilio da Padova in testa. Due concetti Lutero riprendeva dalla teologia dominante: da una parte proclamava che il Cristiano è libero signore sopra ogni cosa e non è soggetto a nessuno; ma quando si rivolgeva alla politica, lo stesso Cristiano però è tenuto a servire in ogni cosa l’Autorità ed ad essa è sottoposta! In altri termini, Lutero qui non si distaccava dalla famosa Lettera a Diogneto,  dove fin dal primo secolo dopo Cristo, l’ignoto teologo delle origini cristiane suggeriva che i Cristiani prendono parte a tutto il mondo come buoni cittadini obbedienti al Potere politico! E dunque, il padre della Riforma giudicava  il conflitto come apparente e già definiva per sempre la natura dell’uno e dell’altro, del Principe e del Cristiano, l’uno rivolto a mantenere stabile la società dell’obbedienza a chi la governa; l’altro ad essere coerente al patto sociale col Potere che lo protegge dal male del mondo, cui il Cristiano deve rimanere dolorosamente straniero. Insomma, obbedire nella bontà e nella mitezza del Cristiano-cittadino, per salvare e per persuadere e non per costringere… con l’intenzione di amare e non di giudicare, senza dissentire ed ostacolare l’azione di Governo, che è un’azione di Dio nel mondo, al punto che per S. Tommaso l’assassinio del Tiranno é l’unica ragione per eliminare l’ingiustizia, vale a dire solo se questi si fosse comportato da persecutore dei cristiani in modo inequivoco. Infatti, le Sacre Scritture sempre per Lutero avevano giustificato i Governi secolari istituiti da Dio. L’eccezione di Nabucodonosor confermava quella regola aurea perché il precetto centrale di Cristo era quello dell’amore, valido per tutti ed anche da parte del Re quando amministrava il suo Regno nel bene comune. Del resto, Lutero non poteva accettare la violenza adottata dai suoi seguaci e vedeva nella repressione dei Principi una legittima difesa indiretta di Dio, leso nella sua azione di mediazione terrena. Cosicché la distinzione fra Regno di Dio e Regno dell’Uomo, non poteva essere distorta da rivoluzioni dell’ordine costituito pur se motivato dalla difesa della pace sociale. Due Regni in uno, l’interiore e spirituale; e l’esteriore carnale, legati nel mondo dalla legge divina. Infine, il richiamo a San Paolo ed alla lettera ai Romani, che anticipava l’uomo politico della Riforma, dove il peccato va represso perché anarchico e nemico dell’uomo immagine di Dio. Politica, economia, famiglia, matrimonio, professione, sono necessità del mondo, come lo è la carità e l’amore. Una apparente separazione fra morale ed ufficio, fra ecclesialità e politica, ma una reale totalità fra fede cristiana ed etica sociale. Non è chi non veda in tale passaggio, una diabolica interpretazione dall’originale lettura tomista che aveva predicato l’unità di vita e di fede, di grazia e natura, di fede e ragione, in una visione collettiva e reale del mondo. Conseguenza politica della rilettura autoritaria assoluta di Lutero sarà ben presto (1525) la fine della rivoluzione popolare dei contadini ispirati dalle dottrine dal Müntzer: il sogno democratico di liberazione delle classi subalterne del Feudalesimo cadrà a Frankenhaus il 15 maggio del 1525 sotto i colpi dei Lanzichenecchi mercenari svizzeri mobilitati dai Principi teutonici che avevano adottato la maledizione di Lutero contro le bande dei contadini che assassinano e rubano. Catturato il Müntzer, infangata la sua figura  da una falsa  accusa di tradimento del suo stesso movimento – poi dimostrata tale nel 1966 dello storico Manfred Bensing – la storiografia dell ‘800 e del ‘900 ha rielaborato la evoluzione del  del protestantesimo popolare, prima fra tutte con l’interpretazione dell’Engels – La guerra dei contadini, 1870 – e poi  Ernst Bloch, Thomas Müntzer teologo della rivoluzione,  Milano, 1991 – tappe fondamentali per una revisione  in chiave democratica della fede anabattista e della natura autoritaria ed ancora medievale della Riforma luterana. Sicuramente il biennio 1523-1525 fu il periodo più retrogrado del pensiero luterano, nato come una rivolta libertaria ed anno dopo anno divenuta una Credo più raffinato dell’ultima versione dell’ideologia nobiliare, di natura meramente soggettiva, una metafisica del Soggetto, molto lontana dall’ideale comunitario e popolare dell’età dell’alto medioevo di stampo francescano. Il disinteresse per la politica sociale nel mondo che andava progredendo nella conoscenza scientifica e geografica, sarà il prezzo più salato che la Riforma Luterana pagherà, non solo dinanzi alla imponente Controriforma Cattolica, ma anche alla parallela evoluzione socialista del Calvinismo, proprio nelle stesse aree che Lutero aveva spinto a sollevarsi e che egli stesso si vedrà scappare di mano a favore di una nuova classe imprenditrice che accumulava capitali perché sicura della  Grazia divina e di essere così predestinata ad acquisire capacità e ricchezza. In altre parole, già quando Lutero era in vita, il Calvinismo svizzero, gli Ugonotti francesi ed i Puritani inglesi, rileggeranno il suo primo Credo in ottica stimolatrice protoindustriale e capitalista, sviluppando accumulazione ed investimento nella società produttiva, sempre più globalizzata dalle scoperte geografiche e che troverà un nuovo equilibrio economico e finanziario, sorretto dalla Grazia predestinata, proprio sulle orme del suo pensiero riformatore. Etica protestante e spirito capitalista! Un metro di interpretazione tanto noto quanto  all’epoca ancora vincente in un intreccio razionalista che produrrà nel ‘600 quell’Io cartesiano dalla quale non deriveranno che guerre nel continente europeo, dilaniato da nazionalismi identitari non ancora sopiti.

La tomba di Martin Lutero.

Bibliografia:

Oltre alle fonti citate nel testo, vd. ANTONIO DI PIERRO, Il Sacco di Roma del 6.5.1527, Roma, 2003., specialmente sulla posizione di Papa Clemente VII.

Per il movimento anabattista, cfr. LUCIA FELICI, La Riforma protestante nell’Europa del Cinquecento, Roma 2021. In merito alla reazione cattolica contro il pensiero protestante di Lutero vd. JACQUES MARITAIN, Lutero, Cartesio, Rousseau, ed. in italiano, Morcelliana, Brescia, 1990, pagg. 43 e ss.

Su Thomas Müntzer, vd. PETER BICKLE, La riforma luterana e la guerra dei contadini, Bologna, 1993.

Sulla storica relazione fra Riforma e Capitalismo, vd. oltre al classico volume di Max Weber, L’orfano di Bismarck, Max Weber e il suo tempo, di FRANCO FERRAROTTI, Roma, 1982.

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