I’indipendentismo e il nazionalismo  irlandese dopo la Prima Guerra Mondiale. Di Michele Rallo.

Militanti dell'I.R.A. (primi anni Venti).

L’Indipendenza irlandese e la Guerra civile dei primi anni  Venti.

Il 6 dicembre 1921, un Trattato tra il  Regno Unito e  gli insorti irlandesi poneva fine ufficialmente ad una delle ultime guerre d’indipendenza europee. Tale trattato  divideva l’isola irlandese in due tronconi: il primo e più grande, comprendeva le 26 contee del sud, del centro e del nord-ovest, e costituiva lo Stato Libero d’Irlanda come Dominion del Commonwealth britannico; il secondo, notevolmente più piccolo, riuniva le 6 contee del nord-ovest in un Governatorato  dell’Ulster,  parte integrante del Regno Unito di Gran Bretagna e   Irlanda. Si trattava, evidentemente, di un compromesso: l’Irlanda non era considerata come un unico corpo inscindibile, la sovranità accordatale era limitata e non totale,  ed   infine  i   legami  istituzionali  con   la    Corona inglese non erano ancora recisi. Tale compromesso era accettato dalla componente conservatrice del movimento nazionalista irlandese, il Cumann na nGaedheal (Società degli Irlandesi); ma non dal resto del vecchio partito indipendentista Sinn Fein (Noi Stessi) né dalla Irish Republican Army (IRA), che scatenavano una guerra civile che si protrarrà dal maggio 1922 al maggio 1923, e che si concluderà con la sconfitta delle forze  repubblicane. La guerra civile era lo spartiacque che avrebbe segnato per i successivi quindici anni la divisione fondamentale della scena politica irlandese: a destra  v’erano i conservatori, gli anticomunisti ed anche qualche residuo nostalgico della presenza britannica; a sinistra militavano i radicali, i repubblicani intransigenti, nonché  un gruppetto di radicali non esenti da contaminazioni marxiste; l’unico elemento comune ai due schieramenti era  il nazionalismo ed il proposito di unificare tutta l’Irlanda.

Il leader irlandese Eamon De Valera.

L’I.R.A. e I suoi nemici.

A dieci anni dalla guerra civile, nel febbraio 1932, le  elezioni politiche vedevano la vittoria dei nazionalisti di sinistra del Fianna Fail (44,5% e 72 seggi), seguiti dai nazionalisti di  destra del Cumann na nGaedheal (35,3% e 57 seggi) e dai partiti minori (20,3% e  24 seggi). [1] Il nuovo Governo era formato dal Fianna Fail (Soldati del Destino), con l’appoggio dei laburisti; Presidente del Consiglio Esecutivo era il fondatore e leader indiscusso  del  partito vincitore, Eamon De Valera (18821975). Il Governo De Valera esordiva sùbito all’insegna del cambiamento radicale, operando per spezzare i legami con la Corona britannica, ed iniziando la  famosa  “guerra  economica”  che nel giro di alcuni mesi, più che mettere in difficoltà la Gran Bretagna, porterà sull’orlo del collasso l’agricoltura irlandese. Inoltre, il nuovo Governo liberava tutti i membri  dell’IRA  che erano stati imprigionati durante o sùbito dopo la guerra civile, e costoro si davano immediatamente alla caccia dei loro vecchi avversari, in gran parte membri del Cumann na nGaedheal, o ex-unionisti confluiti nel Centre Party, oltre che militari e poliziotti. La reazione alla violenza dell’IRA era rapidissima: i reduci dell’Esercito (che nella guerra civile si erano schierati con la Destra) si riunivano in una Army Comrades Association (Associazione dei Camerati dell’Esercito) con lo scopo dichiarato di opporsi alla violenza “comunista” dell’IRA, che assaltava sistematicamente tutte le manifestazioni  pubbliche  del  Cumann na nGaedheal e  dei suoi alleati. Pochi mesi ancòra, e – ad agosto –  l’ACA  si  trasformava da associazione combattentistica in una  organizzazione politica, aprendo i suoi ranghi anche a chi  non aveva militato nell’Esercito. In breve tempo i suoi iscritti saranno quasi 30.000, in buona parte i militanti più attivi del Cumann na nGaedheal. Tra il  partito nazionalconservatore  e  l’Army Comrades Association esisteva ormai un rapporto organico di alleanza (era consentita la doppia iscrizione), anche perché gli uomini dell’ACA presidiavano ormai regolarmente i comizi del Cumann na nGaedheal.

Le prime ‘Camice azzurre’.

Il leader del Partito ‘fascista’ inglese Oswald Mosley.

Successivamente – nell’aprile 1933 – per  rendere  facilmente riconoscibili i propri militanti in servizio d’ordine, l’ACA adottava come uniforme la camicia azzurra; pochi mesi prima  –   si  noti  –   in  Gran  Bretagna  sir  Oswald  Mosley (18961980) aveva adottato per il servizio d’ordine del suo movimento  la  camicia nera; e, come in Inghilterra gli uomini di Mosley erano ormai indicati come Blackshirts (Camicie Nere), in Irlanda i militanti dell’ACA venivano sùbito battezzati  Blueshirts  (Camicie  Azzurre). D’altronde, in Irlanda – nell’Ulster, però, e non nello Stato Libero – esistevano già delle Camicie Nere, che si proclamavano apertamente fascisti e che più tardi Mosley  ingloberà  nella  British Union of Fascists. Anche. i fascisti nordirlandesi – protestanti e filoinglesi – volevano la riunificazione dell’Irlanda, ma come un Dominion strettamente legato all’Impero, e non certamente come una Repubblica indipendente,  come  volevano ampi settori nazionalisti dello Stato  Libero. Le Camicie Nere di Belfast, comunque, seguivano con interesse i primi passi delle Camicie Azzurre di Dublino, che salutavano con un  pubblico manifesto di  incoraggiamento, in cui – tra l’altro – si affermava: «Il movimento delle Camice Azzurre dello Stato Libero ha in gran parte carattere fascista. (….) L’esistenza di un movimento fascista nello Stato Libero può forse preludere alla creazione del Dominion  d’Irlanda.» [2] In effetti, nello Stato Libero esistevano  numerosi sostenitori ed ammiratori del fascismo: gli elementi della destra nazionalista fautori delle maniere forti, i corporativisti cattolici  che nel regime italiano vedevano la realizzazione della dottrina sociale della Chiesa, i monarchici assertori di una duplice monarchia angloirlandese, ed infine gli intellettuali controrivoluzionari (non si dimentichi che l’Irlanda era stata la patria d’origine di Burke) il cui più prestigioso esponente era lo scrittore William Butler Yeats (18651939), Premio Nobel per  la  letteratura  nel 1923 e  Senatore dello Stato dal  1922.

Il leader Eoin O’Duffy.

O’Duffy a capo delle ‘Blueshirts’.

Tuttavia, al di là di semplici casi di emulazione (come appunto quello della creazione  della Army  Comrades Association), non si poteva parlare di un episodio fascista di un qualche interesse nello Stato Libero fino al luglio 1933, quando all’ex Capo della Polizia, il generale Eoin O’Duffy (1890–1944), licenziato dal governo De  Valera per le  sue tendenze di  destra, veniva offerta  la leadership dell’ACA. O’Duffy accettava, e nel giro di poche settimane riorganizzava il movimento delle Blueshirts, guidandolo con l’energia e l’incisività che ne avevano fatto negli anni scorsi uno  dei più apprezzati comandanti di forze di polizia in Europa, e sganciandolo dal rapporto di filiazione che lo  legava al  Cumann na nGaedheal. Il generale O’Duffy cambiava anche il nome dell’associazione – che adesso si chiamava National Guard (Guardia Nazionale) – e lo dotava di un programma politico di stampo fascista, ma con marcate influenze sia  tipicamente nazionali che conservatrici:

«Lavorare per la  riunificazione. Opporsi al comunismo, al controllo e all’ingerenza degli stranieri nelle questioni nazionali, e conservare  i  principi cristiani in tutti gli aspetti della vita   pubblica. Servire e  mantenere l’ordine sociale. Creare un servizio pubblico volontario, organizzato e disciplinato, parte integrante della nostra vita politica; guidare    la gioventù irlandese alla creazione di  un  Movimento costruttivo di azione nazionale. Favorire la formazione di organizzazioni nazionali di coordinamento di datori di lavoro e di lavoratori, le quali, con l’aiuto dei tribunali, eviteranno efficacemente gli scioperi e regoleranno armoniosamente i  conflitti industriali. Cooperare con i rappresentanti ufficiali  dello  Stato  per una soluzione dei problemi sociali urgenti, quali dare un lavoro pubblico, utile ed economico a coloro che le imprese private non possono assumere. Assicurare la creazione di una organizzazione nazionale rappresentativa degli interessi degli agricoltori, con  dei  diritti   ed uno statuto che possano garantire la salvaguardia degli  interessi degli agricoltori. Denunciare e prevenire la corruzione e lo sfruttamento dell’amministrazione nazionale e  locale. Suscitare in tutto il Paese uno spirito di cooperazione, di disciplina, di zelo e di realismo patriottico che ponga lo Stato in condizione di servire nello stesso modo  ed  efficacemente  il popolo sul piano economico e  sociale.»[3]

Una ‘Marcia su Dublino’ mancata.

Il Governo appariva preoccupato del nuovo corso delle Camicie Azzurre, nella convinzione che la  leadership  del  generale O’Duffy avrebbe dato impulso allo squadrismo paramilitare del nascente fascismo irlandese, esaltandone le potenzialità rivoluzionarie. Ed in effetti O’Duffy, da buon soldato, mostrava subito di prediligere tutti gli aspetti paramilitari  dell’organizzazione: sfilate, uniformi, saluti romani, pattuglie armate, disciplina militaresca ed articolazione gerarchica. Così, a  poche settimane  dal suo  insediamento alla guida delle Blueshirts, organizzava per  il 13 agosto una grande manifestazione a Dublino, con la  confluenza di militanti provenienti da tutto il   Paese. Il Governo si preoccupava eccessivamente di questa manifestazione – subito battezzata  marcia su  Dublino –  nel timore che essa nascondesse propositi golpisti; De Valera vietava perciò la “marcia”, proclamava la  legge marziale,  poneva  Dublino in  stato d’assedio, ed  armava una  milizia civica   formata da uomini dell’IRA.[4] Si determinava, a  questo punto, un  fenomeno stranissimo:  la marcia su Dublino, che non aveva in  origine  alcun  serio  intento rivoluzionario, minacciava improvvisamente di assumere effetti dirompenti. Al generale O’Duffy  pervenivano  inviti  a  tener duro e messaggi di incoraggiamento  da  tutti  i  settori  politici ed economici ostili a De Valera, mentre dall’Esercito e  dalla Polizia giungevano segnali non equivocabili di solidarietà e  di appoggio. Per alcuni giorni l’Irlanda ripiombava  nel  clima  della guerra civile, con i medesimi schieramenti di  dieci  anni prima e con l’unica novità della presenza fascista alla guida della fazione di destra. Eoin O’Duffy era forse ad un passo dal potere, ma la sua convinta fede cattolica e l’orrore per  un  possibile  bagno  di  sangue lo facevano esitare. Poi, obbediva all’ultimatum del Governo, ed annullava la manifestazione.

La ‘fascistizzazione’ della Destra irlandese.

Pochi giorni dopo, la National Guard  era  messa  fuori  legge, anche se il movimento delle Camicie  Azzurre  si  ricostituiva subito dopo sotto le nuove etichette di Young Ireland (Giovane Irlanda) e successivamente di League of Youth  (Lega della Gioventù). Stranamente, dalla fallita marcia su Dublino e dal  successivo scioglimento della Guardia Nazionale il prestigio di O’Duffy era uscito rafforzato, ed egli era diventato in breve il personaggio più popolare d’Irlanda, insieme naturalmente a De Valera. Per tutta la Destra, in particolare,  era  divenuto  l’uomo della provvidenza, colui che era stato mandato da Dio  all’Irlanda per liberarla del suo Kerensky (De Valera) e dei suoi bolscevichi (l’IRA). Inoltre, i nuovi metodi fascisti affascinavano i conservatori-nazionalisti dì William Cosgrave (1880–1965), tutte le altre forze di destra e – soprattutto – gli agricoltori, mandati in rovina dalla “guerra economica” decretata da De Valera contro la Gran Bretagna.

Il Leader irlandese William Cosgrave.

Il clima fascisteggiante che si respirava in tutti i settori antigovernativi era tale che – a meno di un mese dalla mancata marcia su Dublino – il  Cumann na  nGaedheal ed  il  Centre Party si federavano con le Camicie Azzurre della League of Youth, costituendo un nuovo schieramento politico unitario della Destra,  il Fine Gael (Famiglia degli Irlandesi), noto anche come United Ireland_Party (Partito dell’Irlanda Unita). Il nuovo  partito  era agli ordini del generale O’Duffy, che ne assumeva la presidenza (vicepresidente era il nazional conservatore  Cosgrave)  e  ne  dettava il programma: nazionalismo riunificatore (ma anti-IRA), corporativismo di matrice cattolica, anticomunismo intransigente, difesa degli interessi reali delle categorie economiche irlandesi dagli effetti disastrosi della guerra  economica. In altri termini, tutta la Destra irlandese aveva indossato la camicia azzurra; e non solo metaforicamente, tant’era che l’8 febbraio 1934, al primo Congresso nazionale  dell’UIP  tutti  i  1.600 delegati indossavano l’uniforme delle Blueshirts. Il partito si sviluppava rapidamente, estendendo la sua organizzazione  a   tutto  il  paese,  e   raggiungendo  il  numero di 100.000 iscritti. Non mancavano le adesioni di prestigio, come quelle dei docenti universitari James Hogan e Michael Tierney – teorici del corporativismo cattolico – e, soprattutto, quella del già citato William  Butler  Yeats,  il  quale,  dopo  l’assegnazione  del Premio Nobel per la letteratura nel 1923, si era affermato come uno dei massimi scrittori di lingua inglese viventi (insieme con Ezra  Pound e  Thomas Eliot).

Il declino del movimento.

L’UIP sembrava avviato trionfalmente verso la vittoria, anche perché una recrudescenza del terrorismo repubblicano sgomentava l’opinione pubblica irlandese. Ma, inaspettatamente, il deludente risultato delle elezioni amministrative  dell’estate  1934 richiamava ad una meno rosea realtà le Camicie   Azzurre. O’Duffy reputava che il mancato successo  fosse  dovuto  alle posizioni troppo moderate e conservatrici assunte dalle Blueshirts, e virava bruscamente di bordo: non solo si lasciava andare alla pubblica apologia del fascismo italiano e – cosa meno usuale in Irlanda – del nazismo tedesco, ma assumeva anche posizioni apertamente antinglesi (piuttosto strane  in  un  partito che era in larga parte formato da elementi anglofili) prefigurando addirittura una ipotetica nuova guerra  d’indipendenza.[5] Era una svolta decisamente troppo ardita. Non solo i conservatori di Cosgrave, ma anche  gli  intellettuali  fascisteggianti che tanto lustro avevano dato al movimento delle Blueshirts insorgevano contro il generale: Hogan si dimetteva per protesta contro una leadership  “isterica ed  autolesionista”, mentre Yeats, che pochi mesi  prima  aveva elaborato tre  inni per  il  Partito,  li  riscriveva  in  modo  che  non  fossero  più   cantabili dalle Camice Azzurre. [6] Eoin O’Duffy era posto con le spalle al muro, e il 21 settembre   1934   rassegnava   le   dimissioni.   Creava   una nuova riedizione delle Camicie Azzurre – la sesta – che  veniva denominata National Corporate Party (Partito Nazional Corporativo), schieramento apertamente fascista ma strutturalmente ed  organizzativamente assai debole, anche perché numerose Blueshirts erano rimaste  nell’UIP. [7]

I volontari irlandesi nella Guerra civile spagnola.

Eoin O’Duffy con la divisa della ‘Legione Irlandese’.
Volontari irlandesi del generale O’Duffy in Spagna (1937).

L’ultimo sussulto di vitalità il Movimento lo dimostrava verso la fine del 1936, quando circa 700 volontari in camicia azzurra partivano al comando del generale O’Duffy per combattere in Spagna al fianco di altre ‘Camicie Azzurre’, quelle della   Falange di Francisco Franco. Il fatto era politicamente  assai  rilevante,  e  dimostrava che in Irlanda le vecchie divisioni politiche legate  alla  guerra civile iniziavano a venir meno: insieme agli uomini del NCP si arruolavano anche numerosi elementi dell’IRA, tra  cui  anche alcuni reduci della rivolta di Pasqua e  della guerra  d’indipendenza, che si contrapponevano ad altri uomini  dell’IRA che si erano schierati con i   “rossi”. Le Camicie Azzurre vennero inquadrate nella Bandera Irlandesa del Tercio  e  diedero buona prova, prima a Caceres e poi sul fronte di   Jarama (febbraio 1937). L’Irlanda, visceralmente cattolica, seguiva con grande simpatia e partecipazione i  volontari che  erano  andati a  battersi  in difesa della Cristianità, tanto che  a  Dublino  vi fu chi paventò che O’Duffy potesse tornare in patria da eroe e spodestare De Valera. Invece, non avvenne nulla di tutto questo: il  21  giugno 1937 – sembra in seguito ad alcuni diverbi con il generale spagnolo Juan Yague –  il  generale  Eoin  O’Duffy rientrò in Irlanda, insieme alle sue Camicie Azzurre (che avevano lasciato sul campo una quarantina di morti),  ritirandosi dalla vita  politica.


[1] Maurice MANNING: The Blueshirts. Un fascismo irlandese? Antonio Pellicani editore, Roma 1998.

[2] I movimenti fascisti nel mondo. Pubblicazione interna del Ministero degli Affari Esteri, Roma 1934.

[3] Thierry BURON e Pascal GAUCHON: Irlanda: un fascismo cristiano. // I fascismi.  Cooperativa editoriale Akropolis, Napoli 1984.

[4] Il fascismo in Irlanda: le Camicie Blu. // I fascismi sconosciuti, a cura di Maurice BARDECHE.  Edizioni del Borghese, Milano 1970.

[5] Tim Pat COOGAN: IRA. Histoire et actualité de l’Armée Républicaine Irlandaise. Editions Alain Moreau, Parigi, 1972.

[6] Alastair HAMILTON: L’illusione fascista. Gli intellettuali e il fascismo, 1919-1945. U.Mursia & C°, Milano, 1972.

[7] Maurice MANNING: The Blueshirts. Un fascismo irlandese? Cit.

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