L’incompatibilità ‘anatomica’ tra Fascismo e Nazionalsocialismo. Di Piero Vassallo.

Adolf Hitler e Benito Mussolini.

Scelte politiche (molte delle quali scellerate) a parte, Benito Mussolini diffidò sempre di Adolf Hitler, anche e soprattutto, come vedremo, poiché il movimento fascista distava, ideologicamente parlando, anni luce dal Nazionalsocialismo tedesco. Ragion per cui riteniamo necessario ristabilire la verità circa la natura del fascismo italiano e sulla sua strutturale refrattarietà all’ideologia hitleriana.

 Un politologo americano di origine tedesca, Peter Robert Edwin Viereck (1916-2006), ha dimostrato che la radice della rivoluzione nazista è la predizione romantica “che il popolo germanico avrebbe potuto essere l’agente teologico del dio della storia“, un delirio oracolare incompatibile con la tradizione italiana e con il pensiero di Mussolini [1].

Il politologo Peter Viereck.

 Le antitesi proposte da Viereck per giustificare la. crociata americana contro la Germania – “la legge contro la vita, il classicismo contro il romanticismo, la politica contro la metapolitica, la civilizzazione contro la cultura, Cristo contro Wotan…” – lasciano intravedere una dialettica, che in qualche modo riflette le ragioni dell’insanabile contrasto tra la cultura fascista e la cultura nazista, un’incompatibilità diciamo ‘anatomica’ oltre che spirituale: Cristo contro Wotan allude, involontariamente, Viereck al beffardo giudizio dato da Mussolini sul paganesimo professato da Hitler [2].

 L’incompatibilità di nazismo e fascismo appare ancor più evidente quando si leggono, senza pregiudizio, gli articoli pubblicati nella rivista di Benito Mussolini, “Gerarchia” nel quadriennio 1940-1943 e il nobile testamento spirituale di Giovanni Gentile [3].  Nelle pagine di Gerarchia [4], Francesco Orestano [5],   dichiarò senza mezzi termini (e con l’implicito, ovvio consenso del direttore, Mussolini) il superamento dell’ideologia nazional-liberale, cadaverica eredità della massoneria risorgimentale: “E’ venuto oggi il momento di riconoscere con franchezza, che i nazionalismi accesi del secolo XIX e ancora determinanti sino alla grande guerra 1914-18, … interruppero e ostacolarono più vasti processi associativi in Europa e colla moltiplicazione delle frontiere spezzarono e disarticolarono alcuni grandi complessi in corso di unificazione[6].

 Coerente con le tesi esposte audacemente dal filosofo Balbino Giuliano (nel saggio Romanità e germanesimo, edito da Zanichelli nel 1941) [7], Orestano affermò inoltre che l’orizzonte, nel quale doveva costituirsi la solidarietà fra le nazioni, non era il diritto (darwiniano) del più forte, che i nazisti desumevano dalla mitologia nibelungica intorno alla violenza levatrice della storia, ma la Carità di Cristo. L’articolo irritò Paul Joseph Goebbels, che vi leggeva l’intenzione di contestare la morale nazista. Orestano scriveva infatti: “Il Cristianesimo ha introdotto con la Rivelazione l’amore umano universale come comandamento divino. E l’amore cristiano è divenuto il fattore di massima pensabile e possibile coesione fra gli uomini in quanto tali. … Se c’è chi ripudia oggi l’amore cristiano, padronissimo; poi dovrà reimparare ad amare cristianamente, … poi dovrà ricominciare la durissima faticosa salita[8].

 Anche Giovanni Gentile, l’autore della “Dottrina del fascismo[9], era sceso in campo per difendere le ragioni dell’universalismo umanistico, esaltato dagli esponenti della cultura fascista in opposizione al razzismo e al nazionalismo.

Il filosofo Giovanni Gentile.

 Nel 1942, Gentile auspicava, infatti, che dalla guerra uscisse un’umanità “che senza disperdere i tesori delle sue più grandi tradizioni spezzi le catene che ne impedivano o minacciavano il progresso. E riconoscerà il vantaggio della mutua intelligenza e della collaborazione fraterna delle razze diverse, nessuna delle quali è nata per servire, e tutte hanno diritto … a recare all’umano comune lavoro il libero contributo della loro operosità[10].    In ‘Genesi e struttura della società’, opera completata il 25 settembre del 1943, Gentile, quasi anticipando l’indirizzo democratico che l’ultimo Mussolini, d’intesa con l’oppositore Edmondo Cione [11], intendeva dare alla costituzione della Rsi, si spinge oltre ed afferma addirittura che “ogni opposizione di Governo e governati cade nel consenso di costoro, senza del quale il Governo non si regge[12]. Allievo di Benedetto Croce,

 Durante la stesura del suo ultimo saggio, Gentile, pur senza rimuovere e superare le vischiose contraddizioni dell’attualismo, aveva infatti intravisto la possibilità di conciliare la dottrina dello stato etico con la rivendicazione cattolica del primato dello spirituale.

 In una delle pagine dalle quali il gentiliano Michele Federico Sciacca trarrà motivo per la sua conversione, l’ultimo Gentile indicava l’orizzonte, ancora lontano ma non irraggiungibile, in cui la sua dottrina dello stato tentava l’incontro con la dottrina cattolica “la teocrazia postula uno stato, che coincidendo con la stessa divina volontà ricade nel concetto del contestato stato etico. Ma se la teocrazia non è parola vuota, non c’è ragione di adombrarsene. Perché nessun dubbio che il volere dello Stato è un volere divino, sia che s’intenda nella immediatezza della sua autorità, sia che più pienamente si assuma come l’attualità concreta del volere. C’è sempre Dio: il Dio del vecchio e del Nuovo Testamento[13].

 Nei testi citati appare evidente che, proprio negli anni dell’alleanza con la Germania, il pensiero dei massimi esponenti della filosofia prevalente negli anni del regime fascista, accelerò quella marcia di avvicinamento ai valori dell’umanesimo cristiano, che era felicemente iniziata nel 1929, con la firma dei Patti lateranensi. 

 Il lavoro quasi clandestino dei revisionisti, ponendo fine alla mitologia intorno al plesso nazifascismo, consente dunque di considerare l’errore di Mussolini da un nuovo e diverso punto di vista. 

 Stabilito che il significato ultimo del fascismo si trova nell’intenzione di far incontrare l’Italia moderna con la tradizione cattolica, sorge il problema di approfondire le causa dell’errore commesso da Mussolini sottoscrivendo l’alleanza con un regime estraneo alla tradizione umanistica quale era la dittatura nazista.

 Una prima risposta è formulata dallo storico Filippo Giannini, il quale cita un’ammissione inequivocabile di Winston Churchill: “Adesso che la politica inglese aveva forzato Mussolini a schierarsi dall’altra parte, la Germania non era più sola[14].

 Filippo Giannini cita inoltre una previsione formulata nel 1937 del socialista irlandese Bernard Shaw: “Lo Stato Corporativo fascista rappresenta il grande avvenimento del secolo … Le cose da Mussolini già fatte lo condurranno prima o poi in un serio conflitto con il capitalismo“.

 Mussolini non ha mai desiderato l’alleanza con la Germania. Davide Sabatini, autore dello splendido saggio sull’animosa rivista “Anti Europa” (fondata da Asvero Gravelli nel 1929 e finanziata da Mussolini in funzione antitedesca) [15], ha dimostrato che l’ostilità dei fascisti nei confronti del partito nazista non era dettata da  umori nazionalistici (Mussolini, infatti, aveva teso la mano alla Germania di Weimer oppressa dalle clausole dell’iniquo Trattato di pace firmato a Versailles) ma dalla consapevolezza dell’incompatibilità della cultura italiana con il razzismo zoologico e darwiniano dei nazisti [16]. Incompatibilità sottolineata energicamente da Mussolini nel corso della nota intervista a Emil Ludwig.

 Non per niente, Asvero Gravelli cercò ed ottenne la collaborazione di quegli intellettuali cattolici (come il francese Henri Massis, autore di Defense de l’Occident) che nella Germania di Hitler vedevano la porta d’ingresso della tenebrosa mistica “asiatista”.

 Se si escludono le affinità ideologiche, per scoprire i motivi dell’infausta alleanza italo – tedesco si deve risalire all’insensata politica antitaliana condotta da Francia e Inghilterra, i cui governi, dopo aver lasciato intendere la loro approvazione della guerra italiana all’Etiopia, allestirono un clamoroso voltafaccia promuovendo le sanzioni contro l’Italia.

 Ulderico Munzi e Marco Antonini, hanno ricostruito la storia delle provocazioni e delle molestie francesi contro l’Italia, dimostrando che alla vigilia della guerra d’Etiopia Mussolini (dopo aver ottenuto l’approvazione di Pierre Laval) fu messo in stato d’accusa da Léon Blum, un pavido demagogo, che tollerava colpevolmente gli arbitri della Germania hitleriana [17].

 Analogo il giudizio degli storici inglesi Jasper Ridfley e Richard Lamb, autori di biografie mussoliniane edite negli anni Novanta.

 Il primo, dopo aver affermato che Mussolini era un politico molto abile, sostenne che il regime da lui instaurato assomigliava all’Austria di Metternich e non alla rozza dittatura hitleriana.

 Lamb scrisse che i governi di Francia e di Inghilterra ebbero gravissime responsabilità nelle decisioni di Mussolini in quanto la loro preconcetta opposizione alla conquista italiana dell’Etiopia lo spinse nelle braccia di Hitler.

 Non si può infine dimenticare l’osservazione dell’insospettabile  liberale Sergio Romano sui motivi che hanno convinto gli alleati della necessità impellente di diffamare e demonizzare il fascismo: “Se il fascismo era davvero come gli Alleati avevano sostenuto per meglio vincere la guerra, una sorta di incarnazione satanica, un male generato dal male, nessuna potenza vincitrice era tenuta a interrogarsi sulle cause della seconda guerra mondiale e sulle proprie responsabilità dopo la fine della prima. Promuovendo il fascismo al rango di male assoluto gli Alleati permisero agli italiani di sbarazzarsi del loro passato con una menzogna e di mettere la guerra sulle spalle di un uomo: Mussolini”.

 Va da sé che le considerazioni sul divieto d’indagare sulle vere e nascoste cause della II guerra mondiale, non tendono ad assolvere il qualunque errore del regime e/o a identificare semplicisticamente la dottrina fascista con la dottrina sociale della Chiesa cattolica.

 La finalità della presente riflessione è dimostrare che, nel disgraziatissimo scenario delle ideologie moderne, liberalismo, giacobinismo, comunismo, anarchismo, positivismo, psicoanalisi, decadentismo, superomismo, nazismo, surrealismo ecc., il fascismo rappresentò il tentativo di percorre la via di una modernità indirizzata oltre gli errori dei moderni.

 Il fascismo tentò di ritrovare la via di quell’umanesimo cristiano, che fu magnificamente interpretato dai maestri italiani della solidarietà e i promotori della resistenza all’usura: San Francesco, San Domenico, San Tommaso d’Aquino, Dante Alighieri, Francesco Petrarca, gli umanisti italiani del Trecento e San Bernardino da Siena. [18].


[1]Cfr. Peter Viereck, Dai romantici a Hitler, Einaudi, Torino 1956. In seguito le tesi di Viereck furono riprese e  approfondite da Mosse e da Nolte.

[2]Al riguardo cfr.: Fabio Andriola, Mussolini nemico segreto di Hitler, Piemme Casale Monferrato 1997, pag. 205.

[3]Secondo Antonio Giovanni Pesce dev’essere ancora stabilito “se la soluzione gentiliana sia compatibile col Magistero della Chiesa. … Sul fatto, invece, che Gentile fosse cattolico non vi è dubbio. … Gentile morì dicendosi cattolico e con buona fede pensò il cattolicesimo sotto le categorie della propria filosofia. Forse, volle pure rappresentare qualcosa di simile al tomismo, pensando che, in fin dei conti, questo non è nient’altro che una filosofia, pensamento di un’esperienza viva che è la fede. Mentre è indubbio che l’attualismo non potrà rappresentare per la Chiesa ciò che ne rappresenta il pensiero di San Tommaso, tuttavia non è chiaro fino a che punto l’attualismo sia, per il magistero, del tutto falso o in che parte lo sia“.  Cfr.: “La fenomenologia della coscienza in Giovanni Gentile”, Quaderni leif Semestrale del Laboratorio di Etica e Informazione filosofica” Università di Catania, giugno 2011. Anche Francesco Mercadante e Manlio Corselli, confortati da sicure testimonianze, sostengono che prima di essere assassinato, Gentile si convertì alla fede cattolica, superando le aporie dell’attualismo .

[4] Fondata da Mussolini la rivista, nel 1922 la rivista “Gerarchia” in una primafase fu diretta dalla brillante scrittrice Margherita Grassini Sarfatti, cattolica di origine ebraica.

[5] Francesco Orestano nacque ad Alia in provincia di Palermo nel 1873 e morì a Roma nel 1945. Laureatosi in giurisprudenza si recò a Lipsia per approfondire lo studio della filosofia. Dopo il ritorno in patria insegnò storia della filosofia nell’Università di Palermo dal 1907 al 1924, anno in cui lasciò la cattedra a causa di un contrasto con Giovanni Gentile. Nel dicembre del 1922, su incarico di Mussolini, aveva avviato le trattative per il concordato. Fece parte dell’Accademia d’Italia. Negli anni Trenta collaborò con Francesco Olgiati in vista della ricostruzione del realismo filosofico. La pubblicazione della sua opera omnia è stata curata da Carmelo Ottaviano, al quale si deve anche un esauriente saggio sul suo pensiero. 

[6]Balbino Giuliano, “Del nuovo ordine europeo”, in “Gerarchia”, aprile 1942.

[7]Balbino Giuliano (Fossano 1879 – Roma 1958). Dopo una giovanile infatuazione per il socialismo, aderì alla filosofia di Gentile, cercando in essa il bandolo religioso della matassa idealistica. Fu libero docente di filosofia teoretica nell’università di Bologna, cattedratico di filosofia nella facoltà di Magistero dell’Università di Firenze e di filosofia morale nell’università di Roma, e presidente dell’Istituto di ricerche filosofiche. Dal 1929 al 1932 fu ministro dell’Educazione popolare. Aveva conservato l’indipendenza di pensiero, come attestano gli accenti anticonformistici dei suoi saggi politici, “Elementi di cultura fascista” del 1933 e “Latinità e germanesimo”, edita da Zanichelli in Bologna nel 1941. Nella cattedra universitaria si distinse per l’eccellente traduzione e per il dotto commento alle Lettere a Lucilio di Seneca. Nel dopoguerra partecipò all’attività del centro di Gallarate, pubblicando un saggio (“Il dramma delle moderne idolatrie”) sulla crisi del pensiero moderno. Gentile, pur criticando le sue opere, gli riconobbe “buona cultura e vivace spirito filosofico”, cfr.: “Frammenti di storia della filosofia”, Le Lettere, Firenze 1999, pag. 597. Nel dopoguerra non ebbe favorevole accoglienza dal Msi.

[8]Francesco Orestano, “Del nuovo ordine europeo”, op. cit..

[9]La Dottrina del Fascismo fu pubblicata nell’Enciclopedia Treccani e firmata da Mussolini, che in realtà fu soltanto autore della seconda parte, scritta dietro sollecitazione dei giuristi cattolici (guidati dal senatore Carlo Costamagna) che non condividevano l’intonazione neo-idealistica del testo gentiliano.

[10]Giovanni Gentile, “Il Giappone guerriero”, in “Civiltà”, 21 gennaio 1942.

[11]Edmondo Cione (Napoli 1908 – Napoli 1965) fu inizialmente ostile al fascismo e di conseguenza fu perseguitato e costretto al confino a Manfredonia. La pubblicazione del Manifesto di Verona lo convinse ad aderite alla Rsi e a fondare (con il consenso di Mussolini) un Partito Nazionale Repubblicano Socialista Italiano. Nel dopoguerra militò nella destra democristiana e pubblicò la sua opera principale, che è anche il suo testamento: Fede e religione nella storia (Bologna 1953).

[12]Cfr.: Genesi e struttura della società, Sansoni, Firenze 1975, pag. 59.

[13]Op. cit., pag. 68.

[14]Cfr.: La Seconda Guerra Mondiale, vol I, pag. 209. Analogo giudizio sarà poi formulato dal francese Jacques Bordiot, autore del seguente ritratto di Hitler: “Oratore di idee semplicistiche: odio per i marxisti e per gli ebrei, nazionalismo spinto, disprezzo della democrazia ed attaccamento al Fuhrerprinzip … credenza nella diseguaglianza delle razze, egli era dotato di un’eloquenza aggressiva con modi vaticinanti, servita da una elocuzione a scatti, una voce rauca, potente, il senso degli atteggiamenti. Aveva l’arte di far passare nelle sue parole – parlava sempre a braccio, senza preparazione – le proprie intime convinzioni ed esercitava sugli ascoltatori uno strano maleficio”, cfr. “Anche quelli volevano la guerra“, in Aa. Vv., Le cause nascoste della seconda guerra mondiale, Controcorrente, Napoli 2011, pag. 44. 

[15]Asvero Gravelli (Brescia 1902 – Roma 1956), esponente del sindacalismo nazionale. Giovanissimo fu collaboratore del Popolo d’Italia. Precursore del secondo fascismo fondò, grazie al sostegno di Arnaldo Mussolini e all’approvazione di Benito Mussolini la rivista Anti Europa, destinata a diventare lo strumento di un’aggregazione dei movimenti fascisti europei refrattari all’influsso della Germania nazista. Fu volontario nella guerra d’Etiopia e in quella di Spagna, durante la quale ottenne due prestigiose decorazioni. Nei primi anni della II guerra mondiale fu autore delle sceneggiature di due film: L’uomo dalla Croce (regista Roberto Rossellini) e Giarabub (regista Goffredo Alessandrini). Aderì alla Rsi e di conseguenza subì una carcerazione a San Vittore. Nel 1947 si iscrisse al Msi dove sostenne l’avanguardia giovanile di Enzo Erra.    

[16]Cfr.: Davide Sabatini, L’internazionale di Mussolini, Ed. Tusculum, Frascati 1997. Le tesi di Sabatini sono condivise anche da Fabio Andriola, autore di un documentato saggio sul conflitto tra fascismo e nazismo. Recentemente un dotto magistrato, Bruno Tarquini, ha dimostrato che l’antisemitismo proclamato in Mein Kampf “oltre che privo di valore scientifico e storico, non fu neanche utile alla dottrina politica hitleriana, perché ne infiacchiva i presupposti, le basi, le finalità”.  

[17]           Cfr.: L’uomo che poteva salvare il Duce, Sperling & Kupfer, Milano 2001.

[18]              Sulla resistenza cattolica al flagello dell’usura cfr.:  Carmelo Ferlito, Dentro la crisi Combattere la crisi difendendo il mercato,  Solfanelli, Chieti 2010.

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