In un’epoca bislacca, approssimativa, esasperatamente relativista ed eticamente molto svagata come la nostra, la rilettura dell’opera del compianto filosofo e storico genovese Piero Vassallo – esponente di primo piano della Destra cattolica italiana – risulta importante ed utile in quanto analizza e chiarisce, nel suo insieme, gli errori e le mistificazioni filosofiche e storiche derivanti dalla ideologizzazione e dal regresso contenutistico della Cultura italiana. Un fenomeno che, a partire dal secondo dopo guerra fino ai nostri giorni, ha visto correi sia i ‘pensatori’ di Sinistra sia buona parte di quelli di Destra (posto che questi termini abbiano ancora un significato). A questo proposito, prendiamo in analisi – prassi che non si addice ad un editoriale classico – un piccolissimo libro (43 pagine) intitolato Nuovi Orientamenti edito nel 2011 dalla ormai scomparsa cooperativa editoriale fiorentina Nuova Aurora, fondata da chi scrive. Due parole, innanzitutto, sull’Autore. Piero Vassallo era, anzi è stato, un filosofo, politologo ed esperto studioso di Storia del Cristianesimo di grande caratura. Egli si formò alla scuola di personaggi di chiesa importanti e controcorrente, come il cardinale Giuseppe Siri e Don Gianni Baget Bozzo. E’ stato discepolo ed esegeta di intellettuali cattolici antimodernisti come Federico Sciacca, Cornelio Fabro e Antonio Livi, legittimo eredi della sottovalutata ma nobile tradizione degli oppositori al Razionalismo: Blaise Pascal, Claude Buffier, Thomas Reid ed Etienne Gilson.
Una ‘scuola’ quella frequentata da Vassallo che lo portò allo studio dei difensori di quel Gianbattista Vico che, cozzando contro l’ateismo cartesiano, sostenne e in parte dimostrò che il “cammino della Storia inizia dalla coscienza che Dio esiste” e che l’essere crea l’idea e non il contrario, come asseriscono i nipotini di Hegel. Conseguentemente, sulla scia di Livi, Vassallo ha ingaggiato una feroce guerra contro i cosiddetti teologi progressisti e irrealisti (Teihard de Chardin e Karl Rahner). Manco a dirlo, l’intera opera di Vassallo è stata demonizzata dai sostenitori della chiesa della liberazione, dai post-dossettiani democristiani, dagli alfieri del ‘modernismo scientologico e ateo’, dagli ingenui fan di papa Bergoglio il Rivoluzionario e, naturalmente, dagli idealisti buonisti incantati dai pifferai del pregiudizio antimetafisico a tutti i costi. Quest’ultima schiera brancaleonica, ma supponente e molto potente politicamente e finanziariamente parlando, nella quale si intravede una mal digerita comprensione dell’Umanesimo, ha fatto dunque barriera acritica contro uomini come Vassallo, screditando non soltanto la metafisica, ma anche la logica, innalzando il pensiero umano sopra l’Essere (operazione funambolica e azzardata che presume un’assurda collocazione dell’uomo ad artefice dell’Assoluto). Inerpicandosi lungo le strette e ripide mulattiere che porterebbero ad una sorta di liberazione e semplificazione della vita umana, i nuovi guru dell’Umanesimo ateo (cioè i vari Vattimo, Severino, Odifreddi, Flores d’Arcais, Scalfari) – soliti ad appropriarsi indebitamente di Aristotele ad ogni piè sospinto – si affannano attraverso rimedi alchimistici e soggettivisti per creare addirittura un Uomo Nuovo che non abbia bisogno di nulla tranne che di se stesso. Il tutto non ricordando che la soluzione del dilemma circa la coniugazione positiva tra aristotelismo e cristianesimo era già stata brillantemente scoperta da San Tommaso che aveva in questo modo risolto temi spinosi, quali il rapporto tra Etica e Potere e la ricerca originaria del Senso Comune, inteso come insieme sempiterno di quelle Verità che costituiscono un sapere universale pregresso all’idea stessa di uomo. Attraverso Nuovi Orientamenti, Vassallo penetra e disintegra con la logica aristotelico-cristiana il rottamaio ateo dell’irrealismo modernista di Sinistra. Ma non si limita a ciò. Egli scudiscia, nel contempo, gli alfieri della neo Destra filosofica e politica italiana incapace di difendere pensieri e concetti che stanno alla base del già citato ‘senso comune’ tanto necessario anche alla comprensione del significato filosofico della Storia. Nel corso di questa operazione, l’Autore penetra nell’intestino crasso della Destra italiana, sezionandone i suoi tratti metastatici. Poiché – è inutile negarlo – la sopracitata caleidoscopica e disordinata Destra ‘attuale’ stenta a trasformarsi in agorà di un pensiero positivo, avendo abdicato, almeno in parte, ai valori della Tradizione cristiana e della Patristica (fondamento del Progresso post pagano) in nome di una sorta di pensoso delirio. Un delirio oscillante tra un anelito di pseudo libertà qualunquista e un conto in banca o, addirittura, rispolverando deliri eleusini e suggestioni boreali e pagane germaniche. Come annota l’Autore, ai giorni nostri, in Italia, gli ideali della così chiamata Destra tradizionale vengono condivisi o meglio intuiti da un vasto popolo di persone ragionevoli ma smarrite. Esse, infatti, non riescono ad identificarsi in una classe politica, quella di Centro-Destra, che, oltre a palesare contraddizioni e incongruenze di programma, non possiede (come d’altra parte il Centro-Sinistra) nemmeno una linea guida pseudo unitaria o catalizzante, atta a trasformare le intenzioni in chiari ed utili programmi. Una guida pragmatica, ma etica, capace di separare ciò che è utile dall’inutile per il popolo, attraverso l’inganno, a suo personale beneficio (come è noto, la biada demagogica è il sostentamento dell’animale politico italiano). Ma non è tutto. Anche nell’area della cosiddetta ‘buona Destra’ (e questo rappresenta il fatto più grave) imperversa ormai una galassia di gruppuscoli d’assalto che, rotolandosi nel fango tiepido di letture mal comprese o addirittura fuorvianti (Guénon, Nietzsche, Evola, Stirner e, in parte, Heidegger)si pasce di qualche infantile emozione. Tutta questa tragicomica confusione produce, infine, nel Centro-Destra una sorta di emulazione dei mali del Centro-Sinistra. E come se non bastasse, l’abbandono di quest’area da parte degli onesti e la loro quasi meccanica sostituzione – poiché imposta dalla prassi partitica – da parte di elementi tribali provenienti dalla marginalità paleo-destrorsa e “reducista”, svilisce ulteriormente il quadro generale. Soggetti, questi, cerebralmente ipercinetici, rivisitatori di riti italici romani precristiani e addirittura magici. Si trattasi di teste rasate contenenti non materia grigia, ma il vuoto pneumatico, replicanti ideologizzati incapsulati nella terza fila della grafomania murale (in questo non si discostano dai loro compagni dei centri sociali). Nel suo piccolo, ma utile libro, Vassallo mette dunque in evidenza che, nonostante il totale fallimento delle ideologie del Progresso di tradizione marxiana, il Centro-Destra latita e stenta a ritrovare, attraverso la rilettura di autentici geni dimenticati come Livi o Fabro, una sua anima cogitante et agendi in grado di sintetizzare logicamente e armoniosamente Tradizione e Ragione e, lo ripetiamo, Buon Senso, eliminando ogni cifra di delirio dal proprio vocabolario interiore in nome di un Progresso autentico.
Un’ultima annotazione. Piero Vassallo mi fu profondo e simpatico maestro e mi avviò all’approfondimento di Gianbattista Vico. Mi fu dotto ma gaio nocchiero, come ho detto, ma soprattutto mi fu grande amico. Ecco, come tale, oltre i suoi indubbi meriti, lo voglio ricordare, poiché l’amicizia, quella vera, insegna a vivere assai di più che un pur ottimo libro.
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