E’ ben noto che prima, durante e dopo una guerra conclamata, molti governi ricorrano a operazioni cosiddette “coperte” per pilotare determinati orientamenti politici, sia in patria che in altri Paesi. La Russia, ad esempio, ha condotto numerose operazioni per eliminare dissidenti, che sono state stigmatizzate dai governi europei come “inammissibili”, in quanto caratterizzano un sistema autoritario, ma andando ad analizzare alcuni fatti storici, si può notare come queste non siano solo portate dai Paesi cosiddetti autocratici (come quelle del Mossad israeliano, per esempio), ma si estendano anche a governi che si definiscono democratici e progressisti.
Per citare un esempio, nell’ottobre 1960 i servizi segreti francesi allestirono una missione altamente segreta per eliminare Felix Roland Moumié (1925-1960), leader in esilio dell’UPC (Unione dei Popoli del Camerun), che fu invitato a “Le Plat d’Argent”, elegante ristorante di Ginevra, da un’affascinante studentessa camerunense e da un’altra donna che si presentò come giornalista. Moumiè fu trovato agonizzante poche ore dopo nell’albergo dove alloggiava, e morì dopo due settimane di agonia per avvelenamento.
E’ solo uno di molti esempi di operazioni che gli addetti ai lavori definivano “Homo”, portate a termine dallo SDECE (Service de Documentation Exterieure et de Contre-Esionnage), che a quel tempo era comandato dal generale Paul Grossin (1901-1990).
Era il periodo della drammatica lotta per l’indipendenza algerina, e l’operazione venne autorizzata dai massimi vertici dello Stato, per colpire i più significativi e pericolosi elementi filo-algerini, non solo in Europa o nella stessa Algeria, ma anche in diversi contesti africani, in maggior parte ex colonie da poco indipendenti, con lo scopo di conservare l‘influenza politica.
Con la giustificazione di eliminare “un pericoloso estremista africano che agiva contro il suo stesso Paese per alimentare il conflitto etnico”, lo SDECE, una delle più radicali espressioni del gaullismo francese, preparò ed eseguì l’assassinio del leader UPC, come confermarono il generale Paul Aussaresses del direttivo SDECE, e lo stesso responsabile delle operazioni SDECE in Africa, Maurice Robert, il quale confermò l’esistenza di un vero e proprio programma segreto per sostenere il presidente del Camerun, Ahmadou Ahidjo (1924-1989), che per altro mise in atto una sanguinosa repressione degli oppositori. Ancora oggi, i documenti relativi a questo e ad altri fatti “inspiegabili”, sono custoditi negli archivi dei servizi francesi, ma certe verità sono venute inevitabilmente alla luce, e costituiscono le tessere di un mosaico che trovano la loro sede alla perfezione.
Le “Comité d’Organisation”
Da quando in Francia nacque la Quinta Repubblica, nel 1958, ogni inquilino dell’Eliseo pare abbia fatto ricorso alle cosiddette operazioni “Homo” (acronimo di “Homicide“), in un modo o in un altro, e solo pochissimi si arebbero rifiutati, cercando altre soluzioni. Una prerogativa della concessione, da parte della legge dello Stato per la sicurezza, della cosiddetta “licenza di uccidere”, che si richiama alla assoluta segretezza, condivisa solo da un ristretto gruppo di funzionari, fra cui il direttore del DGSE, il capo del Gabinetto Presidenziale, il capo dello stato maggiore generale delle forze armate e, non sempre, il ministro della Difesa.
Questo ristretto ed esclusivo “Comitato Direttivo”, aveva alle proprie dipendenze alcune squadre d’intervento speciale che potevano essere mobilitate in qualsiasi momento, e che facevano capo alla sezione AS (Action de Service) del DGSE.
Pare che una di queste squadre, detta “Alpha”, sia stata attiva almeno fino a metà degli anni ’80 del secolo scorso, e che fino ad allora abbia condotto operazioni estremamente segrete. In ogni caso, pare che tale dispositivo sia comunque attivo anche attualmente, all’interno dell’apparato statale francese, come in quelli di molti altri Paesi non solo europei, insieme ad altre risorse impiegate dalle Unità AS, anche se al giorno d’oggi, all’interno degli eserciti, le forze speciali hanno acquisito sempre più influenza, sostituendo gradualmente organismi come l’AS. Un esempio sono le squadre del COS/SOC (Special Operation Command) elementi di élite specializzati in interventi “chirurgici” su obiettivi definiti “HVT” (High-Valour Target) sia in tempo di guerra che in condizioni di pace.
Con la globalizzazione della sicurezza, dove tutti spiano tutti, vige comunque anche un collegamento operativo fra vari servizi speciali e, non di rado, è richiesta la collaborazione di strutture specifiche come alcuni uffici segreti americani, con strumentazioni altamente tecnologiche, contractors altamente specializzati e ausiliari. In pratica, accade che gli stessi vertici dei servizi francesi richiedano, e ottengano, la cooperazione di altri organismi.
Secondo alcune analisi e informazioni derivate da fonti anonime, pare che dal 2013 il DGSE sia ricorso a operazioni del genere in più di un centinaio di occasioni, anche durante i mandati presidenziali da Francois Hollande a Emmanuel Macron.
L’opinione pubblica in generale ignora certi avvenimenti, che si collegano alle dichiarazioni di Alexandre De Marenches, direttore dello SDECE (antesignano del DGSE) dal 1970 al 1981, il quale affermò che “uno Stato di diritto ha, in quanto tale, il diritto di difendersi, anche clandestinamente”, giustificando così l’omicidio sottoposto alla machiavellica “ragion di stato”.
Successi, fallimenti ed “effetti collaterali”
In quest’ambito si collocano anche operazioni non riuscite, come il tentato omicidio del leader del movimento rivoluzionario di liberazione algerino Ahmed Ben Bella (1916-2012) e dell’ex presidente egiziano Gamal Abd el-Nasser (1918-1970), per finire ai diversi tentativi contro il leader libico Muhammar Gheddafi (1942-2011), culminati con il disastro aereo di Ustica del giugno 1980, costato la vita a 81 persone, anche se apparentemente la strage è ancora senza colpevoli. Per non parlare dei recenti clamorosi fiaschi nel Mali, che hanno scatenato una vera e propria ondata di violenze, fra un colpo di stato e l’altro.
L’uccisione del leader algerino Ben Bella, nel 1956, nacque da un’idea dell’allora capo del governo Edgar Faure (1908-1988), che ne affidò l’esecuzione allo SDECE, con l’operazione “Hors-Jeu”, dopo che diversi progetti erano già falliti, come quello all’Hotel Mehari al Cairo. Ben Bella sarà poi sequestrato da operatori dello SDECE insieme ad altri quattro leader del Fronte di Liberazione Nazionale Algerino nell’ottobre ’56, in seguito al dirottamento dell’aereo sul quale viaggiava, da Rabat a Tunisi, organizzato dallo SDECE.
Alcuni documenti trapelati negli anni seguenti, rivelarono inoltre il tentativo di uccidere Abd el-Nasser nel dicembre ’56 a Port Said, in Egitto, con un potente ordigno comandato a distanza. Il presidente egiziano era infatti considerato un nemico della Francia, perché sostenitore e finanziatore dell’indipendentismo algerino. In collaborazione con i servizi segreti israeliani, Mossad e Aman (intelligence militare), un commando della AS, affiancato da una squadra del Mossad, nascose 300 kg di TNT sotto la piazza principale di Port Said. L’esplosione fu boccata all’ultimo momento da “ordini superiori” (cioè dagli stessi capi dei servizi in Francia e Israele), perché il complotto era stato scoperto e le conseguenze diplomatiche sul piano internazionale sarebbero state catastrofiche.
Questo modus operandi, fu caratteristica di base dei servizi francesi specialmente durante la guerra d’Algeria, dal 954 al ’62, nella quale il governo francese dispose diverse operazioni per eliminare non solo combattenti algerini, ma anche cittadini europei coinvolti nel conflitto. Sotto il comando dell’allora presidente Charles De Gaulle (1890-1970), i servizi segreti francesi promossero piani per eliminare anche cittadini francesi sospettati di collaborare con il Fronte di Liberazione Nazionale Algerino (FLN), non solo in terra d’Africa, ma anche sul suolo europeo.
“Monsieur Afrique”
Le operazioni catalogate come “Homo”, con tanto di dettagli operativi, furono rivelate oltre mezzo secolo dopo l’indipendenza dell’Algeria, nel libro “Les Tueurs de la République” (“Gli assassini della Repubblica”) del giornalista investigativo Vincent Nouzille, il quale entrò in possesso di documenti inediti dell’archivio personale del segretario generale dell’Eliseo, Jacques Foccart (1913-1997), relativi alla gestione di certi…“affari africani“, fra il 1958 e il 1974. Non a caso, Foccart era soprannominato “Monsieur Afrique”, oltre ad essere consigliere particolare di De Gaulle per la politica coloniale, e uno fra gli uomini più potenti della Quinta Repubblica.
In sostanza, un programma di “uccisioni selezionate” affidate allo SDECE, agenzia di intelligence con un ruolo centrale nel controllo delle popolazioni colonizzate dalla Francia, avvallate dal capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Georges Cabanier (1906-1976), e coordinate dal direttore dello SDECE, generale Paul Grossin, con approvazione finale dello stesso De Gaulle.
Secondo recenti studi, pare che le operazioni “Homo” eseguite nel corso dei sette anni della guerra algerina, siano state circa 200, anche se è difficile giungere a verifiche ufficiali, a causa della natura estremamente segreta delle medesime.
Secondo Constantin Melnik (1927-2014), consigliere del primo ministro incaricato degli affari di intelligence dal 1959 al ‘62, solo nel 1960 sarebbero stati eseguiti 140 incarichi “Homo”, tutti in violazione del diritto internazionale e della stessa legge francese, e in un periodo di profonda instabilità politica in Francia, provocata dalla crisi del maggio 1958, e dal tentato colpo di stato ad Algeri, portato da ufficiali dissidenti delle forze armate, insoddisfatti dell’andamento della guerra. La stessa crisi che riportò De Gaulle al potere e alla Quinta Repubblica, con la onnipresente figura di Jacques Foccart dietro le quinte.
Molti documenti dell’archivio Foccart, relativi alle attività dello SDECE, risalgono al 1958, e fra questi, suscita particolare interesse un elenco di nove nomi, divisi in tre categorie: “Francesi pro-FLN”, fra cui il giornalista di sinistra Jacques Favrel; “Trafficanti”, cioè venditori di armi per l’FLN e membri di reti di supporto per legionari disertori; “Politici”.
In un altro documento, pubblicato nel libro del giornalista Nouzille, si trova poi un resoconto dettagliato di 38 operazioni effettuate dal gennaio 1956, compresi omicidi e sabotaggi. Di queste operazioni, 17 sono state cancellate per ordine superiore, o per “dubbia sicurezza”, altre nove sono definite “in preparazione”.
Il reparto che si occupava di queste missioni era un ristretto gruppo distaccato dall’11° Reggimento Paracadutisti, in pratica il braccio armato dello SDECE in Algeria, Tunisia e Marocco, veterani dell’Indocina, esperti in tecniche di sopravvivenza e guerra psicologica, al comando del colonnello Jacques Morlanne (1909-1978), convinto sostenitore del metodo “Homo” soprattutto perché temeva una invasione sovietica dell’Algeria. Fu proprio Morlanne che, secondo alcune testimonianze, nella primavera 1956 eseguì l’omicidio di Mustafa Bel Boualaid, uno dei fondatori del FLN algerino e capo degli insorti nella regione di Aurès. Un piano sostanzialmente semplice: una sofisticata apparecchiatura radio venne paracadutata sulle alture dell’Aurès, facendo in modo che i ribelli la localizzassero. Il tutto fu portato al cospetto di Ben Boualaid e, a quel punto, fu fatta esplodere da un comando a distanza, uccidendo il leader algerino e due guardie del corpo.
Sempre da documenti dell’archivio Foccard, lo SDECE prese di mira anche personalità in Francia, soprattutto rinomati avvocati, sostenitori dei diritti umani e dell’indipendenza algerina, fra cui Mourad Oussedik, Jacques Vergès e Moktar Ould Aoudia, che fu lo stesso Foccart a portare all’attenzione dei servizi segreti. Fra questi, sottoposti a sorveglianza particolare, Aoudia fu ucciso nel maggio ’59, mentre usciva dal proprio ufficio a Parigi, da killer appartenenti all’unità segreta SDECE nota come Main Rouge (Mano Rossa), che operò diversi attacchi a sostenitori del FLN algerino in diversi Paesi europei, ad esempio nella Repubblica Federale Tedesca, la ex Germania Ovest. Si conoscono almeno dieci azioni portate dalla Main Rouge in Europa a partire dal 1956, e di queste almeno sei furono eseguite nella Germania Occidentale, come l’omicidio della avvocatessa algerina Ameziane Ait Ahcene, figura di riferimento di una cellula di supporto del FLN, che nel novembre ’58 fu uccisa da raffiche di mitragliatrice all’interno della propria auto, di fronte all’ambasciata tunisina di Bonn, e morì qualche giorno dopo per le ferite.
Incarichi particolari in Nord Africa ed Europa
Altre azioni, come già detto, furono fermate all’ultimo momento, per il rischio di funeste conseguenze politiche internazionali, come quella contro Ahmed Ben Bella, sebbene lo SDECE riprese in seguito l’azione, arrivando a dirottare l’aereo sul quale viaggiava colui che doveva diventare presidente dell’Algeria indipendente, insieme ad altri leader del FLN. L’aereo, che percorreva la rotta Rabat-Tunisi, fu fatto atterrare ad Algeri, Ben Bella fu arrestato e rilasciato nel ‘62, dopo la firma dell’Accordo di Evian (18 marzo 1962), che sancì la fine del conflitto algerino e aprì la strada all’indipendenza.
Altra azione interrotta fu quella contro il presidente egiziano Abdel Nasser, nel dicembre ’56, che doveva morire in una esplosione controllata a distanza a Port Said, non solo per essere sostenitore e finanziatore dell’FLN, ma anche per i contrasti fra Egitto e Francia sorti durante la “Crisi di Suez”.
L’Affare Nasser era la punta dell’iceberg di una indagine approfondita sui finanziatori del Fronte di Liberazione algerino, che comprese anche il tedesco Wilhelm Beisner, ex agente della Gestapo in Jugoslavia durante la seconda guerra mondiale, diventato uno dei principali fornitori di armi della resistenza algerina, attivo fra Il Cairo, Damasco e Monaco di Baviera. Nel 1957, Beisner era stato reclutato dal Federal Intelligence Service (BND) della Germania Ovest, fino a quando fu minacciato dallo SDECE perché interrompesse i traffici con l’FLN. Nell’ottobre 1960, una bomba a frammentazione esplose nella sua auto a Monaco, ferendolo gravemente, per opera della squadra “Main Rouge” con l’appoggio del Mossad.
Altro obiettivo dello SDECE fu Otto Schluter, commerciante di armi di Amburgo e sostenitore del FLN, coinvolto nella spedizione di fucili e munizioni Mauser, sottratti da depositi della seconda guerra mondiale e fatti arrivare clandestinamente in Libia, Iraq, Kuwait, Yemen e Gibuti. Nel settembre 1956, una potente bomba esplose nel suo ufficio e uno dei suoi dipendenti rimase ucciso. Da allora Schluter ricevette avvertimenti e minacce fino a quando, nel giugno ‘57, la sua Mercedes esplose uccidendo all’istante la madre, mentre lui rimase ferito. Dopo questo attacco, Schluter chiuse ogni collegamento con l’FLN e si ritirò a vita privata.
Tale George Puchert, di nascita lettone e naturalizzato tedesco, fu un altro obiettivo dello SDECE. Noto con il soprannome di “Captain Philip Morris”, per essersi arricchito con il contrabbando di sigarette, divenne trafficante di armi con base a Tangeri, in Marocco, dove si trovava anche il principale quartier generale del ALN, l’esercito del FLN, e dove smerciava, oltre che fucili, mitragliatrici e pistole, anche armi pesanti come bazooka, mortai e cannoni. Pucher aveva una sua rete di informatori e contatti, e aveva importanti legami con influenti personalità della resistenza algerina, tanto da essere presente a diversi incontri preliminari per l’organizzazione della conferenza che portò all’Accordo di Evian. Fu ucciso nel marzo ’59 da una bomba che fece saltare in aria la sua Mercedes, a Francoforte. I suoi resti furono restituiti all’Algeria solo nel marzo 2006.
E’ ancora l’archivio Foccart a rivelare l’operazione “Homo” del 1958 contro Wilhelm Schulz-Lesum, che lo SDECE aveva identificato come “persona estremamente dannosa per gli interessi francesi in Algeria”. Si trattava di un cittadino austriaco, ingegnere qualificato e ufficialmente responsabile di una società di import-export, con residenza a Tetouan, in Marocco, da dove teneva contatti diretti con l’ambasciata della Germania Ovest in Marocco e a Madrid. Le indagini dello SDECE avevano rivelato che, dietro le relazioni commerciali, Schulz-Lesum gestiva una rete di supporto al FLN, grazie alla quale aveva offerto assistenza per la fuga di almeno quattromila legionari durante la guerra d’Algeria, che in parte venivano portati a Madrid via Ceuta e Algeciras, e facevano da ponte con gli emissari dell’FLN nella città algerina di Saida.
Schulz-Lesum svolgeva un lavoro in linea con gli obiettivi politici dell’FLN, per incoraggiare i soldati francesi a disertare, e proprio per questo, nell’ottobre 1956, il Consiglio Nazionale della Rivoluzione Algerina (CNRA) istituì il servizio per il rimpatrio dei disertori. Un anno prima, il comandante della 10a Regione Militare, generale Henri Lorillot (1901-1985), aveva comunicato al ministro della Difesa il significativo aumento delle diserzioni nelle unità della Legione Straniera, e la città di Tetouan faceva parte di una delle principali rotte utilizzate per la fuga dei legionari, provenienti da El Aricha (Algeria nord-occidentale), via Nador (Marocco nord-orientale) e fino a Tetouan, dove Schulz-Lesum li riceveva e li preparava per la partenza verso l’Europa.
Lo SDECE aveva informazioni che Nador fosse una delle principali basi clandestine per il Comitato di Liberazione del Maghreb, nonché nodo focale del commercio clandestino di armi per i combattenti algerini e marocchini. Fu su questa traversata che, fra altri, il legionario tedesco Manfred Kober, del 1° Reggimento Legion Etrangére, si unì al FLN con altri 20 compagni, armi ed equipaggiamento, nel dicembre 1956. Schulz-Lesum lo portò in aereo a Madrid e poi a Berlino, dove si trovavano diversi organismi di sostegno al FLN e alla causa algerina, che volevano favorire il processo di decolonizzazione. Non a caso, dalla Germania Ovest partirono diversi agenti del BND per Siria, Sudan ed Egitto, dove i servizi segreti tedeschi avevano solidi legami con l’FLN. Così, il BND mantenne i contatti con Schulz-Lesum e lo avvertì delle minacce dei servizi segreti francesi. Lo SDECE tentò l’eliminazione utilizzando la Main Rouge sul suolo tedesco, ma quando, nell’agosto 1958, Foccart decise la condanna a morte di Schulz-Lesum, questi era già fuggito a Madrid e aveva fatto perdere le proprie tracce, poi cessò ogni contatto con l’FLN e riprese la professione di ingegnere.
Dall’esposizione di quanto sopra, appare evidente che la il governo democratico francese, di natura presidenzialistica, non ebbe alcuna esitazione a violare sia il diritto internazionale che qualsiasi regola di natura morale nell’opporsi all’FLN e, non di rado, a parte le uccisioni, ricorrendo alla sistematica tortura. Da parte sua, la Germania Ovest, Paese anch’esso di ideologia democratica, non ebbe alcun problema a sostenere l’FLN in funzione antifrancese. Non era d’altra parte un caso isolato: in Italia il ben noto Enrico Mattei (1906-1962), che nel ’53 creò l’ENI, da imprenditore e non da uomo dei servizi segreti, sostenne l’indipendenza dell’Algeria, sia per ragioni commerciali legate al petrolio, ma anche per convinzione ideologica personale, pagando con la vita sia le prime che la seconda.
In ogni caso, nel contesto della Guerra Fredda, e più specificatamente, nella decolonizzazione, la maggior parte dei Paesi democratici non si sono fatti scrupoli nel servirsi di strumenti che poco o nulla hanno a che fare con i valori sui quali la democrazia stessa è stata fondata, tanto meno con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, alla quale la Francia aveva aderito nel 1945, Israele nel ’49, e l’Italia nel ’55.
Francia, OAS e Pied-Noir
Nella lotta per l’indipendenza, e nella guerra senza esclusione di colpi contro le autorità coloniali francesi, Parigi dimostrò totale assenza di scrupoli nel tagliare i ponti con qualunque elemento potesse avere collegamenti con la colonia (e quindi potenzialmente pericoloso), abbandonando a sé stessi anche i cittadini francesi che, come coloni (i cosiddetti Pied-Noir), si erano trasferiti in Algeria e, all’atto dell’indipendenza, espressero il desiderio di rientrare in patria o furono espulsi. A coloro che riuscirono a tornare in Francia, il governo riservò un trattamento decisamente ignobile, che ricorda le modalità con cui l’Italia, nel 1970, riaccolse i coloni inviati in Libia ed espulsi dalle autorità locali. Una conseguenza della spietata lotta fra governo francese, FLN algerino e Organisation Armée Secrète, che da parte sua combatteva in modo altrettanto feroce.
La OAS, creata in risposta al referendum del gennaio 1961 sull’autodeterminazione per l’Algeria, è nota nell’immaginario popolare per essere comparsa in diversi romanzi di successo, ad esempio in “Al servizio segreto di Sua Maestà“ di Ian Fleming, in “Wrath of the Lion“ di Jack Higgins, e in famose pellicole cinematografiche, fra cui “L’Insoun“ di Alain Cavalier del 1964, e soprattutto ne “Il giorno dello sciacallo“ tratto dal romanzo di Frederick Forsyth, che ne parla anche in “The Dogs of War“, nonché nel noto “JFK“ di Oliver Stone e in “L’Istinc de Mort“ del 2008, che descrive la vita del criminale francese Jacques René Mesrine (1936-1979), che prese parte alla guerra d‘Algeria come paracadutista, e nella quale pare sia stato incaricato di uccisioni sommarie di prigionieri.
A parte l’aspetto romantico e romanzesco, L’OAS fu fondata in Spagna, nel gennaio 1961, dagli ex ufficiali della Legion Etrangére Pierre Lagaillarde (1931-2014, che guidò l’assedio di Algeri del 1960), dal generale Raoul Salan (1899-1984, che prese parte al putsch di Algeri del 1961) e da Jean-Jacques Susini (1933-2017), insieme ad altri membri dell’esercito francese, tra cui Yves Guérin-Sérac (1926- ), ed ex membri della Legione Straniera, veterani della prima guerra d’Indocina (1946–1954). Questi ufficiali unirono le precedenti reti anti-FLN come l’ Organisation de Résistance de L’Algérie Française e, sebbene avessero una base ideologica fondamentalmente anticomunista e autoritaria, in comune con la visione politica di molti coloni, includevano anche molti ex comunisti e un certo numero di membri che vedevano la lotta in termini di difesa dei legami fraterni fra algerini e coloni francesi, contro il FLN.
In Francia, l’OAS reclutava principalmente tìfra i movimenti politici apertamente fascisti, mentre in Algeria la composizione era politicamente più diversificata, e comprendeva anche un gruppo di ebrei algerini, guidati da Jean Guenassia, che iniziò la resistenza armata dopo una serie di attacchi dell’FLN al quartiere ebraico di Orano. Alcuni membri dell’OAS algerino concepivano il conflitto in termini di Resistenza francese e, in contrasto con le successive rappresentazioni golliste del movimento, includeva un certo numero di ex membri della Resistenza oltre a collaborazionisti del governo di Vichy.
La resistenza contro l’indipendenza algerina iniziò nel gennaio 1960, con violenze scoppiate nel 1961 durante la rivolta generale e, secondo alcuni storici, pare siano stati coinvolti anche esponenti della rete Stay Behind-Gladio, dirette dalla NATO, ma non è stata trovata alcuna prova definitiva. Entrambe queste insurrezioni furono violentemente represse, e molti dei leader che avevano creato l’OAS furono imprigionati.
Con atti di sabotaggio e assassini, sia in Francia che in altri Paesi europei e anche in territorio algerino, l’OAS aveva lo scopo di impedire l’indipendenza dell‘Algeria. Uno dei primi omicidi fu quello di Pierre Popie, avvocato e presidente del Mouvement Républicain Populaire (MRP). Roger Gavoury, capo della polizia francese ad Algeri, fu assassinato sotto la direzione di Roger Degueldre, leader dell’OAS-Commando Delta, per mano di Claude Piegts e Albert Dovecar nel maggio 1961, arrestati e giustiziati nel ‘62.
Nell’ottobre ‘61 Pierre Lagaillarde, fuggito nella Spagna franchista dopo la “settimana delle barricate“ del 1960, fu arrestato a Madrid, insieme all’attivista italiano Guido Giannettini, quindi esiliato alle Canarie.
Nel marzo ‘62 il Commando Delta si impegnò in omicidi indiscriminati, prendendo di mira semplici impiegati, ispettori del ministero dell’Educazione Nazionale, donne delle pulizie, fino a compiere non meno di duemila omicidi fra il 1961 e ’62.
Fra gli obiettivi primari dell’OAS, vi era soprattutto lo stesso presidente De Gaulle, contro il quale furono effettuati diversi tentativi, cone quello dell’agosto ‘62 nel sobborgo parigino di Petit-Clamart, pianificato da un ingegnere militare che non era membro dell’OAS, Jean Bastien-Thiry, giustiziato nel marzo ‘63.
L’uso della violenza da parte dell’OAS creò una forte opposizione da parte di alcuni esponenti di spicco dei Pieds-Noirs e nella Francia continentale. Di conseguenza, l’OAS alla fine si trovò in un conflitto non solo con l’FLN ma anche con i servizi segreti francesi e con il Mouvement Pour la Communauté (MPC), formazione paramilitare gaullista in contatto con lo SDECE, e successivamente annientata dalla stessa OAS.
Uno degli obiettivi principali dell’OAS era dimostrare che l’FLN stava riprendendo segretamente l’azione militare, dopo che un cessate-il-fuoco era stato concordato con l‘Accordo di Evian del marzo ‘62 e con il referendum del giugno seguente. Durante questi tre mesi, l’OAS scatenò una ulteriore campagna terroristica per costringere l’FLN ad abbandonare il cessate-il-fuoco, con oltre 100 bombe al giorno nel solo mese di marzo, non risparmiando nemmeno ospedali e scuole. Decine di residenti arabi furono uccisi ad Algeri, in Place du Gouvernement, quando 24 colpi di mortaio furono sparati dalla roccaforte di Bab el-Oued. In febbraio furono uccise 25 persone a Orano, oltre 60 ad ancora ad Algeri in maggio. L’esercito francese circondò e assaltò il quartiere di Bab el Oued e negli scontri morirono 35 persone e altre 150 furono i feriti.
Il 26 marzo, i leader dell’OAS proclamarono uno sciopero generale ad Algeri e invitarono i coloni europei a Bab el-Oued per rompere il blocco delle forze militari fedeli a De Gaulle e alla Repubblica. Un distaccamento di fucilieri (truppe musulmane dell’esercito francese) sparò sui manifestanti, uccidendo 54 persone e ferendone 140 in quello che è noto come lo “scontro di Rue d’Isly“.
Nell’aprile ‘62 il leader dell’OAS, Raoul Salan, fu catturato, ma nonostante questo, e le numerose bombe fatte esplodere dall‘OAS, l’FLN rimase risoluto nel rispettare il cessate-il-fuoco, e a metà giugno ‘62, anche l’OAS si adeguò alla tregua. Le autorità algerine si impegnarono a garantire la sicurezza dei cittadini europei, ma all’inizio del luglio ‘62 avvenne il massacro di Orano: centinaia di persone armate scesero per le strade, attaccando i coloni europei, con linciaggi e atti di tortura in luoghi pubblici da parte di membri dell’ALN, braccio armato dell’FLN.
Fra alterne vicende, nel corso del 1963 i principali agenti dell’OAS furono uccisi o incarcerati, dopo che Claude Piegts e Albert Dovecar vennero giustiziati e, con l’arresto di Gilles Buscia, nel ‘65, l’organizzazione cessò di esistere. I membri dell’OAS incarcerati furono amnistiati da De Gaulle nel luglio ’68 e gli ufficiali superiori ancora in vita nel novembre ‘82 furono reintegrati nell’esercito. Molti membri dell’OAS in seguito presero parte a varie lotte anticomuniste in diversi Paesi.
L’OAS aveva alla fine fallito i proprio obiettivi di ottenere il riconoscimento ufficiale e il reintegro dei privilegi di legge riservati ai cittadini francesi e di altri Paesi europei, trapiantati in Algeria, e ai loro discendenti, i coloni cosiddetti Pied-Noir, che in gran numero partirono per la Francia continentale quando l’Algeria ottenne l’indipendenza.
Dall’invasione francese del 18 giugno 1830 fino all‘indipendenza, l’Algeria faceva amministrativamente parte della Francia, e la popolazione europea era identificata semplicemente come “coloni franco-algerini“, mentre i musulmani come arabi o indigeni. Il termine Pied-Noir iniziò ad essere comunemente usato poco prima della fine della guerra d’Algeria nel ‘62. Secondo il censimento del giugno 1960, l’ultimo nell’Algeria sotto dominio francese, vi erano circa un milione di coloni non musulmani (per lo più cattolici, con una minoranza di 130mila ebrei algerini), cioè il 10% della popolazione.
Durante la guerra d’Algeria i Pieds-Noir appoggiarono senza riserve l’autorità francese, e si opposero ai gruppi nazionalisti come l‘FLN e il Mouvement National Algérien (MNA). Le radici del conflitto sono quindi da ricercare nelle disuguaglianze politiche ed economiche, percepite come alienazione dal dominio francese, nonché come una richiesta di posizione di leadership per le culture e le regole berbere, arabe e islamiche esistenti prima della conquista francese. Il conflitto contribuì alla caduta della Quarta Repubblica francese e all’esodo degli algerini europei ed ebrei verso la Francia.
Dopo che l’Algeria divenne indipendente, nel 1962, circa 800mila Pieds-Noir furono evacuati in Francia, mentre altri 200mila rimasero in Algeria. Coloro che si trasferirono in Francia subirono un pressante ostracismo da parte della Sinistra per lo sfruttamento dei musulmani nativi, mentre altri li ritenevano responsabili per la guerra e per i disordini politici che contribuirono al crollo della Quarta Repubblica. Nella cultura popolare, la comunità è spesso rappresentata come lontana dalla cultura francese, per questo motivo la storia recente dei Pied-Noir è stata caratterizzata da una duplice alienazione, dalla terra di nascita e da quella di adozione.
Ci sono teorie contrastanti sull’origine del termine Pied-Noir, ad esempio, “persona di origine europea che vive in Algeria durante il periodo del dominio francese“, in particolare “francese espatriato dopo l’indipendenza dell‘Algeria“. Nei primi anni del ‘900, l’espressione Pied-Noir indicava un marinaio che lavorava scalzo nella carboniera di una nave, quindi con i piedi anneriti dalla fuliggine. Poiché, nel Mediterraneo, questo lavoro era svolto in maggioranza da nativi algerini, il termine era usato in senso dispregiativo per fino al 1955, quando, secondo alcune fonti, iniziò per la prima volta a riferirsi a “francesi nati in Algeria“. C’è anche una teoria secondo la quale il termine deriva dagli stivali neri dei soldati francesi, rispetto agli indigeni algerini scalzi. Il rapporto dei Pied-Noir con la Francia e l’Algeria fu comunque costantemente segnato dalla segregazione. I coloni si consideravano francesi, ma molti Pied-Noir avevano un debole legame con la Francia continentale, e circa il 30% di loro non aveva mai visto la madrepatria.
Dalle prime operazioni armate del novembre ‘54, i Pied-Noir erano sempre stati bersaglio dell’FLN, con assassini mirati, attentati a bar e cinema, massacri di massa, tortura, rapimenti e violenze di vario tipo.
I complotti per rovesciare la Quarta Repubblica, erano in corso in Algeria da tempo. Il generale Jacques Massu (1908-2002) capeggiò la rivolta formando un “Comitato di Pubblica Sicurezza” chiedendo che Charles De Gaulle fosse nominato presidente della Quarta Repubblica francese, per prevenire l’abbandono dell’Algeria. Questo portò alla caduta della Repubblica e, in risposta, il parlamento francese votò, con 329 a favore, contro 224, per un nuovo mandato di De Gaulle, il quale volle invece procedere alla pacificazione dell’Algeria e, nel settembre 1959, indisse un referendum per l’autodeterminazione che passò, com’era prevedibile, in modo schiacciante.
Molti leader politici e militari francesi in Algeria lo considerarono un tradimento, e fu questo fatto alla base della nascita della OAS che ebbe molto sostegno tra i Pied-Noir, e che iniziò ad attaccare i funzionari che rappresentavano l’autorità francese, e lo stesso presidente De Gaulle.
L’opposizione culminò nel golpe di Algeri del 1961 che, dopo il fallimento, nel marzo ‘62, portò alla firma della tregua. A luglio, gli algerini votarono in quasi sei milioni a favore dell’indipendenza contro circa 16mila voti contrari, causando drammatiche conseguenze che culminarono nel massacro dei Pied-Noirs a Orano da parte della popolazione musulmana, con numerosi atti di violenza, torture e uccisioni.
Il governo De Gaulle ordinò comunque alla Marina di non favorire il rientro dei coloni francesi e dei musulmani che avevano combattuto per la Francia nella guerra d’Algeria, mentre veniva pesantemente ostacolato anche il loro movimento politico, il Front de l’Algérie Française (FAF), fondato nel 1960 ad Algeri da Said Boualam (1906-1982).
Conclusioni
Questi, e altri fatti del genere, rivelano come, sia in tempo di pace che durante un conflitto, la storia di un Paese debba essere analizzata anche in base alle azioni dei servizi di sicurezza, che non hanno certo valore marginale. Gli Stati cosiddetti democratici, in determinati scenari, agiscono in modo non molto diverso rispetto ai governi autoritari, scavalcando qualsiasi principio morale, etico o di diritto. Non bisogna tralasciare il fatto che, proprio per questa ragione, i vari ragionamenti socio-filosofici risultano troppo spesso autoreferenziali, cioè lontani dall’essere in grado di spiegare la complessità e la contraddittorietà delle istituzioni democratiche. Credere infatti che la logica della ragion di Stato sia scomparsa con la nascita dei principi fondamentali della Democrazia è pura illusione, che può rivelarsi pericolosa perché influenza in modo considerevole la comprensione della dinamica della storia, e di determinate scelte politiche.
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