Un cognome impegnativo da portare, per questo motivo William Patrick Stuart-Houston, nato a Liverpool nel marzo 1911 e morto nel luglio 1987, preferì optare per una nuova identità. Il motivo? in origine William si chiamava William Patrick Hitler ed era figlio di Alois Hitler junior, fratellastro del dittatore tedesco che, a Dublino aveva conosciuto e poi sposato Bridget Dowling , con la quale comprò casa a Liverpool nel 1911, al n.102 di Upper Stanhope (Londra). Fu proprio la Doeling che raccontò che il futuro dittatore sarebbe vissuto presso il fratellastro nel 1911-1912 per evitare la coscrizione obbligatoria in Austria, soggiornando nella casa che poi fu distrutta durante l’ultimo bombardamento tedesco della città, nel gennaio 1942. Gli storici, tuttavia, contestano l’ipotesi di Adolf Hitler a Liverpool, ritenendo che la testimonianza fosse stata rilasciata solo a scopo sensazionalistico.
Secondo alcuni documenti, Alois lavorava come cameriere al “Lyons Café”, di proprietà di alcune persone di origine ebraica, circostanza indicativa per comprendere che l’antisemitismo non era certamente un diffuso in tutta la famiglia Hitler.
Nel 1914 Alois abbandonò moglie e figlio per un tour Europeo di gioco d’azzardo, e in seguito tornò in Germania. Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale fu impossibilitato a rientrare in Inghilterra, o forse non vi fece ritorno volontariamente, preferendo sposare una donna tedesca, Hedwig Heidemann, diventando di fatto bigamo. A metà degli anni ’20 scrisse alla prima moglie perché consentisse al giovane figlio William di fargli visita in Germania. La donna accettò, ma soltanto al compimento del diciottesimo anno di età del ragazzo, nel 1929. Alois Jr ebbe anche un secondo figlio, Heinz Hitler, dalla moglie tedesca, che all’opposto del fratellastro, divenne fervente nazista e fu catturato dai sovietici, morendo poi in prigionia nel 1942.
William trascorse gli anni fra il 1929 e il 1931 spostandosi frequentemente fra Inghilterra e Germania, mentre lo zio diventava il punto di riferimento del Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi (NSDAP), e quando si trovava in Gran Bretagna scrisse diversi aneddoti, raccontando le stravaganze e le stranezze del Fuhrer, il quale non fu certo comprensivo e gli ordinò seccamente di non pubblicare mai più nulla a suo riguardo. Temendo ripercussioni, il giovane William rimase in Inghilterra.
Nel 1933 William Patrick Hitler tornò in Germania, probabilmente per cercare di trarre vantaggio dal potere del famoso zio, il quale gli trovò un’occupazione alla Reichsbank di Berlino. In seguito, nel ‘35, andò a lavorare in una fabbrica della casa automobilistica Opel, dalla quale fu però licenziato con l’accusa di furto.
Nel 1936 tornò in Inghilterra e tentò di arruolarsi, ma venne escluso a causa del proprio cognome. In seguito tornò in Germania, dove trovò impiego come venditore di auto. Quando tentò di inviare danaro alla madre in Inghilterra fu bloccato, perché ai tedeschi era vietato trasferire valori all’estero.
Insoddisfatto della propria posizione, William cercò un lavoro migliore ma, non trovando nulla che giudicasse alla propria altezza, giunse a scrivere diverse lettere allo zio, dal tono ricattatorio, minacciando di rivelare imbarazzanti storie di famiglia, e incorrendo naturalmente nelle ire del Fuhrer, il quale gli intimò di rinunciare alla cittadinanza britannica in cambio di un ruolo di alto rango. Aspettandosi una trappola, William fuggì dalla Germania, ricattò nuovamente lo zio dall’estero, minacciando di svelare che un avo paterno, Leopold Frankenberger, era un mercante ebreo, anche se in realtà non fu mai accertato con certezza.
William tornò in Germania nel 1938, per un breve periodo, ma non è chiaro quale fu il suo ruolo, o se ve ne fu uno, nei giorni che precedettero l’inizio della guerra.
Poiché la vicenda aveva oltrepassato anche l’Atlantico, il celebre editore statunitense William Randolph Hearst invitò William e la madre in USA per un tour nazional, nel febbraio del 1939. In seguito, William scrisse un articolo, pubblicato il 4 luglio ‘39 sul giornale britannico “Look”, dal titolo: “Perché odio mio zio”.
Quando scoppiò la guerra, nel settembre 1939, William tentò di arruolarsi nell’esercito statunitense per dimostrare la propria avversione al nazismo. Si racconta che, presentatosi al distretto militare, si presentò come William Hitler e l’ufficiale di reclutamento rispose: “Lieto di conoscerti, signor William Hitler, il mio nome è Johnny Hess!”, in riferimento al vice Fuhrer.
Il nipote del dittatore venne comunque scartato, perché gli Stati Uniti non erano ancora diretti verso l’entrata nel conflitto, poiché dopo l’intervento in Europa nel primo conflitto, l’opinione pubblica americana avversava in blocco una nuova avventura oltreoceano, fino al ben calcolato “atto di aggressione” giapponese a Pearl Harbor nel dicembre 1941.
Rifiutato dagli uffici di leva, William scrisse al presidente Franklin D. Roosevelt, chiedendo l’autorizzazione a unirsi alle forze armate. Il presidente inviò il fascicolo a John Edgar Hoover, onnipotente direttore dell’FBI, che esaminò il caso e acconsentì all’arruolamento. Il 6 marzo del ’44, William Hitler fu arruolato nella US-Navy con un ruolo simile a quello di ufficiale medico, e inviato sul fronte del Pacifico. Tre anni dopo, nel 1947, fu ferito in servizio e fu congedato.
Dopo la guerra, nel 1947, la vicenda del nipote di Hitler che combatteva il proprio zio, divenne pubblica, e a quel punto William cambiò cognome prima in Hittler poi in Stuart-Houston, si sposò con Phyllis Jean-Jeacques, dalla quale ebbe quattro figli (Alexander Adolf, Louis, Howard Ronald e Brian William). Si stabilì a Long Island (New York), dove morì all’età di 76 anni e fu sepolto a Patchogue, Suffolk County, nello stato di New York
Sembra che i quattro figli avessero stretto un tacito accordo, per non avere discendenti, allo scopo di far finire la linea genealogica.
Come è ben comprensibile, la propaganda alleata non si lasciò sfuggire l’occasione di sfruttare l’immagine del nipote del Fuhrer poi, nel dopoguerra la vicenda fu dimenticata, fino al 2006 quando a Broadway andò in scena il dramma “Little Willy” (di Mark Kassen) a lui dedicato, e poi di nuovo nel 2014 quando fu scoperto il diario segreto di William, nella casa della madre, a Long Island e, sebbene autenticato, è ancora da pubblicare.
Un’intervista poco rivelatrice
Nel libro “The lasts of Hitler” (2001), l’autore David Garner scrive di aver rintracciato i parenti di Hitler nell’area metropolitana di New York. Si riferiva ai figli di William Patrick Hitler/Stuart-Houston. Nel 2018 uno di loro, Alexander, concesse un’intervista al periodico tedesco “Bild”, smentendo la notizia riportata da Gardner, secondo cui lui e i fratelli avrebbero comunemente scelto di non fare figli per non tramandare la genealogia, in quanto il padre William era di fatto l’unico erede biologico maschio del dittatore.
Alexander Adolf
Il pronipote più anziano di Adolf Hitler, per anni inseguito dai giornalisti di mezzo mondo, abitava in una villetta piuttosto spartana di Patchogue, a Long Island, con tanto di classica bandiera Star&Stripes” sulla porta.
Alexander Adolf Stuart-Houston, 68 anni, non aveva mai rivelato neanche ai suoi vicini di casa il legame con il dittatore nazista.
L’intervista esclusiva che ha rilasciato davanti alla porta di casa, rispondendo di non voler fare entrare estranei nel proprio salotto, non ha riguardato il prozio dittatore, bensì Trump e la cancelliera Angela Merkel. Dell’ex presidente degli Stati Uniti ha parlato malissimo. Convinto repubblicano, Alexander Stuart-Houston ha detto senza mezzi termini di non volere sostenere la candidatura di Donald Trump: “E’ l’ultima persona che stimo in tutto il mondo. Non è sicuramente uno dei miei preferiti. Alcune cose che Trump dice vanno bene… Sono i suoi modi che mi infastidiscono, e poi non mi piacciono i bugiardi”, ha spiegato. Pare che invece l’ormai americano nipote del Fuhrer sia invece un convinto ammiratore di Angela Merkel: “Mi piace lei è brava. Sembra una intelligente…fa ciò che deve fare e poi solitamente voto sempre per la persona che fa il suo lavoro meglio degli altri”. Lui ed i fratelli Brian e Louis, che abitano nello stesso quartiere, si sono rifiutati di rispondere alle domande dei giornalisti per decenni, intenzionati a nascondere al mondo la scomoda discendenza.
Gli altri Hitler
Secondo alcune ricerche, un paio di parenti del dittatore servirono durante la guerra. Il nipote Heinrich (Heinz) fu membro del partito e partecipò ad un’accademia nazista elitaria, la National Politische Erziehungsanstalten a Ballenstedt, poi studiò per diventare ufficiale e si unì alla Wehrmacht nel 23º Reggimento artiglieria, nel 1941, partecipando all’operazione Barbarossa. Fu decorato con la Croce di Ferro di IIa classe e, come già noto, catturato nel gennaio 1942 e inviato nella prigione militare Butyrka, a Mosca, ove morì appena ventunenne a seguito degli interrogatori e delle torture subiti.
L’altro mezzo nipote di Adolf, Leo Rudolf Raubal junior, fu reclutato nella Luftwaffe. Fu ferito nel gennaio ‘43 durante la battaglia di Stalingrado, e il generale Friedrich Paulus chiese ad Hitler un aereo per poterlo evacuare, ma il Fuhrer rifiutò e questi venne catturato dai sovietici il 31 di gennaio. Hitler ordinò di verificare la possibilità di uno scambio di prigionieri con Jakov Iosifoviç Dzugasvili (primogenito di Stalin) il quale era prigioniero dei tedeschi dal luglio 1941, ma Stalin rifiutò affermando che “la guerra è guerra”, lasciando che il figlio morisse in campo di concentramento.
William Patrick Hitler, il nipote inglese, combatté per la marina americana nel Pacifico e ottenne anche due onorificenze, la Purple Heart e la World War II Victory Medal.
Nella primavera del ‘45, dopo la completa distruzione di Dresda a seguito del massiccio bombardamento avvenuto tra il 13 e il 15 di febbraio, il Fuhrer spostò i propri familiari a Berchtesgaden per evitare che venissero catturati dal nemico.
Fra le molte dicerie, si racconta che Adolf Hitler abbia anche potuto avere un figlio, chiamato Jean-Marie Loret, con una francese di nome Charlotte Lobjoie. Jean-Marie nacque nel marzo del 1918 e morì nel 1985; si sposò più volte ed ebbe ben nove figli. Fra le altre notizie, pare che l’avvocato della famiglia abbia suggerito che, se la discendenza da Hitler fosse dimostrata, potrebbero essere in grado di chiedere i diritti d’autore per il “Mein Kampf”. Tuttavia molti storici come Anton Joachimsthaler e Ian Kershaw affermano che la paternità di Hitler è improbabile o comunque impossibile da dimostrare.
Solo due dei fratelli e delle sorelle di Hitler, Angela e Alois Jr., si sposarono. La sorella di Adolf che visse di più, Paula Hitler, non si sposò e non ebbe figli, quindi Adolf Hitler ebbe parenti prossimi solo dalla parte dei fratellastri.
Angela sposò Leo Raubal senior (1879-1910) ed ebbero tre figli: Leo Rudolf Raubal Jr. ebbe a sua volta un figlio, Peter Raubal, nel 1931; Angelika Raubal si è suicidata senza aver mai avuto figli nel 1931; Elfriede Raubal sposò il dottor Ernst Hochegger nel 1937 ed ebbe un figlio, Heiner Hochegger, nel 1945, e una figlia.
Il figlio di Alois Jr, Heinrich Hitler (dal secondo matrimonio) è morto in una prigione militare sovietica nel 1942 senza figli. Il figlio di Alois avuto dal primo matrimonio, William Patrick (1911-87), sposò Phyllis Jean-Jacques (nata nel 1925) nel 1947 negli Stati Uniti d’America ed ebbe quattro figli. Alex Adolf Stuart-Houston (1949- ), Louis (1951- ), Howard Ronald (1957-1989) e Brian William (1965- ) il quale è il discendente più giovane e più vicino tuttora vivente di Adolf Hitler. Nessuno di loro ha mai avuto dei figli; solo Howard, morto in un incidente automobilistico, era sposato.
Leo Rudolf Raubal Jr. si sposò ed ebbe un figlio, Peter Raubal (nato nel 1931) il quale è tuttora un ingegnere in pensione e vive a Linz.
La vicenda più nota fra quelle che riguardano i familiari di Hitler, riguarda la sfortunata nipote, Angelika Raubal detta Geli. Prima ancora di diventare Fuhrer, Hitler fu tutore della ragazzina quindicenne, sviluppando un morboso attaccamento nei suoi confronti. La possessività e gelosia, di fatto, diventarono una trappola per la ragazza, che si tolse la vita con un colpo di pistola. Secondo le testimonianze, questo evento ebbe effetti devastanti sul futuro dittatore. Insomma, non riuscendo a contrastarlo come avrebbe fatto William Patrick, la giovane tentò di scappare dalle grinfie della follia del dittatore, anche a costo della vita.
Bibliografia
“Hitler: a Study in Tyranny” – Alan Bullock, 1999;
“Nazi leader Hitler really did have only one ball” – Alastair Jamieson, 2008;
“Hitler: A Biography” – Ian Kershaw, 2008;
“Hitler’s Youth” – Franz Jetsinger, 1976;
“Hitler: Legend, Myth and Reality” – Werner Maser, 1973;
“Adolf Hitler: His Family, Childhood and Youth” – Bradley Smith, 1967;
“De jeugd van Adolf Hitler 1889-1907” – Marc Vermeeren, 2007;
“Intervista al pronipote di Hitler” – Bild ottobre 2018;
“The black sheep of the family” – Jonathan Brown/Oliver Duff, 2006.
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