In un saggio di qualche anno fa apparso sulla New York Review of Books (1), Marylinne Robinson ha presentato un interessante ritratto dello scrittore americano Edgar Allan Poe. L’autrice ne analizza l’opera letteraria collegandola anche con la vita disperata di questo grande artista geniale e “maledetto”, morto, forse per “delirium tremens”, a Baltimore il 7 ottobre 1849 a quarant’anni, devastato dall’alcol, e dalla depressione acuitasi dopo la morte della moglie amatissima nel 1847.
Poe è stato uno dei primi scrittori americani saliti meritamente sul palcoscenico della letteratura mondiale; oltre che poeta e critico letterario è considerato il creatore del racconto poliziesco, del genere “thriller” ed “horror” ed a queste opere, superate negli anni le riserve moralistiche e le valutazioni critiche discordanti, deve oggi la sua vastissima fama.
Nel 1848, l’anno prima di morire, Poe scrisse un libretto intitolato “Eureka” che ritenne il capolavoro della sua vita e pensava gli avrebbe assicurato perenne ricordo e notorietà. Lo considerava il suo ultimo lavoro come dimostra una lettera del 7 luglio 1849, scritta tre mesi prima della morte, alla zia Maria Clemm “Non serve a nulla discutere con me ora: devo morire. Da quando ho finito Eureka non ho più alcun desiderio di vivere. Non riuscirei a portare a termine nient’altro” (2).
In Eureka, lo scrittore abbandona i suoi temi preferiti, i racconti del mistero e del terrore, e scrive una lunga riflessione filosofica e scientifica sull’origine dell’Universo. Poe lo considera un “unicum” nel senso che ne immagina la natura fisica simmetrica e complementare a quella spirituale, e propone una serie di spiegazioni scientifiche che la Robinson giudica in accordo con le conquiste della scienza del XX secolo.
Nelle parole della scrittrice “Eureka descrive le origini dell’universo da una particella singola che “irraggia” gli atomi che compongono tutta la materia. Minute differenze nelle dimensione e nella distribuzione di questi atomi portano, grazie alla gravità, ad accumularli come materia, formando l’universo fisico” (1).
Aggiunge che Poe ha derivato da queste intuizioni alcune “striking conclusions” come ad esempio che spazio e tempo sono una cosa sola, che potrebbero esistere stelle che non emettono luce, che vi è una forza repulsiva che in qualche misura si contrappone a quella di gravità, che potrebbero esistere universi contemporanei al nostro ma con differenti leggi fisiche, che il nostro universo potrebbe contrarsi al suo stato originario di particella e da essa formarsi un nuovo universo.
Quindi, alla luce della fisica d’oggi, avrebbe previsto il concetto dello spazio-tempo della relatività Einsteniana, l’esistenza dei buchi neri e della energia oscura che si oppone alla gravità, la teoria dei multiversi e del big crunch, il collasso dell’universo.
La Robinson conclude dicendo che “Eureka è importante perché indica il livello e la serietà di pensiero di Poe, e la sua straordinaria originalità” ma correttamente aggiunge che lo scrittore non aveva nessuna autorità per sostenere le sue affermazioni che, come diceva lui stesso, erano il prodotto di un ragionamento di tipo estetico e quindi Eureka, come Poe dichiara nel sottotitolo, è un “Poema in prosa”.
Concetto da lui ribadito nella prefazione: “A quei pochi che mi amano e che io amo, a quelli che sentono più che a quelli che pensano, ai sognatori e a quanti credono nei sogni come se fossero l’unica realtà, io offro questo Libro di Verità, e non per la verità che esso contiene, bensì per la Bellezza che abbonda nella sua Verità e che lo rende vero. A costoro io offro il mio lavoro come un semplice Prodotto d’Arte…diciamo come un Racconto, o, se non dovesse sembrare troppo superbo da parte mia, come un Poema.(….) Ad ogni modo è mio desiderio che quest’opera sia giudicata, dopo la mia morte, solo come un Poema”(3).
Ma si può ritenere verosimile che l’inventore della “detective story” abbia delineato con parecchi decenni di anticipo la cosmologia moderna? Poe aveva sempre avuto un grande amore per la scienza ed in particolare per l’astronomia. All’età di dodici anni aveva ricevuto in regalo dai suoi genitori adottivi (era rimasto orfano di madre a due anni ed il padre era scomparso), un piccolo telescopio con il quale il ragazzino scrutava le stelle ed imparava le basi dell’astronomia. Questa passione l’accompagnerà per tutta la sua breve vita e gli permetterà di servirsi spesso della concisione e della precisione del linguaggio scientifico per aumentare la credibilità delle argomentazioni nei suoi scritti letterari.
Poe sviluppa in Eureka i temi della conferenza “Sulla cosmogonia dell’universo” che aveva tenuto il 3 febbraio 1848 alla Society Library di New York; il saggio fu pubblicato nel luglio dello stesso anno in cinquecento copie dall’editore Putnam. Lo scrittore Julius Cortàzar, nell’introduzione alla sua traduzione in spagnolo di Eureka, ritiene che il libro sembra essere stato scritto di getto nel 1847, l’anno in cui, il 30 gennaio, era morta di tisi la moglie Virginia Clemm, sposata tredicenne undici anni prima, “quasi obbedendo ad un impulso incontrollabile” (4). In Europa il testo uscì nel 1863 grazie alla versione in francese di Baudelaire che ne scrisse una introduzione entusiasta (5).
Per inciso, data la complessità e la lucidità dei ragionamenti, anche se sovente tortuosi, sviluppati da Poe nel suo libro, appare difficile accettare l’idea che lo scrittore fosse un alcolizzato cronico come viene spesso descritto, anche se è certo, e lo ammetteva lui stesso, che periodicamente si rifugiasse nel bere. Eureka ottenne giudizi per lo più negativi e derisori. La diffidenza se non il rifiuto con cui fu accolto negli ambienti scientifici riguardava sia le insufficienti basi scientifiche e filosofiche di Poe e quindi il suo approccio ai problemi spesso intuitivo e poco rigoroso, sia l’incipit ambizioso del testo “Mi propongo di parlare dell’Universo Fisico, Metafisico e Matematico; dell’Universo Materiale e Spirituale; della sua essenza, della sua Origine e della sua Creazione, nonché della sua Condizione Attuale e del suo Destino. Sarò inoltre tanto temerario da contraddire le conclusioni cui sono giunti molti degli uomini più grandi e giustamente riveriti, mettendo così in discussione la loro sagacia” (3).
In aggiunta l’importante concetto da lui espresso, come vedremo in seguito, di un universo evolutivo era allora impensabile, e non fu accettato neanche dal grande scienziato tedesco Alexander von Humboldt a cui l’opera era dedicata “con profondissimo rispetto”.
Oggi un’analisi del saggio di Eureka dal punto di vista strettamente scientifico sarebbe fuorviante e deludente, infatti come nota acutamente Pietro Meneghelli nell’introduzione alla sua traduzione del testo: “Un’analisi volta essenzialmente a identificare quanto ci sia ancora di accettabile nell’impianto che Poe aveva mediato dalla scienza astronomica del suo tempo (….) e quanto lui stesso sia stato in grado di anticipare del futuro, non farebbe, assai probabilmente, che distruggere tutto il fascino di Eureka, il cui pregio principale, in fondo, risiede nella coerenza intellettuale e nella linearità della tecnica costruttiva, assai più che nell’attendibilità dell’enunciazione” (3).
Meneghelli inoltre dimostra come in realtà anche in Eureka, Poe continua di fatto a comportarsi da scrittore di racconti polizieschi, in quanto le ricerche e le elaborazioni che conduce sul tema della creazione dell’universo sono riconducibili allo stile investigativo, basato su analisi, deduzioni, ipotesi, che caratterizzava i suoi scritti precedenti.
Poe parla di “ Poema in prosa” ed in effetti il suo linguaggio ci appare spesso più poetico e letterario (ad esempio la descrizione del sole che “con una frusta percuote gli indolenti pianeti”) che scientifico, ma comunque elevato come ad esempio nella definizione della parola “infinito”: “Questa, come le parole “Dio”, “spirito”, e alcune altre di cui esistono equivalenti in tutte le lingue, non è l’espressione di un’idea, bensì dello sforzo di formulare un’idea. Essa rappresenta lo sforzo possibile per arrivare ad una concezione impossibile. L’uomo aveva bisogno di un termine attraverso il quale segnalare la direzione di questo sforzo, la fitta nebbia dietro cui sta, per sempre invisibile, l’oggetto di questo sforzo”(3).
Analizziamo adesso alcuni tra i principali punti della cosmogonia di Poe in rapporto a quanto oggi conosciamo. Poe spiega la nascita dell’universo da una Particella primordiale: “Dall’unica Particella presa come centro supponiamo sia irraggiato sfericamente, in tutte le direzioni, a distanze immense ma tuttavia definite nello Spazio precedentemente vuoto, un certo numero inesprimibilmente grande, ma tuttavia limitato, di atomi, inimmaginabilmente piccoli, ma tuttavia non infinitamente piccoli” (3). Poe afferma che questi argomenti gli furono imposti ineluttabilmente da una successione di ragionamenti “così rigorosamente logici come quelli su cui si basano le dimostrazioni di Euclide”. Dio ha creato questa Particella Primordiale dandole la forza repulsiva che le consente di frammentarsi ed ha inventato la trama dell’Universo.
L’ipotesi di Poe è simile a quella pubblicata nel 1927 dal fisico ed abate belga Georges Lemaitre, teoria precorritrice di quella che oggi chiamiamo “Big Bang” (6), dove la singola particella, l’”atomo primigenio”, provoca, disintegrandosi, l’inizio dello spazio il quale a sua volta segna l’inizio del tempo e l’espansione dell’universo. Il suo lavoro, basato sulle soluzioni non statiche delle equazioni relativistiche di Einstein, pubblicato in francese, era rimasto praticamente sconosciuto finché nel 1930, grazie al famoso astronomo inglese Sir Arthur Eddington, fu tradotto in inglese e convinse cosmologi e fisici, tra cui un restio Einstein, che l’Universo si espande e non è immobile come si riteneva allora.
Eddington aveva letto Eureka e l’aveva commentato in questi termini: “Eureka non è il lavoro di una mente stravagante o disturbata. E’, a mio avviso, il lavoro di un uomo che cerca di conciliare la scienza del suo tempo con le più alte aspirazioni filosofiche e spirituali della mente “ (7).
Comunque, al di là delle sue varie speculazioni metafisiche, la conclusione di Poe di un Universo in evoluzione dinamica è anticipatrice ed era impensabile ai suoi tempi; la conferma sperimentale della sua intuizione si è avuta solo circa settanta anni dopo grazie alle misure di Edwin Hubble sull’allontanamento delle galassie. Come osserva l’astrofisico Alberto Cappi (8) alcune ipotesi di Poe, contenute nella parte finale di Eureka, sono sicuramente le più ricche di immaginazione: l’Universo di Poe si espande in modo rapidissimo a causa della forza repulsiva iniziale fino a quando questa forza svanisce dando inizio all’Universo fisico che conosciamo grazie all’azione contraria della forza di attrazione gravitazionale che provocherà l’inizio del collasso dell’Universo riconducendolo alla condizione primigenia di Particella mediante la condensazione progressiva della materia e la sua annichilazione finale. Quindi un universo ciclico, con un numero di cicli infinito. Questa idea anticipa le teorie moderne del cosiddetto big crunch (cioè la contrazione e l’annullamento finale dell’universo in opposizione all’iniziale big bang), che oggi però sembrano superate dalla constatazione sperimentale che l’Universo sembra accelerare indefinitamente la sua espansione.
Inoltre Poe pensa che nello spazio vuoto possano esistere un numero infinito di altri Universi, ciascuno con le proprie leggi fisiche, che non interagiscono tra loro e che si riproducono ciclicamente: “ … mi sento portato a immaginare (non oso esprimermi diversamente) che esista una successione illimitata di universi più o meno simili a quello di cui abbiamo conoscenza, l’unico del quale avremo sempre conoscenza, perlomeno fino al momento in cui il nostro particolare Universo ritornerà all’Unità. Tuttavia se questi ammassi di ammassi esistono (come di fatto esistono) è ampiamente evidente che, non avendo avuto alcun ruolo nella nostra origine, non ne hanno nemmeno nelle nostre leggi. Non ci attraggono, e noi non attiriamo loro. La loro materia, il loro spirito non sono i nostri, (…) non possono impressionare né i nostri sensi né la nostra anima” (3).
Questa idea anticipa di oltre un secolo la teoria del “multi verso”, cioè un insieme di Universi paralleli, posti al di fuori del nostro Universo e del nostro spazio-tempo, che è stata sviluppata in alcune versioni della teoria delle stringhe, ma anche in modelli cosmologici della cosiddetta inflazione caotica, in cui ogni universo emerge da una “bolla inflazionistica” che si origina da fluttuazioni quantistiche casuali all’interno di un universo preesistente.
Secondo Lartigue (9), Poe prefigura, sebbene non in termini matematici, la relatività ristretta del 1905, e precisamente l’equivalenza massa-energia. Ma l’aggrovigliata argomentazione in termini di attrazione e repulsione dello scrittore americano lascia alquanto perplessi; l’affermazione di Lartigue è estratta da discorsi lunghi e intricati spesso pervasi da uno spiritualismo di difficile decifrazione, che poco hanno a che fare con la teoria di Einstein.
Un discorso analogo vale anche per una osservazione di Poe riferibile all’unificazione spazio-tempo della relatività ristretta. Poe afferma che le considerazioni portate avanti in Eureka, ci portano “chiaramente ed immediatamente” ad accorgerci che “Lo spazio e la durata sono una cosa sola” (Space and Duration are one). Quindi, anche se Poe arriva a questa conclusione attraverso un farraginoso discorso di decine di pagine e senza usare la matematica, questo sarebbe il primo esempio conosciuto dove spazio e tempo vengono accomunati come differenti aspetti di una unica realtà.
Ma, come spiega Alberto Cappi “Spazio e tempo sono le fatidiche parole che troviamo associate nella relatività generale, e questa falsa analogia ha purtroppo generato interpretazioni erronee, che hanno indicato il nostro autore come precursore di Einstein. Un’assurdità, visto che lo spazio e il tempo di cui parla Poe sono newtoniani” (10), cioè spazio e tempo sono “assoluti”, preesistenti, come pensava Newton, mentre la teoria del Big Bang ne stabilisce la creazione in corrispondenza dell’esplosione iniziale.
Un’altra frase di Poe “… sappiamo che esistono soli non luminosi, ovvero soli la cui esistenza viene determinata attraverso i moti di altri soli, ma la cui luminosità non è sufficiente a svelarceli” ha fatto pensare ad una profetica anticipazione dell’esistenza dei buchi neri, cioè di oggetti la cui massa ha una densità tale che neanche la luce ne può fuoriuscire a causa della curvatura dello spazio limitrofo. Sicuramente invece Poe si riferiva alle stelle non luminose la cui scoperta era avvenuta qualche anno prima, nel 1838, da parte dell’astronomo tedesco Friedrich Bessel.
Più pertinente è il ragionamento di Poe sull’oscurità del cielo di notte “Se la successione delle stelle fosse infinita, allora lo sfondo del cielo ci offrirebbe una luminosità uniforme come quella mostrata dalla Galassia, giacché non ci potrebbe essere assolutamente nemmeno un punto, in tutto questo sfondo, senza una stella. L’unico modo dunque per comprendere, in una condizione del genere, i vuoti che il nostro telescopio individua in innumerevoli direzioni, sarebbe quello di presupporre che la distanza dello sfondo invisibile sia così enorme che mai nessun raggio abbia finora potuto arrivare fino a noi. Chi avrebbe il coraggio di negare che possa essere così?”(3).
Poe qui descrive il cosiddetto paradosso di Olbers, dal nome dell’astronomo dilettante tedesco che aveva pubblicato un articolo nel 1823 su questo argomento, peraltro già noto e descritto nel 1610 da Johannes Kepler. La soluzione di Poe è parziale ma corretta (11) e deriva dalla sua visione di un universo in continua espansione e dalla finitezza della velocità della luce, cioè le onde luminose impiegano un tempo determinato a percorrere la distanza tra una stella e la terra e quindi in molti casi la loro luce non ci ha ancora raggiunto.
La spiegazione di Poe oggi viene integrata col fenomeno del “reshift”, cioè lo stiramento della lunghezza d’onda (effetto Doppler) a seguito dell’allontanamento della stella rispetto alla Terra, col conseguente spostamento delle frequenze di emissione luminosa verso le basse frequenze (dal rosso fino alle microonde) che, anche se raggiungono la Terra, non sono visibili e quindi il cielo ci appare sostanzialmente buio.
In conclusione Poe ha suggerito il Big Bang come fase iniziale dell’espansione dell’Universo e, terminata tale fase, al suo eventuale ritorno allo stato primigenio grazie all’effetto della gravità; ha indicato una soluzione del paradosso di Olbers per un Universo infinito e la possibile esistenza di una molteplicità di Universi. Queste intuizioni sono state analizzate e discusse molti decenni dopo in quanto restavano annegate in un testo letterario intricato e zeppo di rimandi e considerazione di ordine metafisico e spiritualistico.
Poe era pienamente convinto della bontà delle sue idee, infatti, prima di pubblicare Eureka, aveva scritto ad un amico “Ciò che ho proposto rivoluzionerà (al tempo giusto) il mondo della scienza Fisica e metafisica. Lo dico con calma, ma lo dico” (citazione riportata da Lartigue (9)).
Ovviamente l’opera di Poe va inserita nel suo contesto storico; il giudizio sulla sua validità scientifica varia ad esempio da quello, critico nel dettaglio, ma positivo nell’insieme, di Cappi “Eureka ci offre una visione affascinante dell’Universo creata da una mente di grande forza immaginativa che, usando la scienza del suo tempo, fu in grado di concepire la più rivoluzionaria cosmologia del diciannovesimo secolo”(9), all’opinione negativa di Einstein. In una lettera del 1940 al biografo americano di Poe, Arthur Quinn, Einstein a proposito di Eureka scrive “L’inizio è molto bizzarro ma notevole, poiché Poe capisce chiaramente che la vera scienza può svilupparsi soltanto mediante una combinazione sistematica di esperimenti e di costruzioni logiche” ma dopo nota un peggioramento della qualità del lavoro “Quando Poe inizia a sviluppare le sue proprie idee, perde l’atteggiamento critico iniziale, e la presentazione assomiglia alle strampalate lettere scientifiche che ricevo ogni giorno. Non posso togliermi l’impressione di una personalità patologica sovrastata da un’idea fissa che lo priva della possibilità di correzioni critiche” (7).
Al di là dei giudizi sul merito scientifico, va ricordato l’incipit di Eureka dove Poe dichiara che la sua opera va giudicata “solo come un poema”. Oggi la potremmo vedere come una grandiosa “detective story”, una complessa indagine non solo scientifica ma letteraria, metafisica ed anche teologica, condotta con vivida immaginazione, per affrontare uno dei più grandi misteri che l’uomo cerca di decifrare da sempre, la genesi e l’evoluzione dell’Universo.
Piero Citati, mosso da ammirazione forse più letteraria che scientifica, scrive: “Attraverso le parole scritte, ascoltiamo il suono della sua voce: piena di euforia, di enfasi, di ebbrezza, di maestà oratoria, di una specie di follia sacerdotale” ed aggiunge che lo scrittore, con Eureka, “si lasciava alle spalle le congetture dei racconti. Con un balzo inimmaginabile, l’intuizione coglieva le grandi leggi del cosmo” (12).
Poe, verso la fine del suo saggio, conclude le sue ipotesi con un concetto che la fisica del ‘900 tenderà sostanzialmente a rimuovere, cioè quello di un Dio Creatore dell’Universo: “… nella costruzione di un intreccio, nella finzione letteraria, dobbiamo mirare a combinare gli avvenimenti in modo che noi stessi non saremmo capaci di decidere, per ognuno di essi, se esso dipende da un altro o se ne è la causa. In questo senso, naturalmente, un intreccio perfetto è di fatto praticamente irraggiungibile; ma solo perché è modellato da una intelligenza finita. Gli intrecci di Dio sono perfetti. L’universo è un intreccio di Dio” (3).
1- M.Robinson: “On Edgar Allan Poe”. New York Review of Books, February 5, 2015
2- B.Lanari (a cura di): “E.A.Poe, vita attraverso le lettere”, Einaudi, 1992
3- E.A.Poe: “Eureka. Poema in prosa”. Cura e traduzione di P.Meneghelli, Newton & Compton, 1996
4- E.A.Poe: “Eureka” (Spanish translation by Julio Cortázar), Alianza Editorial, Madrid, 1972
5- E.A.Poe: “Eureka” (Traduit par Charles Baudelaire). Michel Lévy, Frères, Libreaires Éditeurs. Paris, 1864
6- G. Lemaître: “ Un Univers homogène de masse constante et de rayon croissant rendant compte de la vitesse radiale des nébuleuses extra-galactiques”. Annales de la Société Scientifique de Bruxelles, vol. 47, 1927
7- A.H.Quinn: “Edgar Allan Poe: A Critical Biography”. Appleton Century Crofts, New York, 1941
8- A.Cappi: “Edgar Allan Poe’s Physical Cosmology”. The Quarterly Journal of the Royal Astronomic Society, 35, 1994
9- J.Lartigue: www.poedecoder.com/essays/lartigue/
10- A.Cappi: “Eureka: la cosmologia letteraria di Edgar Allan Poe”. www.torinoscienza.it/dossier/eureka 2003
11- E.Harrison: “Darkness at night. A Riddle of the Universe”. Harvard University Press, Cambridge, 1987
12- P.Citati: “Così ha aperto le porte dell’universo”. La Repubblica, 21 agosto2001
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