Recensioni. L’eminente sociologo e politologo Carlo Gambescia esamina tre diversi testi di Alberto Rosselli.

Carlo Gambescia.

Sulla Turchia e l’Europa, Edizioni Solfanelli 2006. Alberto Rosselli, Islam Nazismo Fascismo Storia di un’intesa ideologica e strategica che avrebbe potuto modificare l’assetto geopolitico mediorientale ed euroasiatico, Nuova Aurora Edizioni 2011 ; Alberto Rosselli, L’ultima colonia. La guerra in Africa Orientale Tedesca 1914-1918, Nuova Aurora Edizioni 2012.

Alberto Rosselli, come  ben sanno i suoi affezionati  lettori,  è uno storico senza cattedra,  ma con il dono dell’intuizione e della sintesi. Dote, quest’ultima,   molto preziosa, che talvolta  manca a paludati storiografi con cattedra,  come  ad esempio  Franco Cardini:  sorta di Braudel spiegato al popolo,  nei cui  libri, sempre più farraginosi,  il lettore finisce per smarrirsi senza poter approfondire nulla. Insomma,  siamo davanti a un  giornalista dal solido mestiere ma  storico per passione,  che  si pone  agli antipodi di ciò che può essere definito, se ci si perdona la caduta di stile,  il “trombonismo” accademico.  Rosselli si  muove con l’  agilità del bravo ricercatore  tra l’alta divulgazione storica e   l’originalità dei temi scelti.  Come del resto  evidenziano,   con  scadenza bimestrale,  le vivacissime   pagine di “Storia Verità” ( http://www.storiaverita.org/  ),  rivista  da lui egregiamente animata.  A riprova di ciò abbiamo qui sulla scrivania  tre  libri di Rosselli,  debitamente letti  e gustati come si fa con ogni  sincero liquore storiografico.  Il primo, Sulla Turchia e l’Europa (Solfanelli 2006), è una magnifica sintesi,  dove, senza fare sconti a nessuna della parti in campo, si offrono tutti gli elementi necessari  (storici, culturali, economici e geopolitici)  per formarsi un’idea  sullo spinoso argomento. Alta divulgazione, insomma. Il secondo Islam Nazismo Fascismo (Nuova Aurora Edizioni 2011), ricostruisce magistralmente, anche attraverso una ricca iconografia,   la fitta e poco nota  rete di rapporti  tra il   radicalismo trascendente dei movimenti islamisti e l’ immanentismo politico di marca nazionalsocialista e fascista:   un inquietante mix ideologico e geopolitico  tra sacro e profano,  mai  completamente passato di   moda  in Medio Oriente. Argomento,comunque, non comune. Il terzo volume, L’ultima colonia. La Guerra in Africa Orientale Tedesca 1914-1918 (Nuova Aurora Edizioni 2012), ripercorre  i sentieri poco battuti storiograficamente  di  una guerra dimenticata: quella, non meno importante, svoltasi quasi un secolo fa  nei lontani  possedimenti tedeschi d’oltremare.  Dei tre libri, L’ultima colonia  resta  l’opera  dove Rosselli,  forse  perché “kiplinghianamente”non insensibile al misterioso fascino delle guerre perdute,  disvela  quel  rispetto per lo sconfitto che ha sempre animato  il lavoro degli storici migliori. Insomma, Rosselli  “sente”  di più la causa tedesca, senza per questo rinunciare alla franca disamina degli eventi. Nel libro si  fondono bene,  grazie anche alla sua  notevole  padronanza stilistica, capacità divulgativa, gusto storico per il dettaglio e visione d’insieme.  Ottime le  due  appendici cronologiche   (sulla “Colonizzazione tedesca in Africa” e sulla “Campagna del Tanganika”), come del resto il sontuoso apparato iconografico,  anche  se   una bibliografia finale  avrebbe valorizzzato  il lavoro sotto il  versante cognitivo.  Ma, come si dice, nessuno è perfetto.
Che materiali possono fornire al sociologo queste tre chicche?  Il libro sulla Turchia, una riflessione sulla natura a doppio taglio dei  processi di modernizzazione, sempre soggetti a contromovimenti di tipo religioso-identitario.   Quello sull’Islam radicale e il nazismo, invita invece a riflettere, in termini di sociologia delle idee,  su ciò che può  unire  due visioni del mondo a prima vista  lontane.  Infine,  il saggio sulla guerra nell’ Africa Orientale Tedesca offre   al sociologo che si occupa di questioni militari  interessanti spunti sulla qualità dell’addestramento delle truppe coloniali germaniche.  E perciò  può far  meditare (certo, senza esagerare…) sul  valore della disciplina militare come veicolo interculturale.  Il che  non è poco, soprattutto in tempi come i nostri,  dediti, spesso in modo ipocrita,  al culto della dolciastra religione pacifista.  
C

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