Stiamo arrivando alla fine di un ciclo: multiculturalismo, mondializzazione, progressismo, modernizzazione egualitaria, Black Block , globalizzazione, schiavismo moderno, guerre dimenticate, morti per fame e morti per malattie che potrebbero essere curate, teoria gender e cancel cultura. Siamo pronti per iniziare una nuova società? Negli ultimi due anni, quotidianamente le reti televisive del Mondo ci davano il conteggio dei morti dovuti alla pandemia Covid-19. Ritengo sia necessario contare le morti causate da un “sistema”. Il sistema della globalizzazione, la mondializzazione, il capitalismo globalizzato ha causato 400 milioni di morti. Forse più del “socialismo dal volto umano” dell’Unione Sovietica e del Maoismo in Cina. Ovviamente non sto paragonando la globalizzazione all’Unione Sovietica o al maoismo. Noto semplicemente che, in entrambi i casi, il sistema in esame ha un costo umano inaccettabile. Per quanto riguarda coloro che vengono sottolineati che, a differenza delle morti “involontarie” causate dagli effetti della globalizzazione, le morti del comunismo e dal maoismo sono state generalmente uccise da una decisione politica intenzionale, dico loro questo: dal punto di vista dei morti e delle loro famiglie, non fa alcuna differenza.
L’oggetto di questa “contabilità di costi umani”, in termini quindi di numero di morti, della globalizzazione americana contemporanea, dalla caduta dell’Unione Sovietica nel 1991 fino ai giorni nostri (escluso l’inserimento degli morti per stragi e assassinii jihadisti) sono i , prima di tutto, 10,5 milioni di morti in guerre di saccheggio di risorse volte ad alimentare alcune industrie globalizzate, come, per esempio, i tablet e gli smartphone. (come il numero di morti per la crisi del delta del Niger o quella delle guerre sudanesi). Queste “guerre di saccheggio” si svolgono con tale indifferenza da parte di quegli Stati che hanno firmato la dichiarazione dei Diritti Umani (alcuni promuovendola), fra i quali l’Italia.
Seconda cifra: 20 milioni di morti per fame ( 11 direttamente e 9 in forma indiretta).
Come può accadere? Quando la produzione globale sarebbe più che sufficiente per soddisfare le esigenze di tutti gli abitanti del pianeta. La globalizzazione è responsabile di questo, come sistema, non da ultimo a causa della distribuzione mostruosamente disfunzionale di cibo (ne abbiamo ampi esempi anche in Italia) da parte del suo mercato alimentare globale.
Lo “schiavismo moderno”
Negli ultimi tre decenni, la “schiavitù moderna”, praticata ad esempio nelle fabbriche di subappalto di computer in Cina, in quello tessile in Packistan, Bangladesh e India (dove il gruppo italiano Benetton ha molti interessi e responsabilità) ha causato oltre 60 milioni di morti, in maggioranza donne e bambini causa la loro manualità (mani più piccole). Ancora più mortale, il disastro ecologico, causato dalla globalizzazione come sistema globale consumista e produttivista, da solo ha un totale di 70 milioni di morti per inquinamento atmosferico.
Ma il massacro più terribile, tuttavia, è questo: 260 milioni di morti per malattie curabili.
Mi spiego meglio: quando una malattia come la tubercolosi causa milioni di morti quando ci sono cure per combatterla, non è la malattia che uccide ma è la negazione dell’accesso ai medicinali. E la globalizzazione è responsabile, come sistema, della distribuzione mostruosamente disfunzionale delle risorse sanitarie da parte del suo mercato globale.
Non dobbiamo, poi, dimenticare le morti causate dall’economia bellicosa degli Stati Uniti d’America, il potere creativo ed egemonico dell’odierna globalizzazione: 600.000 morti nella sola guerra in Iraq (2003). In Afghanistan, in Siria ? Il premio Nobel “preventivo” l’Accademia lo diede al guerrafondaio Obama, mentre l’unico a non ingaggiarsi in nessuna guerra nel corso del suo mandato è stato il presidente Trump. Dov’è la logica?
Mi si dice che il “sistema del capitalismo globalizzato” ha comunque permesso a molti di uscire dalla povertà. Anche questa asserzione è falsa! Lo possiamo ben vedere in Italia dove la povertà non ha mai smesso di crescere …arrivando oggi a quasi 6 milioni di poveri e 3,5 milioni di famiglie in condizioni di estrema povertà.
Non so se i sostenitori di una globalizzazione infelice siano ben consapevoli di ciò che dicono quando usano questa argomentazione. Perché in breve, dicono: “Grazie alla schiavitù moderna, grazie alle guerre di saccheggio e grazie al fatto che milioni di persone sono private di medicine e cibo, la globalizzazione ha fatto uscire molte altre persone dalla povertà. Quindi è un buon sistema.”. Ovviamente non posso essere d’accordo. Inoltre, si tratta di un tributo umano del tutto indifendibile, indipendentemente dal quadro morale o dalle idee politiche a cui si aderisce.
Le guerre di «saccheggio»
Tutti ci vogliono far credere che le «guerre» in Africa scoppino per questioni etniche. Falso ! Esse scoppiano per questioni economiche e sono i paesi Occidentali, Cina e Russia che le fanno scoppiare.
Prendiamo ad esempio la «carta africana» pre-coloniale dove sono disegnate le «frontiere etniche». Grazie a questo documento è dimostrabile come tutto il continente africano sia attraversato da più «frontiere etniche» e quante di queste attraversino le attuali «frontiere degli Stati” africani. Quindi, a rigor di logica, se le frontiere etniche fossero state il “motore” delle guerre in Africa, tutta l’Africa dovrebbe essere costantemente in guerra. Ma non è così! Si deve, quindi, cercare altrove la vera forza trainante dietro le guerre africane contemporanee: logiche di saccheggio delle risorse. La seconda guerra del Congo, che fu un conflitto per il saccheggio delle risorse minerarie, ne è l’esempio migliore. Da solo rappresenta 5,6 milioni di morti. Aggiungo tra parentesi che se possiedi uno smartphone, ci sono buone probabilità che il tuo cellulare sia macchiato del sangue delle vittime delle guerre africane e della schiavitù moderna in Asia.
Tutte le guerre, ad eccezione delle due mondiali, in maniera generale sono “guerre di saccheggio”. Le identità nazionali o etniche non sono le cause primarie delle guerre, ma piuttosto leve di mobilitazione e pretesti, al servizio degli interessi economici.
Allora cosa fare ?
Esiste una alternativa alla mondializzazione: il protezionismo. Ma esistono, parafrasando J.Evola, uomini e donne in Italia che siano rimasti in piedi tra queste rovine della mondializzazione che siano capaci di costituirsi in “movimento culturale e politico” in grado di assumere e portare avanti un tale progetto? Questa è la domanda principale che dobbiamo porci, noi tutti.
Si, ci sono diverse forze politiche che affermano – ripeto “affermano” – di essere identitarie, sovraniste e protezioniste in Italia. Si dichiarano “di destra”. Ma ci sono alcuni che sono anche di sinistra e altri di destra. Molti si definiscono “fuori dai partiti” e altri no. Ma dal punto di vista rigoroso dell’analisi politica, ci sono solo due possibili scenari per il protezionismo, o “de-globalizzazione”, da applicare in Italia.
Il primo scenario
Il primo sarebbe un fronte comune di tutti i sovranisti e gli euroscettici che spazzerebbero largo, da destra a sinistra. Ma non ci credo nemmeno per un secondo: i sovranisti di sinistra e di destra non hanno profondamente gli stessi valori e non hanno la stessa definizione di Nazione. I primi difendono il demo, il “plebiscito quotidiano”. Gli altri difendono l’etnos, la Nazione del “diritto di sangue”. Per riassumere in una frase: in un governo di unità tra la destra e la sinistra, chi sarebbe nominato ministro dell’Interno? Potete vedere che questo è irrealizzabile. Penso che sia più possibile, ma è molto difficile.
Il principale punto di attrito è la questione dell’integrazione europea nella sua forma attuale. Oggi, inoltre, questo dibattito è inquinato da coloro che confondono costantemente i sostenitori della sovranità con gli alter-europei. I sostenitori della sovranità vogliono assolutamente lasciare l’Unione europea. Gli alter-europei, da parte loro, sono d’accordo con la “costruzione europea”. Tuttavia, si oppongono alle politiche neoliberali obbligatorie contenute nei suoi trattati.
Contro l’infelice globalizzazione, un progetto di questo tipo deve necessariamente includere il protezionismo. Ahimè, questo tema a destra può essere riassunto in questi termini: “Ami l’Europa o odi l’Europa?” E finché la questione si presenterà in questo modo, sarà impossibile un programma concreto di unione della destra. E poi ….e poi ci sono i leader della destra che passano molto tempo a proclamare di essere “più puramente di destra” degli altri, invece di guardare concretamente a quale programma di governo potrebbero unirsi.
Il secondo scenario
Il secondo sarebbe l’unione della sinistra su un programma di compromesso tra le sue varie componenti, orientato però verso un maggiore protezionismo. La sinistra potrebbe quindi concordare un compromesso alter-europeo, che rifletta ciò che vuole cambiare nella costruzione europea.
Eccoci quindi che stiamo arrivando alla fine di un «ciclo» ed è quindi necessario inventarsi un altro sistema.
Detto questo, l’unione di tutta la destra italiana, prima, e poi europea sotto lo stesso vessillo, che già si sta formando con il movimento Identità e Democrazia (che ha i suoi rappresentanti al Parlamento Europeo) soprattutto per le prossime elezioni italiane e poi quelle europee, è probabilmente illusoria. Ma è necessario provarci. Diverrebbe un “grande movimento di destra”, soprattutto di massa, inatteso e a livello europeo. Un grande movimento di rivolta e di programmazione di un nuovo sistema per sostituire capitalismo e comunismo, con un balzo in avanti verso la democrazia diretta ma con radici ferme nei valori occidentali. Un altro sistema. Quel sistema auspicabile che è senza dubbio la piena democrazia diretta, sia nel campo dell’economia che in quello della politica.
Oggi c’è una vera frustrazione tra la popolazione al riguardo, che attende proposte alternative credibili e auspicabili, ma che non vede arrivare nulla. Il problema è che molti intellettuali in Italia fanno tonnellate di diagnosi, ma sono davvero pochi a proporre un nuovo sistema in termini concreti e preciso. Ricordiamolo, però: un tale cambiamento non viene dal cielo! Non è sufficiente che vi sia consenso sull’idea che viviamo in un mondo alla fine perché un nuovo mondo emerga al suo posto. Deve prima essere inventato. In breve, dovremo rimettere al potere l’immaginazione.
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