In Italia, l’egemonia culturale gramsciana è, purtroppo, ancora reale (anche se in forte crisi di valori), almeno nell’opinione del giornalismo schierato e nelle battute del cabaret che rappresentano una Destra popolata da violenti analfabeti e finanche mentecatti. Anche se nelle biblioteche, luoghi dove la parola scritta annulla e sostituisce la chiacchiera scapigliata, il volume dell’alta cultura comunista è invero assai ristretto e certamente inferiore a quello della cultura di Destra.
Uno scrupoloso censimento degli Editori di Destra contempla l’esistenza di oltre cinquanta qualificati soggetti, alcuni dei quali come Rusconi, Il Borghese, Volpe, Il Cerchio, Controcorrente, Logos, Nuova Aurora Editrice SAS (che pubblica tra l’altro, il trimestrale Storia Verità), Novantico, Solfanelli, Thule, Effedieffe, ISSPE, Dino, Asefi, Ar, Fede e cultura) presentano o presentavano robusti e interessanti cataloghi. Non trascurabile è il contributo culturale dei settimanali e delle riviste d’area, alcune vecchie, ma in buona misura ancora sull’onda, benché prive di santi in paradiso e di sostegni pubblicitari: Candido, Il Borghese, Asso di bastoni, Meridiano d’Italia, Il Nazionale, La Torre, Pagine libere, L’Italiano, Cantiere, Ordine Nuovo, Tabula rasa, L’Occidente, Domani, Azione, Carattere, Ordine Civile, Lo Stato, L’Alfiere e il già citato trimestrale Storia Verità, ecc. Le cause esterne della scarso successo della cultura a monte della Nuova Destra (FDI) che tanto credito sta incassando grazie al giovane leader Giorgia Meloni, sono fin troppo note: la disinformazione organizzata dai poteri forti, la congiura giornalistica del silenzio, l’ostilità della burocrazia scolastica, l’ostruzionismo dei distributori e dei librai che fanno il mercato e l’influsso depistante di un’editoria massonica generosamente foraggiata dai potentati finanziari cattocomunismi e targati UE. Non è tuttavia lecita l’ostinazione a rimandare la domanda sulle cause interne che abbassano il profilo della cultura di Destra. Inesplorate sono infatti le cause endogene della tiepida accoglienza che i lettori appartenenti alla maggioranza silenziosa riservano all’offerta delle loro case editrici. Ora, la prima causa della scarsa diffusione dell’editoria di Destra è l’incerto confine tra cultura e politica e la conseguenza rivalità tra politici estranei alla cultura e uomini di cultura in cerca di spazio nella politica. Durante il dopoguerra, i giovani studiosi emergenti di Destra (Giano Accame, Fausto Gianfranceschi, Fausto Belfiori, Enzo Erra, Primo Siena, Silvio Vitale, Fabio De Felice, Giuseppe Tricoli, tanto per citarne alcuni) non hanno mai dichiarato la loro estraneità alla politica pura, anzi si sono costituiti in corrente. Tale imprudente scelta ha nutrito la diffidenza e la gelosia dei politici di professione, i quali (fatta l’unica eccezione di Ernesto De Marzio) ostacolarono, in parte, la diffusione delle nuove idee e il successo dei loro portatori. Nell’otticadell’occlusione si legge la scelta insensata compiuta dal segretario del partito missino, Giorgio Almirante, il quale affidò il settore della cultura a Armando Plebe, un elemento intrinsecamente solido, ma in buona misura estraneo alla tradizione della Destra. Plebe fu scelto perché perfettamente isolato nell’ambiente missino. Il conflitto che a quel tempo nel Msi opponeva i politici agli studiosi era vivace, ma dannoso ai fini pratici. E’ impietoso rammentare le patetiche nomine, avvenute in un più recente passato (corrispondenti agli anni del berlusconismo) ad incarichi nei ministeri dei Beni culturali e della Pubblica istruzione di personalità senza qualità, mentre a Destra militavano uomini di spessore come Giano Accame, Fausto Gianfranceschi, Roberto De Mattei, Stefano Zecchi, Piero Buscaroli, Gaetano Quagliarello ed altri. Ma andiamo oltre.
Una sottovalutata causa delle difficoltà incontrate dall’editoria di Destra è sempre emersa dalla stessa natura conflittuale tra le varie ‘anime’ della stessa Destra: tradizionalista cattolica, mistica, gnostica, ecc.. Ammaestrato dall’iniziato Arturo Reghini, Julius Evola fu il scintillante banditore di un ateismo coperto dal sacro grembiule di René Guénon. Purtroppo le suggestioni emanate dalle pagine evoliane hanno consegnato all’indifferenza dei giovani missini le opere di filosofi quali Giovanni Gentile (un autore la cui conversione finale al cattolicesimo è stata dimostrata), Francesco Orestano, Giovanni Papini, Domenico Giuliotti, Nicola Petruzzellis, Balbino Giuliano, Guido Manacorda, Marino Gentile, Carmelo Ottaviano, Augusto Del Noce. Nel dopoguerra gli esponenti della cultura di Destra hanno, infatti, attuato una politica editoriale conforme alla libertà d’opinione concessa dal regime fascista, che, forte della sua identità, permetteva il dibattito fra gentiliani e antigentiliani, tradizionalisti e futurista, strapaesani e stracittadini. Malauguratamente, gli intellettuali d’area non hanno tenuto conto di quel fermo indirizzo, che l’amareggiato neopagano Evola definì “vittoria della neoscolastica“. Di qui la dispersone dell’identità culturale in un ventaglio di dottrine spesso eccentriche, spesso confusionarie e oscure. Dove occorreva l’unità culturale nel rigore, l’industria culturale della Destra ha offerto una produzione intitolata alla mente plurima, gettando sul mercato un assortimento di autori in ordine (ad esempio Marcel De Corte, Thomas Molnar, Marino Gentile, Nino Badano) e di scrittori raccolti nelle praterie della varietà pittoresca: Nietzsche e Guénon, Junger e Cioran, Celine e Drieu la Rochelle, Goldwater, Kirk, Zolla e De Benoist, Davila e Leo Strauss, Pirandello e Mishima, Pitigrilli e Calasso, D’Annunzio e Pasolini. Nell’attuale scenario il coraggio e la determinazione di alcuni studiosi contemporanei (come Giulio Alfano, Sandro Giovannini, Tommaso Romano, Angelo Ruggiero, Valentino Cecchetti, Roberto Manfredini, Pietro Giubilo e Alberto Rosselli) operanti fuori dal controllo della casta, sta comunque tentando di raggiungere l’unità ancora esistente oltre le anime della Destra scismatica e frantumata. Ora, come è noto, la ricostruzione della perduta unità di pensiero comincia dalla riappropriazione della ‘Verità’ sul passato. L’intelligenza separata dalla memoria, infatti, sprofonda nel vuoto il cui colore tenebroso si legge nelle espressioni livide e desolanti dei divorziati dalla storia.
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