Gli imperi coloniali minori. Di Roberto Roggero.

Nya Sverige (La Nuova Svezia).

Non furono soltanto le grandi monarchie europee ad amministrare possedimenti commerciali d’oltremare. Anche alcuni Stati meno potenti (come Svezia, Danimarca, Prussia-Brandeburg, Norvegia e Curlandia) ebbero il loro “momento di gloria”… Perfino il piccolo Granducato di Toscana.

Un’altra mappa della Nuova Svezia (America Settentrionale)

Il concetto di possedimento coloniale, ha origini che si perdono nella notte dei tempi, a partire da Fenici, Greci e Romani. Abitualmente, i libri di storia riportano gli avvenimenti che hanno determinato la formazione di grandi imperi da parte delle potenze europee come Portogallo, Spagna, Francia, Germania e Inghilterra, oltre alle conquiste arabe, russe, ottomane e giapponesi, ma anche Paesi di prestigio forse minore, sul piano internazionale, hanno allestito spedizioni militari e commerciali ben oltre i propri confini, per assicurarsi snodi vitali alla propria economia, nonché per acquisire prestigio in campo internazionale. O almeno ci hanno provato. 

In particolare, si sa che il principale impulso all’espansione, è sempre stato il commercio, motore che animava anche le diverse esplorazioni in terre sconosciute per aprire sempre nuove rotte, sia via terra che soprattutto via mare. E alle spalle di tutto questo, il concetto di capitale, e di capitalismo, che sorse dalle idee riformiste del Rinascimento. Tanto che le più potenti nazioni europee decisero di propria iniziativa una vera e propria spartizione del mondo allora conosciuto, a partire dalla fine del XV secolo, cioè dai viaggi di Colombo (1451-1506).

La scoperta del Nuovo Mondo apriva l’immenso continente americano, e le sue ricchezze, alla colonizzazione delle grandi monarchie europee. Portogallo e Spagna si gettarono a capofitto nella conquista, e già nella prima metà del ‘500 gran parte degli attuali Stati Uniti, e del Sudamerica, erano amministrate da Madrid e Lisbona. 

Fino al XIX secolo, ci si limitò ad allestire basi coloniali lungo le coste continentali. L’Inghilterra manteneva pochi avamposti in Nord America; altrettanto la Francia in Canada, mentre il Portogallo si era riservato il Brasile, e la Spagna era orientata verso l’odierno Cile e l’America Centrale. Inoltre, grazie ai navigatori che arrivarono fino ai territori del Pacifico, erano state acquisite colonie lungo le coste africane e in Oceania. 

Una battuta d’arresto fu l’indipendenza che gli Stati Uniti ottennero nel 1776, fatto che aprì una nuova era, nella quale vi era una neonata grande potenza. Questo aprì le esplorazioni verso l’interno dell’Africa. Non trascorse molto tempo che l’Algeria divenne francese, e così via fino al Congo Belga, al Marocco Spagnolo, alle iniziative dell’impero tedesco e britannico, e fino a quello italiano in Etiopia. Con il XX secolo furono decise nuove spartizioni, e guerre che continuano ancora oggi.

Danimarca e Svezia 

E’ però storia anche l’esistenza di domini coloniali forse meno prestigiosi e meno longevi di quelli stabiliti dalle grandi potenze. 

Fra i Paesi considerati colonialisti, le cronache storiografiche annoverano, ad esempio, anche la Danimarca, che fra il XIV e il XIX secolo, fondò possedimenti in Nord America, prendendo il controllo anche della Groenlandia, nonché nelle Isole Vergini, quindi in Africa e fino ad alcune basi nel Tranquebar (India meridionale) e negli arcipelaghi delle Nicobare e delle Serampore, parte del Bangladesh. Senza contare i territori geograficamente europei come le isole Faer Oer, e altri lungo le coste islandesi. Per la cronaca, l’Impero Danese è attualmente ancora esistente, poiché la Danimarca ha ancora la sovranità politica su Groenlandia e Faer Oer. 

La massima estensione dell’Impero Danese fu raggiunta intorno al 1800, con avamposti in quattro continenti. La corona danese aveva autorità riconosciuta anche sulla attuale Norvegia, (poi ceduta alla Svezia), e il controllo di basi nello Schleswig-Holstein, nell’India Danese, in Costa d’Oro, Ghana, Isole Nicobare e Isole Vergini. 

La storia coloniale svedese è più articolata e lunga, e si sviluppò in periodi storici diversi. Un primo periodo si ebbe durante il XVII secolo, quindi una ripresa fra la seconda metà del ‘700 e fin quasi alla fine dell’800, con diversi strascichi. 

La corona svedese diede inizio alle conquiste coloniali con i possedimenti della Nuova Svezia in Nord America, che successivamente furono perso a vantaggio dell’Olanda. Grazie alle iniziative della Compagnia Svedese delle Indie Orientali, furono stabilire basi in Costa d’Avorio, poi acquisite dalla Danimarca, quindi a St.Barthelemy e Guadalupe, nelle Antille, poi cedute alla Francia.

Prussia-Brandeburg 

Come regno sovrano indipendente, il Brandeburg-Prussia, nato dalla fusione delle terre amministrate dalla dinastia Hohenzollern, ebbe a sua volta un impero coloniale, a partire dai possedimenti all’interno della stessa Europa, in particolare i principati del Basso Reno, Minden-Halbertstaft, Pomerania, Magdeburg, e altro ancora. 

La Prussia, divenuta potenza europea, decise quindi di acquisire maggior peso politico, per cui era necessario maggiore peso economico. Questo fu alla base di un profondo rinnovamento della marina, che portò a basi commerciali in Costa d’Avorio e, in seguito, all’iniziativa, voluta da Federico I (1657-1713), di fondare colonie in Guinea Equatoriale. 

Alla fine del ‘600, grandi fregate prussiane come la “Morian” e la “Wappen von Brandeburg” avevano stabilito rotte fisse per dare inizio a una penetrazione nel Paese africano e, grazie a uno stratagemma, le tribù locali si ritrovarono sottomesse alla signoria di Federico Guglielmo, che otteneva il permesso di costruire anche opere fortificate. Per poter meglio operare, fu poi fondata la Compagnia Brandeburghese Africana. Un impero coloniale fondato e ampliato principalmente con capitali privati, anche se l’azionista di maggioranza era “l’imprenditore prussiano” Federico Guglielmo. Pochi anni dopo, erano state costruite le fortezze di Grossfriedrichsburg, Accada, Takoradi e Taccarama, per il controllo di oltre 50 km di litorale, ma senza possedimenti interni. Non passò molto tempo che fu fondata una seconda colonia, nell’arcipelago Arguin, oggi parte della Mauritania, in una zona che era già stata sottoposta a Portogallo, Spagna, alle Sette Province Unite e alla Francia che poi la abbandonò perché il suo mantenimento era troppo oneroso. La guarnigione brandeburghese difese anche l’avamposto contro i tentativi della Francia di rientrarne in possesso, e la vittoria migliorò anche le relazioni con la popolazione, scontenta del dominio francese, che aveva soprattutto lo scopo di catturare schiavi. 

Il colonialismo prussiano si orientò anche verso le sponde opposte dell’Atlantico, con il tentativo di conquistare le isole francesi di St.Vincent e St.Croix, nei Caraibi, ma l’iniziativa non ebbe esito felice, e i francesi si presero la rivincita. Un altro tentativo fu compiuto con la proposta di acquistare l’isola di St.Thomas dalla Danimarca, che giunse a un accordo in base al quale la Compagnia Brandeburghese Africana otteneva in affitto l’isola per un periodo di 30 anni, rimanendo sotto la corona danese. La base caraibica servì per la tratta degli schiavi dagli avamposti sulle coste africane, e come insediamento stabile per numerosi coloni provenienti dalla madrepatria. Dal 1731 la Compagnia Brandeburghese cominciò a non pagare la tassa di affitto e quindi la Prussia sospese la concessione quattro anni dopo. Nel 1738 gli ultimi territori locali furono venduti all’asta. 

La Prussia tentò poi di entrare in possesso dell’isola di Crab, contesa fra Danimarca, Inghilterra e Spagna, ma la spedizione inviata nel 1692 trovò l’avamposto già sotto stabile controllo danese e il progetto fu accantonato, a vantaggio di Peter Island che, pur occupata, non risultò vantaggiosa in quanto circondata da rocce e secche che rendevano troppo difficoltoso l’avvicinamento e l’attracco delle navi. Nel 1691, Prussia-Brandeburg e Ducato di Curlandia si accordarono per la spartizione di Tobago ma, poiché il governo curlandese aveva deciso di non dare troppo peso alla colonia, nel frattempo contesa anche dall’Inghilterra, l’accordo fu annullato. Quattro anni dopo, le trattative per l’acquisto di Tortola ebbe lo stesso esito. 

L’affare più vantaggioso, quindi, rimase quello concluso con la costituzione della Costa d’Oro di Prussia (in seguito ceduta alla Repubblica di Olanda) estesa intorno a Cape Three Points, in un’area oggi appartenente al Ghana, sulla scia delle grandi potenze che, in Africa, volevano principalmente impossessarsi delle immense risorse, come avorio, oro, spezie e schiavi, per i mercati europei e per quelli del Nuovo Mondo. Fino alla fine del ‘600 gli affari furono decisamente vantaggiosi, poi ebbe inizio il declino, a causa delle guerre in Europa che dilapidavano le risorse economiche dei contendenti, i quali non potevano affrontare il mantenimento delle colonie oltremare, quando le colonie oltremare dovevano servire per sostenere proprio le guerre europee in una sorta di circolo vizioso che costrinse il re di Prussia a dichiarare il fallimento della colonia. 

Da parte sua, Federico Guglielmo si era mostrato da subito poco incline a investire grandi risorse nel potenziare la marina e sostenere imprese coloniali, perché principalmente concentrato nel potenziamento dell’esercito. Le colonie prussiane furono quindi vendute alla Compagnia Olandese delle Indie Occidentali, ma i capi africani non riconobbero i nuovi i padroni che, quando apparvero di fronte alla fortezza con la flotta, la scoprirono già occupata dai locali. Gli olandesi attaccarono la fortezza, furono respinti, poi tornarono all’assalto e la conquistarono, per poi disinteressarsene e abbandonarla dopo poco tempo. Nel 1726, l’impero coloniale prussiano ebbe fine.

Curlandia-Semigallia e Norvegia 

Paese colonizzatore fu anche il Ducato di Curlandia-Semigallia, che ebbe a sua volta vita breve, dal 1561 al 1795, finendo annesso all’impero russo. 

Il Ducato fondò la prima colonia in terra d’Africa nel 1651, sull’isola St.Andrews, oggi James Island e, sull’esempio di altre nazioni, costruì la fortezza Jacob, avviando il commercio, prima ragione dell’iniziativa, che fornì lucrosi guadagni grazie ad avorio, oro, spezie e pellami. L’anno successivo venne fondata la colonia di Tobago, nei Caraibi, per le esportazioni di caffè, spezie, zucchero e specialmente tabacco. Nel 1655, però, il Ducato venne invaso dalle forze svedesi, che diedero inizio alla Seconda Guerra del Nord, fino alla Pace di Oliwa del 1660, che segnò il declino dello stato di Curlandia-Semigallia, tramontata definitivamente con l’ascesa al trono di Federico Casimir Kettler (1650-1698), che non seppe rimediare a una situazione finanziaria disastrosa, finendo sotto l’influenza polacca, a sua volta obiettivo di quella russa. La questione fu sospesa a causa della Grande Guerra del Nord fra Svezia e Impero Russo, cui presero parte anche i gli alleati: Impero Ottomano e Cosacchi Ucraini con la Svezia; Prussia, Danimarca, Norvegia, Sassonia e Confederazione Polacco-Lituana per la Russia, che sbaragliò gli avversari. Il Duca Pietro (1724-1800) fu l’ultimo regnante del Ducato di Curlandia, che cessò di esistere nel 1795. 

Il Regno Ereditario di Norvegia, ebbe il suo massimo splendore coloniale nel XIII secolo, dopo un periodo di guerre intestine che durò oltre un secolo (1130-1240). Si trattava comunque di uno stato unificato solo nominalmente, in quanto composto da diversi possedimenti e territori svedesi, fra cui lo Jamtland, Idre e Sarna, Herjedalen e Ranrike, e le numerose isole nordiche colonizzate dai marinai norvegesi. Di fatto, l’espansione coloniale norvegese ebbe inizio con la nascita del regno, nell’872, e con il re Sigurd I (1090-1130) ebbe notevole impulso. Crociati inviati dal re di Norvegia combatterono e occuparono terre nei dintorni di Lisbona e nelle Baleari, combattendo contro l’espansionismo arabo, nonché a Sidone, nelle fila di re Baldovino I (1058-1118) e della Repubblica di Venezia, e si spinsero anche a Gerusalemme. Insieme ai danesi, si insediarono anche nelle isole britanniche, esercitando il controllo sul mare d’Irlanda grazie alle città-stato vichinghe. 

Il Granduca di Toscana e la spedizione Thornton 

Anche Ferdinando I de Medici (1549-1609), Granduca di Toscana, fra le molte aspirazioni, ebbe l’idea di portare il proprio vessillo oltremare, con una spedizione affidata all’inglese Robert Thornton, (incerte le date di nascita e morte) esploratore, corsaro contro i turchi e ufficiale di marina al servizio dei Cavalieri di Santo Stefano e dei Medici in seguito a disavventure militari che lo portarono a rifugiarsi a Livorno, come l’altro celebre rifugiato britannico Robert Dudley, conte di Warwick (1574-1649), ingegnere navale, matematico e a sua volta navigatore e cartografo, autore del primo atlante marittimo stampato e pubblicato in Italia, a Firenze, nel 1646. Fra l’altro fu lo stesso Dudley a supervisionare la costruzione delle due navi (un galeone e una tartana) e dell’intero programma della spedizione di Tornthon. 

L’obiettivo che il Granduca Ferdinando I affidò a Tornthon, era di eseguire una esplorazione lungo il Rio Amazonas e l’Orinoco, per trovare giacimenti di oro e diamanti, in quello che la storia cita come unico tentativo di un riconosciuto stato italiano di creare un possedimento coloniale nelle Americhe. 

L’immenso territorio dell’Amazzonia era da tempo meta di spedizioni, e molte altre sarebbero seguite. All’inizio dello stesso anno era partito anche un altro esploratore inglese, Robert Harcourt (1574–1631), diretto nella Guyana dove stabilì una base lungo il corso del fiume Oyapock, alla cui spedizione prese parte il chirurgo William Davies, che poi partecipò alla spedizione di Thornton, e annotò che non si aspettava di trovare l’Amazzonia navigando a sud dalle Indie Occidentali fino a quando vide “il mare mutare in un color ruggine e l’acqua scorrere fresca e dolce”. 

Alla fine dell’agosto 1608 l’ingegnere fiorentino Baccio da Filicaja (1565-1610), da Lisbona scrisse una lettera al Granduca Ferdinando I, per esporre le dinamiche della colonizzazione portoghese in Sud America, spiegando anche i motivi che l’avevano portata al decadimento. Fu questa la spinta finale che portò il Granduca Ferdinando, già convinto di allestire una spedizione, a finanziare la missione Tornthon, basata sulle mappe disegnate dal già citato Dudley, il quale aveva esplorato il territorio in questione nel 1595. 

La missione partì da Livorno nel settembre 1608, con Robert Thornton come capitano e Jan van Harlem, esperto olandese dei nuovi mercati commerciali da e per le Americhe. 

Le navi, il galeone Santa Lucia Bonaventura, comandato da Tornthon, seguito dalla tartana comandata dal fratello Giles, giunsero nei pressi della Cayenne, dove il Granduca voleva insediare una base per esportare il legname amazzonico, molto richiesto in Italia. Robert Tornthon proseguì poi autonomamente, mentre il fratello prese rotte differenti. 

Nel viaggio, durato quasi un anno, Thornton approdò in Guyana poi in Brasile, esplorando l’Orinoco e la costa fino alla foce del Rio delle Amazzoni, per poi tornare a Livorno nel luglio 1609 e trovare sul trono il Granduca Cosimo II (1590-1621), che annullò ulteriori spedizioni, nonostante la grande mole di informazioni, materiali e animali, oltre ad alcuni nativi che però morirono di vaiolo eccetto uno, che visse alla corte dei Medici e fu fonte di molte conferme sull’esistenza di ricchezze, fra cui, oltre all’oro, consistevano in canna zucchero selvatica, balsamo, pepe bianco e molti altri generi di merci, il cui commercio avrebbe potuto generale guadagni non indifferenti. 

Dal punto di vista prettamente commerciale, secondo le considerazioni del Granduca Cosimo II, la spedizione non aveva avuto il successo sperato, perché le merci portate da Tornthon non erano state vendute o barattate, e oltretutto era stato denunciato un tentativo di ammutinamento, ordito da due marinai addetti ai cannoni che volevano impossessarsi delle merci per venderle a parte, dopo avere ucciso il capitano. Per la cronaca, i due furono abbandonati in un punto del delta del Rio Amazonas e i loro complici messi ai ferri nella stiva del galeone. 

Giles Thornton, che tornò a Livorno nell’ottobre 1609, ebbe più successo: riuscì a vendere tutto il carico in Brasile, ma decise di non acquistarne a causa di restrizioni commerciali imposte dalla Spagna. L’intero progetto, compreso il trasferimento di coloni da Livorno e Lucca, fu quindi cancellato, e il Granduca Cosimo II si dedicò a incrementare i commerci sulle già collaudate rotte per il Marocco, il Medio Oriente e le coste del Nord Africa. 

Bibliografia:

“Storia del colonialismo” – Wolfgang Reinhard; 

“Prussia, nascita di un impero” – F. Herre; 

“L’ultima impresa coloniale di Ferdinando I dei Medici” – Giuseppe Gino Guarnieri; 

“La spedizione Thornton al Rio Amazonas, all’Orenoco, all’Isola Trinidad” – Annali; 

“L’Impero inquieto” – M. Sturmer; 

“Pensieri medicei di colonizzare il Brasile” – Roberto Ridolfi; 

“Italiani in Brasile” – Matteo Sanfilippo. 

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