«Moralista, esaltatore delle virtù civiche e guerriere, conservatore, bastiancontrario, Buscaroli non concede nulla alle ideologie del progresso e alla sociologia dei salotti.» (Mario Cervi). |
L’ultimo intellettuale non conforme realmente, perché non ambì mai alla comparsata televisiva dell’“intellettuale di destra” in diretta – che se lo è, on the air nel piccolo schermo, allora tante volte è stato adeguatamente neutralizzato – non rinnegò la fogna quando si trovò a essere pubblicato dai grandi editori, non spintonò in alcuna rat race per sedersi su fondazioncioni o fondazioncine foraggiate dal Sistema.
Pochi altri intellettuali “di destra” avrebbero rifiutato una prebenda della tanto denigrata Repubblica Italiana, come fece invece Buscaroli, rifiutando nel 2005 l’“Ordine Al merito della Repubblica Italiana” restituendo al mittente la lettera di notifica protocollare dopo avervi annotato in calce
[a matita, e non “a stilografica”, come scrissero sbagliando; e questo piccolo equivoco
la dice lunga su un certo immaginario.]
“Gentile dottoressa, grazie per la sua premura. Ma io non desidero e non voglio alcuna onorificenza da questa repubblica. Mi parrebbe uno scherzo di cattiva sorte. Fermi la macchina, la prego, e non se n’abbia a male. Detesto questa repubblica. Grazie. Piero Buscaroli”.
Nato nel 1930 a Imola, visse da adolescente la guerra civile, o meglio la “guerra dei comunisti, quella delle stragi che loro perpetravano e servivano a provocare rappresaglie e altre stragi, di che loro si nutrivano”, come la definirà lui, quella del Triangolo della morte e delle Corti d’Assise Speciali, come quella che processò il padre per “collaborazionismo con il tedesco invasore”.
Il leggendario odio di Buscaroli parte proprio da lì, e dalla mai abbastanza vituperata figura del grande traditore del Duce, Dino Grandi, pur amico di famiglia: ma è un odio, quello di Buscaroli, che divampò per tutti gli italiani, troppo italiani, amici e nemici, e che serpeggiò per tutta la sua carriera di giornalista al “Borghese”, dove fu chiamato da un altro grande irregolare, Longanesi, nel 1955, a occuparsi, strano connubio, di musica, del quale fu straordinario cultore (anche se odiava essere definito “musicologo”), e come inviato di guerra: coprirà infatti i conflitti in Palestina e in Vietnam, e l’insurrezione praghese, rimanendo in questo settimanale sino al 1977.
Passerà quindi al “Giornale” di Montanelli, alla critica musicale, pubblicando opere omnie su Bach, Beethoven e Mozart per grandi editori (Mondadori, Rusconi, Rizzoli…) e tenendo acceso il suo odio verso la politica e la società della “Repubblica nata della Resistenza” in pubblicazioni di case editrici minori, sino allo straordinario Dalla parte dei vinti – Memorie e verità del mio Novecento, pubblicato erraticamente da Mondadori nel 2010. Libro straordinario, dove Buscaroli raccoglie le sue riflessioni sull’Italia del 25 aprile e del dopoguerra, sul conformismo degli intellettuali, sui fascistissimi divenuti antifascisti, sulla incancellabile dignità del Giappone e della Germania sconfitti, su Mishima e Salazar, su Pound e Furtwängler, su tic e vizi del giornalismo italiano – memorabile la sua demolizione del “mito” dei centrodestrorsi Indro Montanelli, sui crimini dei vincitori, dai cosacchi volontari nella Wehrmacht consegnati dagli Alleati ai GuLag staliniani, alle città italiane e tedesche flagellate dai bombardamenti al fosforo.
Dopo questa inconsueta apertura al pensiero non conforme, Mondadori e l’establishment chiusero rapidamente le porte, seppur tardivamente, e il successivo libro “politico” di Buscaroli uscì nel 2013 per un editore indipendente, Minerva. Il titolo è, purtroppo per noi, eloquente: Una nazione in coma.
Chiudiamo questo ricordo con un florilegio dell’odio buscaroliano, tanto tremendo quanto puntuale, gli italiani. “Trattandosi di italiani, non ci si possono aspettare esiti veloci in materie come l’onore nazionale e la morale”.
Pietro Badoglio: “Alla fine d’agosto, il dittatore Badoglio si rivelò un solerte assassino, i Reali Carabinieri uccisero Ettore Muti col sovietico colpo alla nuca in piena notte”.
I partigiani: “C’erano altri, comunisti e tipi che i comunisti superavano in ferocia, Emilio Lussu, Riccardo Bauer e Sandro Pertini, gli estremisti sanguinari del Cln, che volevano commemorare l’anniversario con una strage”.
Oscar Luigi Scalfaro: “L’ometto con le crocette all’occhiello e le madonnine sotto la camicia… Si scaccia con fatica il sospetto che l’elezione alla Costituente fosse diretta e tortuosa conseguenza della complicità nella vendetta che i comunisti avevano imposto”. Indro Montanelli: “Le bugie lungamente ripetute gli diventavano ricordi e i ricordi, accumulati e incrostati, storia patria”. “Io da Indro non imparai mai nulla, se non che i moderati sono peggiori degli estremisti”. Claudio Magris: “Si chiama Claudio Magris, è uno che battezza se stesso (o tale lo battezza il suo editore, ch’è uguale), ‘l’intellettuale italiano più autorevole e seguìto’. Dicono che dica e faccia dire simili énormités perché spera nel Nobel”.
Sui bombardamenti Alleati: “Fu una gran giornata dei banditi volanti inglesi e americani, da Parma a Rimini riuscirono a guastare quattro o cinque città, non un marco di danni per i tedeschi, ma cupole piazze palazzi e casette e un bel cimitero di miseri liberandi; sulle diciotto apparve, alto verso Oriente, un puntino solitario che scese a precipizio con un rombo di tuono lontano, e subito udimmo, sempre lontano, uno schianto. Forse era esploso, in un disperato assalto alla muraglia di fusoliere, un ultimo Me 109. Invece era il Macchi 205 di Rolando Garavaldi, nato a Soliera, quindici chilometri da Modena, caduto a Guardia di Molinella a ventiquattro anni. Lo seppi il 27 agosto 2000 a Molinella, dove il Comitato “Agmen Quadratum”, che aveva scavato il “caccia” sotto metri di terra, gli tributò onori funebri nella chiesa di San Matteo. L’Aeronautica Militare mandò ufficiali e avieri. Il partito comunista, incarnato da un sindaco femmina, partecipò con rifiuti e divieti, confermando la sua appartenenza alla civica spazzatura.”
Sulla sinistra post caduta del Muro di Berlino: “L’impero del male universale, che gli ottimisti di Bratislava assicuravano già spacciato, sopravvisse, putrefacendosi eppur ancora capace di nuocere, altri vent’anni. Dopo trent’anni, le sue sparse carcasse continuano a impestare le nazioni, le ideologie di fogna libri e giornali, i suoi aguzzini profittatori e lacchè, mutati i nomi ai rispettivi partiti, circolano indisturbati e riveriti; impartiscono lezioni di umanità, onestà e buongoverno, presiedono parlamenti e trovano impreviste tenerezze in putative ‘destre’ che la fame di posti privò dell’onore e dell’anima”.
A un partigiano di Imola, nel 1950: “Guarda, guarda pure, tanto hai il cancro del partigiano e presto crepi”. “Pochi mesi più tardi, la fida Ecate si prese il mio Vespignani e lo portò in qualche suo paradiso per partigiani. M’ero messo nelle mani della Dea Ecate perché della famiglia Nazareth non mi fidavo poi tanto in certe bisogne.”
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