Con il colpo di stato alle isole Comore, scompare la figura del mercenario-avventuriero, e nasce la figura del “contractor” super tecnologico.
Molti probabilmente non sanno neanche dove si trovi l’arcipelago vulcanico delle Comore (in arabo Udzima wa Komori – Isole della Luna – formato da Grand Komore, Moheli, Anjouan, e la contesa Mayotte francese). Uno Stato insulare dell’africa orientale, fra l’estremità nord del canale del Mozambico e il Madagascar.
Il nome occupò le prime pagine dei giornali tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 del secolo scorso, quando avvenne un ennesimo colpo di stato, comandato da un gruppo di mercenari, reduci dalle sanguinose guerre del Congo.
Le Comore rimasero disabitate fino al 6° Secolo, poi vi approdarono i primi Bantu giunti dalla costa africana, che costruirono i primi villaggi familiari. Nel 9° Secolo arrivarono gli arabi Shirazi, che crearono alcuni piccoli sultanati, governati da uno maggiore, quello di Anjouan, che sottomise la popolazione Bantu. Fu poi la volta dei Malgasci, nel ‘500, che fondarono una colonia a Mayotte, quindi gli esploratori portoghesi e, dopo il 1510, francesi, olandesi e inglesi, che ne fecero un’importante base di smistamento per la tratta degli schiavi e scalo sulle rotte da e per Capo di Buona Speranza, Golfo Persico, Indie Orientali. La posizione strategica ne fece anche base per molte bande di pirati, come sono ancora attualmente.
Un gruppo di isole che divennero sempre più importanti, con i sultanati che, grazie ad accordi commerciali con le compagnie europee, riuscirono a mantenersi autonomi, e per diversi periodi governati anche da donne, come Djoumbe Fatima (1841-1878) e Machamba Salima (a888-a909), sultana di Moheli che rinunciò al trono e concesse l’adesione alla Francia. In poco tempo, le Comore divennero francesi, e dipendenti dal Governatorato del Madagascar, fino allo scoppio della prima guerra mondiale.
Più tardi, coloni francesi, compagnie commerciali e ricchi mercanti arabi costruirono un’economia fondata sulle piantagioni che tuttora sfrutta circa 1/3 del territorio delle Comore per la coltivazione di prodotti da esportazione.
Nel 1973 fu raggiunto un accordo con la Francia per avviare le procedure per l’indipendenza, ma il 6 luglio 1975 il parlamento approvò una Risoluzione con la quale fu dichiarata di fatto, con l’astensione dei deputati di Mayotte, che rimase sotto controllo francese. In due referendum, nel dicembre ‘74 e nel febbraio ‘76, la popolazione di Mayotte votò contro l’indipendenza dalla Francia (rispettivamente con il 63,8% e il 99,4% dei voti).
Nel 1997 le isole di Anjouan e Mohéli dichiararono l’indipendenza dalle Comore. Il conseguente tentativo del governo di ristabilire con la forza il controllo sulle isole ribelli fallì e, in seguito, l’Unione Africana, sotto gli auspici del presidente sudafricano Thabo Mbeki, portò avanti le trattative per arrivare alla riconciliazione. Questa condusse all’autonomia governativa per ciascuna isola, e un governo federale per le tre isole. All’inizio del 2005 venne approvata la “Loi des Compétences”, legge che definisce le responsabilità di ciascun organismo di governo, ancora oggi in corso di perfezionamento. Il 25 marzo 2008 l’esercito, con il sostegno di truppe della Unione Africana, ha assunto il controllo di Anjouan, mettendo fine alla secessione.
Portoghesi, arabi, francesi
Dai primi insediamenti Bantu, le Comore furono raggiunte dai grandi navigatori portoghesi nel 16° Secolo, che puntavano alla posizione leader nel controllo delle rotte da e per l’Oceano Indiano, a scapito dei commercianti arabi, e fondando anche la colonia di Grand Komore, in seguito abbandonata.
Le potenze coloniali europee si sfidavano senza esclusione di colpi per i possedimenti d’Africa orientale e, tre secoli dopo, Francia e Inghilterra si disputavano il Sultanato di Zanzibar e, di conseguenza, il vicino arcipelago delle Comore. Nel 1843 il primo presidio armato francese occupò Mayotte e, nel 1886, il protettorato si estendeva a Grand Komore, Moheli e Anjouan, che facevano capo al governatore con sede a Reunion, in Madagascar, fino al 1908. Nel 1946, con la creazione della Union Francaise, le Comore furono dichiarate Territorio Autonomo d’Oltremare e nel 1961 ottennero lo statuto.
Il 22 dicembre 1974, tramite un referendum, si pronunciarono per la piena indipendenza (salvo Mayotte, che con il 65% dei voti rimaneva politicamente francese). Dopo l’indipendenza, la vita politica del piccolo Stato insulare fu segnata da una forte instabilità, alimentata dalle difficoltà economiche provocate dalla rottura dei rapporti con Parigi e dal distacco di Mayotte, la più ricca delle isole dell’arcipelago.
Prive di autosufficienza economica e delle infrastrutture necessarie a garantire lo sviluppo, le Comore rimanevano in una condizione di sottosviluppo, che continuava ad alimentare profonde tensioni sociali e politiche.
Ahmed Abdallah, primo presidente della Repubblica, venne deposto nell’agosto 1975 in seguito a un colpo di stato incruento, guidato da Ali Soilih, il quale tentò di promuovere la trasformazione in uno Stato laico, fondando un regime socialista ma, nel maggio 1978, un nuovo colpo di stato, realizzato da mercenari europei, riportò al potere Abdallah.
Proclamata la Repubblica Islamica, nel successivo ottobre, Abdallah instaurò un regime a partito unico e riallacciò stretti rapporti con la Francia. Nel novembre 1989 Abdallah fu ucciso in una congiura ordita dal capo della Guardia Presidenziale, il mercenario francese Bob Denard, poi costretto a rifugiarsi in Sudafrica. In seguito a tali avvenimenti, un accordo fra le principali forze politiche consentì il ripristino di un sistema multipartitico, che tuttavia non garantì una maggiore stabilità e non impedì il verificarsi di nuovi colpi di stato. Questa accentuata instabilità fu alimentata anche dalle rivolte secessioniste scoppiate nel 1997 nelle isole di Nzwani (Anjouan) e Mwali (Mohéli). Dopo il fallimento del tentativo di reprimere con le armi le forze secessioniste, fu avviato un difficile processo diplomatico, ma la situazione rimase estremamente tesa. L’instabilità si risolse dopo aspri scontri nel 2002 con una riforma costituzionale federale, con larghi poteri a ciascuna delle tre isole principali. Dal 2004, a sancire la via federalista, la denominazione ufficiale dello Stato è divenuta Unione delle Comore. Nel 2006, le elezioni del presidente federale hanno visto la vittoria di Ahmed Abdallah Mohamed Sambi, leader islamico dell’isola di Anjouan, cui nel 2010 è subentrato Ikililou Dhoinine. Il primo turno delle presidenziali tenutosi nel febbraio 2016 per scegliere il successore di Dhoinine ha registrato la vittoria del vicepresidente, Mohamed Ali Soilihi, con il 17,6% dei consensi contro il 15% di Mouigni Baraka e il 14,9% di Azali Assoumani; al ballottaggio svoltosi nel mese di aprile quest’ultimo è risultato vincitore.
Golpe dopo golpe
Quanti furono i colpi di stato nelle isole Comore? Quello del settembre 1995 fu il quarto colpo di stato organizzato da Denard nelle Comore, anche se un altro si sarebbe verificato il giorno in cui Denard andò a processo. Dall’indipendenza nel 1975, le Comore sono state oggetto di oltre 20 tentativi di rovesciare il governo, riusciti o meno.
Il 28 settembre 1995 Bob Denard e 33 mercenari presero il controllo delle isole Comore con un colpo di stato, battezzato operazione “Kaskari” (spada a lama dritta, affilata su ambo i lati) contro il presidente Djohar. Nonostante avesse ricevuto preavvisi, la Francia non fece nulla, fino al giorno dell’invasione, quando il golpe fu denunciato ufficialmente. Il presidente Jacques Chirac chiese che il ministro della Difesa e il capo di stato maggiore dell’esercito iniziassero a redigere piani per la riconquista delle Isole Comore, furono raccolte informazioni e le risorse del COS (Comando Operazioni Speciali) furono messe in allerta. I team di organismi come GIGN, DRM e DGSE iniziarono a schierarsi nell’area intorno all’Oceano Indiano. Il 3 ottobre il governo francese diede il via libera all’operazione “Azalee”.
Bob Denard, nel frattempo, aveva iniziato a creare un governo civile, nel tentativo di evitare l’imminente invasione. Una nuova guardia presidenziale era stata creata da membri fedeli della vecchia guardia, che lo stesso Denard aveva selezionato e addestrato. Punti di forza strategici armati di mitragliatrici pesanti erano stati installati intorno all’isola, in particolare a presidio dei due aeroporti.
A questo punto, più di 200 membri di COS e DRM erano in viaggio verso le isole a bordo di una fregata e due motovedette. Nella zona erano presenti anche membri del GIGN e Commando Jaubert, nonché diversi squadroni “Puma”.
Alla fine i francesi schierarono 600 soldati contro una forza di 33 mercenari e una forza dissidente di 300 uomini. L’operazione iniziò alle 23.00 del 3 ottobre, quando i membri del Commando Jaubert avevano esplorato le spiagge vicino ai due aeroporti dell’isola, Hahaya e Iconi. Alle 2.30 del mattino tre squadre Puma avevano portato sul luogo i membri di 1er RPIM°, 13° RDP sulla pista dell’aeroporto di Hahaya. Inizialmente presi sotto il fuoco delle mitragliatrici degli insurrezionalisti, i soldati francesi usarono l’attrezzatura per visione notturna e la copertura dell’oscurità per proteggere l’aeroporto e l’area locale. Nei combattimenti, furono anche catturati 20 soldati delle Comore.
Alle 3.00 i membri del Commando Jaubert avevano assicurato l’aeroporto di Iconi. Elementi del 5° RIAOM, 2° RAM e 2° RPIM erano volati su C-160 Transals per tenere il campo d’aviazione mentre il Commando Jaubert si dirigeva verso la caserma Kandani. Una quindicina di membri del GIGN furono quindi trasportati in aereo e liberarono l’ambasciata francese a Moroni. Un’altra squadra di commando Jaubert assaltò e catturò il Vulcain, la nave usata da Denard e dai suoi mercenari per raggiungere le Comore.
Il principale assalto aereo iniziò alle 5 del mattino, quando due Transall trasportarono elementi della Legione Straniera sulla pista di Hahaya. Mezz’ora dopo furono raggiunti dai membri delle artiglierie 2°, RIAOM Marines e 2° RAM. Alle 5.50 l’aeroporto era sicuro e intorno ad esso era stata stabilita una zona di sicurezza. I rifornimenti iniziarono ad arrivare mentre le unità francesi iniziavano a muoversi verso la capitale di Moroni.
Alle 6.30 del mattino anche le unità francesi stavano raggiungendo la caserma di Kandani, dov’erano stati raccolti Bob Denard e i suoi mercenari, mentre veniva segnalata anche un’altra forza, di circa 200 insorti.
Il pomeriggio successivo Bob Denard e i suoi mercenari si erano arresi. Dopo essere stato perquisito dai gendarmi del GIGN, fu portato all’aeroporto di Iconi, quindi portato dubito in Francia e incarcerato.
Sebbene non sia una pura operazione speciale, la riconquista francese delle Isole Comore è stata eseguita in modo praticamente perfetto. Le unità operative speciali furono schierate con successo e utilizzate in modo tempestivo, e in sette giorni elaborati piani e dispiegati circa 1.000 soldati per sostenere questa operazione. Le risorse aeree furono utilizzate per spostare i soldati in modo rapido e conciso.
Una volta che Denard si rese conto che i francesi intendevano riprendere le Comore, ai mercenari fu ordinato di non combattere. Inoltre le probabilità erano molto sproporzionate; qualcuno potrebbe dire che questa non fu una lotta leale. Tuttavia, presentando probabilità così schiaccianti, i francesi rendevano inutile qualsiasi resistenza e quindi impedivano spargimenti di sangue. La Francia ha agito con decisione e ha usato le proprie forze speciali per muoversi rapidamente e ottenere la sorpresa tattica. Utilizzando la giusta combinazione di paracadutisti e squadre speciali, come GIGN e Commando Jaubert, le unità francesi ripresero l’isola in 48 ore.
Solo Denard, quindi, organizzò quattro colpi di stato alle Isole Comore, dalla dichiarazione d’indipendenza, né era il primo al quale Denard partecipasse, anche se in passato finanziati dal governo francese e non contro, ma nel settembre 1995 pur determinato, non aveva una forza sufficientemente organizzata e armata per respingere un intervento francese, anche nonostante la creazione di una nuova Guardia Presidenziale con 500 uomini scelti, in gran parte reclutati fra i partecipanti ai colpi di stato del 1978-1989.
La popolarità di Denard gli permise comunque di mobilitare anche 300 sostenitori in appena cinque giorni, e di collocarli nei porti e negli aeroporti, dove sarebbero stati più efficaci per tendere un’imboscata agli invasori francesi.
La Francia, come è noto, aveva una conoscenza anticipata del colpo di stato, ma si era astenuta da misure preventive. Quando giunse la notizia, il governo francese denunciò Denard e i suoi mercenari e, sapendo cosa avrebbero incontrato sulle isole, i francesi affidarono l’operazione alle Forze Speciali. Alla fine, 400 marines e altri 200 esperti iniziarono a navigare nell’Oceano Indiano con motovedette e fregate, con al seguito esperti logistici ed elicotteri.
Sebbene le piccole forze di difesa fossero riuscite a respingere gli attaccanti in passato (ad esempio Rorke’s Drift), questo di solito comportava qualche vantaggio specifico nelle tattiche di intelligence, addestramento o guerriglia. Sapendo di non avere un tale vantaggio, Denard inviò il messaggio agli uomini che difendevano la caserma che avrebbero dovuto deporre le armi se ingaggiati dai francesi. Gli specialisti hanno circondato la caserma nelle prime ore del 5 ottobre e Denard fu arrestato e portato in volo in una prigione parigina. Il presidente Djohar, tenuto prigioniero nelle baracche, fu portato in aereo a Reunion per cure mediche.
Gilbert, in arte “Bob”
Scomparso il 13 ottobre 2007, Gilbert Bourgeaud, meglio noto come Robert “Bob” Denard, nacque nell’aprile 1929, e fu noto anche come Said Mustapha Mhadjou. Fu tra i più attivi operatori per la cosiddetta “Françafrique”, la sfera di influenza francese nelle ex colonie africane, nonché uomo di Jacques Foccart, consigliere personale di De Gaulle per la politica africana.
Anticomunista fin da ragazzo, Denard prestò servizio militare in marina, nel corso della guerra d’Algeria, ma il suo nome è soprattutto legato alle guerre civili del Centro Africa, in particolare Congo, Rhodesia, Angola, Gabon, e quindi alle Isole Comore.
È opinione diffusa che le sue avventure abbiano avuto il sostegno implicito dello Stato francese, anche dopo l’elezione del 1981 del candidato del Partito socialista francese, François Mitterrand, nonostante i cambiamenti nella politica della Francia in Africa.
Denard si convertì prima al giudaismo, poi all’islam e infine di nuovo al cattolicesimo. Fu sposato sette volte ed ebbe otto figli. Dopo il servizio nella Marina francese come quartiermastro in Indocina e in Algeria, Denard fu poliziotto coloniale in Marocco dal 1952 al 1957. Nel 1954 fu condannato per un complotto di omicidio contro il primo ministro Pierre Mendès-France, un membro di sinistra del Partito Radical-Socialista che stava negoziando la fine della guerra in Indocina e il ritiro dal Marocco, Tunisia e Algeria, e scontò 14 mesi di prigione. Una volta liberato, ha lavorato per i servizi segreti francesi durante la guerra in Algeria.
Iniziò la sua carriera mercenaria, che doveva durare tre decenni, nel Katanga, probabilmente nel dicembre 1961 quando lui e altri stranieri furono arruolati dal leader dei mercenari del Katanga, Roger Faulques. È diventato famoso dopo aver salvato i civili circondati dai ribelli a Stanleyville, e ha combattuto fino al crollo del movimento secessionista guidato da Moise Tshombe nel gennaio 1963. Quindi, Denard e i suoi uomini si trasferirono in Angola. A metà del 1963 si trovava nello Yemen del Nord, allora nel bel mezzo di una guerra civile tra un governo nasserista e tribù monarchiche. I realisti erano supportati dai governi dell’Europa occidentale e dell’Arabia Saudita. I francesi e gli inglesi sponsorizzarono un certo numero di mercenari per addestrare i volontari realisti nelle tecniche militari, e Denard fu tra coloro che si unirono all’Imam al-Badr, leader dei monarchici.
Dopo circa diciotto mesi Denard tornò in Congo per assumere un impiego sotto Moise Tshombe che ora era il primo ministro del governo centrale a Leopoldville dal luglio 1964 all’ottobre 1965 quando fu licenziato dal presidente Joseph Kasa-Vubu. Denard prestò servizio per due anni in Congo combattendo i ribelli Simba sostenitori del defunto leader congolese Patrice Lumumba, che era stato assassinato nel Katanga nel 1961 dopo essere stato rovesciato da politici rivali e gravemente torturato durante il transito. I ribelli Simba erano appoggiati da cinesi e cubani, compreso Che Guevara, mentre il governo centrale era tacitamente appoggiato da Stati Uniti e Belgio. Denard era a capo della sua unità di mercenari francesi chiamata “les affreux” (i brutti). Denard ha contribuito a sostenere un tentativo di rivolta secessionista per conto di Tshombe dai separatisti del Katangan nel luglio 1966.
Un anno dopo Denard si schierò con i separatisti katangani e i mercenari belgi guidati da Jean Schramme in una rivolta nel Congo orientale. I ribelli furono presto imbottigliati a Bukavu. Denard fu ferito nella sollevazione iniziale e volò in Rhodesia con un gruppo di feriti più gravi. Nel gennaio del 1968 invase il Katanga con una forza di cento uomini in bicicletta nel tentativo di creare un diversivo per una fuga da Bukavu.
Denard è stato coinvolto in attività mercenarie nel Biafra durante la guerra civile nigeriana alla fine degli anni ’60. Dal 1968 al 1978 è stato impiegato a sostegno del governo in Gabon ed è stato disponibile a svolgere azioni militari per conto del governo francese in Africa. Potrebbe essere stato coinvolto in un raid contro la Guinea nel 1970. Fu coinvolto in un fallito tentativo di colpo di stato in Benin (Operation Crevette, o Operazione Shrimp), contro Mathieu Kérékou, il leader del Partito rivoluzionario popolare del Benin, nel 1977. Sebbene Jacques Foccart abbia negato la conoscenza del tentativo di colpo di stato dopo il suo fallimento, ha riconosciuto che era stato sostenuto da Gnassingbé Eyadéma (Togo), Houphouet-Boigny (Costa d’Avorio), Omar Bongo (Gabon) e Hassan II (Marocco), tutti gli alleati della Francia. Denard è noto per aver partecipato a conflitti in Rhodesia con sette Independent Company, Rhodesia Regiment nel 1977, Iran, Nigeria, Angola, Zaire e Comore, l’ultima nazione che ha subito più di venti colpi di stato in passato decenni. Per la maggior parte della sua carriera Denard ha avuto il tranquillo appoggio della Francia e dei servizi segreti francesi che desideravano mantenere l’influenza francese sulle sue ex colonie.
Ha poi fallito in un colpo di stato in Benin nel 1977 e ha svolto alcune operazioni in Rhodesia dal 1977 al 1978 come parte della breve unità di lingua francese dell’esercito di Rhodesian, la 7 Independent Company. Con il sostegno del governo della Rhodesia, è tornato alle Comore con 43 uomini il 13 maggio 1978 e ha compiuto un colpo di stato contro il presidente Ali Soilih, che si era rivolto alle politiche socialiste. Soilih fu ucciso in circostanze misteriose il 29 maggio 1978. La versione ufficiale secondo cui Soilih è stato “colpito mentre cercava di scappare” non è generalmente creduta. Aiutato da Denard, Ahmed Abdallah ha ripreso la presidenza. Per undici anni (1978-1989), Denard ha guidato la guardia presidenziale di Abdallah, composta da 500 persone, e ha avuto una forte influenza e interessi economici nell’arcipelago, sposandosi e convertendosi all’Islam e alla fine diventando cittadino del paese. Ha adottato il nome islamico Said Mustapha Mhadjou dopo la sua conversione.
Le Comore servirono anche come base logistica per le operazioni militari in Mozambico e Angola. Fu poi sostenuto da Parigi, poiché le Comore fornirono alla Francia una base per aggirare l’embargo imposto al Sudafrica a causa della politica di apartheid del suo governo. [4] Denard accumulò notevoli proprietà nelle Comore, composte da alberghi, terre e guardie presidenziali. [4] Secondo Xavier Renou, autore di un libro sugli appaltatori militari privati, Denard prevedeva la transizione tra mercenari tradizionali e appaltatori militari privati contemporanei, creando un piccolo esercito durante la sua permanenza nelle Comore negli anni ’80.
Nel 1989, temendo un probabile colpo di stato, il presidente Ahmed Abdallah firmò un decreto che ordinava alla Guardia presidenziale, guidata da Denard, di disarmare le forze armate. Poco dopo la firma del decreto, un ufficiale militare sarebbe entrato nell’ufficio del presidente Abdallah e gli avrebbe sparato, ferendo allo stesso tempo Denard. Pochi giorni dopo, Denard accettò di lasciare le Comore dopo aver incontrato l’uomo d’affari francese Jean-Yves Ollivier, e fu evacuato in Sud Africa da paracadutisti francesi. [5] [15]
Denard ha quindi atteso nella regione del Médoc, in Francia, il processo per l’omicidio del presidente Ahmed Abdallah nel 1989. Con il suo luogotenente Dominique Malacrino, ha dovuto affrontare le accuse nel maggio 1999 per il suo ruolo nel colpo di stato del 1989, in cui, secondo alla procura francese, il presidente Ahmed Abdallah è stato ucciso per ordine di Denard perché stava per rimuovere Denard dalla carica di capo della guardia presidenziale. L’accusa ha detto che Ahmed Abdallah è stato ucciso su ordine di Denard durante un finto attacco al suo palazzo la notte del 26 novembre 1989, ma pochi giorni prima del processo, la famiglia Abdallah ha lasciato cadere la causa e alla fine Bob Denard e Dominique Malacrino sono stati assolti a causa di mancanza di prove. Le Comore hanno vissuto il ventesimo tentativo di colpo di stato dall’indipendenza il giorno in cui è iniziato il processo. In seguito, il presidente Mohamed Taki Abdulkarim ha dichiarato di aver rifiutato il ritorno di Denard alle Comore. Il 6 novembre 1998 Abdulkarim è morto in circostanze sospette. La sua famiglia sospettava un avvelenamento e ha chiesto l’autopsia. L’esame post mortem fu rifiutato e si disse che Abdulkarim fosse morto per cause naturali.
Nella notte del 27 settembre 1995 Denard lanciò il quarto colpo di stato, la già citata operazione “Kaskari”, con 33 uomini su gommoni Zodiac in un tentativo di colpo di stato contro il presidente Said Mohamed Djohar, successore di Abdallah. Il 4 ottobre, in base a un accordo tra la Francia e le Comore, l’esercito francese pose fine al tentativo, e Denard si arrese senza che fosse sparato un colpo, quindi riportato in Francia dall’agenzia di intelligence DGSE e ha trascorso dieci mesi in una prigione di Parigi. Al suo processo hanno parlato a suo nome alcuni ex politici gollisti, tra cui Charles Pasqua.
Nel 2001, Guido Papalia, procuratore italiano di Verona, ha perseguito Denard per aver tentato di reclutare mercenari nel movimento italiano di estrema destra (tramite Franco Nerozzi) al fine di compiere un colpo di stato contro il colonnello Azali Assoumani, l’attuale presidente, anche lui contrario al suo ritorno alle Comore.
Il 9 marzo 2006, l’avvocato Olivier Bray ha chiesto cinque anni di carcere per il colpo di stato del 1995 contro Said Mohamed Djohar con il nome in codice “Eskazi”, e condanne da uno a quattro anni per i suoi 26 complici. Durante le tre settimane di processo, Denard ei suoi complici hanno cercato di convincere il tribunale di aver agito con il supporto implicito delle autorità francesi. Dominique Malacrino ha parlato a Denard delle “numerose telefonate di Jacques Foccart, allora responsabile dell’ufficio africano all’Eliseo”. Emmanuel Pochet, un altro sospettato, ha dichiarato che Denard aveva “il sostegno di alti ufficiali delle forze speciali della DGSE”, l’agenzia di intelligence esterna francese. Olivier Feneteau, un altro sospettato, ha dichiarato di essere appartenuto in passato al “servizio di azione” della DGSE. Il 9 marzo, l’avvocato di Denard ha presentato le dichiarazioni dell’ex presidente Djohar, che aveva dichiarato, durante un’intervista al quotidiano comoriano Kashkazi alla fine di ottobre 2005, che il suo capo della sicurezza, il capitano Rubis, un ufficiale francese che le autorità francesi gli avevano raccomandato, “era a conoscenza del colpo di stato”.
Nel giugno 2006 Denard, che a quel tempo era affetto da Alzheimer, è stato giudicato colpevole di “appartenenza a una banda che ha cospirato per commettere un crimine”, e gli è stata data una pena detentiva di cinque anni con sospensione. Durante il processo, il ruolo dei servizi segreti francesi nel colpo di stato del 1995 contro Said Djohar fu riconosciuto, ma non ritenuto sufficiente per liberare i mercenari dalla loro colpa. [20] Tuttavia, la conoscenza delle autorità francesi del tentato colpo di stato è stata una delle ragioni addotte dalla Corte per astenersi dall’ordinare una pena detentiva ferma. [20] Durante il suo processo nel 2006 davanti alla Corte d’Appello, un ex capo dei servizi segreti stranieri dichiarò esplicitamente che “Quando i servizi speciali non sono in grado di intraprendere certi tipi di operazioni sotto copertura, usano strutture parallele. Questo è stato il caso di Bob Denard”. Nel luglio 2007, è stato condannato dalla Corte d’appello a quattro anni di carcere (tre dei quali sospesi). Tuttavia, non ha mai scontato la pena per motivi di salute. E’ poi deceduto per complicazioni legate al mordo di Alzheimer.
“Chien de guerre”
In quello che è passato alla storia come “Wonga Coup”, per il quale è stato recentemente sotto processo a Malabo, capitale della Guinea Equatoriale, il britannico Simon Mann, con l’accusa plurima di “crimini contro il Capo dello Stato, crimini contro il governo e crimini contro la pace e l’indipendenza dello Stato di Guinea”, non manca nessuno degli ingredienti della trama di ogni intrigo internazionale che si rispetti.
Il profilo di Mann, 55 anni, protagonista principale della vicenda, è quello dell’avventuriero di alta classe. Studi ad Eton, ex ufficiale dello Special Air Service Regiment e della Guardia Scozzese, impegnato in innumerevoli missioni come capitano, Mann ha poi fondato una compagnia specializzata in anti-hackeraggio e successivamente un’agenzia di sicurezza privata i cui principali clienti erano sauditi, per poi tornare a indossare la divisa come aiutante del comandante in capo delle forze armate britanniche nella prima guerra del Golfo. In seguito è stato a capo della società privata “Executive Outcomes”, proteggendo gli interessi occidentali in Angola, quindi ha fondato la “Sandland”, con cui ha fornito armi alla Sierra Leone nonostante l’embargo e, come afferma egli stesso, con il consenso del governo britannico. Se il golpe il Guinea Equatoriale fosse riuscito, la sua ricompensa sarebbe arrivata a 15 milioni di sterline, pari a circa 19 milioni di euro.
Nelle proprie memorie si definisce “corsaro della Repubblica”, espressione che molti storici intendono studiata per non chiamarsi con il vero nome, cioè mercenario. Vi sono altri storici che però interpretano la definizione come non solo “soldato a pagamento”, ma anche e soprattutto una sorta di vocazione alla vita in armi che può essere spiegata con la fedeltà al concetto stesso di essere nato per essere un soldato. Un’idea difficile da comprendere o accettare per chi non condivida tale scelta, ma che in ogni caso spiega perché, dopo anni, Bob Denard non abbia rinunciato alla propria vita in armi e, a maggior ragione, morendo in solitudine e in povertà.
Un’esistenza sempre in bilico, vissuta sul filo del rasoio, mai ufficialmente in combattimento per il proprio Paese, mai ufficialmente incaricato di qualche operazione con un grado e un incarico precisi, spesso spalleggiato, ancora più spesso tradito e scaricato come “indesiderato”. Oggi, con la sua scomparsa, muoiono anche il concetto in un certo qual senso “romantico” del soldato di ventura, e gli svariati nomi con cui era conosciuto in diverse parti del mondo: colonnello Denard, Said Mustapha Mahdjoub, Maurin, Thomas, Bako, o gli appellativi come “chien de guerre”, cane da guerra.
“Abbattere una banca o un blindato richiede mera crudeltà. Abbattere un’intera Repubblica richiede un certo stile”, scriveva Frederick Forsyth nel celebre romanzo “I mastini della guerra”.
La storia del golpe fallito in Guinea Equatoriale l’8 marzo 2004 sembra ricalcare la trama del libro scritto dall’autore britannico trent’anni prima. Nella fiction, i boss di una multinazionale della City di Londra scoprono un giacimento di platino in una montagna dell’immaginario Stato africano dello Zangaro. Per ottenerne il controllo decidono di rovesciarne il governo, impiegando il migliore professionista sulla piazza, mercenario di alto profilo. Per la riuscita del Golpe non resta che identificare un oppositore del governo dello stato africano per sostituire il sanguinario presidente.
La Guinea Equatoruiale, ex colonia spagnola,
situata in africa centrale ed affacciata sul Golfo di Guinea era considerata un
tempo un pezzo di terra africana di scarso valore. Durante il trentennale
regime dell’attuale Presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, il paese ha
ribaltato la propria situazione nello scacchiere strategico internazionale dopo
la scoperta, nel 1995, di ingenti risorse petrolifere nei fondali di questa “Repubblica
dittatoriale” che è oggi il terzo produttore di greggio del continente
africano.
Il colpo di Stato fallito quattro anni fa mirava appunto ad assicurare a
organizzatori e finanziatori dell’operazione vantaggiosi contratti di lungo
termine per lo sfruttamente dell’oro nero prodotto dal paese. Risorsa di cui
beneficiano principalmente il Presidente e la sua cricca. Per fare un esempio,
i seicentomila abitanti del paese consumano in media un barile di petrolio al
giorno, mentre il paese ne produce 395.
Il piano, ha raccontato Mann al processo prevedeva la deposizione senza
spargimento di sangue dell’attuale presidente Teodoro Obiang Nguema. Al suo
posto i mercenari golpisti avrebbero piazzato Severo Moto Tsa, un leader
dell’opposizione esiliato a Madrid nel 2003, pronto a saltare su un aereo
pagato da Mark Thatcher in partenza dalle Canarie alla volta di Malabo. Una
volta insediato, il nuovo Presidente avrebbe remunerato generosamente i benefattori
stranieri con concessioni e contratti petroliferi.
Secondo la testimonianza rilasciata da Simon Mann al processo, l’organizzazione
del colpo di Stato in Guinea Equatoriale era quasi un’operazione militare.
Dietro le quinte erano infatti impegnati al 100% i governi spagnolo e
sudafricano. L’allora Premier spagnolo Aznar si era impegnato a riconoscere
immediatamente il nuovo presidente e fornire eventuale appoggio logistico e
militare. Una delle ragioni del fallimento del Golpe, ha spiegato Mann al
processo è da attribuire alla fretta di finire il lavoro prima del 14 marzo
2004, data delle elezioni spagnole. Se avesse vinto l’opposizione (come
accadde) l’esito dell’intera operazione sarebbe stato in pericolo.
Washington, il Pentagono, la CIA e la lobby petrolifera statunitense che aveva investito nel paese africano, ritenevano il governo di Malabo pericoloso, pertanto avevano riferito che un cambio di governo ben condotto sarebbe stato il benvenuto. Dopo quattro anni nelle galere africane, Mann, non ha lesinato dettagli sui suoi ex compagni di ventura, che vorrebbe ora vedere alla sbarra.
Ideatore del colpo di Stato è stato Ely Calil, imprenditore multimilardario libanese con cittadinanza britannica residente a Londra, che deve molte delle sue fortune a traffici di petrolio con la Nigeria e vantava molte amicizie fra i politici britannici, sia conservatori che laburisti. Co-protagonista, con un ruolo di primo piano, Sir Mark Thatcher, figlio dell’ex Primo Ministro britannico, già condannato in Sudafrica a quattro anni con sospensione della pena per aver ammesso legami con la vicenda, sostenendo tuttavia di aver versato denaro “credendo di finanziare un’eliambulanza”.
In termini pratici, il piano era il seguente. Un primo commando di undici mercenari guidati da Nick du Toit, ex militare delle forze speciali sudafricane, che oggi sconta una condanna a 34 anni in Guinea Equatoriale, avrebbe raggiunto Malabo su un vecchio Antonov. Poco dopo la mezzanotte dell’8 marzo il gruppo avrebbe neutralizzato la sicurezza all’aeroporto, fatto irruzione nella torre di controllo, cambiato le frequenze, in modo da comunicare direttamente con Simon Mann, il “manager” dell’operazione in arrivo, su un altro aereo carico di armi e sessantanove mercenari, dallo Zimbabwe. La trama del thriller s’inceppa in questo punto. Simon Mann non avrebbe raggiunto Malabo, se non fino al gennaio di quest’anno. Con le catene alle mani e ai piedi, estradato illegalmente dallo Zimbabwe. Grazie a una soffiata dei servizi segreti sudafricani, Mann fu infatti arrestato il sette marzo 2004 ad Harare mentre si apprestava a partire per la “missione”. Nick du Toit e la sua squadra furono arrestati la notte del fallito golpe a Malabo. Solo quest’anno Simon Mann, ha cominciato a collaborare con le autorità della Guinea Equatoriale, probabilmente sentendosi tradito e sopratutto sperando in una riduzione della pena o del trasferimento in un carcere britannico.
Mann si era reso conto di essere diventato il capro espiatorio della vicenda, il solo a pagare, lasciato a marcire nel carcere di Black Beach di Malabo. “Io ero il manager, non l’architetto”, ha dichiarato Mann al processo. La pubblica accusa ha escluso la pena di Morte per Mann, chiedendo trentadue anni di carcere. Vista la propensione dell’imputato a vuotare il sacco su tutta la vicenda, le autoritá del paese africano hanno tuttavia manifestato a ridosso del processo, una certa inclinazione alla clemenza. Lo stesso Presidente Obiang, pur definendo Mann un “bastardo criminale” ha dichiarato: “Abbiamo raggiunto la conclusione che Mann è stato uno strumento e che dietro di lui vi erano autori intellettuali e materiali che hanno finanziato tutta l’operazione”.
Al processo Mann parlando con estrema calma e con il suo impeccabile accento upperclass, sembra aver recitato la parte richiesta dalle autorità del paese che lo processa. Quello che aveva tentato di rovesciare, dichiarando di essere “felice che il golpe sia fallito, specialmente dopo aver vissuto qui ed avere conosciuto alcuni di voi”. Mann parla da uomo che lotta per la vita. Per scansare la prospettiva di altri trent’anni in una prigione africana. Al processo Mann era visibilmente sofferente, a causa di un’ernia per cui dovrebbe essere operato.
“Credo che i responsabili di questa vicenda debbano
affrontare la giustizia” ha dichiarato Mann, che ha mostrato un momento di
debolezza solo quando il procuratore gli ha chiesto se trent’anni di galera gli
sembravano la giusta pena: «Non sono d’accordo. No, per favore». Mentre il
mercenario Mann affronta il calvario della prigione e del processo, i suoi
complici, come Mark Thatcher, vivono nel lusso e viaggiano in business class.
La settimana prossima il governo del paese africano chiederà l’estradizione di
Mark Thatcher, che vive in una specie di fortezza a Marbella, e di Ely Calil. I
due respingono tutte le accuse, come le hanno immediatamente respinte i governi
Spagnolo e Sudafricano. Non esiste un trattato di estradizione tra Spagna e
Guinea Equatoriale, ma semplici meccanismi di cooperazione. Il fratello di
Simon Mann, Richard, ha confermato a Liberazione che da ora in poi l’imputato a
processo a Malabo è piú sicuro nella sua cella che da libero. L’estradizione
dei complici potrebbe forse salvare Mann, un uomo, che come i suoi compari, che
non aveva capito come nel secondo millennio l’era dei bucanieri al saccheggio
dell’Africa si fosse globalizzata. E, come dice il romanzo, richiede almeno un
certo stile. Anche in Sudafrica non governano più i bianchi…
Gli italiani coinvolti
Nel quarto colpo di stato alle Comore, organizzato da Bon Denard, pare siano stati coinvolti anche mercenari e avventurieri italiani. Il procuratore capo di Verona, Giodo Papalia, ha ordinato, fra altri provvedimenti, anche l’obbligo di arresti domiciliari per Franco Nerozzi e Fabio Leva, sospettati di associazione a delinquere con finalità di terrorismo internazionale, in quanto reclutati dal comandante mercenario Bob Denard, già ben noto alle polizie di mezzo mondo.
Le indagini avrebbero permesso di appurare, tra l’altro, che un cittadino francese, con forti interessi economici nelle isole Comore, stava cercando di reclutare anche in Italia un gruppo di mercenari per un intervento armato al fine di cambiare il governo. Le indagini avevano preso avvio a Verona in occasione del rinvenimento di alcune scritte antisemite. Gli accertamenti avevano permesso agli investigatori di venire a conoscenza che un veronese era in contatto con altre persone, tutte italiane, e che stavano organizzando una non chiara “missione all’estero”. Un particolare, quest’ultimo, su cui la polizia ha voluta approfondire la conoscenza scoprendo così che un cittadino francese stava cercando di reclutare persone da impiegare in un colpo di stato alle isole Comore. Secondo l’ipotesi investigativa, l’intervento armato sarebbe stato finalizzato a instaurare nel piccolo Stato africano un governo più favorevole agli interessi economici e ai piani di sviluppo degli investimenti del francese. L’ipotesi di intervento armato sarebbe stata conseguente anche ad un precedente tentativo di colpo di Stato nel quale erano coinvolti mercenari francesi e che era stato sventato dall’intervento delle forze militari delle Comore, occasionalmente supportate da un contingente del Sud Africa. Gli italiani contattati, sempre secondo quanto emerso dalle indaginil, avrebbero avuto il compito di intervenire nuovamente facendo affidamento sulle armi che avrebbero dovuto essere messe a disposizione da persone non identificate residenti tra Sud Africa e Mozambico.
Sempre nel corso dell’attività investigativa svolta dalla polizia italiana, è emerso che alcune delle persone indagate avevano partecipato in passato ad una missione in Birmania apparentemente svolta per portare aiuti al popolo dei Karen, una minoranza che si oppone al governo in carica. Il gruppo, al quale si erano aggregati alcuni medici, totalmente ignari degli scopi reali della missione, era entrato clandestinamente in Birmania dalla frontiera con la Thailandia ed erano stati subito bloccati ed espulsi.
Le notizie sul colpo di stato nelle Comore fecero il giro del mondo, non tanto per il tentativo di rovesciamento in sé stesso, quanto per essere stato ancora una volta capeggiato dal celebre mercenario e avventuriero Bob Denard. Un tentativo che i giornali di mezzo pianeta raccontarono: durato poche ore, dopo uno sbarco aereo a Moheli, e stroncato dall’esercito regolare della repubblica islamica delle Comore; tentato golpe da parte di una trentina di soldati sia bianchi che neri giunti con un aereo privato; …un gruppo a volto coperto, che aveva temporaneamente occupato la gendarmeria e il commissariato di polizia, interrompendo ogni comunicazione; …i mercenari hanno distribuito volantini alla popolazione, dicendo di essere dell’esercito degli Stati Uniti e di essere sbarcati a Moheli per un’operazione connessa agli attacchi terroristici dell’11 settembre; isolati scontri a fuoco, cinque morti fra cui due civili…
Le indagini italiane andarono oltre. Nel 2001 e 2002 il procuratore militare di Roma, Antonino Intelisano, indagando sui reati di soldati italiani all’estero, prese infatti contatti con la procura di Verona per verificare se le notizie relative ai militari fossero vere e, in caso affermativo, stabilire se era ipotizzabile un reato militare.
Dalle indagini condotte, infatti, risulterebbe che per la presunta operazione militare che doveva ribaltare il governo delle isole africane gli organizzatori avevano cercato di contattare, allo scopo di reclutarli, anche militari italiani in missione in Kosovo e in Macedonia dietro il pagamento di otto o nove milioni di lire al mese per i primi tre mesi di lavoro. Nel corso di alcune telefonate intercettate dalla Digos si fa infatti riferimento a persone che prestano o hanno prestato servizio nelle forze armate italiane in reparti particolarmente addestrati come lagunari e paracadutisti. Ma nelle intercettazioni emergono anche episodi singolari, come un incontro che si sarebbe svolto in un albergo di Parigi il 4 gennaio scorso: presenti Bob Denard, che nelle intercettazioni viene talvolta indicato come “il vecchio”; Franco Nerozzi, giornalista veronese ora agli arresti domiciliari insieme all’ ex impiegato del porto di Trieste Fabio Leva; tale Emmanuel Pochet, alias “Colonel Charles” e nientemeno che Sheik Ahmed Abdallah, figlio di Ahmed Abdallah Abderemane, ex presidente delle isole Comore. Secondo l’accusa in quella riunione si sarebbe parlato del presunto colpo di stato nel Paese africano.
Nerozzi e Leva, insieme a cittadini francesi, avrebbero allestito una rete di mercenari per compiere golpe non solo nelle Comore, ma “in alcuni stati esteri”. Nell’ordinanza di custodia cautelare del gip di Verona, Stefano Sernia, vengono condensati mesi di accertamenti compiuti dalla polizia italiana e di quella francese. Secondo l’accusa ad operare sarebbe stata “una associazione finalizzata a compiere più delitti di sovvertimento dell’ordine costituzionale di alcuni stati esteri, violandone l’integrità territoriale mediante conflitti armati nel loro territorio”. Non solo: a tale scopo avrebbero anche provveduto a reclutare diverse persone, già in possesso delle capacità tecniche necessarie. Un’attività che non si sarebbe limitata al progettato golpe alle Comore, ma che prevedeva anche interventi armati in altri paesi, sempre per rovesciarne i governi. Franco Nerozzi, tra l’altro, avrebbe anche sfilato armato in parata con i Karen, una delle fazioni in lotta in Birmania, paese nel quale si era recato per portarvi medicinali e dove, sempre secondo intercettazioni effettuate dalla Digos, tra i mercenari presenti ve ne sarebbero anche di italiani.
Nelle intercettazioni emerge anche il ruolo del veterano Denard: se lo avesse chiesto “il vecchio”, dice Giorgio Pratelli, uno degli indagati, avrebbe accettato di partire “anche in dieci minuti. Gli dicevo: guarda, prendo la mimetica e arrivo”. Durante le loro conversazioni telefoniche talvolta veniva presa qualche precauzione. Una “gita”, oppure una “sciata” condotta da un “maestro di sci”: questi erano infatti i termini che Franco Nerozzi e Fabio Leva usavano per indicare quelle che, secondo l’accusa, erano le loro future missioni militar. Panini, pesci e banane sarebbero stati invece i termini per indicare armi, probabilmente da reperire in Mozambico.
Bibliografia
“Il Battaglione Leopard” – Jean Schramme, 1973;
“Mercenari” – Ippolito Edmondo Ferrario, 2009;
“I nuovi mercenari” – Siegfried Mueller, 1966;
“Il bottino del mercenario” – Girolamo Simonetti, 1987;
“Il congedo parigino di Bob Denard” – Gabriele Adinolfi, 2007.
“Storie di mercenari e capitani di ventura” – Ghimel Adar, 1972
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