Bisogna riconoscere che il prof. Giuseppe Conte come primo ministro non può essere paragonato a nessun altro presidente del Consiglio della Repubblica italiana. Lui ha avuto un “lavoro” speciale: ha dovuto fare i confinamenti in primavera, toglierli quest’estate, rimetterli in autunno, dividere l’Italia in zone gialle, arancioni e rosse per poi effettuare nuovi confinamenti in inverno, a giorni alterni, e nuovamente a fine anno e l’inizio del 2021! Coi DPCM di “emergenza sanitaria” ha chiuso le persone nelle loro case, ha introdotto nuove leggi privative delle nostre libertà personali coi “coprifuoco notturni” e “zonali”; in “regime di contenimento sanitario” ha varato leggi di economia bancaria che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2021, modificato leggi sulle libertà d’impresa, modificato il sistema educativo scolastico creando disuguaglianza nell’apprendimento, leggi che superano i contratti collettivi dei lavoratori, leggi riguardanti l’ordinamento penitenziario e la giustizia civile e penale e nuovi accordi europei. Di fatto, se leggiamo bene tutti questi DPCM, poi divenuti leggi con l’applicazione in Parlamento del voto di fiducia, di “sanitario” hanno ben poco: gli ospedali erano in una situazione disastrosa alla prima ondata del virus e si sono trovati nella stessa situazione alla seconda ondata, di “denari” a favore del Servizio Sanitario ne è stato messo poco alla prima ondata, come alla seconda e pure nei progetti futuri. No! Il primo ministro Giuseppe Conte non ha equivalenti. Quando, negli an ni che verranno, si scriverà di questo periodo lo ricorderemo come il “traghettatore” verso un Italia di socialismo reale: un paese diventa socialista quando supera il 40 per cento dei prelievi obbligatori. Il prof. Giuseppe Conte, nel governo Conte1 con M5S e Lega, che voleva essere “l’avvocato dei cittadini” e voleva liberare le forze creative, con il governo Conte2, sostenuto da M5S-PD-LEU e Renzi, ha superato la percentuale del 50% dei prelievi obbligatori, ha legiferato l’assistenza quotidiana dello Stato e collettivizzato il paese. Berlinguer e Craxi l’avevano sognato, Conte l’ha fatto. Mi domando se è proprio quel prof. Giuseppe Conte che si presentò ai cittadini a governare il paese oppure…ha affidato il “potere governativo” ad altri, come agli esperti creando il Comitato Tecnico Scientifico prima e alla nuova “Commissione” di tecnici adesso per la gestione del denaro proveniente dall’Unione Europea, esautorando di fatto in entrambi i casi il Parlamento. Allora la domanda da porsi è: è lui alla guida del Paese?
Ma il prof. Giuseppe Conte non è l’unico, ahimè, a mettere il nostro paese sull’orlo del baratro. Negli ultimi cinquant’anni i governi di centro-sinistra, sinistra e centro-destra abbiano fatto diversamente. Con il solo imperativo categorico: “Dobbiamo riformare!” Hanno spogliato tutto, minato tutto, decostruito tutto. In particolare i pilastri, le mura portanti della nostra società. Tutti, in concorso fra di loro, hanno doverosamente demolito, pietra dopo pietra: l’autorità. L’autorità paterna, che deteneva la famiglia; l’autorità regale che deteneva lo Stato; l’autorità magistrale, che manteneva l’educazione, e l’autorità spirituale che teneva le anime. Poi hanno demolito la sicurezza e la giustizia: l’Italia è preda felice e indifesa di delinquenti e criminali e la sicurezza, che è la prima regola sociale per costruire una società, non è più garantita. Terzo pilastro: la sovranità: lo abbiamo visto a Taranto con il comparto dell’acciaio, a Napoli, a Ivrea, a Treviso, a Genova, a Savona con altri settori dell’industria meccanica e aereospaziale, l’abbiamo visto con le nostre aree portuali lasciate andare in mano alla Cina e, infine, con l’evaporazione della sovranità digitale; abbiamo scaricato il mondo della moda e il settore terziario; abbiamo ceduto alle multinazionali i migliori marchi italiani e con essi anche l’industria agro-alimentare. Senza contare la FIAT, la nostra industria primaria dell’automobile e il “polo chimico” ravennate. L’Italia negli ultimi cinquant’anni è stata economicamente smantellata in nome di una globalizzazione felice. Restava ancora un muro portante da abbattere: l’identità. Ci stanno riuscendo! Abbiamo una società italiana disaffiliata e disintegrata e lasciata alla “conquista” di culture e popolazioni immigrate. Abbiamo avuto l’immigrazione come forza di lavoro, richiesta dai datori di lavoro – gli industriali – per avere una forza lavoro più economica; poi le leggi di “ricongiungimento familiare” creando così insediamenti e in seguito l’immigrazione di massa, cioè il profilo di un cambiamento della popolazione. Abbiamo abbandonato il concetto di “integrazione” per il principio della “accettazione reciproca” imposto dalla Commissione Europea: il nascente multiculturalismo. Poi è arrivata la moda culturale dell’immigrazione quale arricchimento reciproco e il voto agli immigrati regolari alle amministrative comunali. Infine abbiamo sottoscritto i “patti” di Marrakech (https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19940094/201701230000/0.632.20.pdf ), di Malta (http://customer32985.img.musvc1.net/static/32985/documenti/1/ListDocuments/Dichiarazione%20di%20Malta%20ITALIANO.pdf ), di Tunisi ( https://www.meltingpot.org/L-ultimo-accordo-tra-Italia-e-Tunisia-con-gli-occhi-degli.html#.X-kmMdhKjDc ) e il patto europeo del 23 settembre scorso ( https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:85ff8b4f-ff13-11ea-b44f-01aa75ed71a1.0018.02/DOC_1&format=PDF ) dove, secondo questi testi, la persona umana non è altro che un agente economico intercambiabile che può essere spostato in base alle esigenze della globalizzazione. Quindi sì, sono tutti responsabili, ed è imperdonabile perché tutti sapevano cosa stavano facendo. Hanno portato l’Italia sull’orlo del precipizio e sarà molto difficile poterla salvare. Ecco perché per la Storia sarà impossibile assolverli! Loro, che siedono ancora in Parlamento e nelle poltrone degli enti statali e regionali e questi che sono i loro eredi devono solo andarsene. Tutti coloro che hanno contribuito al processo di privazione delle nostre libertà devono andarsene e tutti coloro che hanno minato e offuscato la nostra identità devono seguirli. Dobbiamo fare spazio. Sarebbe ora. L’Italia non può morire.
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