Lorenzo, di recente hai lanciato il blog Il Tazebao. Parliamo della sua genesi…
“Una provocazione. A partire dal nome che richiama lo strumento di comunicazione in uso durante la Cina Imperiale, quindi di propaganda sotto Mao. Un affascinante manifesto de-mandarinizzato dove i logogrammi diventano essi stessi una forma espressiva che arriva senza mediazione. Il gruppo nato sotto questo nome si propone di analizzare la contemporaneità offrendo un punto di vista originale”.
Il mondo dell’informazione oggi. In Italia e nel mondo. Cosa servirebbe per essere all’altezza del suo compito?
“La formazione giornalistica è stata per me un momento indispensabile del mio percorso umano ancorché professionale. Irrinunciabili i valori che costituiscono da sempre la nervatura del giornalismo: l’avere un’opinione ma un’opinione dinamica ovverosia sempre capace di leggere la realtà per come essa è, non per come la si vorrebbe, saper interrogare la realtà in quanto problematica, complessa e non categorizzabile. Del resto nello stesso fiume non si può entrare due volte, lo dicevano oltre duemila anni fa…
Il nostro giornalismo ha chiaramente delle differenze rispetto alle altre tradizioni europee. Sconta una genesi in seno ai gruppi industriali o ai partiti o alle correnti regionali e/o ideologiche di questi. Detto ciò, pure nel massimo momento di contrazione delle libertà, il nostro Paese ha sfornato fior fiore di giornalisti. Sono fiducioso quindi e perché no spero che la nostra provocazione, se letta come merita, possa essere da stimolo a nuovi percorsi di ricerca che ci possano servire a comprendere davvero il mondo per quello che è.
L’emergenza Coronavirus è stata un terreno di prova per tutta la nostra società, ivi compresa ovviamente anche l’informazione. Non possiamo quindi non rilevare che ci sia stata e c’è – per altro anche con dei palesi errori – una narrazione dell’emergenza che non accetta alcuna voce critica, o comunque interlocutoria, rispetto alla narrazione governativa. Non va bene, non fa bene. Perché invece di informare, sensibilizzare, far comprendere i reali pericoli e le reali vie di uscita, che io comunque al momento non vedo (si parla già di terza ondata, speriamo a questo giro di essere pronti…) si è seminato paura. Il dire che la scienza non è democratica, quando fior fiore di virologi ed esperti entrano a gamba tesa nel dibattito pubblico, con l’obiettivo di spostare o lì o là, è di per sé un controsenso.
Lo sforzo del nostro Tazebao è quello di aiutare a comprendere ciò che quasi sempre sfugge: l’epifenomeno del virus come porta che dischiude il mondo nuovo. Un mondo digitale, iperconnesso e contemporaneamente alienante perché non sociale. Ai nostri pochi lettori il peso di capire se si tratta di un mondo migliore o peggiore”.
Che cosa critica e che cosa sostiene Il Tazebao?
“La nostra è una critica scientifica della contemporaneità. Usando il termine scientifico nell’accezione tipicamente marxiana come indagine sulle strutture. Abbiamo selezionato alcuni ambiti di ricerca coinvolgendo una pluralità di esperti e contattandone sempre di nuovi per chiarire tutte le sfaccettature della realtà. Una di questa è il biopotere, ovverosia il potere sulla vita e di conseguenza sulla morte, il tanatopotere, scoperto e analizzato da Foucault a partire dalla fine degli anni ‘70. Oggi, appoggiandoci anche i più recenti studi di Agamben, indaghiamo la biosicurezza sanitaria come nuova frontiera del biopotere, che seziona sani e non sani, immunizzati e non immunizzati, vaccinati e non, che traccia i contatti e ricostruisce le catene del contagio. Immancabili le analisi geopolitiche accompagnate da utili riferimenti geostorici perché storia e geografica – Braudel insegna – vanno insieme, diciamo forte alle varie “Azzoline” che siedono e siederanno al ministero della Pubblica Istruzione”.
Se deontologicamente un organo di informazione dovrebbe non schierarsi, sappiamo bene che, specialmente nei tempi attuali, è un requisito che oggettivamente non è più possibile osservare, quindi quali sono le posizioni ideologiche, culturali, sociali, etiche, condivise e quelle avverse a “Il Tazebao”?
“In verità nessuna. Penso che lo schierarsi sia sempre una scelta perdente, una scelta che inficia la bontà di ogni analisi che, ribadisco, dev’essere meditata e scientifica. È chiaro che abbiamo degli orientamenti di fondo, molti di noi pervengono da una precisa cultura politica ma ne accogliamo allo stesso tempo alcuni di ben altre tradizioni senza preclusioni, che come qualunque altra tradizione di pensiero politico rappresenta una ricchezza e non una deminutio. Si stava meglio quando c’erano le culture politiche, date retta a uno che non ha vissuto quella stagione!”
Data la tua giovane età, hai già percorso molta strada e la grinta non ti manca, inoltre sei anche impegnato dal punto di vista politico e sociale. Come riesci a conciliare le diverse attività?
“È la pratica dell’obiettivo…”
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