Verso la fine del I secolo a.C. gli astronomi identificano un prodigio nei cieli del Vicino Oriente che il Nuovo Testamento indica come inizio della nuova Era Cristiana. Lo scenario storico si inserisce in una Palestina dominata da Roma che, come ancora oggi, era caratterizzata da agitazioni politiche e governata da un sovrano fantoccio quanto dispotico, Erode Antipa, inviso alla popolazione ebraica che rifiuta l’adozione dei costumi e delle leggi imposte dai romani, e confida nella venuta di un liberatore che, secondo i profeti, sarebbe stato annunciato da un segno del cielo, e tre misteriosi viaggiatori lo avrebbero salutato come nuovo re del mondo conosciuto (Matteo II-1,2).
Da parte sua, Erode era ben conscio del pericolo e ne era impaurito, poiché l’avvenimento avrebbe segnato la fine del proprio potere. I sapienti di corte avevano analizzato le scritture dei profeti e avvertito il re che la nascita del Messia sarebbe avvenuta a Betlemme, minuscolo villaggio della Giudea. Secondo le cronache del tempo, Erode fu avvisato che i Magi sarebbero giunti da terre lontane per onorare il nuovo nato, e fece sapere che, quando fossero giunti nei suoi domini, li avrebbe voluti come ospiti per sapere dove si trovasse il luogo della nascita del Messia, per onorarlo a sua volta. I tre però, una volta celebrata la nascita alla stalla di Betlemme, fecero un sogno comune nel quale erano sconsigliati di recarsi da Erode. Secondo il racconto biblico, questa mancanza mandò in collera il re per la mancata possibilità di identificare il Messia, ed è all’origine della decisione di sterminare tutti i maschi al di sotto dei due anni. Maria, Giuseppe e il piccolo Gesù fuggono in Egitto.
Quanta verità è compresa nella narrazione della Bibbia? Questa versione, universalmente accettata dalla cristianità, è raccontata da uno solo dei quattro evangelisti (Matteo, che scrive il Vangelo verosimilmente a distanza di una generazione dalla morte di Gesù, fra il 70 e l’80 d.C. ammesso che sia veramente morto come raccontato…) e considerata la più antica citazione sulla vita di Cristo.
Gli studi sulla vicenda, ad esempio quelli fatti dallo storico Michael Grant, identificano in Nazareth il luogo della natività, e non a Betlemme come indicato dal Vangelo di Matteo, che avrebbe adeguato la propria narrazione al racconto del profeta Michea, il quale riporta che “Betlemme sarebbe stato il luogo della nascita del nuovo capo di Israele”.
Le licenze letterarie da parte di un fedelissimo di Cristo sono d’altra parte comprensibili, ma è dalla analisi del testo che si evidenziano contraddizioni, come quella del ritorno dall’Egitto che, nel libro del profeta Isaia, ha chiari riferimenti non con il ritorno in Galilea della Sacra Famiglia, ma con l’Esodo del popolo ebraico dalla schiavitù, avvenuto 1.200 anni prima di Cristo: il “giovanetto che ritorna” non è Gesù, ma inteso in senso lato “il giovane popolo di Israele”. E’ d’altra parte evidente, dal momento che la narrazione profetica riporta l’episodio in cui gli israeliti commettono il peccato di idolatria nel deserto, il che non può essere riferito alla vita di Cristo.
Altro elemento che fa discutere gli storici: chi erano veramente i Magi e qual’è il collegamento con il prodigio che si sarebbe manifestato in cielo? L’episodio si inserisce alla perfezione nel quadro storico politico, e diverse fonti parlano dei Magi come di una casta di sacerdoti della ricca aristocrazia persiana. In pratica, una derivazione dei sapienti Caldei di Babilonia, esperti di una scienza astronomica molto avanzata per quei tempi, e consiglieri personali dei sovrani di Persia fra il 550 e il 320 a.C. La loro fama andava ben oltre i confini di Babilonia, fino a toccare i punti più estremi Mediterraneo, cioè del mondo conosciuto. Dai Magi ha origine il regno dei Parti che nel 247 a.C. è alla base del grande impero persiano che avrebbe conteso a Roma il dominio dell’attuale Medio Oriente, soprattutto della strategica Giudea, punto mediano sulle rotte commerciali.
In questo contesto storico, c’è anche chi ha ipotizzato un probabile ruolo di spie dei tre misteriosi visitatori, sotto mentite spoglie di tre sacerdoti la cui religione monoteista, Zoroastrismo, era molto rispettata in Giudea e, con la scusa di studiare il fenomeno celeste, raccogliere informazioni sulla situazione politica del territorio. Un fatto è comunque certo: i Magi sono personaggi storici come lo è stato Erode. Si può dire lo stesso a proposito della cometa apparsa in cielo come guida verso il luogo della Natività?
La cometa è stata identificata con vari fenomeni celesti, dalla meteora, alla manifestazione di una Nova o Supernova, e anche con l’astro Mira Ceti, di luminosità variabile, della costellazione della Balena, o con il pianeta Venere, e addirittura con un UFO.
Basandosi su analisi dell’argomento biblico e su altri trattati, David Hughes, docente presso lo Sheffield College britannico, ha ipotizzato diverse caratteristiche: è apparsa almeno in due momenti successivi, il primo quando i tre viaggiatori si trovano ancora entro i confini del loro regno, quindi nuovamente sopra il villaggio di Betlemme, in Galilea; aveva un significato ben preciso per i Magi in viaggio; è stata vista in movimento; si è fermata su Betlemme; viene avvistata una prima volta in Oriente, con il termine tecnico di “acronica” ovvero, vista a Est nel momento in cui il sole tramonta a Ovest, e lo storico dell’epoca, Giuseppe Flavio, racconta di una cometa ferma su Gerusalemme nel 66 a.C. Esiste solo una cometa che soddisfa tutte le queste caratteristiche, quella che oggi conosciamo come Cometa di Halley. In che modo, quindi, si deve interpretare il fatto che l’astro abbia indicato un evento come la nascita del Messia, con la fama di portatrice di eventi non esattamente positivi?
Da notare che l’identificazione della stella di Betlemme con una cometa è stata proposta per la prima volta nel III secolo d.C. da Origene, uno dei primi scrittori greci dell’era cristiana, il quale avvia una tradizione diventata millenaria, che si diffonde in modo particolare nel Medioevo. Si pensi a Giotto e alla Cappella degli Scrovegni a Padova, o all’apparizione della Cometa di Halley nel 1301, descritta in modo esaustivo da molti storici e studiosi del tempo.
La questione riconduce a un problema di importanza basilare: la esatta datazione della nascita di Gesù. Secondo questa interpretazione, Cristo non nasce, come vuole la tradizione, il 25 dicembre dell’anno 1 a.C. ma, come concordano unanimemente gli storici, prima del 4 a.C. Gli elementi che riconducono a tale data sono molteplici: la morte di Erode, sotto il cui regno avviene la nascita, è sicuramente fissata al 4 a.C.; Maria e Giuseppe si recano nella città dei loro familiari non per far nascere il bambino in un luogo prescelto, ma per un censimento della popolazione, ordinato probabilmente da Roma, che storicamente è avvenuto intorno all’anno 8 a.C. Gesù quindi nasce fra l’anno 8 e l’anno 4 a.C.
A contestare tale datazione è proprio il passaggio della cometa: sono solamente gli astronomi cinesi a segnalare il passaggio di alcuni astri in quel periodo, mentre né i greci né i babilonesi fanno menzione del fenomeno nel periodo in questione. Fatto che però contrasta anche con la narrazione del Vangelo di Matteo. Inoltre, meteore e lampi stellari sono fenomeni visibili per pochi minuti e non prevedibili. Per quanto riguarda Novae e Supernovae, al tempo della Natività, gli astronomi hanno registrato la nascita di una stella del genere, ma è stata visibile solo in Asia, dal momento che è riportata solo da astronomi cinesi e non occidentali, e tali tipi di stelle non hanno le caratteristiche delle comete.
Come si deve procedere allora? La soluzione potrebbe essere una “congiunzione astrale” che i Magi hanno interpretato secondo la sapienza dell’epoca: due pianeti sembrano avvicinarsi o sovrapporsi dando l’impressione, ad un osservatore terrestre, di trovarsi di fronte a un’unica stella.
L’ipotesi viene proposta dal grande matematico Johann Kepler, considerato uno dei padri della scienza astronomica. Kepler osserva, nella notte del 17 dicembre 1603, l’avvicinarsi di Giove e Saturno, e fa riferimento a un antico trattato ebraico che parla dell’avvicinarsi dei due astri nella costellazione dei Pesci. Per uno studioso del suo calibro, la possibilità di una congiunzione planetaria che fosse la spiegazione dell’apparizione della stella di Betlemme, non poteva non essere affascinante, ma ammette che la stella vista dai Magi in Persia e quella apparsa in Galilea potessero essere due astri differenti. Dopo numerosi calcoli, Kepler dimostra che, nel 7 a.C., è effettivamente avvenuta una congiunzione di questo tipo e che Gesù fosse stato concepito in quell’anno, e quindi nato l’anno seguente. Inoltre, tradizionalmente, Giove è il pianeta identificato con il re, e Saturno è il pianeta che gli ebrei adorano con il nome di Jehovah.
La tesi proposta da Kepler regge per circa 60 anni, poi Christopher Walker, del British Museum, e il professor Abraham Sachs, docente di astronomia, compiono accurati studi sui testi astronomici babilonesi e ne traggono uno scenario completamente diverso: negli anni in questione, Giove e Saturno non avevano operato alcun avvicinamento, tantomeno una congiunzione.
Il primo che, per unire la narrazione biblica ai fatti astronomici, allo scopo di dare una esatta datazione alla nascita di Cristo, è Nikos Kokkinos, scienziato britannico di origini greche. Nel 1980 propone una cronologia totalmente inedita dei fatti in questione, basati su studi dei documenti romani, babilonesi, greci e dei luoghi mediorientali. Con estrema probabilità, Gesù viene messo a morte nel 36 d.C. (e non nel 33 d.C. come si crede), data accettata anche dai maggiori studiosi di Sacre Scritture. Da qui, il problema era il determinare quanti anni aveva Gesù quando fu crocifisso.
I dati in nostro possesso suggeriscono un’età intorno ai 30 anni, ma appare poco probabile: per essere considerato un rabbi, cioè un sapiente, un maestro, la società del tempo non permetteva tale ufficio al di sotto dei 50 anni. Questa tesi è poi sostenuta da altri indizi degni della massima considerazione: nel II secolo d.C. il vescovo Ireneo, allievo di Policarpo vescovo di Smirne, sostiene che Gesù aveva non meno di 50 anni quando diffonde i propri insegnamenti, e Policarpo si basa sulla conoscenza che dice di aver avuto con persone che avevano visto il Cristo di persona. Inoltre, il Vangelo di Giovanni parla di Gesù che paragona il proprio corpo all’età del tempio di Gerusalemme, che è stato edificato in 46 anni. L’unico tempio rimasto in piedi ai tempi di Gesù è quello fatto costruire da Erode, e completato nel 12 a.C., quindi, i 46 anni di Cristo ci portano all’anno 34 d.C. Di conseguenza, quando Gesù viene crocifisso, nel 36 d.C. ha 48 anni. Stando a questa ipotesi, Cristo sarebbe nato nell’anno 12 a.C., elemento che scalza anche la prova del censimento romano dell’8 a.C, in realtà avvenuto, come da documenti storici più specifici, nel 6 d.C. Il censimento per il quale Maria e Giuseppe si recano in Giudea è stato probabilmente indetto dal locale sovrano, cioè da Erode. Come “coincidenza finale” è certo il passaggio della Cometa di Halley nel 12-11 a.C. unico astro degno di rappresentare un fenomeno della portata che gli viene attribuita, la cui apparizione è stata registrata in tutto il bacino del Mediterraneo. A sostegno di tutto questo, recenti ricostruzioni effettuate a computer hanno confermato il passaggio della Cometa di Halley sul Mediterraneo negli anni indicati da Kokkinos.
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