Wilhelm Wassmuss fu un abilissimo e colto agente segreto, al servizio della Germania, durante la Grande Guerra, ma Fritz Klein non fu da meno, portando a termine pericolose missioni di spionaggio e sabotaggio in Medio Oriente, ai danni delle forze dell’Intesa.
All’inizio della Grande Guerra, la Germania cominciò a trasmettere ai numerosi agenti all’estero una quantità di messaggi segreti basati su serie di cifre che il servizio informazioni britannico non era in grado di decifrare. L’ammiraglio Sir Henry Oliver, responsabile del servizio, raggruppò velocemente diversi esperti in criptologia sotto la direzione di Alfred Ewing e circa un mese dopo il gruppo cominciò a lavorare sui codici tedeschi. Nel frattempo Oliver fu sostituito dall’ammiraglio Reginald Hall, il quale creò la Sezione-40, ufficio del Servizio Informazioni della marina britannica esclusivamente impegnato nella decifrazione dei messaggi tedeschi. Ad aiutare la Sezione-40 nel suo difficile lavoro furono tre avvenimenti: il primo, nel 1914, fu l’affondamento di una nave da guerra tedesca da parte di un’unità sovietica, occasione durante la quale uno dei superstiti fu catturato dai russi, e trovato in possesso di un codice per decifrare i messaggi della marina da guerra del Kaiser, subito fatto pervenire a Londra. Quello stesso anno, in seguito all’affondamento di un sottomarino tedesco, una nave inglese recuperò alcune casse nelle quali era contenuto un libro con le istruzioni per la decifrazione di messaggi destinato agli addetti navali delle ambasciate tedesche all’estero. Il terzo avvenimento fu, nel 1915, il tentato rapimento di Wilhelm Wassmuss in Persia, il quale, durante la precipitosa fuga, non dimenticò il proprio libro dei codici per addetti diplomatici, fra gli effetti personali, recuperato dai soldati inglesi.
Ma chi era Wilhelm Wassmuss? Grazie al ruolo di diplomatico presso il ministero degli Esteri tedesco, è passato alla storia noto come avventuriero, abilissima spia e uno dei più grandi “bugiardi”. Per diversi anni, durante la prima guerra mondiale, fu direttamente coinvolto nei principali avvenimenti politici fra Persia e impero britannico, maneggiò grandi somme in oro e mise in scena mistificazioni mai viste in quella parte del mondo. Per questo è oggi conosciuto come il “Lawrence di Persia”.
Nacque ad Hannover e, fin da giovanissimo, è viva in lui la brama di conoscenza delle lontane terre esotiche e il desiderio di avventure. Dopo aver frequentato l’università si dedicò alla carriera diplomatica e grazie alle conoscenze familiari fu accettato al ministero degli Esteri del Kaiser. Il suo primo incarico lo svolse in Madagascar, guadagnandosi la carica di vice console, con la quale venne poi inviato a New York.
Poco prima dello scoppio della guerra, nel 1914, fu inviato nel Bushire e capì da subito che in Persia si trovavano quegli enormi interessi petroliferi di cui l’Inghilterra voleva appropriarsi. All’apertura delle ostilità, tutti gli altri diplomatici tedeschi accettarono di rientrare in Germania, ma Wassmuss vide la possibilità di spingere la Persia ad una grande crociata contro Londra. Decise quindi di rimanere e combattere le mire egemoniche britanniche.
Come il colonnello Lawrence in Arabia, Wassmuss si guadagnò un grande ascendente sui principali capi tribù del Paese, grazie al fatto di parlare con grande padronanza la lingua locale e per il rispettò di usanze e tradizioni.
Incontrò i suoi superiori a Costantinopoli e propose loro di spingere le numerose tribù persiane, sotto la sua guida, a una guerriglia contro l’Inghilterra. Il suo piano venne approvato, e il Kaiser in persona concesse a Wassmuss carta bianca per le forniture, garantendo piena soddisfazione di ogni richiesta. Si organizzarono quindi spedizioni di armi, munizioni e rifornimenti di vario genere, ma soprattutto molto oro con cui si dedicò a “comprare” la fiducia dei grandi capi guerrieri locali. La campagna di propaganda che Wassmuss organizzò contro gli interessi britannici non ebbe precedenti, presentando la Germania come sicura vincitrice del conflitto europeo.
Quando la guerra cominciò a interessare direttamente i territori del Medio Oriente, la Persia, secondo gli accordi fra le grandi potenze, venne posta sotto protettorato della neutrale Svezia e della Turchia, entrambe favorevoli alla politica tedesca.
Il servizio segreto britannico fu subito messo in allarme, dal momento che le grandi riserve petrolifere del Paese rischiavano di finire in mani tedesche, grazie alla frenetica attività di acquisizioni del vice console Wassmuss, il cui nome cominciò a circolare negli ambienti del Foreign Office, che aveva un alleato nel capo dell’etnia Bakhtiar.
Il 5 febbraio 1915 l’importante oleodotto anglo-persiano fu interrotto, grazie a un colpo messo a segno da un commando di agenti tedeschi diretti dall’altro abile agente tedesco, Fritz Klein, che vedremo. Wasmuss distribuì i proventi che sarebbero dovuti giungere a Londra fra le tribù Shustar e Dizful, convincendo i capi che l’Inghilterra era la nemica numero uno del Sultano turco, il quale era anche Califfo della nazione islamica, e proclamò a gran voce la Guerra Santa contro gli inglesi.
Londra organizzò una forza di spedizione nell’estate 1915 per rimettere le cose a posto e rapire Wassmuss, il quale riuscì a scampare alla cattura per poco, fuggendo in pigiama, prima a bordo di un’automobile e quindi a cavallo, verso le montagne, dove sapeva di trovare sicuri alleati, ma fu costretto dalla premura a lasciare alcuni effetti personali, fra cui un prezioso libro, sul quale erano annotati i codici di trasmissione e ricezione dei messaggi segreti.
Il capo del servizio informazioni della marina britannica, William Reginald Hall, rimase molto “contrariato” quando al posto dell’agente tedesco gli venne presentata solamente la sua valigia con vestiti ed effetti personali, fra i quali però venne trovato il già citato libretto su cui Wassmuss aveva annotato i codici di comunicazione con i quali si teneva in contatto con Berlino.
Dall’esame dei documenti, gli agenti inglesi riuscirono a decifrare la maggior parte delle comunicazioni effettuate e ricevute da Wassmuss e, in breve, a violare la maggior parte delle trasmissioni tedesche per il resto della guerra.
La Germania, come risposta, interruppe le comunicazioni tramite i canali utilizzati fino ad allora, e si appoggiò alla rete svedese, e soprattutto sugli agenti in azione negli USA.
L’ammiraglio William Reginald Hall riunì gli uomini migliori, fra i quali gli esperti Montgomery e De Grey, e creò la Sezione-40 per contrastare anche gli agenti svedesi, entrati a far parte della rete di Wassmuss, riuscendo a decifrare completamente i messaggi tedeschi grazie al libretto recuperato in Persia, compreso il celebre “telegramma Zimmermann” (dal nome del ministro degli Esteri a Berlino) spedito al governo messicano nel 1917, che conteneva una serie di codici numerici, e riguardava l’entrata in guerra degli Stati Uniti e alcune concessioni che Berlino era disposta a fare al governo messicano se avesse dichiarato guerra agli Stati Uniti.
Nel frattempo Wassmuss continuava la sua attività: raggiunse la città di Shiraz, dove comprò la complicità del governatore locale con 200mila marchi in oro e comandò un’azione di guerriglia contro truppe inglesi, dove morì il vice console britannico. Il presidio inglese fu respinto dalla zona, fino alle regioni costiere. Wassmuss, a questo punto, fu inserito nella lista dei maggiori ricercati, con una taglia di 20mila sterline.
Quando si diffuse la notizia della vittoria britannica, nella lunga e drammatica battaglia della Somme, sul Fronte Occidentale europeo, i capi tribù persiani cominciarono a esprimere dubbi sulle promesse di Wassmuss, ma egli rispose che si trattava solo di infima propaganda britannica e riuscì a conservare la fiducia delle tribù, allestendo una vera e propria contro-propaganda basata su falsità sorprendenti, riferendo addirittura che la Germania aveva invaso l’Inghilterra e catturato il re Giorgio V, condannato a morte con sentenza eseguita in una pubblica piazza di Londra. Inoltre mise in piedi la farsa che anche la Russia si era arresa alle forze tedesche e la Francia era sul punto di capitolare.
Nel 1918 tuttavia, la verità cominciò a diffondersi e Wassmuss non poté evitare che i capi persiani conoscessero la realtà della guerra. Quando i suoi “creditori” reclamarono il pagamento in oro per gli impegni assolti, Wassmuss rivelò di non avere ulteriore disponibilità e che stava attendendo dal Kaiser una nuova spedizione. Alla resa della Germania, Wassmuss fu trattenuto quindi arrestato e condannato a morte, ma riuscì a fuggire e nel 1919 arrivò in Germania. Ai propri superiori raccomandò di assolvere gli impegni, ma la Germania era in condizioni di totale crisi economica e non avrebbe potuto soddisfare alcuna richiesta.
L’abile Wassmuss tornò quindi in Persia nel 1924, riprendendo i contatti e promettendo ancora che il proprio Paese avrebbe tenuto fede all’impegno. Anche questa missione fallì e Wassmuss rientrò in Germania, dove morì nel 1931.
Quattro anni dopo anche il celebre colonnello Lawrence morì in un incidente e fu celebrato come il più grande eroe della prima guerra mondiale, per aver fatto le stesse cose che Wassmuss aveva compiuto in Persia. La differenza era che Lawrence aveva giocato dalla parte dei vincitori, e con una disponibilità di risorse decisamente maggiore.
Allo stesso modo, con gli stessi obiettivi e nelle stesse condizioni di Wassmuss, agì Fritz Klein, in una spedizione che ancora oggi è in maggior parte sconosciuta, si intrecciò con la stessa missione Wassmuss, e causò notevoli guai ai piani britannici nell’area mediorientale, con il sabotaggio del grande oleodotto della Anglo-Persian Oil Company e le alleanze strette con i mullah sciiti.
Secondo le cronache, Fritz Klein ebbe occasione di guadagnarsi la riconoscenza dello sceicco Bedr Bey durante un viaggio lungo il corso del Tigri, semplicemente per avere alleviato il forte mal di testa offrendogli alcune compresse di aspirina. Bedr Bey volle ricambiare la gratitudine e celebrò la fratellanza con il giovane ufficiale tedesco nella tipica maniera tradizionale, alcune gocce del loro sangue vennero mischiate in una ciotola con specie e ceneri vegetali, ed entrambi bevvero. Il tenente Klein, però, agì d’astuzia, perché conosceva in anticipo la causa del mal di testa dello sceicco, la sifilide.
Il tenente Klein, che in seguito scrisse questa storia, apparteneva a un’unità militare tedesca, in viaggio durante la prima guerra mondiale per mantenere le tribù arabe irachene nell’alleanza ottomano-tedesca, e per operare con esse contro le truppe britanniche. Questa spedizione, voluta dallo stato maggiore imperiale nel 1914, era, in tutto e per tutto, la risposta alle azioni dell’archeologo e agente segreto britannico Thomas Edward Lawrence, che viveva con i beduini, combatté a fianco del sultano ottomano. La spedizione tedesca, invece, guidata da Fritz Klein, poco dopo promosso capitano, originario di Siegerland, sarebbe rimasta in gran parte sconosciuta, se non fosse per Veit Veltzke, ricercatore storico e direttore del Museo NRW di Wesel, il quale, un giorno di diversi anni fa, fu contattato da un uomo in età avanzata, che si presentò come il figlio del maggiore Fritz Klein e gli offrì una grande scatola, contenente diversi documenti, foto d’epoca, annotazioni e materiale vario appartenuto al padre. Un vero invito a nozze per lo studioso, che approfondì la questione e portò alla luce la vicenda.
Veltzke trovò circa 500 fotografie, scattate dai partecipanti alla cosiddetta “Missione Orient”, inoltre, diversi documenti biografici, lettere, descrizioni di viaggio. Insomma, un vero e proprio tesoro storico.
Per due anni e mezzo, Veltzke ha compiuto approfonditi studi su tutto il materiale, ha cercato negli archivi altre prove di questa impresa e ha ricercato i i dati degli altri partecipanti alla spedizione, quindi ha pubblicato i risultati nel libro “Unter Wustenensohnen” e in seguito organizzò una mostra al Preussen-Museum NRW sulla spedizione Klein e l’alleanza tedesco-ottomana nella prima guerra mondiale.
La narrazione riporta numerosi episodi, anche curiosi, avvenuti nel corso della “Missione Orient”, come il racconto del mal di testa e della celebrazione della fratellanza di sangue fra Klein e lo sceicco Bedr Bey, scambi di prigionieri e carovane che attraversano il deserto come fossero un circo itinerante, spuntini a base di pane azzimo e cavallette, marce forzate senz’acqua per sfuggire ai predoni, trasporti di carbone prima a dorso di cammello e poi lungo l’Eufrate e il Tigri grazie alla scoperta, fatta dallo stesso Fritz Klein di un giacimento sconosciuto ma, in particolare, il racconto delle operazioni che portarono al sabotaggio del grande oleodotto britannico nella Valle di Karun, elemento essenziale per la politica inglese nella regione e la drammatica fuga a piedi nel deserto, derubati più volte dai briganti arabi, fino alla salvezza dopo un’odissea di 100 km, quando i componenti del commando (Graeff, Muller, Luhrs, Schadow e Back) raggiunsero l’unità turca nell’estate del 1915, con la quale avevano precedentemente prestato servizio, dopo essere sopravvissuti anche alle inondazioni del Tigri ed essere stati salvati da una donna araba.
All’inizio del XX secolo l’oleodotto della compagnia petrolifera Anglo-Persian misurava 350 chilometri, si snodava lungo il fiume Karun nel sud-ovest dell’attuale Iran, fino al Golfo Persico nei pressi di Abadan. Allo scoppio della guerra, le truppe britanniche sbarcarono ad Abadan per proteggere la raffineria di petrolio, ma la spedizione di Klein riuscì a distruggere il gasdotto all’inizio del 1915, interrompendo la fornitura di petrolio.
I partecipanti alla spedizione furono anche i primi europei ad essere ricevuti dal clero sciita a Kerbela e in particolare dallo Sceicco Ali, il quale sembrava aver preso in simpatia il gruppo.
Germania e impero ottomano combatterono insieme per quattro anni, e per i turchi, l’impero tedesco era un alleato naturale che, a differenza di Russia, Inghilterra e Francia, non aveva ambizioni coloniali dirette in Medio Oriente. La Germania, d’altro canto, sperava che rivolte e atti di sabotaggio potessero portare alla rottura dei rapporti fra governi europei nemici e le autorità locali.
In una certa misura, Fritz Klein era raccomandato per questi compiti. L’impulso alla libertà fu ciò che lo animava fin da bambino, durante l’infanzia a Dahlbruch, dove nacque nel 1877, e dove fin dall’inizio visse la scuola come un’imposizione e considerava l’esercito come una specie di soluzione temporanea, che presto divenne monotonia. Tutto nacque da una vincita di una ragguardevole somma al gioco, che gli permise di finanziarsi un viaggio intorno al mondo e gettò le basi per le successive missioni all’estero.
Dopo che la compagnia di Klein fu quasi annientata nella battaglia di Lorena, all’inizio della prima guerra mondiale e, come scrisse in seguito, era tornato dal fronte “spezzato al corpo e all’anima”, chiese di essere impiegato in Oriente. Fu in quel momento che iniziò a pensare di fare qualcosa in merito ai giacimenti di petrolio nel Golfo Persico.
La formazione della spedizione Klein fu avventurosa. Il capitano selezionò archeologi, ingegneri, commercianti e filologi. Molti avevano vissuto in altri Paesi e amavano la vita nomade. Ad Aleppo c’erano servi, cuochi e un ragazzo di cabina. Alla fine della missione, il gruppo era cresciuta fino a circa 70 membri, senza contare i 300 soldati austro-ungarici che erano fuggiti dalla prigionia russa. Curiosamente, il capitano non fu mai promosso agli alti gradi della gerarchia militare, e probabilmente ciò fu dovuto alla natura poco incline alla disciplina e al fatto che di rado chiedeva l’autorizzazione per azioni che, di fatto, prendeva di propria iniziativa.
In ogni caso, la carriera di Fritz Klein fu a dir poco sorprendente, e con un finale degno di nota. Dopo la guerra, Fritz Klein si ritirò a Dahlbruch, dove si dedicò al suo secondo grande progetto, cioè l’unione spirituale dell’Oriente e dell’Occidente nella loro filosofia, abbandonando le vesti di avventuriero, trasformandosi in un pensatore che non concedeva attenzione alle questioni belliche, mostrando anche l’intenzione di dimenticare le rocambolesche imprese compiute durante il periodo trascorso in Medio Oriente, compreso il sabotaggio dell’oleodotto con l’aiuto delle tribù locali, di avere offerto un determinante contributo alla vaccinazione della popolazione locale contro la peste, di avere viaggiato ripetute volte fra Costantinopoli, Aleppo, Baghdad e la Persia occidentale, o di avere tolto dai guai la flottiglia turca sull’Eufrate e sul Tigri rimasta senza carbone, trasportando nuove scorte usando mille cammelli, per non parlare del metodo di procurarsi fondi ricorrendo a rapine in banca, usando esplosivi con un comando di detonazione di sua invenzione, per aprire le casseforti russe e inglesi o svuotare i magazzini nemici. Per altro, Klein fu anche uno dei primi testimoni oculari dei massacri turchi ai danni delle popolazioni armene, e fu capace di evitare il diffondersi di quegli stessi massacri nell’area di sua competenza. A sostegno di ciò, il fatto che il vescovo della chiesa armena in seguito ringraziò personalmente Klein per la sua opera. Klein ricordò in alcune note scritte, nella primavera del 1916, di avere assistito al passaggio di alcuni convogli ferroviari stipati con prigionieri armeni e annotò: “Nessuna esperienza di guerra può eguagliare un simile orrore”.
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