Cerchiamo di illustrare brevemente le profonde divisioni nell’interpretazione della Carta Costituzionale statunitense alla vigilia della Guerra di Secessione americana e di chiarire a quali concetti di Patria e di Lealtà si ispirarono i confederati e gli unionisti.
“Non posso prevedere sciagura più grande per il paese che lo scioglimento dell’Unione, sarebbe un accumularsi di tutti i mali di cui ci lamentiamo,ed io sono pronto a sacrificar tutto eccetto l’onore per conservarla”[1]. Queste parole non le scrive un fervente unionista seguace di Lincoln, ma l’allora colonnello Robert Lee al figlio nel gennaio 1861. Lui il militare più alto in grado della Confederazione era il perfetto alter ego del Presidente degli Stati Confederati Jefferson Davis. Anch’egli aveva servito da ufficiale e, pur restando un convinto sostenitore dell’autonomia e della degli Stati che diceva essere: “parte del credo di cui Jefferson fu l’apostolo,Madison l’esegeta e Jackson il concreto difensore”[2]; anche se “politicamente aveva imparato a venerare l’unione che considerava una conquista preziosa dei Padri”[3]. Paradossalmente i due personaggi più significativi, nell’iconografia classica degli stati secessionisti americani non erano entusiasti della secessione, ed avevano sposato la causa del Sud con grande fermezza ma con profonda sofferenza. Per Robert Lee, come per Jefferson Davis stare la scelta della confederazione significava sostanzialmente difendere il proprio paese. Ossia, pur essendo assertori ed estimatore dell’unione tra gli Stati Lee si sentiva un virginiano e Davis vedeva nel Mississippi la propria patria[4]. Un tale atteggiamento in realtà non è strano, ma è alla base del grande dibattito costituzionale sulla vera natura degli Stati Uniti: Unione o Confederazione, Stato Nazionale Federale o associazione pattizia di singoli stati indipendenti e sovrani? Il vero fulcro motivazionale della guerra civile è sostanzialmente in questo.
Che la schiavitù fosse motivo di profonda divisione tra un nord industriale, lanciato verso il futuro e la mentalità paternalistica e romantica di un Sud agricolo ed legato ad una schiavitù ormai vituperata e compromettente, è fuori certo. Ma che questo fosse il vero motivo alla base della secessione è assurdo. Perché i sudisti avrebbero dovuto temere di perdere i loro schiavi, per una imposizione di Washington? Proprio lo stesso Lincoln nel proprio discorso inaugurale aveva tenuto a esplicitare chiaramente il proprio pensiero in merito alla schiavitù : “ Non ho il diritto legale di abolirla negli stati in cui esiste, ne il desiderio di farlo”[5]. Al di là della parola del nuovo presidente, esisteva la sentenza del 1856 nel Caso Dred Scott vs Sanford, nel quale la Corte Suprema tutelava la proprietà degli schiavi come un diritto costituzionale e sottraeva al governo federale del tutto la materia rimandandola alla volontà di legislatori dei singoli stati. Non era dunque necessario lasciare l’Unione per mantenere la schiavitù. Ma il punto noi vogliamo analizzare non risiede nel perché secedere, ma bensì consiste nel diritto che si aveva o meno di separarsi. E l’esistenza di un tale diritto risiedeva nella natura stessa dell’unione: una Nazione o una lega di liberi stati .
Lincoln sosteneva, di fronte alle prime secessioni degli stati l’indissolubilità dell’Unione egli sosteneva che uno degli obiettivi dichiarati per creare la Costituzione fosse quello di creare una più perfetta Unione, quindi i singoli stati non avevano il diritto di separarsi, da ciò conseguiva a suo avviso la nullità delle leggi e delle azioni volte in tale senso e l’illegalità di qualsiasi opposizione violenta[6]. Egli vedeva necessario in una democrazia compiuta che la minoranza si conformasse alla volontà della maggioranza, poiché sarebbe dovuta essere la maggioranza ad adeguarsi facendo dunque cessare il governo; consentendo la secessione di una parte poi non si sarebbe potute negare altre secessioni di minoranze in quella stessa parte in futuro. Dunque alla base dell’idea di secessione per Lincoln consisteva l’anarchia[7]. Paradossalmente questo avvenne con la secessione della secessione della Virginia Occidentale che decise di restare nell’Unione, staccandosi dal proprio stato di origine.
Ma vi era da tempo in seno all’Unione un’altra visione. Il più noto rappresentante di una visione incline a valutare come indipendenti e sovrani i singoli stati era John Calhoun che riteneva diritto di questi ultimi nullificare le decisioni del Governo Federale che ritenessero lesive dei propri interessi, entro i propri confini.” L’unione non era la padrona ma la delegata dei governi locali, non si poteva imporre nulla con la forza altrimenti il principio di associazione libera tra comunità che aveva dato vita agli USA, sarebbe scomparsa e l’unica soluzione sarebbe stata la secessione.[8]”
Richard Henry Lee, padre di Robert, nel 1776 presentò una risoluzione per l’indipendenza delle colonie dalla Gran Bretagna[9] “queste colonie unite sono, e di diritto debbono essere, stati liberi ed indipendenti”[10]; sarà proprio la Dichiarazione d’Indipendenza con l sua concezione di queste colonie come Liberi Stati alla base del pensiero che riteneva legittima la secessione.
Dunque si può affermare che molti illustri esponenti della Confederazione fossero in linea di principio leali verso un Unione vista come una opportunità per i singoli stati di coesistere e soccorrersi vicendevolmente in una struttura sovrannazionale,a patto che ciò non avvenisse a discapito della sovranità dei singoli stati. Per loro la secessione era comunque un diritto costituzionale, poiché gli stati potevano riappropriarsi della loro autonomia qualora lo avessero trovato necessario, infatti il South Carolina convocò una convenzione ( sul modello di quelli convocate per l’indipendenza dalla gran Bretagna) per sciogliere l’unione con gli altri Stati. Restava salvaguardato il diritto dei singoli stati, di restare autonomi o aderire a nuovi patti sovranazionali[11]. Vi era poi l’argomento più pragmatico in favore dei secessionisti, per il quale nella costituzione non vi era un esplicito divieto di secedere.
Il problema non era facilmente superabile , e questo in larga misura proprio a causa della Convenzione di Filadelfia. Detta Convenzione, chiamata a redigere la costituzione aveva un difetto di fondo, era profondamente divisa al suo interno tra i federalisti che auspicavano la creazione di un governo centrale forte, e quelli che erano considerati gli antifederalisti che ambivano solo a disciplinare procedure poco complesse per il buon andamento di un’unione che mantenesse soprattutto la peculiarità di essere fondata sul consenso dei singoli stati, che dovevano restare indipendenti e non perdere la propria sovranità. Sicuramente i federalisti avevano infine prevalso, ma non senza aver dovuto fare numerose concessioni per garantire ampio appoggio al testo finale. L’elezione diretta dell’ufficio presidenziale non era realmente tale, poiché mediata da un collegio di delegati eletti nei singoli Stati. Ma la vera vittoria dei fautori dell’indipendenza degli stati era il Senato dove la rappresentanza che spettava a ciascuno Stato era di due senatori, prescindendo da qualsiasi considerazione che tenesse conto del numero degli abitanti del singolo Stato; è altresì vero che per la Camera dei Rappresentanti i federalisti ottennero tale considerazione. Ma visto le rilevanti competenze del Senato, soprattutto nella ratifica degli atti presidenziali, questo era lo strumento migliore per garantire che con un minimo di organizzazione tra stati che fossero anche in netta minoranza nel paese, si potesse paralizzare il governo federale. Ciò porterà circa mezzo secolo dopo il presidente Woodrow Wilson ad affermare che il Senato degli Stati Uniti è l’unico corpo legislativo al mondo che non può agire quando la sua maggioranza è pronta ad agire[12]. In una tale scelta legislativa, i sostenitori del diritto di secessione,potevano ravvedere facilmente, la volontà di consentire ai singoli Stati di preservare un forte strumento di autonomia che consentisse loro di preservare indipendenza da un eccessivo accentramento dei poteri, che ne minacciasse la sovranità.
In una tale visione non appaiono affatto
stupefacenti le asserzioni del South Carolina secondo le quali :” in ogni patto consensuale tra due o più
contraenti, gli obblighi sono reciproci e l’inadempienza di uno dei contraenti
ad una parte materiale dell’accordo scioglie da tutti gli obblighi l’altro”[13].
Un poco capziosamente i meridionali sostenevano che la Costituzione fosse stata
violata nella sua premessa di carattere generale secondo la quale l’Unione fosse necessaria a
garantire la tranquillità domestica e promuovere il generale benessere. Una
tale visione, paragonata alle parole di Lincoln, è chiaramente rappresentativa
del profonda differenza di vedute che sta alla base di scelte estremamente
complesse per i singoli stati ed i singoli uomini che dovevano valutare quale
fosse realmente il proprio paese. Per Robert Edward Lee la Patria si chiamava
Virginia.
[1] J.W.Jones, Personal Reminiscences, anecdotes and letters of General Robert E. Lee, New York 1874 pag.136.
[2] J.Davis,The Rise and Fallo f the Confederate Governament , a cura di B. I Wiley New York 1958 Vol.1 pag.20.
[3] Raimondo Luraghi, Storia della Guerra Civile Americana, Einaudi 1966, pag.185.
[4] Pur essendo nativo, alla stregua di Lincoln, del Kentucky , esattamente come Lincoln.
[5] Discorso Inaugurale di A.Lincoln, cit. Alberto P. Zanelli, Dalla Parte di Lee pag. 7 Facco editore 2006.
[6] Lincoln, Collected works,vol.4 pag 262-268
[7] Tiziano Bonazzi , Abraham Lincoln. Un dramma americano, pag.188. Il Mulino 2015
[8] Michele Angelini ,Il dibattito costituzionale americano del XIX secolo: tra libertà, schiavitù e diritti degli stati Ed. Tarantola.
[9] Risoluzione che porterà alla creazione di una commissione che si curò di formulare una base propositiva dalla quale si giunse alla Dichiarazione d’Indipendenza.
[10] Cit. da La Dichiarazione d’Indipendenza degli USA T. Bonazzi ed.Marsilio 2003 pag.13.
[11] Esplicativo sul tema Maldwyn A. Jones , Storia degli USA, ed Bompiani ( N.d.A.).
[12] Fabrizio Tonello La Costituzione degli USA ed.Mondadori 2010, pag 41.
[13] Raimondo Luraghi, Storia della Guerra Civile Americana op. cit. pag 178
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