Il 2 marzo 1941, dopo avere subito molte pressioni da parte della Germania, la Bulgaria di re Boris III (1894–1943), dichiarò guerra alla Gran Bretagna. Contestualmente invase la Grecia nord orientale e la Macedonia iugoslava.
Per dovere di cronaca va comunque ricordato che, poche settimane prima dell’entrata nel conflitto a fianco dell’Asse della Bulgaria, alcuni centri ferroviari di questo Paese (ancora neutrale) erano stati proditoriamente bombardati da bimotori britannici Wellington provenienti da aeroporti ellenici.
La Bulgaria a fianco dell’Asse
Dopo avere partecipato, assieme alla Wehrmacht e all’esercito italiano, all’occupazione della Grecia (aprile 1941) e alla cacciata dalla penisola del Corpo di Spedizione inglese, il governo di Sofia preferì mantenere un atteggiamento molto defilato, rifiutandosi innanzitutto di dichiarare guerra all’Unione Sovietica e di inviare, al pari degli altri Paesi alleati della Germania, proprie forze in Russia.
Re Boris, seppure costretto da Hitler ad entrare in conflitto con gli Stati Uniti (dicembre 1941) tentò di limitare al massimo un coinvolgimento diretto della Bulgaria sui vari teatri di guerra, acconsentendo soltanto la costituzione di un corpo di volontari, che i tedeschi prima inquadrarono come Waffen-Grenadier Regiment der SS (bulgarisches Nr 1) e, successivamente, nell’aprile del 1945, in quella che non ebbe il tempo di diventare, in quanto la guerra ebbe termine, la Waffen-Grenadier Division der SS (bulgarische Nr 1).
D’altro canto, almeno fino al 1942, anche gli anglo-americani limitarono al massimo le loro azioni offensive ai danni della Bulgaria, anche perché questa nazione non era mai stata considerata un avversario particolarmente pericoloso. Detto questo, come vedremo, tra il 1942 e il 1944 sia la RAF che L’USAF sottoporranno le città e i centri aeroportuali e industriali bulgari ad un ciclo di attacchi di una certa consistenza, che avranno inizio alla metà del ’42, concludendosi all’inizio dell’autunno del 1944. Attacchi, prima condotti da velivoli inglesi di base in Egitto e poi anche da formazioni statunitensi equipaggiate con quadrimotori Boeing B17 Flyng Fortress e B24 Liberator, che misero subito in crisi la numericamente debole Aviazione Bulgara formata, alla fine del 1941, da 600 aerei, di cui circa 200 (quasi tutti di vecchia costruzione) da intercettazione.
Operazione Tidal Wave
Ma andiamo nel dettaglio. Inizialmente, il Corpo da Caccia bulgaro, che ebbe l’oneroso compito di contrastare i numerosi, pesanti e fortemente armati bombardieri alleati, era composto da un’accozzaglia di macchine come si è detto decisamente superate: caccia Avia B-135 e Avia B-534 (di fabbricazione cecoslovacca), P.Z.L. 24 e 43 (di fabbricazione polacca) ed Arado Ar-65 e Heinkel He-51B tedeschi. Tra il 1942 e il 1943, l’Aviazione Bulgara, che disponeva, va ricordato, di pochi aerei, ma di piloti tecnicamente ben preparati e coraggiosi, come ad esempio i tenenti Stoyan Stoyanov e Petar Botchev – ricevette dalla Germania alcuni quantitativi di mezzi decisamente più moderni, tra cui un centinaio di intercettatori Dewoitine De-520 e qualche decina di Morane- Saulnier M.S. 406 di fabbricazione francese ed altrettanti (migliori) Messerschmitt Bf-109 E-3/4, seguiti di lì a poco una cinquantina di assai più avanzati Messerschmitt Me-109 G-2, G-4 e G-6, 16 dei quali entrarono però in servizio soltanto nel gennaio del ‘43. Complessivamente, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, Sofia ricevette dalla Luftwaffe 145 Me Bf-109 più un centinaio di altri apparecchi da bombardamento, ricognizione e idro-ricognizione (Junkers Ju87, Dornier Do17Z e Arado).
Veniamo ora alle vicende che videro partecipi i piloti da caccia bulgari. Il 1° agosto 1943, una formazione di circa 70 Boeing B-24 statunitensi decollata da Bengasi e da altri campi della Libia occupata all’inizio di quell’anno dai britannici, sorvolò la Bulgaria per andare a colpire, nell’ambito dell’Operazione Tidal Wave, le strategiche raffinerie di petrolio rumene di Ploesti che da sole fornivano alla Germania oltre un terzo della benzina necessaria per il proseguo della guerra. Ricevuto l’allarme, dai campi bulgari decollarono una trentina di antidiluviani caccia Avia 534 che con molto ardimento tentarono, invano, di sbarrare la strada ai bombardieri americani. Sulla via del ritorno, i B-24 sorvolarono la regione di Sofia, venendo questa volta intercettati da quattro Messerschmitt Me-109G agli ordini dell’asso Stoian Stoyanov. Sulla direttrice della città di Ferdinand, i velivoli bulgari piombarono su una sezione composta da 18 B-24, abbattendone quattro, due dei quali ad opera di Stoyanov e danneggiandone un paio. Assaggiata la determinazione dei cacciatori bulgari, nel corso delle successive missioni, i bombardieri alleati preferirono quindi farsi scortare dai bimotori da caccia a grande autonomia P-38 Lightning che, in un secondo tempo, vennero sostituiti da monomotori pesanti P-47 Thunderbolt e dai velocissimi e maneggevoli P-51 Mustang, dotati entrambi di serbatoi supplementari sub alari.
I bombardamenti alleati e il sacrificio dei piloti bulgari
Tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944, il Comando Alleato diede avvio all’operazione Point Blank: un ciclo di missioni di bombardamento pesante sulle infrastrutture e sulle principali città bulgare: offensiva destinata anche ad abbattere il morale della popolazione e a costringere il governo di Sofia ad uscire dal conflitto. Dopo una prima incursione di assaggio effettuata il 10 dicembre 1943 da una cinquantina di B-24, il giorno 20 dello stesso mese, circa 70 B-24 Liberator, scortati da 60 caccia P-38s Lightning attaccarono Sofia, contrastati da 36 caccia Dewoitine De-520 e 20 Messerschmitt Me-109 G-2 decollati dai campi di Vrazhdebnia e Bozhuriste. Durante il violento combattimento che seguì e nel quale caddero sotto i colpi dei cacciatori bulgari e tedeschi tre P38s, si verificò qualcosa senza precedenti, almeno nei cieli bulgari. Dopo avere abbattuto un quadrimotore americano, accortosi di avere terminato le munizioni delle due mitragliatrici da 13 e del cannone da 20mm di cui era dotato il suo apparecchio, il tenente Dimitar Spisarevski si lanciò contro un Liberator, speronandolo, esplodendo con esso eguadagnandosi la Croce al merito alla memoria. Ma Spisarevski non fu l’unico ‘kamikaze’ bulgaro. Il 20 dicembre 1943, anche il tenente Nedeltcho Bontchev (che, per la cronaca, nel 1940 aveva effettuato un training in Italia, presso la Scuola di Volo di Piacenza), ai comandi del suo Dewoitine D.520C, speronò sui cieli di Sofia un altro B-24 statunitense. Salvatosi miracolosamente, Bontchev rientrò in servizio l’anno seguente con un Messerschmitt Me-109G-6s con il quale, nel marzo dello stesso anno, abbatté un quadrimotore Boeing B-17 sopra la località di Pernik. Il 17 aprile 1944, quattro ondate di B-17 provenienti dagli aeroporti libici, per un totale di 350 bombardieri scortati da 100 tra caccia P-47 e P-51, si avvicendarono sulla direttrice di Sofia, scaricandovi una notevole quantità di bombe e spezzoni incendiari. In quell’occasione, la presenza di P-51 a fusoliera singola e motore in linea, apparentemente molto simili sia ai Me 109 che ai De-520, creò non pochi problemi di identificazione sia all’antiarea che ai cacciatori bulgari. Tanto che, nel corso dello scontro,ben sei Me 109 caddero in fiamme ed altri 10 furono danneggiati in buona misura dal ‘fuoco amico’. Sempre durante la medesima azione, il Comando Caccia bulgaro fece decollare anche quattro vecchissimi intercettatori da addestramento Avia B-135, armati con due misere mitragliatrici da 7,9 mm, nel disperato tentativo di contrastare i possenti B-17. I piloti degli Avia fecero l’impossibile, riuscendo addirittura ad abbattere un quadrimotore, forse con il concorso delle batterie antiaeree da 88mm e a disorientare l’avversario.
Grazie al’intervento degli Avia, nel corso dell’incursione del 17 aprile, non tutti i bombardieri riuscirono a colpire Sofia, sganciando parte del loro carico nella campagna. Nel 1944, anche in seguito al grave danneggiamento delle centro petrolifero romeno di Ploesti (ripetutamente attaccato da centinaia di velivoli alleati) gli scontri tra aviatori da caccia bulgari e leviatani americani iniziarono a diminuire, fino a cessare completamente nell’agosto del 1944.
E’ stato calcolato che a causa della reattività dei piloti bulgari gli Alleati abbiano perso, tra il 1942 e il 1944, 117 quadrimotori e 329 tra piloti e specialisti. Al termine del loro ciclo operativo, gli alleati erano comunque riusciti a sganciare sulla sola Sofia 45.000 ordigni di varia potenza, causando la distruzione di 12.000 abitazioni, la morte di oltre 2.000 civili e il ferimento di 4.700 feriti. Senza contare, naturalmente, i danni inflitti ai reparti da caccia bulgari che accusarono la perdita di oltre un centinaio di velivoli e un numero non precisato di piloti.
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