Un’analisi del terzo fronte di resistenza interna alla repubblica francese nel 1793, oltre alla rivolta “federalista” e a quella vandeana.
Figlia diretta dell’attività della filo-monarchica associazione bretone del 1791-92, la rivolta facente capo a Jean Chouan Cotterau (il soprannome è stato letto come contrazione di Chat-Huan, verso del gufo che sarebbe stato il segnale notturno delle bande, o semplicemente come voce dialettale che significherebbe Il Taciturno e che sarebbe stato soprannome anche del padre, ma di cui sfugge la motivazione) ebbe inizio per reazione diretta alla morte del marchese de La Rouërie (già eroe della guerra d’indipendenza americana e voltosi contro la rivoluzione a partire dal 1790) e all’esecuzione di Luigi XVI (21 gennaio 1793); trovò, come in Vandea, facile accoglienza dopo la pubblicazione del decreto della Convenzione sulla leva obbligatoria del marzo 1793. Fu una lotta “pour Dieu et mon Pays” (differentemente dal motto “Pour Dieu et Roi” dei vandeani), a testimonianza del ruolo che vi ebbe la rivendicazione dell’identità culturale territoriale. Un tempo confusa con la rivolta vandeana, la storiografia degli ultimi 50 anni, pur divisa sulla valutazione politica del fenomeno, è largamente d’accordo nel ritenerla parallela e distinta. E’ vero però che i due fenomeni ebbero momenti di confluenza (diversi chouans si unirono alla Virée de la Galerne, disperato tentativo di rifugiarsi nella costa nord e trovarvi l’aiuto inglese, nell’autunno 1793 e alcuni vandeani superstiti dal 1794 si unirono ai primi).
Essa ebbe il centro d’elezione in Bretagna, anche qui però solo nella parte meridionale e centrale della regione, ma interessò a ondate negli anni e con diversa intensità anche l’Angiò meridionale, la Mayenne, il Maine, la Normandia occidentale e i dipartimenti del Calvados, della Manche e di Finisterre. In buona parte ciò si dovette alle relazioni di clientela sociale dei capi nobili e a quelle familiari e di amicizia dei leader popolari o borghesi, le regioni coinvolte conservando i tratti culturali e sociali della società d’ordini prerivoluzionaria. Forte fu il collateralismo con il movimento dei preti refrattari, che avevano conservato e anzi rafforzato dopo il 1792 un notevole ascendente in tutte le classi sociali.
Impossibile una storia militare in senso ortodosso della chouannerie perché non ci furono battaglie, né strategie, né eserciti regolari organizzati. Gli chouans agirono come bande di alcune decine, massimo centinaia di guerriglieri-partigiani, nel senso che la modernità ci ha reso familiare, anche quando saranno inquadrate in cosiddette Armate con area d’azione una regione o un dipartimento. Non fu mai pericolosa al punto da richiedere l’invio dell’esercito e ci si limitò a incaricare della repressione le Guardie Nazionali, ma in compenso durò almeno fino al periodo del Consolato, senza sostanziali soluzioni di continuità.
Si possono riconoscere diverse fasi: un primo periodo di guerriglia insistente ma a bassa intensità di bande autonome dal 1793 fino al luglio 1794; una seconda fase in cui la direzione, morto Chouan, passò all’ex-leader dei federalisti normanni conte de Puisaye su incarico del conte d’Artois e controllo inglese e che vide l’assunzione del glorioso nome di Armata Cattolica e Reale di Bretagna (ripartita in sub-armate territoriali) e il tentativo di centralizzare il comando (luglio 1794- pace temporanea col Direttorio di Mabilais del 20 aprile 1795); una terza fase di sollevazione dal 27 maggio 1795, coordinata con lo sbarco realista di Quiberon e continuata fino alle prime settimane del 1796; una fase di relativa calma, con fenomeni di confluenza nel brigantaggio tipico dell’età del Direttorio; la nuova sollevazione collegata alla terza guerra di Vandea del 1799-1800.
Fu sempre guerriglia pura, isolati i casi di conquista di cittadine, non escludendo azioni di estorsione e rappresaglia verso gli acquirenti dei beni nazionali, sindaci repubblicani di piccoli paesi, preti giurati; sempre braccati e alla macchia, gli chouans conoscevano alla perfezione foreste, vallate, colline e furono sempre una spina nel fianco per le autorità locali. Sul piano organizzativo fu caratterizzata da estrema flessibilità operativa, accompagnata a organigrammi di comando definiti e pletorici, dal tipico gusto Ancien Régime per la gerarchia e il rango, ma anche a un certo spirito neofeudale: ogni capo-banda era una specie di “re” della zona d’azione, con ampia autonomia decisionale, il coordinamento essendo soprattutto opera dei nobili emigrati attraverso il finanziamento.
Godechot sostenne che, mentre la Vandea era dichiaratamente controrivoluzionaria, la chouannerie avrebbe avuto un carattere più complesso e quasi aperto alla democrazia, in ragione dell’elevata presenza popolare tra i capi degli insorti e delle idee monarchico-costituzionali di più di uno dei leader nobili. Qui si assume invece un’interpretazione differente se non opposta, sulla scorta soprattutto di Sutherland e Martin; infatti si ritiene di non dover cadere nel pregiudizio ideologico per cui il popolo sarebbe naturalmente democratico e di legare necessariamente emigrazione e assolutismo: i leader popolari furono in realtà sul piano ideologico i più intransigenti fautori del ritorno all’assolutismo e sul piano dell’azione più inclini alla rappresaglia e al brigantaggio; i leader nobiliari, fortemente rimpiangendo i parlamenti e gli Stati provinciali prerivoluzionari e la tradizione bretone di autonomia da Parigi, furono sia controrivoluzionari puri che tendenzialmente costituzionalisti, ma in senso anglofilo e perciò in aperto dissenso con la rivoluzione almeno dal 1791. Alleati nel 1793 degli assolutisti fino al ristabilimento del trono e della fede cattolica, la logica che li animava era che prima si doveva restaurare il Re e poi questi avrebbe introdotto istituzioni rappresentative coerenti con la storia nazionale. Perciò la chouannerie fu più apertamente controrivoluzionaria della Vandea, il messaggio politico era semplice, chiaro, netto, non ambiguo. La chouannerie fu il frutto dell’aspro confronto tra il fronte borghese-sanculotto delle città, giacobino e anticlericale fin da prima ancora degli Stati Generali, e quello nobiliare-religioso, con la popolazione rurale quantomeno apatica, perché da un lato legata alla fede cattolica, dall’altro disturbata dalla guerriglia nel sereno corso delle sue attività. Fu legata all’emigrazione da vincoli familiari e finanziari, sostenuta con continuità dal governo inglese; se non fosse per il rilevante peso che vi ebbero i titolati, che altrove non si ripeté nella stessa misura, la rivolta del nord-ovest andrebbe considerata un precedente importante delle rivolte cattoliche del 1799 in Italia centrosettentrionale, Svizzera e nelle aree del Sud-Est e del Massiccio centrale francese.
Chouannerie e Vandea, analogie e differenze
Quella che si combatté nella regione detta allora “Vandea militare” (comprendente anche fasce di confine dell’Angiò occidentale, del Poitou e di uno spicchio meridionale di Bretagna, oltre all’omonimo dipartimento), almeno fino alla primavera 1794, fu a tutti gli effetti una guerra civile, sebbene la storiografia rivoluzionaria abbia a lungo e per ragioni di patriottismo tardato ad ammetterlo. Ciò per tre motivi fondamentali.
In primo luogo, e contrariamente ad un’immagine stereotipata cara al mito rivoluzionario quanto a quello controrivoluzionario, essa vide confrontarsi due “partiti” veri e propri con radicamento sociale e culturale definito: esistette una Vandea blu, certo minoritaria ma presente sia nella popolazione cittadina, dove il confronto fu aspro (tranne che a Nantes, sempre rimasta repubblicana e in cui fu solida l’alleanza tra borghesia e sanculotti), ma anche tra quella parte di popolazione contadina che aveva potuto avere parte alla spartizione dei beni nazionali e che pagò anch’essa un prezzo alto di distruzioni, morti violente, obbligo ad abbandonare le proprietà.
In secondo luogo, perché la guerra coinvolse profondamente le popolazioni sia come combattenti, per periodi temporanei o stabilmente, sia come oggetto delle azioni violente della controparte.
Infine perché delle guerre civili di epoca moderna (la tipologia si può fare risalire alle guerre di religione del Cinque e Seicento e ritorna poi in tempi a noi più vicini quando lo scontro ha motivazioni di natura secolare) ha tutti i connotati dell’odio ideologico inestinguibile, degli strumenti di propaganda, della volontà di distruzione di un nemico all’insegna del “vincere o morire”, della conseguente ferocia delle rappresaglie. Le regole dell’onore militare e dell’umanità settecentesche, peraltro disattese più volte dalla truppa mercenaria quando malpagata o indisciplinata anche allora, non valsero più. E’sempre difficile in questi casi stabilire chi abbia iniziato e la storiografia vicina alle due parti in lotta finisce infine per avallare la visione che i contemporanei ebbero degli avvenimenti.
La storiografia ha visto spesso la chouannerie come una Vandea abortita o piuttosto la Vandea come una chouannerie trionfante ma qui mi pare opportuno vedere la questione in termini più articolati. Fenomeni praticamente manifestatisi in contemporanea, comune fu la lotta per il re e la religione cattolica e contro la repubblica laica, centralista e autoritaria di Parigi, ma diverse furono le differenze, almeno per il 1793, come vedremo.
Dove in Vandea si ebbe la sollevazione spontanea della popolazione rurale, e l’emigrazione fu a lungo poco e male informata sui fatti ed ebbe solo dal 1795 ruolo di sostegno, in Bretagna, Normandia e Angiò a tenere le fila erano fin dall’inizio i nobili in contatto con gli emigrati e la presenza popolare fu limitata ad alcune categorie sociali semiproletarie che erano state rovinate dalla fine dell’Ancien Régime, come i contrabbandieri o gli impiegati alle dogane o il diffuso mondo che viveva nella clientela dei notabili. Si agì sempre per bande di poche decine o al massimo centinaia di uomini, sebbene dal 1794 con il nome, reso nobile dal mito vandeano, di Armate Cattoliche e Reali dei vari distretti.
In Vandea ci fu temporaneamente il pieno controllo da parte degli insorti della maggior parte delle campagne e nel corso delle operazioni anche di diverse città; gli chouans praticarono invece sempre e solo una guerriglia fatta d’imboscate, mai controllando alcun centro urbano significativo e avendo con la popolazione rurale un rapporto ambivalente e paragonabile a quello che in altre zone avrà il brigantaggio dell’epoca del Direttorio. Mentre inoltre la chouannerie fu finanziata, armata e in parte diretta dagli inglesi tramite l’emigrazione, la Vandea rimase per tutto l’anno sostanzialmente isolata da possibili aiuti esterni e i tentativi in aprile e luglio di prendere contatto con Londra fallirono.
Infine i chouans furono fin dall’inizio animati dal preciso disegno politico di una controrivoluzione e della restaurazione della monarchia tradizionale, laddove i propositi politici dei vandeani erano generici e i tentativi dell’estate 1793 di stabilire qualcosa di preciso in tal senso caddero sostanzialmente nel vuoto, anche per contrasti di vedute tra i capi. Anzi l’assenza di un programma politico definito può avere favorito l’ottenimento del consenso popolare in Vandea.
In ragione di tutto ciò si deve sottolineare come la Vandea fu un pericolo anche militare, che la giovane Repubblica dovette affrontare con impegno in uomini e mezzi (almeno dopo giugno), che inizialmente aveva sottostimato e poi condusse a termine con decisione; la chouannerie restò sempre non più che un fenomeno di disturbo, che fu controllato con non ingenti forze regolari e soprattutto dalle Guardie Nazionali o le milizie popolari. Sarà dopo la primavera 1794 che la guerra di Vandea assunse connotati sostanzialmente sovrapponibili a quelli della chouannerie e ciò in seguito alle modalità con cui si svolse la repressione repubblicana dopo che la vittoria dei blu era di fatto ottenuta.
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