RECENSIONI: Le leggendarie imprese dei combattenti italiani durante la nella Seconda Guerra Mondiale raccontate dallo storico Alberto Rosselli

Il testo di Rosselli.

 

 

RECENSIONI


Le leggendarie imprese dei combattenti italiani  durante la nella

Seconda Guerra Mondiale raccontate  dallo storico Alberto Rosselli

 

 Solamente l’eroismo dei partigiani resistenti ai tedeschi (e non quello dei resistenti agli anglo-americani) ha diritto alla memoria, agli onori e agli squilli delle trombe repubblicane. Sopra l’altra storia, quella che contempla l’eroismo dei combattenti regolari nella seconda guerra mondiale, la vulgata democratica ha impresso a forza la grigia figura di italiani demotivati e riluttanti, marcianti con scarpe di cartone e fucili antiquati, e ultimamente in fuga disordinata su sterminate e innevate pianure.

 Le imprese nelle quali rifulse il valore dei soldati in grigioverde, compresi i numerosi eroi che nelle gelide pianure della Russia meritarono alte decorazioni ed encomi solenni, sono silenziate, respinte e inviate al macero della storiografia autolesionistica. 

 Se non che l’imperterrito Alberto Rosselli, uno dei caposcuola della storiografia italiana indipendente e refrattaria alla censura masochista, continua a scavare e a scoprire, negli archivi sconsigliati e impolverati, storie che dimostrano l’eccezionale/normale valore degli italiani combattenti nella guerra perduta.

Sia chiaro, Rosselli non cerca di giustificare la guerra italiana, né di elucubrare intorno ai misteri forse custoditi da Mussolini nella borsa di Dongo, ma lavora seriamente e con rara efficacia alla riscoperta dei fatti; fatti che restituiscono la meritata fama e l’onore ai combattenti italiani che servirono la Patria durante una guerra tragica e sfortunata.

 Un’attività encomiabile, quella del genovese Rosselli, poiché suggerisce di attraversare la soffocante foresta dell’auto-denigrazione per trovare infine il largo della prateria abitata dalle molte e fondate ragioni dell’orgoglio nazionale.

 Rosselli traduce nella lingua dell’amor proprio italiano il detto del progressista francese André Gide: Toutes choses ont été dites, mais comment personne n’écoute, il faut toujour recommencer“. 

 La più recente fatica di Rosselli, “Pagine ignote del Secondo Conflitto Mondiale”, edito in Milano da Greco & Greco, rievoca, infatti, con stile coinvolgente e grande precisione, alcune leggendarie imprese belliche, delle quali furono protagonisti valorosi italiani.

 Si tratta di vicende straordinarie in cui l’ardimento degli italiani si amalgama con l’inventiva, con il gusto della beffa e con l’abilità dei comandanti e degli equipaggi, che seppero ottenere straordinarie prestazioni dalle navi, dagli aerei e dai sommergibili loro affidati.

 Il primo episodio rievocato da Rosselli riguarda la riuscita, avventurosa fuga da Gondar (nell’Africa Orientale Italiana, che stava per essere interamente occupata dai vincitori inglesi) un’impresa compiuta nel giugno del 1941, a bordo di un malconcio trimotore Caproni Ca.148, dai sottotenenti Lusardi e Caputo, dal marconista Di Biagio, i dai motoristi Barilli e De Caro.

 Il 15 giugno 1941, l’aeroplano italiano atterrò a Gedda, nell’Arabia saudita, dopo sette ore di volo tormentato da piovaschi e da turbolenze.

 Subito circondato da milizie arabe, l’equipaggio italiano, che indossava abiti civili, esibì con forzata disinvoltura i propri documenti (preventivamente falsificati) riuscendo a ingannare i sauditi, ad evitare la prigionia e a garantirsi persino un pieno di carburante, che il locale consolato italiano provvide a pagare”.

 Il piano di volo preparato a Gondar contemplava una sosta a Beirut, se non che, dopo il fallito colpo di stato anti-inglese in Irak, la Siria e il Libano erano stati invasi dagli inglesi. Gli italiani pertanto furono costretti a modificare il piano di volo e a indirizzarlo a Derna, la città libica che dista 2.250 chilometri da Gedda. Un’impresa disperata, dato che il malconcio aereo, in condizioni ottimali, aveva un’autonomia di 2.200 chilometri. 

 Gli arabi, inoltre, consegnarono  agli avventurosi italiani solo 400 litri di benzina, contro i 1000 promessi. A tale imprevisto deficit gli arragisti italiani rimediarono fabbricando 4100 litri di un propellente costituito da una miscela di benzina automobilistica, alcool e benzolo.

 Il 9 ottobre del 1941 l’aereo italiano decollò da Gedda e, dopo aver superato due attacchi della contraerea inglese, atterrò nell’entroterra (desertico) di Tobuk. Recuperato da una sezione motorizzata dai bersaglieri l’aereo fu trasportato a Derna, riparato e messo in condizione di volare senza problemi fino all’aeroporto romano dell’Urbe, su cui atterrò il 13 ottobre.   

 Avvincenti sono anche le storie avventurose del sommergibile “Perla”, della classe 600, che nel 1941, al comando del capitano Napp, fu protagonista di un’impresa memorabile: la navigazione, da Massaua alla base di Bordeaux,  attraverso mari frequentati da navi da guerra inglesi; il raid aereo Roma-Tokio e ritorno compiuto nel 1941 dal tenente colonnello Amedeo Paradisi; la dimeticata storia della resistenza italiana (1941-1943) agli occupanti inglesi dell’Etiopia.

 L’opera di Alberto Rosselli appassiona e, soprattutto, convince gli esploratori della ‘storia proibita’, ed è per questa ragione consigliata ai lettori tentati di motivare la disobbedienza al comando dei flagellatori in azione  nelle reti televisive impegnate a demoralizzare e umiliare la memoria e l’intelligenza della nazione.

 

 Piero Vassallo

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