LE OPERAZIONI DELLA ROYAL
NAVY NEL MAR CASPIO 1918-1920
di Alberto Rosselli
Nell’autunno del 1917 la caduta dell’impero zarista aveva creato sul fronte caucasico e nelle regioni di confine tra la Turchia e la Russia – nazioni che per tre anni si erano combattute strenuamente – una situazione molto caotica. Sia gli Imperi Centrali che le nazioni dell’Intesa temevano, infatti, che la progressiva dissoluzione delle armate zariste e il nascere di violente e disgregatrici sommosse interne potessero mettere a repentaglio la sicurezza dell’Azerbaigian e soprattutto quella della regione petrolifera di Baku. Più precisamente, tutte le potenze coinvolte nel conflitto (Francia, Inghilterra, Germania e Turchia) erano molto preoccupate circa la sorte di questo immenso tesoro lasciato ormai quasi incustodito dalle forze armate di San Pietroburgo. A tutti i contendenti risultava infatti chiaro che la nazione che fosse riuscita, prima delle altre, a mettere le mani sull’Azerbaigian si sarebbe garantita lo sfruttamento delle immense ricchezze del suo sottosuolo. Tra il 1914 e il 1917, i giacimenti di Baku (che a quell’epoca erano i più vasti e produttivi del mondo) avevano infatti garantito alla Russia, ma anche allo schieramento dell’Intesa, qualcosa come 28.683.000 tonnellate di greggio: un quantitativo che sia Londra che Parigi, anche all’indomani del dissolvimento della Russia, reputavano comunque irrinunciabile per continuare a sostenere il loro enorme sforzo bellico.
Parimenti, anche la Germania, l’Austria e la Turchia – che fino all’armistizio di Brest-Litovsk (3 marzo 1918) avevano potuto contare sulle sole forniture provenienti dai pozzi rumeni di Ploiesti – non soltanto volevano impedire a chicchessia di impadronirsi dell’Azerbaigian, ma ambivano, ovviamente, a mettere le mani sui suoi giacimenti. Non a caso, nel gennaio del 1918, il Comando di Berlino richiamò dal fronte della Palestina il generale Otto Liman von Sanders, affidandogli l’incarico di guidare una spedizione militare che dalla Georgia avrebbe dovuto marciare in direzione dell’Azerbaigian e di Baku. Va ricordato che già all’indomani della resa russa, l’esercito tedesco aveva già occupato gli scali Sebastopoli e Novorossirsk, trasferendo anche un primo piccolo contingente militare a Suchumi e Poti (porti del Mar Nero situati rispettivamente in Abkhazia e Georgia). Manovra, questa, che era stata ordinata dal capo di Stato Maggiore tedesco Erich Ludendorff assillato dalla carenza di carburante che affliggeva il suo esercito e preoccupato dal fatto che sia l’alleato turco che l’Inghilterra si apprestavano ad agire nella stessa direzione. Già a partire dal dicembre del 1917, infatti, il Comando britannico di Mesopotamia aveva organizzato una spedizione militare attraverso la Persia, in direzione di Baku, proprio per precedere un’eventuale occupazione dei pozzi da parte delle truppe turche e tedesche.
Data la più favorevole posizione della Turchia e della Germania (che disponevano di notevoli forze sia in Armenia che sul fronte del Caucaso) tutto faceva pensare, anche in virtù dell’alleanza tra le due nazioni, che sarebbero stati proprio gli Imperi Centrali ad avere la meglio in questa disperata corsa all’oro nero. Ma le cose andarono tuttavia in maniera differente. Proprio mentre le forze germaniche e inglesi, da opposte direzioni, si apprestavano ad intervenire in Azerbaigian, Costantinopoli si fece infatti promotrice di un’iniziativa destinata a creare non pochi attriti conla Germania. Senzaconsultare Berlino, il ministro della Guerra ottomano Enver Pascià iniziò infatti ad intavolare con talune forze azerbaigiane un accordo di mutua cooperazione militare ed economica che avrebbe, tra l’altro, incluso lo sfruttamento (esclusivo) da parte degli ottomani dei pozzi di Baku, dell’oleodotto Baku-Batumi e della rete ferroviaria azerbaigiana e transcaucasica. A questo proposito va ricordato che poco prima dell’intesa turco-azerbaigiana, i tedeschi avevano avvicinato emissari bolscevichi per cercare di ottenere garanzie circa eventuali forniture di petrolio alla Germania. Come contropartita Berlino si sarebbe impegnata a fare pressioni su Costantinopoli affinché rinunciasse all’occupazione dell’Azerbaigian e di Baku. Promessa che, in ogni caso, la Germania non avrebbe comunque potuto mantenere in quanto, come si è detto, di Enver era fermamente deciso ad impossessarsi dei pozzi (nel luglio del ’18, Enver respingerà la richiesta tedesca). Come è ovvio, l’iniziativa autonoma di Enver irritò fortemente Ludendorff che arrivò ad ipotizzare addirittura l’immediato ritiro dalla Turchia di tutti i consiglieri militari tedeschi: minaccia che tuttavia non scalfì minimamente l’alleato ottomano, intenzionato prima o poi a prendere possesso dei contesi giacimenti.
Il 31 giugno1918, acomplicare ulteriormente la già ingarbugliata matassa azerbaigiana, intervenne un fatto nuovo e in qualche modo favorevole alla causa inglese. In quella data, infatti, emissari menscevichi e armeni andarono incontro al piccolo corpo di spedizione britannica (formato da appena 2.000 uomini) che al comando del generale LionelCharlesDunsterville stava marciando dalla Mesopotamia in direzione della città di Enzeli, situata sulle rive meridionali del Mar Caspio. Il proposito dei menscevichi e degli armeni (avversi ai turchi e al movimento islamico azerbaigiano) era quello di sollecitare un immediato appoggio britannico per cercare di respingere un eventuale temuto attacco ottomano a Baku. Nell’agosto del 1918la colonna Dunstervillesi unì alle forze armene e mensceviche e fece il suo ingresso a Baku. Resosi però conto della sostanziale esiguità delle forze locali e della conseguente impossibilità di difendere la città, Dunsterville prese in considerazione un ripiegamento su Enzeli, ipotizzando anche il trasferimento via mare in questa località di almeno una parte del greggio raccolto nei depositi petroliferi. Operazione quest’ultima che riuscirà a realizzare soltanto in minima parte, per la ferma opposizione dei menscevichi decisi a difendere con le armi i pozzi.
Gli inglesi inventano una flotta
Per cercare di impedire ai turchi e ai bolscevichi (che nel frattempo stavano riorganizzandosi) di attaccare Baku, Dunsterville pensò di creare una flottiglia di battelli armati per difendere la città e per proteggere le rotte che la collegavano con il porto di Enzeli.
A quel tempo, nello scalo di Baku stazionavano alcune imbarcazioni della ex-Flottiglia Imperiale russa: due moderne cannoniere, la Kars e la Ardahan, più un certo numero di piccoli scafi armati. Il compito di rimettere in funzione e riequipaggiare queste unità venne affidato ad un minuscolo distaccamento della Royal Navy agli ordini del commodoro David T. Norris che nel frattempo era giunto dalla Mesopotamia. Dopo avere preso possesso degli scafi presenti a Baku, Norris si sarebbe dovuto trasferire ad Enzeli, trasformata all’occorrenza in base operativa della nuova Flottiglia del Caspio. Dato lo scarso numero dei natanti a disposizione, Norris decise di rimpolpare la sua squadra noleggiando alcuni mercantili all’ancora a Baku e ad Enzeli. Alcune di queste unità vennero poi dotate con cannoni da 4 pollici presi in prestito dalla cannoniera britannica Tigris operativa in Mesopotamia. Una volta completata la formazione, Norris e Dunsterville fecero ritorno a Baku dove, nel frattempo, la situazione si era fatta estremamente confusa. Il contingente ottomano era infatti giunto nei pressi della città e le sue artiglierie avevano iniziato a bombardarne i sobborghi, gettando nel panico la guarnigione armena. Considerata la circostanza, il 15 settembre 1918, Dunsterville decise di non muovere le sue truppe da Enzeli, lasciando a difesa di Baku soltanto la Flottiglia di Norris. Ma temendo anch’egli il peggio, l’ammiraglio preferì riportare la sua squadra nella più sicura Enzeli. E fu così che i piroscafi britannici (seguiti da altre 40 imbarcazioni di tutti i tipi) raggiunsero la loro definitiva destinazione.
Intanto, con l’avvicinarsi della fine del conflitto, lo scenario politico e militare stava mutando rapidamente, rendendo ulteriormente caotica la situazione in tuttala Transcaucasia. Il30 ottobre1918, inbase alle clausole dell’armistizio di Mudros, la Turchia, le cui armate nel frattempo erano riuscite ad entrare a Baku, dovette rinunciare ad ogni pretesa sulla città e sull’Azerbaigian, lasciando il posto ad un Corpo di spedizione interalleato.
Svanito il pericolo ottomano, alle forze navali britanniche non rimaneva che proseguire la loro azione contro i bolscevichi ormai dichiaratamente intenzionati a mettere le mani sui pozzi di Baku, eliminando tutti i contingenti menscevichi ancora presenti in Azerbaigian e lungo le sponde del Mar Caspio. Per la Flottiglia di Norris si trattava, come è ovvio, di un impegno gravoso, anche in considerazione del fatto che nel Caspio i bolscevichi potevano contare sull’attrezzata base di Astrakhan e su una flotta di tutto rispetto.
Verso la fine di ottobre 1918, i britannici riuscirono ad armare ( in maniera molto artigianale) cinque loro unità con una ventina di vecchi cannoni di varia provenienza, dotati però di scarso munizionamento. Tuttavia, in concomitanza dell’entrata nel Mar Nero della flotta anglo-francese inviata in soccorso delle armate “bianche”, la posizione della squadra di Norris si fece leggermente migliore, anche perché gli Alleati – dopo avere conquistato il porto di Batumi, collegato tramite ferrovia a Tiflis e a Baku – inviarono fino sulle rive del Caspio la 27a Divisione di Fanteria Indiana. Non essendoci più alcun motivo per trattenere la flottiglia britannica ad Enzeli, il 17 novembre 1918, Norris la fece quindi rientrare a Baku, dove nel frattempo si era riunita anche la squadra “bianca” del Caspio Centrale e varie unità dell’esercito menscevico con i quali gli inglesi avrebbero dovuto cooperare.
Iniziano le operazioni
Verso la fine del 1918, il porto di Astrakhan, base della flotta bolscevica del Caspio, era minacciato dall’avanzata degli eserciti “bianchi”, carenti però di supporto navale. E proprio per questo motivo, la Squadra di Norris venne chiamata in causa. Circa a metà strada tra il porto di Baku e il delta del Volga vi è un gruppo di isolette, la più grande delle quali si chiama Cecena. Era intenzione di Norris occupare tale isola e trasformarla in base di appoggio avanzata per ulteriori puntate in direzione delle coste settentrionali del Caspio le cui acque durante l’inverno gelano completamente. Anche perché nel frattempo lo spionaggio inglese era venuto a sapere che i bolscevichi erano intenzionati a costruire anch’essi una base navale di appoggio a Staro-Terechnaya, non lontano dall’isola di Cecena.
All’inizio di dicembre, quattro navi inglesi andarono di pattuglia verso nord. Secondo i piani, esse avrebbero dovuto avvalersi della scorta di due vascelli russi della Flottiglia del Caspio Centrale, ma gli equipaggi di questi si rifiutarono di prendere parte alla missione. Nello stesso tempo, un’altra unità britannica si recò a Gurjev, città situata lungo la costa estrema nord-est, con un carico di rifornimenti destinato alla locale guarnigione “bianca” (formata da reparti dei Cosacchi degli Urali) da tempo assediata dalle forze bolsceviche (operazione di soccorso che verrà reiterata con successo, e senza contrasto da parte della Squadra “rossa”, anche nei mesi seguenti).
L’8 dicembre, le navi inglesi Zoroaster e Ala Verdi si trovavano nei pressi dell’isola di Cecena quando tre unità militari e tre mercantili bolscevichi apparvero all’orizzonte. Le unità “rosse” aprirono il fuoco per prime sfruttando la loro superiorità numerica, ma i britannici reagirono con determinazione costringendole a ritirarsi. Nel corso del combattimento, entrambe le squadre riportarono diversi danni: una nave “rossa” prese fuoco mentre la Zoroaster incassò tre granate, non subendo comunque perdite tra l’equipaggio. Durante questa schermaglia, gli inglesi impiegarono una considerevole quantità di munizioni, cosa che preoccupò non poco Norris.
Il 29 dicembre, la base bolscevica in via di costruzione venne individuata e distrutta dagli inglesi. Dopo di che, Norris spedì alcune unità di pattuglia nel Caspio settentrionale, dove rimasero fino alla metà di gennaio 1919. Poi, onde evitare il pericolo dei ghiacci, la squadra venne fatta rientrare a Baku con il resto della Flottiglia del Caspio, ad esclusione della Pavlovsk, alla quale venne affidato il compito di eseguire brevi pattugliamenti fino al margine della crosta ghiacciata. Il periodo di sosta venne sfruttato dagli equipaggi per riparare le unità (molte delle caldaie delle navi erano infatti vecchie e si cercò quindi di sostituirle o di ripararle utilizzando materiali e componenti di fortuna) e per addestrare nuovo personale. La riorganizzazione dei quadri rappresentò un grave problema per Norris. Molti marinai inglesi erano lontani da casa da molto tempo e chiedevano un avvicendamento. Ma le uniche leve di rimpiazzo potevano essere trovate soltanto sul posto, in quanto dalla lontana Mesopotamia giungevano rincalzi soltanto con il contagocce. Comunque sia, in quel periodo, Norris riuscì a formare 30 nuovi ufficiali. In questo contesto, il governo di Baku, composto in gran parte da elementi radicalmente antibolscevichi, cercò, anche se in maniera del tutto insufficiente, di appoggiare il commodoro, anche perché la flottiglia britannica rappresentava l’unica forza in grado di proteggere la città dagli attacchi comunisti. La locale guarnigione di terra e la Flottiglia del Caspio Centrale dipendenti dal generale menscevico Anton Ivanovic Denikin non davano grande affidamento, tanto è vero che nel marzo 1919 l’esercito volontario “bianco” venne richiamato da Baku e la Flottiglia del Caspio Centrale venne sciolta, andando a confluire, almeno in parte, nella Royal Navy (per l’occasione, Norris issò la sua bandiera di comando sulla Kruger).
Oltre alla Kruger, facevano parte della nuova rinforzata flottiglia britannica un ex-mercantile armato con 5 cannoni da 4 pollici; la Windsor Castle, (nave vice-ammiraglia), armata con 4 pezzi da 4 pollici; la petroliera Emile Nobel, armata con 3 cannoni da 6 e un pezzo da 4.7; la Bibiabat (3 pezzi da 4); la Slava (1 da 6 e 1 da 4); la Dublin Castle (2 da 6); la Ventuir (3 da 4); l’Asia (4 da 4); la Zoroaster (unità in condizioni di scarsa efficienza bellica armata con due pezzi da 4); la Ala Verdi (in seguito radiata per via delle sue caldaie danneggiate); dodici cannoniere costiere (tipo CMB); la Edinburgh Castle (unità da trasporto armata con un pezzo da 12 libbre); la Sergie (unità da trasporto armata con un pezzo e una mitragliera pesante pom-pom da 40 mm.; la Orilonoch (nave portaidrovolanti, con 2 aerei e due pezzi da 4); due unità da trasporto rifornimenti, acqua e bestiame; una cisterna per acqua potabile e una petroliera. E in supporto alla Squadra -per esplicita richiesta di Norris – giunse dal Mar Nero un distaccamento di idrovolanti della Royal Air Force al comando del tenente colonnello F.W. Bowhill. A Baku gli ufficiali e i marinai alloggiarono sul vecchio piroscafo a pale SS Tula, precedentemente prelevato a Krasnovodsk. Rivelatosi troppo piccolo, il battello venne però abbandonato eil personale (formato da 25 ufficiali e 104 marinai) si trasferì a terra, in un bel palazzo che venne trasformato in caserma e dotato di cucine, infermeria e persino di una prigione.
Per facilitare le operazioni della flottiglia nella parte settentrionale del Caspio, Norris volle approntare una seconda base di appoggio a Petrovsk (l’attuale Mahachkala), località situata sulla riva occidentale, appena a sud del limite massimo raggiunto dai ghiacci durante l’inverno, e non distante dagli accampamenti avanzati della 27a Divisione Indiana. Il porto era convenientemente vicino ad un altro ancoraggio, situato, come si è detto, sull’isola di Cecena dove, tra l’altro, la RAF aveva nel frattempo allestito un campo d’aviazione destinato ad ospitare 40 aerei D119/DH9A. Nel luglio 1919,il personale della flottiglia della Royal Navy verrà aumentato a 47 ufficiali e 1.063 marinai, più altri 307 uomini, tra marinai imbarcati e personale di terra appartenenti a diverse etnie (tartari, russi e armeni).
Verso la metà di aprile del 1919 il ghiaccio liberò dalla sua morsa il Caspio settentrionale e, nonostante i frequenti banchi di nebbia. i pattugliamenti inglesi ripresero con intensità. Quattro navi della flottiglia si mossero fino all’ancoraggio di Cecena e vi rimasero per la maggior parte dell’estate usando la base avanzata di Petrovsk. I trasporti idrovolanti e il naviglio minore rimasero invece a Baku, pronti a salpare le ancore in caso di emergenza. In questo periodo, però, anche la flotta bolscevica riprese le operazioni, partendo dal delta del Volga. I cacciatorpediniere “rossi” erano navi temibili: veloci e bene armate, e comunque di gran lunga superiori alle improvvisate unità inglesi. Essi sarebbero stati in grado di guadagnare e mantenere facilmente l’iniziativa se non fosse statoper il miglioreaddestramento e la superiore determinazione degli equipaggi della Royal Navy. I bolscevichi disponevano di almeno 10 cacciatorpediniere, sei mercantili armati e un certo numero di imbarcazioni armate più piccole. In base ad alcune informazioni, Norris sospettava che essi, inoltre, potessero fare conto su 2-3 sommergibili.
A partire dal 21 aprile il campo di aviazione dell’isola Cecena divenne completamente operativo, e gli inglesi effettuarono così la loro prima missione esplorativa verso le basi navali bolsceviche nel delta del Volga. Tali missioni si rivelarono molto pericolose in quanto comportavano voli di almeno 400 chilometri: percorrenza decisamente ragguardevole per i mezzi dell’epoca. Verso la metà di maggio, le unità di Norris svolsero la più importante e brillante operazione di tuttala campagna. Ivelivoli inglesi avevano scoperto che la maggior parte delle navi bolsceviche aveva lasciato il delta del Volga e si stava dirigendo verso il porto di Alexandrovsk. Venuto al corrente della notizia, il commodoro non ebbe esitazioni nel mobilitare i suoi trasporti idroplani e i CMB. Nelle vicinanze di Alexandrovsk c’erano però molte secche non rilevate o segnalate. Prima di un attacco alla base, occorreva quindi effettuare un’attenta ricognizione dei fondali che Norris affidò agli idrovolanti. Questa operazione, resa molto difficile dalle pessime condizioni meteo, dal mare grosso e dalla fitta nebbia, venne portata a compimento grazie all’abilità e al coraggio dei piloti inglesi che non soltanto individuarono i passaggi utili, ma intercettarono una squadra bolscevica composta da tre navi armate e due grosse chiatte scortate da un cacciatorpediniere. Avvistati i britannici, le unità di scorta si ritirarono di corsa, abbandonando le chiatte che vennero affondate dagli idro. Quindi gli inglesi, complice anche la nebbia, si ritirarono presso Cecena.
Alcuni mesi dopo si venne a sapere che il Comando della flotta “rossa” stava pianificando un attacco in massa contro lo scalo appoggio di Cecena. L’operazione, tuttavia, fallì in quanto la squadra si perse in un fitto banco di nebbia, riguadagnando a fatica le basi di Astrakhan e ad Alexandrovsk.
Un’altra ricognizione molto avventurosa su Alexandrovsk venne compiuta il 18 maggio da un idrovolante partito da Petrovsk. Essa rivelò che otto cacciatorpediniere, cinque navi armate, quattordici motoscafi armati, due cannoniere e tre sommergibili erano ancorati nel porto, dove stazionavano anche un posamine e un paio di piccole navi-deposito. Norris decise allora di scatenare un altro attacco, allestendo una squadra composta dalle seguenti unità: Kruger, Windsor Castle, Emile Nobel, Asia, Ventuir e Sergie e la portaidrovolanti Alader Yusanoff . Dopo una navigazione abbastanza tranquilla, la flottiglia giunse in vista di Alexandrovsk alle prime ore del 20 maggio 1919. Il porto era profondo sei miglia, con l’entrata rivolta a nord e il lato orientale protetto da banchi di sabbia non segnalati. Un primo volo di ricognizione non ebbe buon esito, e un secondo velivolo, poco dopo il decollo, si schiantò in mare. A quel punto, Norris fece rientrare tutte le unità portaidrovolanti e la Zoroaster che aveva tra l’altro segnalato guai all’apparato motore. E tutto ciò avvenne proprio mentre la Slava e la Bibiabat stavano giungendo da Baku.
Il 21 maggio il tempo migliorò eNorris decise di avvicinarsi al sorgitore nemico. Tre cacciatorpediniere erano alla fonda all’esterno, a nord dello scalo, ma questi, avvistati gli inglesi, sparirono a tutta velocità. Altre imbarcazioni all’entrata del porto aprirono il fuoco, senza però riuscire a colpire le unità britanniche in avvicinamento. Norris, dimostrando notevole ardimento, decise di fare penetrare la sua lenta e obsoleta flottiglia nel porto. Durante la fase di avvicinamento il pezzo da 6 pollicidella Emile Nobel ed il più moderno pezzo da 4 della Venturi iniziarono a bersagliare le difese costiere e le unità bolsceviche. Due delle più potenti imbarcazioni “rosse” presenti nella base (una chiatta armata con due cannoni da 8 pollici e una grande nave armata) vennero centrate, presero fuoco e furono abbandonate dagli equipaggi mentre le altre navi si ritirarono rapidamente all’interno dello scalo. Durante questo violento scambio di cannonate, la Emile Nobel fu colpita alla sala macchine, subendo danni e diverse perdite tra l’equipaggio. Con il passare dei minuti la situazione si fece caotica: le batterie costiere sparavano quasi ad alzo zero, rischiando di colpire anche le proprie navi, ma le unità britanniche, imbottigliate in uno stretto braccio di mare, stavano diventando un bersaglio molto facile. Alle 13.30, dopo 75 minuti di combattimento, Norris decise di portarsi fuori dal porto. La Emile Nobel aveva infatti accusato danni molto gravi al timone e ritornò a fatica a Petrovsk, cosa che non riuscì invece alla Zoroaster, le cui caldaie non ressero lo sforzo. Norris con le sole Kruger, Ventuir e le unità porta idrovolanti preferì quindi tenersi fuori dal raggio d’azione delle batterie bolsceviche.
Il giorno seguente, il commodoro fece riavvicinare le navi alla costa. E un isolato idro inglese (l’ultimo a disposizione) della Yusanoff bombardò Alexandrovsk. L’aereo effettuò ben cinque missioni, ma non riuscì ad arrecare alcun serio danno alle installazioni a causa della nebbia. Poi precipitò in mare, forse per un guasto. Il giorno seguente, la flottiglia ritrovò il pilota e l’osservatore, aggrappati ad un galleggiante del loro aereo. All’alba del giorno seguente, a sud di Alexandrovsk, la Kruger e la Venturi vennero improvvisamente attaccate da due dei più grandi cacciatorpediniere bolscevichi. Le unità inglesi furono cannoneggiate, ma ancora una volta i bolscevichi non sfruttarono il vantaggio della maggiore velocità e della superiore gittata dei loro cannoni, ritirandosi inspiegabilmente verso nord. Più tardi trapelò la notizia che tutte le rimanenti navi bolsceviche avevano lasciato Aleksandrovsk e si erano ritirate nel più sicuro scalo di Astrakhan. Gli inglesi vennero anche a sapere che nel corso dei vari scontri sostenuti avevano colato a picco il cacciatorpediniere Moskvityanin, una piccola nave deposito ed alcune imbarcazioni minori.
La battaglia del 23 maggio fu l’ultima della campagna. Pochi giorni dopo infatti le unità bolsceviche si rintanarono nel delta del Volga, cedendo ai britannici il controllo del Caspio. Ma gli inglesi, non al corrente di questo fatto, continuarono per alcune settimane ad effettuare lunghe e inutili operazioni di pattugliamento alla ricerca del nemico. E per ironia della sorte fu proprio in questo periodo che la flottiglia inglese ricevette i tanto attesi rinforzi di ufficiali e marinai.
Ma intanto gli esiti della guerra civile russa stavano volgendo a favore dei bolscevichi. Anche a causa dell’atteggiamento poco collaborativo del generale Denikin, le forze di mare e di terra britanniche rischiavano ora di venire schiacciate da eventuali offensive dei “rossi”. Senza considerare che gli ufficiali di Denikin facevano pressioni per ricostituirela Flotta Russadel Mar Nero, sottovalutando di fatto l’importanza di controllare il Mar Caspio. A questo proposito, va ricordato che Denikin giudicava, naturalmente a torto, inutile il contributo della flotta anglo-francese nella lotta contro i bolscevichi.
Nel giugno del 1919, Norris ricevette la notizia che in seguito alla Conferenza di Pace, l’area del Caspio meridionale sarebbe rientrata sotto una sorta di “mandato italiano” e che le forze di questo paese avrebbero sostituito quelle inglesi: progetto che tuttavia andò a monte per successive complicazioni di natura politica. Seguì un periodo di incertezza, e alla fine i russi presero le redini della situazione. Le navi, dotate nel frattempo di un più moderno armamento, e tutti gli aerei dellaRAF vennero consegnati ai russi “bianchi” tra il luglio e l’agosto 1919. Durante il suo ultimo mese operativo, la flottiglia britannica aiutò le truppe di Baku a cacciare i reparti bolscevichi da alcune vicine isole. Le navi di Norris respinsero anche gli attacchi di una cannoniera “rossa” proveniente dal piccolo porto persiano di Ashurada (Bandar-e Torkman) situato nel quadrante sud-orientale del Caspio, dove alcuni “principi” bolscevichi avevano deciso di lasciare la causa per dedicarsi alla pirateria.
Il 24 agosto, la 27a Divisione Indiana lasciò Baku. E pochi giorni più tardi l’ultima nave salpò per Petrovsk. Il 2 settembre 1919 la flottiglia del Caspio della Royal Navy venne sciolta definitivamente e tutti gli equipaggi, dopo essere stati ufficialmente ringraziati dai vertici del Comando “bianco” nel corso di una cerimonia, iniziarono il loro lungo viaggio di rientro in patria per ferrovia, verso i porti del Mar Nero, dove erano attesi da unità britanniche. Tutti ritornarono a casa, tranne il commodoro Norris che fu nominato capo di una piccola missione navale presso l’ambasciata di Teheran. L’intenzione di Londra era infatti quella di assistere la Persia nella costituzione di una propria flotta nel Mar Caspio. Norris rimase in Persia alcuni mesi, ma non fu in grado di realizzare il progetto: i persiani non avevano uomini e mezzi sufficienti e inoltre le province settentrionali del paese, quelle bagnate dal Caspio, non risultavano controllabili dal governo di Teheran.
Una missione militare inglese rimase ancora per qualche tempo a Tiflis e presso il quartiere generale di Denikin. Nel 1921 questa riferì che i loro ospiti russi avevano richiesto assistenza per la manutenzione delle unità donate da Norris alla flottiglia “bianca” del Caspio. Un reparto di 29 marinai e un sergente maggiore vennero quindi inviati a Baku al comando di uno specialista di artiglieria, il comandante B. A. Fraser. Gli inglesi trovarono le navi e le armi in uno stato pessimo. Avevano appena iniziato il lavoro quando un colpo di stato portò i bolscevichi al potere a Baku. I britannici furono arrestati ed imprigionati assieme ai membri del passato regime. Alla fine, dopo circa sei mesi di dura detenzione ed in seguito a prolungate negoziazioni tra Londra e Mosca i marinai inglesi furono rilasciati e poterono rientrare in patria.
FINE
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