MEMORIE DI UN SOLDATO AUSTRIACO PRIGIONIERO NEI FORTI DI GENOVA DAL 1915 AL 1918
di Alberto Rosselli
Il fuciliere scelto Georg Montan aveva appena diciassette anni quando il 15 luglio 1915 venne catturato nei pressi della località friulana di Doberdò da un distaccamento di bersaglieri. La giornata si era chiusa male per gli austroungarici e il reggimento di fanteria del giovane soldato sloveno di antiche origini friulane aveva dovuto cedere di fronte alla determinazione dei reparti italiani. Dei 1500 uomini del 35mo, alcune centinaia erano stati catturati dalle truppe regie. Spedito nelle retrovie assieme ad altri prigionieri del multietnico esercito ausburgico, Montan fu internato in un campo di concentramento nei pressi di Vicenza. Poi, dopo un paio di mesi passati dietro al filo spinato, venne caricato su una tradotta militare con destinazione Genova. “Non avrei mai pensato – scrisse sul suo diario il soldatino sloveno – di finire in una regione così lontana. Della Liguria e di Genova avevo appena sentito parlare. Ero nato e vissuto a Zagabria e da lì non mi ero mai mosso”. Montan giunse alla stazione Principe che era la fine di ottobre del 1915. “Una volta sbarcati dalla tradotta fummo avviati, a piedi, al nostro nuovo campo situato tra le mura di Forte Sperone, sulle colline sovrastanti la città. E al nostro passaggio, la gente si assiepava ai bordi della strada con un misto di curiosità, timore e pietà. Per loro eravamo dei nemici ma in fondo anche degli esseri umani. Ricordo bene quel giorno. Fu il mio primo contatto diretto con la popolazione genovese”. Annotò sul suo diario Montan che fu ospite dei campi di concentramento di Genova per ben quattro anni, fino al 1919, quando venne rimpatriato. La storia dei “campi” genovesi dell’epoca della Grande Guerra non è molto conosciuta. Sta di fatto che tra il 1915 e il 1918, negli antichi forti della Superba furono reclusi centinaia di nemici della Patria. Tra le mura di Forte Sperone, Forte Ratti e Forte Begato dimorarono non meno di 900 prigionieri austroungarici buona parte dei quali utilizzati per svariati lavori di costruzione e manutenzione di strade e per il rimboschimento dell’area del Peralto. Il lavoro dei prigionieri incominciò nell’aprile del 1916. “Fino a quella data – scrisse Montan – rimanemmo internati parte a Forte Begato e parte a Forte Castellaccio”. Va detto che le autorità militari italiane non costrinsero mai i reclusi a lavorare, ma si limitarono ad offrire loro l’opportunità di un impegno quotidiano e parzialmente retribuito e quella di un vitto migliore. Oltre 200 militari austriaci, tra i quali Montan, accettarono e, stando alle testimonianze, svolsero un eccellente lavoro sotto la direzione congiunta di funzionari dell’Ufficio Tecnico Municipale e degli ufficiali del Genio Benno Jara (austriaco) e Renato Gavotto. Sorvegliati da una cinquantina di carabinieri (scorta che, per la cronaca, non ebbe problemi con i disciplinatissimi prigionieri), gli austriaci, gran parte dei quali nella vita civile erano contadini e muratori, costruirono o risistemarono diverse strade, tra cui via Berghini, sopra le mura tra via Cabella e Porta Chiappe, piantando anche parecchi alberi nella zona del Peralto. “Nel secondo semestre di quest’anno (il 1916) i prigionieri austriaci hanno operato con grande impegno trasformando sentieri dissestati e impraticabili in ottime strade, preparando il pietrisco, allestendo muri a secco, tracciando canali di scolo, trasformando le vecchie postazioni di artiglieria del Peralto in spiazzi alberati… Il Comune si compiace di tutto ciò poiché lo solleva da una spesa non irrilevante… Il costo della manodopera ordinaria, infatti, sarebbe gravato non poco sul bilancio del Municipio”, cita un passo di un documento ufficiale del Comune, datato 16 dicembre 1916. Ma torniamo al nostro soldatino sloveno. Georg Montan, che in tempo di pace faceva il falegname, lavorò sodo dapprima come cuciniere e poi come operaio, palesando una notevole abilità nel costruire ponticelli e steccati. Come cuoco del campo di Forte Begato superò addirittura se stesso, ricevendo un encomio scritto da parte dei suoi stessi carcerieri (Montan imparò anche a fare il pesto, la torta pasqualina e la “sbirra” o trippa accomodata). Il ragazzo, in breve, entrò nelle grazie di tutti, commilitoni e carabinieri, anche perché oltre ad essere sveglio era anche un tipo simpatico e leale. Fece amicizia con due ufficiali dell’Esercito italiano, il capitano medico De Negri (morto nel 1949) e il tenente dei carabinieri Roncagliolo. “Erano due brave persone e soprattutto due autentici buongustai. Una sera preparai per loro tre chili di zuppa di pesce, fatta secondo ricetta genovese, e la innaffiammo con sei litri di vino bianco di Coronata. Il giorno dopo tutti e tre marcammo visita per indigestione. Al mio rientro a Genova, molti anni dopo la fine della guerra chiesi invano loro notizie, ma non ebbi modo di rintracciarli”, narra il diario del Montan che nell’ottobre del 1957 ritornò in Liguria, dietro invito dell’Associazione genovese Combattenti della Grande Guerra (episodio che venne riportato dal quotidiano “Il Cittadino”). Georg Montan, ormai quasi sessantenne, venne ricevuto dal vicesegretario dell’Associazione Carlo Prussia e dal Sindaco che gli donarono una targa di bronzo dedicata al Milite Ignoto. Montan, in cambio, regalò al Comune di Genova uno splendido plastico, da lui costruito, di Forte Sperone. Modellino di cui purtroppo sono state perse le tracce. Poi furono tre giorni di brindisi, cene sontuose e lunghe passeggiate sulle alture, dal Righi a Monte Moro. “Rivisitare i luoghi della mia prigionia e poter constatare il buon lavoro svolto da me e dai miei compagni fu una grande emozione”. Il cronista de “Il Cittadino” raccontò che Georg trascorse alcuni giorni in città, visitando i Forti alla ricerca del suo passato. Entrato in una grande stanza situata al piano terra di Forte Begato – quello nel quale aveva riposato tante notti assieme ai suoi vecchi compagni di prigionia – egli non ebbe tentennamenti di sorta nell’andare a scovare una sbiadita ma ancora leggibile scritta in lingua slovena. “Sopravvivo per Grazia di Dio, prigioniero, lontano dalla mia casa. Firmato Georg Montan, fuciliere dell’Esercito Imperiale Asburgico. Novembre 1916”. Georg Montan, fuciliere scelto, cuciniere e falegname, è morto nel 1982 a Zagabria lasciando due figli, tre nipoti e un prezioso diario nel quale é racchiusa una delle più curiose anche se meno note pagine della storia di Genova.
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