La campagna condotta tra l’estate del 1916 e l’autunno1918 inHegiaz, in Palestina e in Siria dalle forze arabo-britanniche del colonnello Thomas Edward. Lawrence e del principe Feisal (uno dei figli dell’emiro Hussein che alla metà di giugno del 1916 aveva scatenato la vittoriosa rivolta anti ottomana in Hegiaz) contro l’esercito turco fu caratterizzata da un’intesa attività di guerriglia e di sabotaggio, soprattutto ai danni della strategica arteria ferrata che collegava Damasco a Medina. Le operazioni contro la ferrovia dell’Hegiaz ebbero il loro avvio nell’ottobre del 1916, quando i primi reparti del genio inglesi del maggiore Henry Garland trasferitisi dall’Egitto a Gedda, demolirono alcuni tratti di binari qualche decina di chilometri a nord di Medina, dando inizio ad un particolare ciclo operativo che si sarebbe concluso soltanto alla fine del conflitto, grazie anche all’impegno e alla partecipazione dell’allora tenente Lawrence, al quale il Comando del Cairo aveva nel frattempo affidato la supervisione delle operazioni congiunte anglo-arabe nel lontano scacchiere.
Lawrence e Garland erano infatti convinti (contrariamente al responsabile del Corpo di Spedizione francese in Hegiaz, colonnello Edouard Brémond, che non nutriva alcuna fiducia nelle truppe beduine), che soltanto attraverso la guerriglia e i sabotaggi le ardimentose, ma indisciplinate e tecnicamente arretrate forze di Feisal avrebbero potuto ottenere qualche risultato utile contro un nemico male organizzato, ma tenace e modernamente armato come quello turco. (1) Nella fattispecie, Lawrence caldeggiò innanzitutto l’allontanamento del colonnello Brémond (verso il quale non nutriva alcuna simpatia e stima: sentimento peraltro contraccambiato dal francese), promuovendo l’addestramento e l’utilizzo di unità beduine per attaccare i convogli e le piccole stazioni turche situate lungo la linea. Secondo Lawrence, soltanto interrompendo la ferrovia (unico mezzo con il quale i turchi potevano rifornire la grande piazzaforte di Medina, difesa da 15.000 soldati agli ordini del generale Fakry Pascià) gli anglo-arabi avrebbero potuto contenere e addirittura annullare la potenza militare ottomana in Hegiaz. E fu così che i due giovani ed intraprendenti ufficiali, coadiuvati da un gruppo di collaboratori e tecnici anglo-egiziani e francesi provenienti dall’Egitto, sottoposero i reparti di Feisal ad un rapido ed intenso ciclo di addestramento nell’uso delle moderne armi automatiche e degli esplosivi.
Nel dicembre del 1916, la situazione in Hegiaz stava però cambiando. Dopo essere rimaste rintanate a Medina per alcuni mesi, le forze di Fakry Pascià, che nei mesi precedenti avevano perso il controllo di La Mecca, Gedda, Taif e altri centri, erano passate alla controffensiva, minacciando il porto di Yenbo, sul Mar Rosso. Per cercare di stornare l’attenzione dei turchi da quest’ultima località, Feisal aveva inviato Abdullah con circa 3.000 uomini a Henakiyeh, una località dell’interno situata a circa 80 chilometri a nord-est di Medina. La manovra aveva il triplice scopo di tenere in guardia le truppe turche asserragliate nella città, di intercettare le carovane ottomane provenienti da Riyad e di sabotare la linea ferrata. Fakry però non si fece impressionare e ordinò al reparto del colonnello Ghalib Bey, che da Medina era piombato sull’oasi di Mubarak, di proseguire in direzione di Yenbo. E Ghalib, che disponeva di tre battaglioni di fanteria e un grosso reparto cammellato, appoggiato da una mezza dozzina di obici austriaci Skoda da 75 millimetri, marciò alla volta del piccolo scalo che nel frattempo Lawrence aveva fatto presidiare e proteggere, anche con il concorso di un monitore corazzato – l’M31, al comando del capitano Boyle – armato con pezzi da sei pollici. Giunta a poco più di due chilometri da Yenbo, l’avanguardia ottomana del colonnello Dakhil Allah, abbozzò un attacco alla cinta difensiva della cittadina per poi rinunciarvi una volta constatata la minacciosa presenza in rada della squadra inglese.
Fallito il tentativo di conquistare Yenbo, Fakry decise allora di lanciare le sue truppe in direzione di Rabegh, altra piccola località costiera situata tra Yenbo e Gedda. Ma venuti al corrente delle intenzioni del generale ottomano, Lawrence e Feisal si trasferirono a Rabegh dove, il 24 dicembre 1916, predisposero un piano difensivo. Potendo usufruire, anche in questa circostanza, dell’appoggio della marina e dell’esercito britannici e francesi, Lawrence fece erigere postazioni, terrapieni e trincee intorno all’abitato, ripristinando anche un vecchio fortino turco nelle vicinanze di un’approssimativa pista già utilizzato da un paio di ricognitori inglesi provenienti dall’Egitto. Dal canto suo, la marina provvide a dislocare a poche centinaia di metri dalle banchine un paio di vecchi ma ancora temibili incrociatori per dare adeguata protezione alla guarnigione. Nell’arco di una settimana, Rabegh venne quindi messa nelle condizioni di resistere ad un attacco che, comunque, non ebbe modo di concretizzarsi. Il 7 gennaio del 1917, le avanguardie ottomane raggiunsero Bir el Sheikh, oasi situata a due terzi del percorso, e qui vennero attaccate da bande beduine e costrette, il 15 gennaio 1917, a rientrare a Medina.
Inchiodato nuovamente il nemico sulla difensiva, il 1° gennaio 1917, Lawrence e Feisal decisero di conquistare Wejh, microscopico centro costiero ubicato 250 chilometri a nord di Yenbo e non distante dall’oasi di El Ula, importante stazione intermedia della ferrovia dell’Hejaz. Strappare agli ottomani Wejh avrebbe significato privarli dell’ultimo approdo sul Mar Rosso (ad esclusione di quello di Aqaba), consentendo all’armata anglo-beduina un pressoché incontrastato dominio sull’intera regione.
La marcia delle truppe arabe contro Wejh (difesa da meno di 100 uomini, agli ordini del governatore Ahmed Tewfic Bey) iniziò il 18 gennaio 1917 da Wadi Yenbo e si sviluppò lungo la costa. Alle truppe di Feisal – forti di oltre 10.000 uomini – si unì anche un contingente dell’esercito del fratello Abdullah) un reparto di specialisti inglesi di cui facevano parte due i ufficiali di stato maggiore Cox e Vickery e un manipolo beduino al comando di Bir el Waheida, per un totale di 5.100 meharisti, 5.300 fanti, quattro cannoni Krupp da montagna, 10 mitragliatrici Maxim e 380 cammelli da trasporto. Una squadra di sei navi della Royal Navy (tra cui l’incrociatore Fox che pochi giorni prima aveva effettuato un cannoneggiamento preventivo contro Wejh) ebbe l’incarico di appoggiare il corpo di spedizione, trasportando 500 beduini, un idroplano da ricognizione e la maggior parte delle attrezzature e dei rifornimenti. Sul versante terrestre, le forze di Feisal poterono inoltre contare sulla collaborazione di una tribù beduina locale accampata nella zona di Umlejj, località a mezza via tra Yenbo e Wejh. Il 24 gennaio, le truppe arabe raggiunsero ed investirono le rovine del minuscolo forte a quattro torri di Wejh, senza riscontrare alcuna perdita, anche per il fatto che, la notte precedente, il governatore Tewfik Bey era fuggito con parte dei suoi in direzione di El Ula.
Nei primi mesi del 1917, le incursioni effettuate contro la ferrovia dell’Hegiaz dai sabotatori del maggiore Garland e del capitano francese Raho si fecero sempre più frequenti, obbligando i turchi a rinforzare, con reparti sottratti al fronte del Sinai, i capisaldi situati lungo la tratta compresa tra Tebuk e Medina. Senza considerare che, per riparare i danni subiti dalla linea, gli ottomani dovettero dislocare in quest’ultima località ben 800 soldati del genio. Il 12 febbraio 1917, nei pressi di Toweira (120 miglia a nord di Medina), Garland minò alcune centinaia di metri di rotaia e un ponte, causando il deragliamento di un convoglio carico di munizioni e rifornimenti destinati a Medina. In quegli stessi giorni, Lawrence effettuò la sua prima missione di sabotaggio alla ferrovia in località Aba El Naam, riuscendo a danneggiare un treno che venne però recuperato dai genieri turchi. Le incursioni di Lawrence e Garland e quelle condotte dagli altri ufficiali inglesi giunti nel frattempo dall’Egitto (Newcombe, Hornby e Davenport) misero in allarme il Comando ottomano. Temendo un’interruzione dei collegamenti con Medina, il generale Jemal Pascià incrementò ulteriormente i reparti del genio e dell’esercito incaricati di riparare e sorvegliare i tratti più minacciati della linea. Oltre a ciò, nel marzo del ’17, il generale Fakry dovette iniziare a razionare non soltanto le munizioni, ma anche i viveri e il legname.
Nella primavera del ’17, i reparti anglo-arabi allargarono di molto il loro raggio d’azione, arrivando a colpire la ferrovia fino in prossimità della importante stazione di Mudowwara. Lawrence, Garland e Newcombe progettarono una serie di attacchi ai binari nel tratto montagnoso compreso tra l’antica città carovaniera di Madain Saleh e El Ula, laddove le rotaie si snodavano lungo alti e stretti canaloni di roccia. Entrambe le località, molto vicine tra loro, si trovavano più o meno a mezza strada tra Tebuk e Medina, e per la loro posizione rivestivano una notevole importanza. Non a caso gli ottomani le avevano protette con postazioni di mitragliatrici e pezzi da montagna Skoda da 75 millimetri. Sulle cime dei canyon che sovrastano Madain Saleh e sulla parete rocciosa del Kasr El Bint i turchi avevano piazzato altri reparti in modo da controllare tutta l’area sottostante.
Dopo avere effettuato a dorso di cammello una ricognizione sul posto, Lawrence e Newcombe si resero conto delle grandi difficoltà che un attacco alle due stazioni avrebbe comportato; optando quindi per la demolizione di alcuni tratti di binario lungo il tratto pianeggiante, e meno sorvegliato, situato più a nord, verso Tebuk. Temendo nuove azioni di sabotaggio, i turchi decisero di rinforzare anche le difese delle grandi stazioni di Mudowwara e di Maan con quattro battaglioni di fanteria e del genio, più alcune compagnie di mitraglieri ed artiglieri. Nonostante questi interventi, all’inizio dell’estate del ‘17, l’efficienza delle comunicazioni tra Damasco e Medina si era ridotta notevolmente, passando da due convogli giornalieri ad un paio di treni la settimana, sebbene già a partire dal 2 gennaio il servizio passeggeri fosse stato praticamente azzerato per contenere al massimo il consumo di carbone e di legname. Un anno più tardi, nel febbraio del 1918, il Comando turco sarà infine costretto ad ordinare lo sgombero degli ultimi funzionari civili, le cui abitazioni verranno spogliate di tutti gli arredi per ricavare legname da adoperare come combustibile per le locomotive.
Dopo avere ripulito l’intera costa dell’Hegiaz, Lawrence decise di tentare un’impresa destinata a dare grande risonanza alla partecipazione araba al conflitto: la conquista di Aqaba, l’ultimo porto sul Mar Rosso rimasto sotto il controllo dei turchi. Anche se per il Comando del Cairo l’importanza di questo scalo – protetto sul versante a mare da alcune batterie pesanti fisse Krupp da 305 millimetri, ma difeso da una guarnigione di appena 500 soldati turco-tedeschi e austriaci, risultava ormai abbastanza relativa (il sito era privo di banchine attrezzate). Tuttavia, Aqaba, le cui artiglierie nel 1915 avevano respinto un duplice attacco da parte di una squadra navale anglo-francese, rivestiva ancora una certa importanza per la sua collocazione geografica, fungendo ancora (almeno sulla carta) da perno del sistema difensivo ottomano a protezione della Palestina meridionale..
Come è noto, Lawrence decise di attaccare la base turca aggirandola dal deserto, attraverso un lungo e pericoloso itinerario in territorio nemico. E sapendo bene che il risultato della missione sarebbe dipeso in buona misura dal fattore sorpresa (i turchi non si aspettavano certo un attacco nemico dall’entroterra) e dalla affidabilità dei componenti della spedizione, Lawrence selezionò allo scopo un numero relativamente piccolo di uomini molto bene addestrati. Partendo dalla base di Wejh, Lawrence avrebbe puntato verso nord, penetrando nell’infernale e scarsamente sorvegliato deserto del Nefud, per poi dirigersi piegando verso ovest su Aqaba.
Il 9 maggio del 1917, Lawrence, affiancato da Auda Abu Tay, capo degli Howeitat e dall’emiro di Medina, Nasir, partì da Wejh a capo di una colonna di circa 200 uomini, e dopo 15 giorni di dura marcia penetrò nella regione del Sirhan. Oltrepassato, non senza grandi difficoltà, il mare di dune roventi del deserto del Nefud, il reparto proseguì la sua marcia, viaggiando in direzione nord, verso l’isolata oasi di Azrak, scelta da Lawrence quale base avanzata. Giunti presso l’altopiano Gebel Druse, Lawrence fece accampare i suoi uomini e il 4 giugno proseguì con soli due fidati guerrieri alla volta dell’oasi di Palmira, antica città carovaniera, con l’intento di effettuare un giro di ricognizione all’interno delle retrovie nemiche. Lawrence si spostò poi verso nord raggiungendo la ferrovia in località Baalbek. Qui, forse per distrarre l’attenzione dei turchi, minò e fece saltare in aria un ponte ferroviario in acciaio. E dopo alcuni giorni, durante i quali svolse altre azioni esplorative e di sabotaggio, rimaste per altro velate dal mistero, l’ufficiale rientrò ad Azrak, dove lo attendevano i suoi uomini.
Da Azrak, Lawrence riprese la marcia puntando questa volta a sud, in direzione di Maan. Si trattò di una manovra diversiva attuata con il preciso scopo di confondere le idee al nemico. Il reparto di Lawrence, che non aveva certo la forza di attaccare un campo trincerato munito come quello di Maan (cosa che d’altra parte non rientrava affatto nelle intenzioni dell’ufficiale inglese), investì invece il piccolo presidio di Fuweilah, situato a circa 17 miglia a sud ovest della piazzaforte turca, interrompendo la vicina linea ferroviaria. Quindi si diresse verso la sua vera meta, reclutando lungo il cammino alcune bande di predoni arabi.
A questo punto, la strada che conduceva ad Aqaba risultava sbarrata da un ultimo ostacolo, il presidio di Aba Lissan (difeso da circa 450 soldati turchi), situato a sud di Maan, quasi a mezza strada tra quest’ultima località e l’obiettivo finale. Dopo una rapida marcia notturna, Lawrence raggiunse le colline tra Batra e Aba Lissan ed investì il presidio, dopodiché fece sistemare i suoi uomini in una piccola valle riparata da alte rocce, situata alla foce del Wadi Itm. Il 6 luglio, Lawrence lanciò le sue truppe cammellate e a cavallo contro gli accampamenti turchi posti a ridosso di Aqaba. Circa 2.000 cavalieri beduini assalirono a colpi di sciabola e di moschetto i pochi manipoli nemici. Poi l’orda al galoppo si diresse verso il piccolo centro abitato affacciato sul golfo. Alcuni reparti di fanti ottomani e di artiglieri tedeschi e austriaci, addetti ai pezzi pesanti anti-nave inutilmente puntati verso il mare, cercarono di abbozzare un tentativo di difesa, venendo però sopraffatti dopo un breve e sanguinoso combattimento. Finita la battaglia, Auda massacrò più di cinquanta prigionieri turchi, saccheggiando tutte le abitazioni del villaggio.
Il giorno seguente, Lawrence, diede disposizioni per la difesa della base, e partì in compagnia di due giovani beduini alla volta del Cairo, per annunciare di persona al generale Edmund Allenby, succeduto ad Archibald Murray, la sua strepitosa vittoria.
Al Cairo, Lawrence venne ricevuto da Allenby al quale presentò subito una lunga lista di richieste per il suo esercito:aiuti che il nuovo comandante in capo dell’esercito britannico in Egitto concesse con molta generosità. Allenby lasciò inoltre all’ufficiale la più completa libertà di azione – ovviamente entro i limiti imposti dai suoi piani – per strappare ai turchi il controllo dell’intero Medio Oriente. Il generale inglese promise di trasferire ad Aqaba tutti i rifornimenti necessari con le navi dell’ammiraglio Rosslyn Wemyss, adoperandosi per trasformare la modesta base turca in un grosso centro logistico per l’esercito anglo-arabo.
Rapidamente, le unità inglesi scaricarono ad Aqaba una grande quantità di materiali e un contingente misto composto da soldati inglesi, francesi ed egiziani. E nel contempo anche le forze arabe ancora dislocate a Wejh vennero trasferite, via mare, nella nuova base. Proprio in quel periodo il neo-promosso maggiore Lawrence ricevette dal Comando del Cairo anche le 200.000 sterline (che presto sarebbero diventate 500.000) richieste per coprire le spese derivanti dalla “cooperazione araba”. Si trattava di un notevole contributo al quale vennero aggiunte ulteriori 16.000 sterline versate direttamente nelle tasche dell’ufficiale a titolo di ricompensa per le gesta compiute. Alcuni alti gradi dello staff di Allenby sostennero malignamente che la conquista di Aqaba “era costata alla corona britannica ben più di qualsiasi altra”.
Dopo una breve pausa, Lawrence riprese le incursioni contro la ferrovia dell’Hegiaz, facendo però in modo da non paralizzarla del tutto e costringendo così i turchi ad destinare un enorme quantitativo di uomini e mezzi per ripararla e sorvegliarla. Nell’estate del ‘17, Newcombe, Davenport e il capitano francese Raho, sferrarono diversi, riusciti attacchi contro l’infrastruttura, arrecando gravi danni. In località Qal’at Zumrud (140 miglia a nord di Medina) i due ufficiali distrussero oltre tre miglia di binari, riuscendo anche ad occupare per qualche giorno una piccola stazione di rifornimento situata a nord di Medina. Sempre nello stesso periodo, un altro ufficiale inglese, il maggiore P.C. Joyce, fece saltare in aria, a sud di Toweira, alcune miglia di rotaie, costringendo i reparti del genio turchi dislocati a Madain Saleh e a Medina a recarsi sul posto per ripristinare la linea.
Il 24 agosto 1917, Raho, al comando di una colonna composta da un distaccamento di 40 algerini e 200 beduini, raggiunse, dopo una marcia di 85 chilometri, un tratto di ferrovia a nord della stazione di Mudurij. Giunto sul posto, nonostante la violenta reazione di un vicino reparto di sorveglianza turco dotato di mitragliatrici, Raho riuscì a collocare diverse cariche di tritolo lungo i binari distruggendone ben cinque chilometri di binario, ritirandosi poi senza avere subito alcuna perdita.
Lo stesso Lawrence guidò personalmente nuovi attacchi contro la ferrovia. Egli era solito partire per le su missioni con un quantitativo abbastanza modesto di uomini, ma con molti cammelli e con la copertura di diverse autoblindo Rolls Royce o Talbot. Spesso, per potere procedere più rapidamente attraverso il deserto, Lawrence si lasciava alle spalle piccoli depositi di viveri e di acqua, alleggerendo i cammelli e garantendosi i rifornimenti al rientro dalle missioni. E all’occorrenza, non disdegnava di procurarsi dagli stessi convogli turchi usciti dai binari ciò di cui abbisognava. Non di rado, infatti, gli uomini di Lawrence posizionavano lungo le rotaie cariche esplosive non molto potenti, sufficienti a fare deragliare un treno senza però distruggerlo completamente. Solitamente, i convogli turchi operanti lungo la tratta Damasco-Medina erano formati da una decina di vagoni merci e da due motrici, una posizionata in testa e l’altra in fondo al treno: un sistema, quest’ultimo, utilizzato per garantire una doppia potenza di traino e spinta e per permettere un rapido sganciamento ed arretramento dei vagoni in caso di attacco o danneggiamento della locomotiva anteriore. Il più delle volte, per fare saltare una locomotiva, i sabotatori adoperavano 40/50 libbre di esplosivo, mentre per danneggiarla ne posizionavano sui binari soltanto una libbra. E con questi accorgimenti essi riuscivano a causare una molteplice varietà di danni, a seconda delle necessità. Quando, ad esempio, il convoglio preso di mira trasportava materiali particolari, utilizzabili dai ribelli, come armi o cavalli, le cariche venivano regolate in modo da bloccare la locomotiva di testa, senza danneggiare i vagoni. Mentre in altri casi, i sabotatori anglo-arabi piazzavano lungo i binari due cariche a distanza, facendole brillare in successione in modo da intrappolare il convoglio e impedirgli qualsiasi sganciamento.
Nell’ottobre del ‘17, Allenby, in procinto di scatenare l’offensiva contro la linea Gaza-Beersheva, chiese a Lawrence di cercare di tenere impegnata la numerosa guarnigione di Maan (composta da 6.000 tra turchi, tedeschi e austriaci) e il presidio di Aba Lissan (forte di 2.000 soldati) che gli ottomani avevano riconquistato poche settimane prima, per evitare che queste unità potessero infastidire la sua ala destra impegnata contro Beersheva.
Ai primi di novembre del 1917, Lawrence effettuò una lunga missione verso il nord, con l’intento di distruggere gli importanti depositi di legname di Hisheh e Shaubek. L’operazione non fu però coronata da successo poiché un reparto ottomano posto a protezione e sorveglianza di 700 boscaioli armeni impegnati nel taglio degli alberi, riuscì a respingere l’attacco costringendo gli arabi alla fuga. Il 7 novembre, Lawrence tentò l’attacco al grande, ma poco sorvegliato, ponte in ferro di Tel Esh Shehab, sul fiume Yarmuk. Ma anche questa volta andò male. Scoperti dalle sentinelle turche, gli uomini di Lawrence furono costretti a gettare nel fiume gli esplosivi e a darsela a gambe. Indispettito dal duplice fallimento, Lawrence volle, prima di ritirarsi verso sud, lasciare al nemico un suo ricordo. Due giorni più tardi, nei pressi di Minifir (una stazione ferroviaria situata circa 170 chilometri a sud di Damasco), egli sistemò sui binari una potente carica elettrica a filo che, poche ore dopo, brillò con enorme fragore sotto uno degli ormai rari convogli rapidi passeggeri ancora in servizio lungo la linea dell’Hegiaz. Il treno, formato da due locomotive e dodici vagoni, si rovesciò su un fianco con un frastuono infernale, ma non si disintegrò. Poco dopo gli uomini di Lawrence, nascosti dietro alcune rocce, videro che dai rottami fumanti fuoriuscivano frotte di ufficiali e soldati turchi impolverati e storditi. Il convoglio attaccato stava infatti trasportando da Damasco a Gerusalemme un intero battaglione alle dirette dipendenze del generale Jemal Pascià, incaricato di difendere la Città Santa ormai minacciata dalle truppe di Allenby. Il generale turco – che nonostante il pauroso incidente era rimasto illeso – saltò fuori dal suo lussuoso vagone impugnando una grossa pistola Mauser e urlando ai suoi uomini di scovare immediatamente gli attentatori. Ma a quel punto Lawrence e i suoi predoni erano già lontani.
Il 28 gennaio, i reparti di Lawrence raggiunsero la sponda del Mar Morto, investendo, al termine di una travolgente carica notturna, il piccolo porto lacustre di Kerak, utilizzato dai turchi per traghettare grano e orzo da una sponda all’altra del bacino. Gli arabi distrussero una dozzina di chiatte in procinto di partire per Gerico con il loro prezioso carico e tutti i depositi e silos situati nella zona. A questo punto Lawrence iniziò a costeggiare la riva orientale del Mar Morto e la ferrovia che scorreva parallela ad esso, guadagnando il basso corso del Giordano e tentando di ricongiungersi con le forze di Allenby che nel frattempo avevano conquistato Gerusalemme.
Il percorso che si snodava davanti a Lawrence non era per nulla agevole. A causa delle cattive condizioni del terreno e del rigido clima, la sua colonna fu infatti costretta a inerpicarsi lungo ripidi sentieri di montagna spazzati dal vento e dal nevischio. Ai primi di febbraio, avendo quasi terminato quasi tutti i viveri e il denaro destinato alle bande di Zeid, Lawrence fece ritorno a Guweira, che era diventata la sede del quartiere generale dell’armata di Feisal. E qui il maggiore venne a sapere che i reparti arabi dislocati a sud avevano fallito il loro attacco contro Mudowwara. Non fidandosi dei luogotenenti di Feisal e reputando del tutto inutile proseguire ogni sforzo contro le ben difese basi di Maan e Mudowwara, Lawrence decise di completarne l’isolamento. Assieme al gruppo di Dawnay – al quale si erano da poco aggregati due nuovi ed abili ufficiali inglesi del genio, Hornby e Peake, appena giunti da Aqaba – il maggiore effettuò quindi un ultimo, intenso ciclo di sabotaggi lungo la ferrovia, portando a termine la distruzione di molti chilometri di binari e di parecchi viadotti e stazioni di rifornimento intermedi.
L’11 aprile del 1918, tre contingenti arabi al comando di Dawnay conquistarono la stazione di Ghadir el-Haz, situata a sud di Maan, distruggendo cinque ponti e un chilometro di binari. Due giorni più tardi, un altro gruppo prese la stazione di Jordoun, situata a nord della piazzaforte, facendo saltare anche tre chilometri di rotaie. Il 19 aprile, un attacco condotto dalle autoblindo di Dawnay – supportate da una squadriglia aerea inglese decollata da Aqaba – cannoneggiò e bombardò il caposaldo e la stazione ferroviaria di Shatum, eliminandone il debole presidio. L’intervento della forza aerea agli ordini del generale Salmon non soltanto permise un’accurata e preventiva valutazione delle forze nemiche, ma costrinse le piccole guarnigioni turche a rimanere rintanate nelle loro trincee. Dopo avere distrutto cinque ponti ed essersi portato via, come ricordo, la campana della stazione di Shatun, Dawnay fece anche una puntata alla stazione di Ramleh, ormai abbandonata dagli ottomani, dandola alle fiamme. Pochi giorni prima, l’isolato contingente turco di Ramleh si era infatti ritirato a Mudowwara, assieme ad altri reparti sbandati della zona. Soddisfatto dei risultati conseguiti da Lawrence, il generale Allenby concesse all’”eroe del deserto” ulteriori aiuti e altro denaro per garantire la fedeltà degli insaziabili leader beduini. Nel luglio 1918, le truppe arabe effettuarono nuovi attacchi alle stazioni ferroviarie di Menzil, Aneiza e Sedia, e il traffico della ferrovia dell’Hegiaz, nel tratto fra Damasco e Deraa, si ridusse di circa un terzo rispetto al precedente mese di maggio. A questo punto, Lawrence reputò giunto il momento di sferrare un colpo decisivo contro Muddowara e Maan, tagliando definitivamente la ferrovia dell’Hegiaz.
L’attacco contro Mudowwara iniziò all’alba dell’8 agosto 1918 con una fulminea manovra a sorpresa. Al termine di una marcia notturna di avvicinamento, un grosso reparto anglo-arabo, appoggiato dall’Imperial Camel Corps del maggiore Buxton, espugnò due ridotte esterne alla piazzaforte. Approfittando della lentezza con la quale i turchi reagirono, gli uomini di Lawrence riuscirono a fare saltare in aria un enorme serbatoio d’acqua, danneggiando i pozzi, distruggendo oltre un chilometro di rotaie ed isolando il grosso della guarnigione asserragliata nel caposaldo centrale della base. Poi, con altrettanta rapidità, gli uomini di Dawnay e Peake scomparvero dietro alle dune e i turchi, che pure disponevano di un efficiente reparto di artiglieria austriaco dotato di howitzer, rinunciarono ad inseguirli, limitandosi a rafforzare il loro ridotto, nella vana attesa di un secondo attacco. Considerando che non sarebbe valsa la pena rischiare la perdita di molti uomini per conquistare una posizione prossima a trasformarsi in una tomba (la distruzione dei pozzi avrebbe costretto i turchi alla resa o all’evacuazione del caposaldo), Lawrence ordinò però la ritirata. In fondo, le operazioni condotte dai suoi reparti lungo le circa 80 miglia di linea ferrata che univano Mudowwara a Maan avevano portato alla distruzione di ben sette stazioni intermedie e di chilometri di binari, annullando di fatto l’importanza della base di Mudowwara. Lasciati a guardia di questa località pochi reparti arabi, Lawrence dirottò tutti i suoi sforzi nel nord, contro il tratto di linea ferrata che collegava Amman a Deraa e a Damasco. Tuttavia, il 20 agosto, mentre Buxton era intento a minare un tratto di binari, un paio di ricognitori tedeschi decollati da Amman individuarono il suo reparto, mitragliandolo e costringendolo ad abbandonare la ferrovia.
Dopo mesi di scarsa attività dovuta alla carenza di mezzi e di carburante e allo strapotere della R.A.F. (Royal Air Force, nuova denominazione dei Royal Flying Corps), il piccolo contingente aereo turco-tedesco dislocato in Transgiordania incominciò ad intensificare le sue azioni lungo la ferrovia, proprio nel tratto compreso tra Maan e Deraa, nel tentativo di scovare e colpire le sguscianti colonne arabe. Ma si trattò, comunque, di un’azione troppo tardiva, in quanto la situazione militare risultava ormai deteriorata. Ancora all’inizio del 1918, l’effettiva disponibilità di almeno una mezza dozzina di squadriglie da ricognizione, opportunamente dislocate tra Deraa, Amman, Maan, Mudowwara e Tebuk, avrebbe consentito ai turchi di controllare e di difendere una buona metà della linea ferroviaria Damasco-Medina, senza dovere ricorrere all’impiego, spesso inutile, di migliaia di soldati completamente sprovvisti di mezzi a motore e di autoblindo.
Verso la metà del settembre 1918, il generale Allenby era ormai pronto a spazzare le armate ottomane dalla Palestina e a marciare su Damasco, ma dal canto suo, anche l’Armata di Feisal, ormai notevolmente rinforzata, era in procinto di avanzare verso nord. Facevano parte dell’esercito anglo-arabo il battaglione di Nuri Said, gli elementi cammellati del tenente Peake, le bande di Auda, di Nuri Shaalan, di Nasir e di altri capi minori, più alcune migliaia di guerrieri Howeitat, Ruwalla, Zebu, Serahin. Senza contare i contingenti drusi e arabi siriani che, nelle ultime fasi della campagna, si erano aggregati alla variopinta compagine. Lawrence poteva contare su un gruppo di esperti ufficiali, come Joyce, Young, Stirling e Winterton, al comando di reparti autoblindati, coadiuvati da contingenti d’artiglieria leggera e da un reparto di mitraglieri indiani agli ordini del capitano Scott-Higgins. Oltre a ciò, il maggiore disponeva di una batteria da montagna someggiata franco-algerina agli ordini del capitano Rosario Pisani (che nel frattempo aveva ricevuto nuovissimi pezzi da 65 millimetri), su quella analoga da 45 millimetri del tenente Leimbacher e su alcuni reparti inglesi del genio e della sanità. Completava il tutto, l’”aviazione personale” di Lawrence, composta da un grosso bimotore Handley Page e da due F.2B Bristol ai comandi dei tenenti Murphy e Junior, due ufficiali che si erano già distinti nel corso di precedenti azioni nei cieli di Maan e Muddowara.
Lawrence era quindi pronto per portare a termine l’ultima fase della sua lunga campagna, che lo avrebbe contrapposto ai reparti della Quarta Armata turca e a quelli posti a presidio di Deraa e delle stazioni situate lungo la tratta Damasco-Amman.
La conquista britannica della Palestina e della Transgiordania, spinse l’”eroe del deserto” a rompere gli indugi e ad accelerare la sua avanzata verso Damasco nella speranza di precedere la cavalleria di Allenby lanciata anch’essa verso il medesimo obiettivo. Partito da Sheikh Sa’d, Lawrence raggiunse il villaggio di Tafas da poco abbandonato da un raggruppamento turco composto da circa 2.000 tra lancieri e fanti turchi, più qualche gruppo di artiglieri e mitraglieri austriaci e tedeschi. Prima di lasciare Tafas, i soldati ottomani si erano lasciati andare ad atti di selvaggia crudeltà nei confronti degli abitanti del luogo. Dopo avere trucidato la popolazione e avere rubato i pochi capi di bestiame scovati nelle stalle, essi avevano dato alle fiamme quasi tutte le abitazioni.
Giunto sul posto, Lawrence e il capo arabo Talal – che era nato proprio in quel disgraziato villaggio – videro quello scempio e decisero di farla pagare cara alla colonna nemica che, nel frattempo, si stava allontanando in una nuvola di polvere. Al termine di una travolgente cavalcata, i beduini raggiunsero ed investirono il lento contingente turco-tedesco appesantito da carriaggi e masserizie e dopo un furioso combattimento, nel corso del quale una compagnia appartenente al 146mo reggimento tedesco lottò fino all’ultimo uomo, i guerrieri di Lawrence massacrarono tutti gli avversari, anche i feriti o coloro i quali tentavano di arrendersi. La carneficina durò fino al tramonto, dopodiché il reparto arabo riprese la sua marcia in direzione di Damasco. Lo stesso giorno, i reparti turco-tedeschi ancora presenti a nord di Deraa tentarono di distruggere alle loro spalle gli ultimi tratti di ferrovia con lo scopo di rallentare l’avanzata delle truppe nemiche: operazione che tuttavia riuscì soltanto in parte a causa della carenza di esplosivi.
Pochi giorni più tardi, i reparti di Lawrence conquistavano Deraa e la sua stazione ferroviaria, ponendo fine ad una lunga e brillante campagna quasi esclusivamente condotta secondo i criteri della guerra guerreggiata.
FINE
NOTE:
(1) il 5 agosto 1916, il governo francese comunicò a Londra di essere in procinto di costituire una missione militare, agli ordini del colonnello Edouard Brémond (un ufficiale che vantava una notevole esperienza in questioni islamiche avendo prestato servizio in Africa Settentrionale francese) da inviare a Gedda. L’iniziativa dell’alleato francese venne accolta a denti stretti dai vertici del Foreign Office timorosi di perdere la loro posizione di interlocutori privilegiati di Hussein. Secondo i piani, la Missione transalpina avrebbe dovuto raggiungere la consistenza operativa di 45 ufficiali e circa 1.000 soldati con a disposizione otto sezioni di mitragliatrici Hotchkiss, due sezioni di artiglieria da montagna da 65 mm. Al comando del capitano italo-francese Rosario Pisani e una batteria di pezzi da campagna da 80 mm. Facevano parte del corpo di spedizione il colonnello algerino Cadi, il capitano Laurent Depui (un francese del Giura che, avendo scoperto di avere un antenato arabo, si era fatto mussulmano prendendo il nome di Sherif Ibrahim) e il sergente maggiore Claude Prost, fratello adottivo dello Sceriffo Hussein. Completavano il gruppo una delegazione politica guidata dall’algerino Si Kaddour ben Ghabrit, consigliere del sultano del Marocco e amico del generale Hubert Lyautey. L’avanguardia della Missione giunse il 1° settembre 1916 ad Alessandria per poi proseguire verso Gedda. In data 1° marzo 1917, il personale della Missione francese in Hegiaz risultava formato da 47 ufficiali e 1.127 soldati, ma, in seguito alle pressioni britanniche, il successivo 1° agosto 1917, esso venne ridotto 10 ufficiali, 55 sottufficiali e 542 soldati, gran parte dei quali “trattenuti” di guarnigione a Port Said. Il 1° febbraio 1917, soltanto 5 ufficiali e sottufficiali erano stati assegnati agli emiri hascemiti di Rabegh e di La Mecca.
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