Abbiamo incontrato Anna K. Valerio, giovane direttrice de “Le Librette di Controra”, collana erotica delle Edizioni Ar. Filologa e madre di due bambini, non esita mai dinanzi alla provocazione di classe. Preferisce l’estasi compiuta di un momento al protagonismo di massa della storia.
Non è facile parlare di Anna K. Valerio. Potremmo dire che è friulana, classe 1979, filologa classica e madre di due figli. E poi? Ci siamo imbattuti in un suo pamphlet, “Contro la P. Melissa” (quella dei cento colpi di spazzola…), qualche anno fa, e ne siamo rimasti entusiasti. Un volumetto lanciato come un macigno contro Melissa P., “Uno scherzo dei tempi, una fumigazione delle coscienze, un frammento di omelia recitato a luci rosé” (p. 11). Con un incantevole favellare, e sulla scia di Dante ed Eliot, la Valerio affermava che “Un sentimento non lo si deve raccontare. Occorre descrivere cose che lo suscitino, intentare situazioni oggettive che lo evochino, incollanare suoni che lo ricordino, segnare atmosfere che lo impongano. […]; ma il corpo, la carne, il sussulto, il soprassalto, il sollievo, non possono essere né biascicati, né urlati. Vanno evocati, narrati: creati” (pp. 14-15).
Da allora abbiamo seguito con grande interesse le mosse di questa giovane intellettuale (si può dire?!), che altrove abbiamo definito “un resto di puro stile, scagliato dagli dei nell’epoca di dissoluzione in cui ci troviamo a vivere, un dono dell’ignoto alla destra”.
Già, la destra… L’esperienza di Anna K. Valerio è una nuova testimonianza di come il panorama culturale della destra stia vivendo un momento di grande vivacità. Nonostante gli ambiti politici ufficiali etichettabili come “di destra” dimostrino maggiore interesse per cose altre, qualcuno si muove sui sentieri della conoscenza e della ricerca; gruppi di pensiero nascono, risorgono e fecondano nei campi ubertosi del pensiero.
A proposito della destra, proprio Anna Valerio ci rilasciava, qualche mese fa, la seguente dichiarazione: “L’etichetta di ‘destra’ è in fondo, nel mio lessico, un’offa. Per suggerire una direzione quanto più distante possibile dal qualunquismo assoluto, mezzo Marx mezzo Freud, della sinistra convenzionalmente intesa. Certo, poi, il mio modo di concepire l’eros non è esattamente quello di Lele Mora o di Briatore (che mi pare si dicano di destra) – credo non sia difficile indovinarlo. Il ‘mio’ eros non tende l’orecchio al tintinnio del denaro, ma alla musica delle sfere”.
In questo luogo ipotetico che è la destra, dunque, qualcuno si muove. La Valerio è un esempio. Mito, estetica, ricerca del divino, senso del Destino tornano ad essere di interesse. E StoriaVerità, che vive un successo fortemente sperato, e in parte inatteso, li racconta. Ma non lo fa solo con la ricerca meticolosa sulle carte d’archivio e la bibliografia. Incontra anche i protagonisti di queste storie, raccogliendo pensieri e intuizioni geniali, che illuminano la strada della nostra ricerca.
In questo orizzonte si colloca la nostra intervista ad Anna K. Valerio, direttrice di “Le Librette di Controra”, collana di letteratura erotica delle Edizioni di Ar.
Come finisce la giovane Anna K. Valerio alla corte editoriale di Franco Freda?
“Direi che la mia è stata una predestinazione al contrario. Nel senso che a tutto mi avrebbe indirizzata la mia storia familiare, la mia Stimmung individuale, tranne che verso questo genere di opzione politica. Sono cresciuta tra i canti di giubilo di chi aveva vinto la guerra. Mio nonno era partigiano della Brigata Garibaldi, mio bisnonno – più anarchico, invero, che comunista – fu il primo sindaco rosso del mio paese d’origine e, a parte un illuminato avo che fece un po’ di carneficina a beneficio del fascismo e poi commise suicidio per il disgusto del dopo che andava profilandosi (figura ovviamente colpita da unanime damnatio memoriae, della cui esistenza io sono venuta a conoscenza per caso e tardi), erano tutti vincitori, brutalmente, efferatamente antifascisti. Ebbene, parte di quella efferatezza evidentemente deve essersi comunicata a me, come pure l’ebbrezza di libertà cui inneggiavano i miei ‘maggiori’. Io mi sono limitata a orientare più correttamente tali disposizioni d’animo, scegliendo con entusiasmo e certezza Ar. Sono stata rapita dalla perfezione espressiva di due righe scritte da Freda, che ho letto per caso in un volume di misteriologia patria. Pensai: ecco un guerriero, un vero nichilista, che è pure un umanista capace del luminoso fanatismo della forma. Ho fatto il gran rifiuto al mondo intero e, si parva licet, sono diventata ciò che sono”.
E quindi vennero Le Librette di Controra…
“La nostra collezione di calligrafia erotica “Le librette di controra”, è nata da una mia fortuna – venire a conoscenza delle straordinarie novelle che abbiamo pubblicato a firma di Fiammetta Oselladori – e da un mio conseguente assillo, che si potrebbe esprimere rubando un verso a Montale: “Dove seppellirò l’oro che porto?”. Così si è deciso di creare entro Ar una collana apposita, per restituire al genere erotico il rango di suscitatore di ali che, da Platone a Evola, hanno da sempre saputo riconoscergli i sapienti”.
Nell’ambito delle parole che girano attorno all’amore c’è una gran confusione. Tu che sei una filologa classica, aiutaci a fare un po’ di chiarezza. Come definiresti e distingueresti innamoramento, amore, passione ed eros? Ma, di più, come li relazioneresti?
“Io sono una totalitaria, una ‘monista’, prima – e molto più – che una filologa. Non so immaginare un amore che non sia insieme passione, innamoramento, eros, incanto, destino, liturgia, inno (durasse il tempo di uno sguardo, di un bacio, di un minuto o di millenni)”.
La nostra è una rivista di Storia. Secondo te, che cosa vuol dire occuparsi di Storia? È possibile scrivere la Storia? Che tipo di presunzione di verità è possibile per lo storico? Quali i punti di partenza, gli approdi possibili, i limiti invalicabili del mestiere di storico?
“Ammiro la vostra pazienza, la vostra minuziosa attenzione al dettaglio e all’insieme dei dettagli, ammiro perfino la vostra presunzione di verità (che pure ritengo fragilissima), ammiro la gravitas, la precisione, la compostezza, il rigore dello studioso di buona volontà. Ma la passione della storia – insieme a quella del gioco degli scacchi e della scienza razionalistica – è credo l’ultima che potrebbe capitarmi di accarezzare nella mia esistenza. Di mese in mese vado dimenticando volti e misure della storia senza rimpianto, e rileggo invece sempre gli stessi libri ‘inutili’, cercando il vaticinio in un aggettivo. Cercando il vaticinio – non la deduzione”.
Noi, è vero, ci occupiamo di Storia. Ma, oltre a chi scrive la Storia, c’è chi la Storia la fa. Che cosa vuol dire fare la storia, esserne protagonista? Tu ti consideri una che sta facendo la Storia?
“Amerei essere tra quelli che la disfano, che tendono “un agguato alla storia” (magnifica formula di Giovanni Damiano). Non vedo alcun prestigio nella Storia, alcun vanto nell’esserne motori (tanto più oggi, in questo panorama!). La Storia è fatta dai molti (dai troppi), dalle grandi quantità, dalle masse, dai bisogni e dai bisognosi. È l’esito del ritmo di transumanza (da una regione all’altra come da un’ideologia all’altra) delle mandrie accalcate e accaldate. La perfezione è nell’estasi, non nell’esserci (e tantomeno nell’esserci-stati). È nell’attimo ‘miracoloso’ in cui i vincoli delle scansioni si sciolgono di fronte allo spettacolo di una suprema bellezza. Ci sono istanti di persuasione in cui la Storia, le storie, si rivelano per ciò che sono: sprechi di tempo. Andare incontro alla bellezza che sfugge ai condizionamenti dello ieri e dell’oggi, alla qualità che irride i gioghi della quantità – ecco il “grande anelito”. Ognuno sa quanti moti della propria esistenza perdono improvvisamente peso quando il cuore è sazio dell’istante, conscio della sua bellezza, concentrato sul suo pregio, intento a fissarlo, ad affisarsi. Dateci un’essenza e scorderemo la Storia… A meno che la scrittura della storia non sia il romanzo di un’essenza (e perciò ci vogliono gli occhiali e lo zelo, ma anche le Muse)”.
A proposito di chi fa la Storia, è necessario distinguere i vari ambiti, in particolare quello politico e quello culturale. Difficile che grandi intellettuali partecipino alla vita politica con successo, oggi più che mai. Perché? Tu vorresti provare un’esperienza politica in senso stretto?
“Oh, è davvero impossibile che un intellettuale sia un grande. Queste cocotte dell’erudizione si rivelano, anzi, di una meschinità ripugnante, di una malafede vergognosa. Cortigiani untuosi e versipelle, inconsistenti, vani. Campi di rieducazione: è l’unico spazio che meritano. E io potrei offrirmi volontaria per l’organizzazione e la gestione di essi. Esordirei nell’arena del fare con un’esperienza politica assai igienica!”
Scegli tre preferiti: un personaggio storico, un politico attuale, uno scrittore.
“Franco G. Freda, per tutte e tre le categorie”.
Che programmi hai per il futuro? Oltre a fare la mamma e ad occuparti delle Librette, hai altri progetti? Divagazioni del pensiero e dell’azione?
“Dipende dal futuro, dai casi che imbandirà. Un temperamento nichilista può decidere per il deserto e le locuste, per una vita di polvere e dottrina, come darsi ad aprire una maison di piacere. Si vedrà. Una cartolina, dal paradiso o dall’inferno, comunque, te la mando.”
Carmelo Ferlito
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